da Lenin, Opere Complete,
vol. 2, Edizioni Rinascita, Roma, 1955, pp.. 315-337
trascrizione e conversione in html a cura del CCDP
Lenin
I
compiti dei socialdemocratici russi
Scritto in deportazione verso la fine del 1897 (1)
Pubblicato per la prima volta a Ginevra nel 1898
La seconda metà degli anni novanta è caratterizzata da un eccezionale interesse
per l'impostazione e la soluzione dei problemi rivoluzionari russi.
L'apparizione di un nuovo partito rivoluzionario, il «Diritto del popolo», la
crescente influenza e i successi dei socialdemocratici, l'evoluzione interna
della Volontà
del popolo, hanno provocato vivaci discussioni sulle questioni
programmatiche, sia nei circoli socialisti, intellettuali e operai, sia nelle
pubblicazioni illegali. Basti ricordare, in quest'ultimo campo, la Questione
urgente e il Manifesto (1894) del partito del «Diritto del popolo» (2), il Lietuci listok «Gruppy narodovoltsev» (3), il Rabotnik, pubblicato all'estero
dall'«Unione dei socialdemocratici russi» (4),
l'intensificata attività nella pubblicazione di opuscoli rivoluzionari,
soprattutto per gli operai, in Russia, il lavoro di agitazione svolto dalla
socialdemocratica «Unione di lotta per l'emancipazione della classe operaia» a
Pietroburgo in rapporto con i grandi scioperi pietroburghesi del 1896, ecc.
Attualmente (fine del 1897) il problema più palpitante è, secondo il nostro
modo di vedere, quello dell'attività pratica dei socialdemocratici.
Sottolineiamo l'attività pratica della socialdemocrazia, perché i
problemi teorici hanno già superato, a quanto pare, il periodo più acuto
dell'ostinata incomprensione degli avversari, dei loro sforzi continui per
schiacciare la nuova tendenza nel momento stesso in cui essa appare, da una
parte, e dell'ardente difesa dei principi della socialdemocrazia, dall'altra.
Oggi, le concezioni teoriche dei socialdemocratici appaiono sufficientemente
chiare
nelle loro linee principali e fondamentali. Non si può dire
altrettanto delle questioni pratiche della socialdemocrazia, del suo programma
politico, dei suoi metodi d'azione, della sua tattica. Secondo noi, soprattutto
in questo campo dominano i malintesi e la reciproca incomprensione, il che
impedisce il completo avvicinamento alla socialdemocrazia di quei rivoluzionari
i quali in teoria si sono completamente staccati dalla «Volontà del popolo», ma
in pratica o sono spinti dalla forza stessa delle cose a svolgere un lavoro di
propaganda e di agitazione tra gli operai e persino a impostare la propria
attività tra gli operai sul piano della lotta di classe, oppure tendono a porre i
compiti democratici
a base di tutto il programma e di tutta l'azione rivoluzionaria. Salvo errore,
quest’ultima tendenza è propria dei due gruppi rivoluzionari che agiscono
attualmente in Russia accanto ai socialdemocratici, e precisamente la «Volontà
del popolo» e il «Diritto del popolo».
Ci sembra quindi particolarmente tempestivo tentare di spiegare i compiti pratici
dei socialdemocratici e di esporre le ragioni per le quali consideriamo il loro
programma come il più razionale fra i tre programmi esistenti e le ragioni per
cui riteniamo le obiezioni mosse a questo programma fondate in larga misura su
un malinteso.
Nella loro attività pratica i socialdemocratici si propongono, com'è noto, di
dirigere la lotta di classe del proletariato e di organizzarla nelle sue due
manifestazioni: quella socialista (lotta contro la classe dei capitalisti per
la distruzione del regime di classe e l'organizzazione della società (5) socialista) e quella democratica (lotta contro
l'assolutismo per conquistare alla Russia la libertà politica e per rendere
democratico il suo regime sociale e politico). Abbiamo detto: com'è noto.
