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- iper-classici del marxismo - 30.01.03
Testo messo a disposizione da Edizioni
La Città del Sole conversione in html a cura del CCDP
Lenin
DA CHE COSA COMINCIARE?
[Iskra, n. 4, maggio 1901]
Negli ultimi anni la domanda: «Che fare?» si impone con particolare forza ai
socialdemocratici russi. Non si tratta di scegliere una via (come era il caso
alla fine degli anni ottanta e all’inizio degli anni novanta), ma di sapere
quali passi pratici dobbiamo fare su una via già nota, e in che modo
precisamente farli. Si tratta del metodo e del piano di attività pratica. E
bisogna riconoscere che il problema del carattere e dei metodi della lotta,
fondamentale per un partito pratico, da noi non è ancora stato risolto e
continua a suscitare seri dissensi, che rivelano una instabilità e incertezza
ideologica deplorevoli.
Da una parte, è ancora ben lungi dall’essere morta la tendenza «economistica»,
che cerca di sminuire e restringere il lavoro di organizzazione e di agitazione
politica.
Dall’altra parte, continua a levare fieramente la testa la tendenza
dell’eclettismo senza principi, che muta a ogni nuovo «spirar di vento» e non
sa distinguere gli interessi immediati dai compiti essenziali e dalle esigenze
permanenti del movimento nel suo complesso.
Com’è noto, questa tendenza si è annidata nel Raboceie Dielo. La sua ultima
dichiarazione «programmatica», un altisonante articolo sotto l’altisonante
titolo di Una svolta storica (n. 6 del Listok Rabocevo Diela), conferma con
particolare evidenza il tratto caratteristico suindicato. Ieri ancora
civettavamo con 1’«economismo», ci indignavamo per la decisa condanna della
Rabociaia Mysl, «attenuavamo» l’impostazione plekhanoviana della questione
della lotta contro l’autocrazia, e oggi già citiamo le parole di Liebknecht:
«Se le circostanze cambiano in ventiquattro ore, bisogna cambiare anche la
tattica in ventiquattro ore», già parliamo di una «forte organizzazione
combattiva» per l’attacco diretto, per l’assalto all’autocrazia, di larga
agitazione rivoluzionaria politica (guarda come siamo già energici: e
rivoluzionaria e politica!) tra le masse, di «instancabile appello alla
protesta di strada», di «organizzazione di manifestazioni di strada con netto
[sic!] carattere politico», ecc. ecc.
Potremmo invero, dichiararci contenti del fatto che il Raboceie Dielo abbia
assimilato così rapidamente il programma avanzato da noi nel primo numero
dell’lskra per la creazione di un forte partito organizzato, avente lo scopo di
conquistare non soltanto singole concessioni, ma la stessa fortezza
dell’autocrazia; però il fatto che questi individui mancano di qualunque
opinione salda infirma la nostra allegria.
Il Raboceie Dielo, naturalmente, si richiama invano a Liebknecht. In
ventiquattr’ore si può cambiare la propria tattica di agitazione in questa o
quella questione particolare, la propria tattica in questo o quel particolare
della struttura del partito, ma soltanto individui senza principi possono
cambiare in ventiquattr’ore, o anche in ventiquattro mesi, le proprie idee
sulla necessità — in generale costante ed assoluta — di un’organizzazione di
lotta e di un’agitazione politica tra le masse. È ridicolo richiamarsi alla
diversa situazione, al succedersi dei periodi: si deve lavorare per creare
un’organizzazione combattiva e condurre un’agitazione politica in qualsiasi
situazione, per quanto «grigia, pacifica», in qualsiasi periodo di «declino
dello spirito rivoluzionario», anzi, proprio in questa situazione e in questi
periodi è particolarmente necessario tale lavoro, poiché nei momenti degli
scoppi e delle esplosioni non si farebbe in tempo a creare un’organizzazione;
essa deve essere pronta per poter sviluppare subito la sua attività. Cambiare
tattica in ventiquattro ore»! Ma per poter cambiare tattica bisogna innanzi
tutto avere una tattica, e se non esiste una salda organizzazione, preparata
alla lotta politica in ogni momento e in tutte le situazioni, non si può
parlare di quel piano sistematico d’azione, illuminato da principi fermi e
rigorosamente applicato, che è l’unico che meriti il nome di tattica. Vedete,
infatti, come stanno le cose: ci si dice già che il «momento storico» ha posto
davanti al partito un problema «completamente nuovo», il terrorismo. Ieri
«completamente nuovo» era il problema dell’organizzazione politica e della
agitazione, oggi è quello del terrorismo. Non è forse strano sentire uomini
dimentichi a tal punto della loro parentela ragionare su un radicale
cambiamento della tattica?
