www.resistenze.org - materiali resistenti in linea - iper-classici - 22-01-12 - n. 393

da Antonio Gramsci, Scritti politici II, a cura di Paolo Spriano, Editori Riuniti, Roma 1973
in www.liberliber.it/mediateca/libri/g/gramsci/scritti_politici_volume_2/pdf/scritt_p.pdf
in occasione dell'anniversario della nascita (22/01/1891)
 
Il Congresso dei giovani (*)
 
di Antonio Gramsci
 
Non firmato, L’Ordine Nuovo, 29 gennaio 1921
 
A pochi giorni di distanza dal Congresso di Livorno, si apre oggi in Firenze il Congresso dei giovani socialisti italiani. Non vi è grande attesa attorno ad esso. Lo sforzo di attenzione e di polemica compiuto dai compagni per tener dietro al dibattito delle tendenze che ha culminato a Livorno sembra avere esaurito la capacità loro di dare rilievo ai fatti che pure sono degni di essere considerati del maggior valore. Le dichiarazioni esplicite fatte ai due Congressi di Livorno dal segretario della Federazione giovanile italiana hanno forse contribuito a diminuire l’interesse che altrimenti dovrebbe essere grandissimo. Che cosa diranno, degli avvenimenti del Partito, i giovani? Che cosa pensano essi delle sorti del movimento proletario italiano? Con quali occhi, con quale animo considerano essi gli eventi attuali, e, quello che piú conta, con quali propositi considerano l’avvenire essi, che l’avvenire del Partito portano in sé, che rappresentano, che sono la continuità di esso e di tutto il movimento proletario e sovversivo?
 
Confessiamolo: gli «adulti» non solo si disinteressano, non solo trascurano, ma in parte anche volutamente tengono in minor conto il movimento dei giovani. Nelle assemblee essi sono sempre un poco i tollerati, e nelle ultime discussioni che si son fatte in preparazione del congresso e che in alcuni luoghi sono state lunghe, vivaci, talora tempestose, non è mancato chi insultasse l’ardore e l’impetuosità giovanile, quasi considerandola come una claque. Inutile lamentarsi: l’organizzazione dei giovani fu sempre o quasi sempre tenuta un poco in disparte e non se ne può far colpa a nessuno, se non al Partito nel suo complesso, al Partito nel quale non è stata mai presente in modo chiaro la coscienza di ciò che dovesse rappresentare nel suo seno questa organizzazione.
 
Difetto di visione organica, dunque, difetto che si spiega coi caratteri stessi che ha avuto il movimento giovanile nei diversi periodi della storia del socialismo italiano. Nei primi tempi i giovani venivano al Partito, a frotte, spinti da un impulso ideale, da uno slancio dell’animo disgustato della visione di un presente triste ed iniquo, avido di libertà e di battaglie. Venivano allora a noi, i giovani, senza distinzione, da tutte le classi. Erano studenti, professionisti, borghesi, gente cui lo studio aveva aperto la mente alla comprensione delle dottrine e procurato a dovizia la capacità di assimilarle e di esporle. Li animava un fervore idealistico, desiderio ardente di azione e di sacrificio; quasi sembrava che in essi dessero gli ultimi bagliori le virtú che la borghesia italiana aveva dato prova di possedere durante gli anni delle lotte del Risorgimento, quando non ancora l’eroismo era stato soffocato dalla corruzione dello Stato italiano. Quei giovani venendo al socialismo non potevano fare a meno di diventare subito delle guide, dei capi. E un vero vivaio di queste energie destinate ad imporsi e a conquistarsi i primi posti di combattimento erano allora i fasci giovanili. Ma una vera e propria organizzazione di giovani, che avesse esclusivo carattere proletario e fosse fatta per soddisfare i bisogni dei giovani proletari ed accontentare le esigenze loro nell’affacciarsi per la prima volta alla vita della loro classe, questa mancava, questa anzi si può dire che non sia esistita ancora mai.
 
Eppure oggi il movimento dei giovani, passati gli impeti generosi dei primi volontari, ha esclusivo carattere di classe. Sono operai e contadini, non sono piú transfughi dalle file della borghesia. Sono operai e contadini nei quali non vi è e non può esservi grande capacità di prestamente comprendere i princípi della dottrina, ma esiste invece profonda l’intuizione dei bisogni della classe da cui essi sono usciti. Essi sentono un bisogno istintivo di chiarificazione e di precisione, un bisogno di conoscere e di sapere, ma in pari tempo sentono che non hanno tempo da perdere nelle accademie e nelle discussioni vane, perché le necessità dell’azione li spingono e queste essi le sentono in modo piú vivace di tutti. Ed ecco allora presentarsi in tutta la sua ampiezza il problema dei giovani, il problema di fare sí che questa energia non vada perduta, non si sciupi in tentativi vani, ma sia guidata in modo che essa dia il massimo di rendimento per tutto quanto il Partito. È un problema di educazione, ma di educazione intesa nel significato piú ampio della parola, educazione dei giovani alla disciplina dell’azione e del pensiero, ma educazione pure di tutto l’organismo del Partito, cioè infusione in esso di nuovo sangue, di nuova energia, di nuovo desiderio e di nuova capacità di conoscere e di fare.
 
Nel Partito socialista, la coscienza di questo problema, dei suoi termini e della sua soluzione si era a poco a poco perduta. L’organizzazione dei giovani era incerta di sé, oscillava tra il fine educativo e il fine di preparazione materiale, non aveva trovato in se stessa un equilibrio, soprattutto non aveva trovato un equilibrio che le permettesse di ingranare l’opera sua in modo armonico con quella dell’organizzazione degli «adulti». Alcuni la consideravano una cosa inutile, molti un doppione. I giovani stessi erano incerti, sperduti: da una parte sdegnavano di essere considerati sempre soltanto come materia atta per farle sorbire i discorsi di questo o quel padreterno, e dall’altra sentivano che il sacrifizio di sé che loro si chiedeva nei momenti supremi, doveva pure avere come corrispettivo l’attribuzione di un peso e di un’importanza maggiori.
 
Il Partito comunista dovrà evitare gli errori del passato, dovrà cercare di conquistarsi e di mantenere chiara la percezione in tutti i suoi aderenti del valore dell’opera educativa cui attende l’organizzazione giovanile, opera educativa che si compie nell’interesse e per conto del Partito tutto intiero. Non possiamo, non potremo vivere senza metterci continuamente a contatto con questa fresca realtà nuova che è la vita dei giovani, speranza e promessa di avvenire.
 
Dobbiamo sentire che i problemi che ad essi si presentano sono pure gli essenziali problemi di tutta la nostra organizzazione, sono in fondo anzi un problema solo: il problema di far sí che la nuova generazione degli operai e dei contadini cresca valida e pronta alle battaglie che l’attendono.
 
Ben venga dunque, dopo Livorno, il Congresso giovanile di Firenze. Se esso ci dirà che i giovani sono con noi, esso ci avrà dato l’assicurazione maggiore di vitalità e di forza che noi potessimo sperare.
 

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