Infatti, fin dal momento in cui si sono presentati come una particolare
tendenza sociale e rivoluzionaria, i socialdemocratici russi hanno sempre
indicato con la massima precisione questo obiettivo della loro attività, hanno
sempre sottolineato il duplice aspetto e contenuto della lotta di classe del
proletariato, hanno sempre insistito sul legame indissolubile che esiste tra i
loro compiti socialisti e quelli democratici, legame espresso chiaramente nel
nome che hanno adottato. Tuttavia, ancor oggi potete trovare spesso certi
socialisti che hanno le idee più false sui socialdemocratici, che li accusano
di ignorare la lotta politica, ecc. Soffermiamoci dunque brevemente sulle
caratteristiche dei due aspetti dell'attività pratica della socialdemocrazia
russa.
Cominciamo con l'attività socialista. Da quando l'organizzazione
socialdemocratica «Unione di lotta per l'emancipazione della classe operaia» di
Pietroburgo ha cominciato a svolgere la propria attività fra gli operai di
questa città, il carattere dell'azione socialdemocratica, sotto questo aspetto,
avrebbe dovuto essere, secondo noi, del tutto chiaro. L'attività socialista dei
socialdemocratici russi consiste nella propaganda delle dottrine del socialismo
scientifico, nella diffusione tra gli operai di una giusta concezione del
regime economico e sociale contemporaneo, delle sue basi e della sua
evoluzione, delle diverse classi della società russa, dei loro
rapporti reciproci, della lotta che si svolge fra queste classi, della funzione
della classe operaia in questa lotta, del suo atteggiamento verso le classi che
declinano e quelle che sono in ascesa, verso il passato e l'avvenire del
capitalismo, della funzione storica della socialdemocrazia internazionale e
della classe operaia russa.
Inseparabile dalla propaganda è l'agitazione tra gli operai, che
naturalmente si pone in primo piano, date le attuali condizioni politiche della
Russia e il livello di sviluppo delle masse operaie. L'agitazione fra gli
operai consiste nella partecipazione dei socialdemocratici a tutte le
manifestazioni spontanee della lotta della classe operaia, a tutti i conflitti
tra gli operai e i capitalisti per la durata della giornata lavorativa, il
salario, le condizioni di lavoro, ecc. ecc. Noi abbiamo il compito di fondere
la nostra azione con le questioni pratiche, quotidiane della vita operaia, di
aiutare gli operai a comprendere queste questioni, di richiamare la loro
attenzione sugli abusi più gravi, di aiutarli a formulare in modo più preciso e
più pratico le loro rivendicazioni contro i padroni, di sviluppare in essi la
coscienza della solidarietà, la coscienza dei loro comuni interessi e della
causa comune di tutti gli operai russi, come classe operaia unica che è parte
integrante dell'esercito mondiale del proletariato. L'organizzazione di circoli
tra gli operai, la creazione di rapporti regolari e clandestini tra questi
circoli e il gruppo centrale dei socialdemocratici, la pubblicazione e la
diffusione della stampa operaia, l'organizzazione della corrispondenza con
tutti i centri del movimento operaio, la pubblicazione e la diffusione di
manifestini e di appelli, la preparazione di un gruppo di esperti agitatori:
queste sono a grandi linee le manifestazioni dell'attività socialista della
socialdemocrazia russa.
Il nostro lavoro è orientato anzitutto e soprattutto verso gli operai di
fabbrica e di officina, verso gli operai della città. La socialdemocrazia russa
non deve disperdere le proprie forze, ma concentrarle nell'azione da svolgere
tra il proletariato industriale, che è il più pronto ad accogliere le idee
socialdemocratiche, il più evoluto intellettualmente e politicamente, il più
importante per numero e concentrazione nei grandi centri politici del paese. La
creazione di una solida organizzazione rivoluzionaria tra gli operai di
fabbrica e di officina, tra gli operai della città, è pertanto il primo e più
urgente compito della socialdemocrazia, compito che sarebbe assolutamente
irrazionale trascurare in questo momento. Ma, anche se riconosciamo la necessità
di concentrare le nostre forze sugli operai di fabbrica e di officina,
condannando il frazionamento delle forze, non vogliamo affatto dire che la
socialdemocrazia russa debba ignorare gli altri strati del proletariato e della
classe operaia russa. Assolutamente no.