Fortunatamente, il Raboceie Dielo ha torto. Il problema del terrorismo non è
affatto nuovo, e a noi basta ricordare brevemente le opinioni che sono venute
formandosi nella socialdemocrazia russa.
In linea di principio, noi non abbiamo mai rinunciato e non possiamo rinunciare
al terrorismo. È un’operazione militare che può perfettamente servire, ed
essere perfino necessaria, in un determinato momento della battaglia, quando le
truppe si trovano in una determinata situazione ed esistono determinate
condizioni. Ma la sostanza del problema è precisamente che oggi il terrorismo
non viene affatto proposto come un’operazione dell’esercito operante,
strettamente legata e adeguata a tutto il sistema di lotta, ma come un mezzo di
attacco singolo, autonomo e indipendente da ogni esercito. E quando manca
un’organizzazione rivoluzionaria centrale e quelle locali sono deboli, il
terrorismo non può essere niente altro. Ecco perché dichiariamo decisamente che
nelle circostanze attuali questo mezzo di lotta è intempestivo, inopportuno, in
quanto distoglie i combattenti più attivi dal loro vero compito, più importante
per tutto il movimento, e disorganizza non le forze governative, ma quelle
rivoluzionarie. Ricordate gli ultimi avvenimenti: davanti ai nostri occhi
larghe masse di operai urbani e di «popolani» vogliono gettarsi nella lotta, e
i rivoluzionari sono privi di uno stato maggiore di dirigenti e di
organizzatori. In queste. condizioni, non si corre forse il pericolo che, se i
rivoluzionari più energici passano all’attività terroristica, s’indeboliscano
quegli unici reparti di combattimento, sui quali si possono fondare serie
speranze? Non si corre forse il pericolo che si spezzi il legame tra le organizzazioni
rivoluzionarie e le masse disperse dei malcontenti, che protestano e sono
pronte alla lotta, ma sono deboli appunto perché sono disperse? Eppure questo
legame è l’unica garanzia del nostro successo. Lungi da noi il pensiero di
negare ogni importanza alle azioni eroiche isolate, ma abbiamo il dovere di
mettere energicamente in guardia dal lasciarsi esaltare dal terrorismo, dal
riconoscerlo come principale e fondamentale mezzo di lotta, cosa a cui
moltissime persone propendono oggi. Il terrorismo non potrà mai diventare
un’ordinata azione militare: nel migliore dei casi, può servire soltanto come
uno dei metodi di assalto decisivo. Ci si domanda se nel momento attuale
possiamo fare appello a questo assalto. Il Raboceie Dielo, a quanto pare, ritiene
di sì. Per lo meno esclama: «Allineatevi in colonne d’assalto!». Ma, ancora una
volta, molto zelo e poco senno. La massa fondamentale delle nostre forze
militari è composta dai volontari e dagli insorti. Abbiamo soltanto alcuni
piccoli reparti di truppe permanenti, e anche questi non sono mobilitati, non
sono collegati fra di loro, non sono addestrati, in generale, ad allinearsi in
colonne militari e meno che mai in colonne d’assalto. In queste condizioni a
chiunque, capace d’intravvedere le condizioni generali della nostra lotta senza
dimenticarle ad ogni «svolta» del corso storico degli avvenimenti, deve apparir
chiaro che la nostra parola d’ordine, in questo momento, non può essere «andare
all’assalto», ma deve essere «organizzare un regolare assedio della fortezza
nemica». In altre parole: il compito immediato del nostro partito non può
essere quello di chiamare tutte le forme ora disponibili all’attacco, ma quello
di promuovere la formazione di un’organizzazione rivoluzionaria, capace di
unire tutte le forze e di dirigere il movimento non soltanto di nome, ma di
fatto, di essere cioè sempre pronta a sostenere ogni protesta e ogni esplosione
sfruttandole per moltiplicare e consolidare le forze militari che possono
servire per la battaglia decisiva.
La lezione degli avvenimenti di febbraio e marzo è tanto suggestiva che è
dubbio si possano sentire obiezioni di principio contro questa conclusione.
Però noi oggi dobbiamo risolvere il problema non in linea di principio, ma
praticamente. Dobbiamo non soltanto chiarire a noi stessi quale organizzazione
precisamente occorra, e per quale lavoro precisamente: dobbiamo elaborare un
determinato piano di organizzazione affinché da ogni parte ci si accinga a
costruirla. Considerata l’urgenza del problema, ci decidiamo, da parte nostra,
a sottoporre all’attenzione dei compagni l’abbozzo di un piano, che abbiamo
sviluppato in modo più particolareggiato in un opuscolo in corso di
preparazione per la stampa.