L'operaio di fabbrica russo, per le sue stesse condizioni di vita, è costretto
assai spesso a stabilire legami molto stretti con gli artigiani, con questo
proletariato industriale disseminato fuori delle fabbriche, nelle città e nei
villaggi, e posto in condizioni infinitamente peggiori. L'operaio di fabbrica
russo è in contatto diretto con la popolazione rurale (non di rado la sua
famiglia vive in campagna) e quindi non può non avvicinarsi al proletariato
rurale, ai milioni di braccianti fissi e di giornalieri, nonché ai contadini
rovinati che, pur essendo attaccati a un miserabile boccone di terra, sono
occupati in prestazioni di lavoro e in ogni sorta di «lavori ausiliari»
occasionali, ossia in lavori salariati.
I socialdemocratici russi ritengono che sia oggi intempestivo orientare
le loro forze verso gli artigiani e gli operai agricoli, ma essi non hanno
alcuna intenzione di trascurare questi strati e cercheranno quindi di istruire
gli operai d'avanguardia anche sulla vita degli artigiani e degli operai
agricoli, affinché, venendo a contatto con gli strati più arretrati del
proletariato, vi diffondano le idee della lotta di classe, del socialismo, dei
compiti politici della democrazia russa in generale e del proletariato russo in
particolare. Non sarà pratico inviare agitatori tra gli artigiani e gli operai
agricoli, fino a quando rimarrà da svolgere una tale mole di lavoro tra gli
operai di fabbrica e di officina, tra gli operai della città; ma in moltissimi
casi l'operaio socialista, indipendentemente dalla sua volontà, viene a
contatto con quegli strati e deve sapersi avvalere di queste occasioni e
comprendere i compiti generali della socialdemocrazia in Russia.
Sbagliano pertanto profondamente coloro che accusano la socialdemocrazia russa
di grettezza, di tendenza a ignorare la massa della popolazione lavoratrice per
occuparsi esclusivamente degli operai di fabbrica e di officina. Al contrario,
l'agitazione tra gli strati avanzati del proletariato è l'unica e la più sicura
via per ridestare (a misura che il movimento si allarga) tutto il proletariato
russo. La diffusione del socialismo e dell'idea della lotta di classe fra gli
operai della città diffonderà inevitabilmente queste idee attraverso i più
piccoli e più ramificati canali; perciò è necessario che esse si radichino più
profondamente in un ambiente meglio preparato e saturino l'avanguardia del
movimento operaio russo e della rivoluzione russa. Orientando tutte le sue
forze verso l'azione tra gli operai di fabbrica e di officina, la
socialdemocrazia russa è pronta a sostenere quei rivoluzionari russi che in
pratica impostano il lavoro socialista sul piano della lotta di classe del
proletariato, senza nascondere affatto che tutte le alleanze pratiche con le
altre frazioni rivoluzionarie non possono né debbono condurre a compromessi o
concessioni sulla teoria, il programma, gli ideali. Convinti che, ai nostri
giorni, una sola teoria rivoluzionaria, la dottrina del socialismo scientifico
e della lotta di classe, può servire da bandiera al movimento rivoluzionario, i
socialdemocratici russi cercheranno di diffonderla con tutti i mezzi, di
difenderla contro le false interpretazioni, di reagire contro ogni tentativo
diretto a legare il movimento operaio russo, ancora giovane, a dottrine meno
precise. Le considerazioni teoriche dimostrano, e l'attività pratica dei
socialdemocratici prova che tutti i socialisti in Russia debbono diventare socialdemocratici.
Passiamo ai compiti democratici e all'attività democratica dei
socialdemocratici. Ripetiamo ancora una volta che questa attività è indissolubilmente
legata a quella socialista. Nella loro propaganda tra gli operai, i
socialdemocratici non possono ignorare i problemi politici, e considererebbero
come grave errore e abbandono dei principi fondamentali della socialdemocrazia
mondiale ogni tentativo di ignorarli o di porli in secondo piano. Insieme alla
propaganda del socialismo scientifico, i socialdemocratici russi si assumono il
compito di diffondere tra le masse operaie le idee democratiche, di dare
un giusto concetto dell'assolutismo in tutte le sue manifestazioni, del suo
contenuto di classe, della necessità di abbatterlo, dell'impossibilità di
lottare vittoriosamente per la causa operaia senza conquistare la libertà
politica e senza democratizzare il regime politico e sociale della Russia.