A parer nostro, il punto di partenza della nostra attività, il primo passo
pratico per creare l’organizzazione che vogliamo, il filo conduttore, infine,
seguendo il quale potremo incessantemente sviluppare, approfondire e allargare
quest’organizzazione, dev’essere la fondazione di un giornale politico per
tutta la Russia. Ci occorre innanzi tutto un giornale; senza un giornale è
impossibile condurre sistematicamente quella propaganda e quell’agitazione
multiformi e conseguenti che costituiscono il compito permanente e principale
della socialdemocrazia in generale, e il compito particolarmente urgente del
momento attuale, in cui l’interesse per la politica, per le questioni del
socialismo, si è destato nei più larghi strati della popolazione. E mai si è
sentita con tanta forza come oggi l’esigenza di completare l’agitazione
dispersa, svolta attraverso l’azione personale, i giornaletti locali, gli
opuscoli, ecc., con quell’agitazione generalizzata e regolare che si può
svolgere soltanto per mezzo della stampa periodica. Non credo sia esagerato
affermare che la maggiore o minore frequenza e regolarità dell’uscita (e
diffusione) del giornale potrà essere l’indice più esatto della solidità con la
quale saremo riusciti a organizzare questo settore, che è il più elementare e
il più importante della nostra attività militare. Inoltre, quel che ci occorre
è precisamente un giornale per tutta la Russia. Se non sapremo e fino a quando
non sapremo unificare la nostra influenza sul popolo e sul governo mediante la
parola stampata, sarà un’utopia pensare di poter unificare altri mezzi d’influenza
più complessi, più difficili e al tempo stesso più decisivi. Il nostro
movimento, sia dal punto di vista ideologico che da quello pratico,
organizzativo, soffre sempre di più a causa del suo frazionamento, dato che
l’enorme maggioranza dei socialdemocratici è quasi completamente assorbita dal
lavoro puramente locale, che restringe il suo orizzonte, l’ampiezza della sua
attività, la sua esperienza clandestina e la sua preparazione. Appunto in
questo frazionamento si debbono cercare le radici più profonde di
quell’instabilità e di quella titubanza di cui abbiamoparlato sopra. E il primo
passo avanti per sbarazzarsi di questo difetto, per trasformare alcuni
movimenti locali in un unico movimento nazionale russo deve essere
l’organizzazione di un giornale per tutta la Russia. Infine, ci occorre
assolutamente un giornale politico. Nell’Europa moderna senza un organo di
stampa politico è inconcepibile un movimento che meriti di essere chiamato
politico. Senza un organodi stampa politico è assolutamente impossibile
adempiere il nostro compito di concentrare tutti gli elementi di malcontento e
di protesta politica, di fecondare con essi il movimento rivoluzionario del
proletariato. Abbiamo fatto il primo passo, abbiamo destato nella classe
operaia la passione delle denuncie «economiche», di fabbrica. Dobbiamo compiere
il passo successivo: destare in tutti gli strati del popolo più o meno
coscienti la passione delle denuncie politiche. Se le voci che si levano per
smascherare il regime sono oggi così deboli, rare e timide, non dobbiamo
impressionarcene. Ciò non è affatto dovuto alla rassegnazione generale agli
arbitri polizieschi. È dovuto al fatto che gli uomini capaci di fare delle
denuncie, e pronti a farle, non hanno una tribuna dalla quale poter parlare, non
hanno un pubblico che ascolti e approvi appassionatamente gli oratori; al fatto
che essi non vedono da nessuna parte nel popolo una forza alla quale valga la
pena di rivolgersi per protestare contro 1’«onnipotente» governo russo. Ma oggi
tutto ciò si va modificando con straordinaria rapidità. Questa forza esiste, è
il proletariato rivoluzionario; esso ha già dimostrato di essere pronto non
soltanto ad ascoltare e sostenere l’appello alla lotta politica, ma anche a
gettarsi coraggiosamente nella lotta. Abbiamo oggi la possibilità e il dovere
di creare una tribuna da cui tutto il popolo possa denunciare il governo
zarista, e questa tribuna deve essere un giornale socialdemocratico. La classe
operaia, a differenza delle altre classi e degli altri ceti della società
russa, mostra un costante interesse per le cognizioni politiche, chiede
continuamente (e non soltanto nei periodi di particolare fermento)
pubblicazioni illegali. Quando esistono tali richieste delle masse, quando già
stanno formandosi dirigenti rivoluzionari provati, e il concentramento della
classe operaia rende quest’ultima di fatto padrona nei quartieri operai della
grande città, nei villaggi dove ci sono fabbriche, nei sobborghi industriali,
la fondazione di un giornale politico è cosa che il proletariato è
perfettamente in grado di fare. E attraverso il proletariato il giornale
penetrerà nelle file della piccola borghesia urbana, degli artigiani rurali e
dei contadini e diventerà un vero giornale politico popolare.
Un giornale, tuttavia, non ha solo la funzione di diffondere idee, di educare
politicamente e di conquistare alleati politici. Il giornale non è solo un
propagandista e un agitatore collettivo, ma anche un organizzatore collettivo.
Sotto questo ultimo aspetto lo si può paragonare alle impalcature che rivestono
un edificio in costruzione ma ne lasciano indovinare la sagoma, facilitano i
contatti tra i costruttori, li aiutano a suddividersi il lavoro e a rendersi
conto dei risultati generali ottenuti con il lavoro organizzato. Attraverso il
giornale e con il giornale si formerà un’organizzazione permanente, che si
occuperà non soltanto del lavoro locale, ma anche del lavoro generale
sistematico, che insegnerà ai suoi membri a seguire attentamente gli
avvenimenti politici, a valutarne l’importanza e l’influenza sui diversi strati
della popolazione, a elaborare quei metodi che permettono al partito
rivoluzionario di esercitare la sua influenza sugli stessi avvenimenti. Lo
stesso compito tecnico di assicurare al giornale un regolare rifornimento di
materiale e una regolare diffusione costringerà a creare una rete di fiduciari
locali del partito unico, fiduciari che dovranno mantenersi in contatto vivo
gli uni con gli altri, dovranno conoscere la situazione generale, abituarsi ad
eseguire regolarmente una parte del lavoro per tutta la Russia, a saggiare le
loro forze organizzando ora questa ora quell’azione rivoluzionaria. Questa rete
di fiduciari* sarà l’ossatura dell’organizzazione che
precisamente ci occorre: abbastanza grande per abbracciare tutto il paese;
abbastanza ampia e multiforme per effettuare una rigorosa e particolareggiata
divisione del lavoro; abbastanza temprata per saper compiere inflessibilmente
il suo lavoro in tutte le circostanze, in tutte le «svolte» e in tutti gli
imprevisti; abbastanza duttile per sapere, da una parte, evitare la battaglia
in terreno scoperto con un nemico di forze superiori, che ha concentrato le sue
forze in un solo punto e, dall’altra, approfittare dell’incapacità di manovra del
nemico per piombargli addosso nel luogo e nel momento in cui meno se lo
aspetta. Oggi davanti a noi si pone un compito relativamente facile: sostenere
gli studenti che manifestano nelle piazze delle grandi città. Domani potrebbe
porsi un compito più difficile, per esempio sostenere il movimento dei
disoccupati in un determinato rione. Dopodomani dovremo forse trovarci al
nostro posto per partecipare in modo rivoluzionario a una sommossa contadina.
Oggi dobbiamo utilizzare l’inasprimento della situazione politica che il
governo ha provocato con la crociata contro lo zemstvo. Domani dovremo
appoggiare l’indignazione della popolazione contro questo o quello sbirro
zarista scatenato e aiutare, mediante il boicottaggio, la denuncia, le
manifestazioni, ecc., a impartirgli una lezione tale da costringerlo a
un’aperta ritirata. Tale grado di preparazione alla lotta si può formare
soltanto con un’attività continua che impegni le truppe regolari. E se noi
uniremo le nostre forze per far uscire un giornale su scala nazionale, tale
lavoro preparerà e farà emergere non soltanto i propagandisti più abili, ma
anche gli organizzatori più provetti, i capi politici più capaci che sappiano
lanciare al momento giusto la parola d’ordine della lotta decisiva e dirigere
questa lotta.
Per concludere, poche parole per evitare un possibile equivoco. Abbiamo sempre
parlato soltanto di una preparazione sistematica, pianificata, ma con questo
non volevamo affatto dire che l’autocrazia potrà cedere esclusivamente in
seguito a un regolare assedio o a un assalto organizzato. Non vogliamo
scivolare in un assurdo dottrinarismo Al contrario, è pienamente possibile e
storicamente molto più probabile che l’autocrazia cada sotto la pressione di
una di quelle esplosioni spontanee o di quelle complicazioni politiche
imprevedibili che minacciano continuamente da tutte le parti. Ma nessun partito
politico può, senza cadere nell’avventurismo, impostare la sua attività facendo
assegnamento su esplosioni e complicazioni. Noi dobbiamo seguire la nostra strada,
svolgere instancabilmente il nostro lavoro sistematico, e quanto meno faremo
affidamento sugli imprevisti tanto maggiori saranno le probabilità di non
lasciarci prendere alla sprovvista da nessuna «svolta storica».
* È ovvio che tali fiduciari potranno lavorare con successo
soltanto se manterranno strettissimi contatti con i comitati locali (gruppi,
circoli) del nostro partito. Naturalmente, tutto il piano da noi tracciato può,
in generale, essere realizzato soltanto se avrà il più attivo appoggio dei
comitati, che hanno fatto più di una volta dei passi per l’unificazione del
partito e che, ne siamo certi, otterranno questa unificazione se non oggi
domani, se non in una forma in un’altra.