Nello svolgere tra gli operai un lavoro di agitazione basato sulle rivendicazioni economiche immediate,
i socialdemocratici legano strettamente a queste ultime l'agitazione basata
sulle esigenze politiche immediate, sull'angosciosa situazione e sulle
rivendicazioni della classe operaia, l'agitazione contro il giogo poliziesco
che si manifesta in ogni sciopero, in ogni conflitto tra gli operai e i
capitalisti, l'agitazione contro la restrizione dei diritti degli operai, come
cittadini russi in generale e come la classe più oppressa e più priva di
diritti in particolare, l'agitazione contro ogni alto esponente e servo
dell'assolutismo che si trovi a diretto contatto con gli operai e renda
evidente alla classe operaia la sua schiavitù politica. Se nel campo economico
non vi è problema della vita operaia che non possa essere utilizzato per
l'agitazione economica, anche nel campo politico non vi è problema che non
possa servire per l'agitazione politica. Queste due forme di agitazione sono
inscindibilmente connesse tra loro nell'attività dei socialdemocratici, come le
due facce di una stessa medaglia.
Sia l'agitazione economica che l'agitazione politica sono parimenti
indispensabili per sviluppare la coscienza di classe del proletariato; l'una e
l'altra sono parimenti indispensabili come guida della lotta di classe degli
operai russi, giacché ogni lotta di classe è una lotta politica. L'una e
l'altra forma di agitazione, ridestando la coscienza degli operai, organizzandoli,
disciplinandoli e educandoli per un'azione solidale e per la lotta in favore
degli ideali socialdemocratici, daranno loro la possibilità di sperimentare le
proprie forze sui problemi e sui bisogni più immediati, permetteranno loro di
ottenere concessioni parziali dal loro nemico, migliorando così la loro
situazione economica, costringendo i capitalisti a tenere conto della forza
degli operai organizzati, costringendo il governo a estendere i diritti degli
operai, a prestar orecchio alle loro rivendicazioni, tenendo il governo in
continuo timore davanti allo stato d'animo ostile delle masse operaie, dirette
da una solida organizzazione socialdemocratica.
Abbiamo così indicato il legame indissolubile che esiste tra la propaganda e
l'agitazione socialista e democratica, il perfetto parallelismo del
lavoro rivoluzionario nell'uno e nell'altro campo. Ma tra queste due forme di
attività e di lotta esiste anche una grande differenza. La differenza sta nel
fatto che nella lotta economica il proletariato è assolutamente isolato, poiché
ha contro di sé tanto la nobiltà terriera quanto la borghesia, e poiché si può
avvalere soltanto (e non sempre) dell'appoggio degli elementi della piccola
borghesia che gravitano attorno al proletariato. Nella lotta politica,
democratica, invece, la classe operaia russa non è isolata; al suo fianco si
schierano tutti gli elementi dell'opposizione politica, tutti gli strati della
popolazione e le classi in quanto sono ostili all'assolutismo e lo combattono
in questa o quella forma. A fianco del proletariato si schierano qui
gli elementi di opposizione della borghesia o delle classi colte o della
piccola borghesia o delle nazionalità, religioni e sette perseguitate
dall'assolutismo, ecc. ecc.
Qui sorge spontanea una domanda: quali debbono essere i rapporti tra la classe
operaia e questi elementi? E inoltre: deve la classe operaia unirsi ad essi per
lottare insieme contro l'assolutismo? Se tutti i socialdemocratici riconoscono
che la rivoluzione politica deve precedere in Russia la rivoluzione socialista,
non dobbiamo forse allearci a tutti gli elementi dell'opposizione politica per
lottare contro l'assolutismo e nel frattempo lasciare da parte il socialismo?
Non è ciò necessario per rafforzare la lotta contro l'assolutismo?
Esaminiamo i due problemi.
I rapporti tra la classe operaia, in quanto combattente contro l'assolutismo, e
tutte le altre classi e gruppi sociali che si trovano politicamente
all'opposizione, sono determinati con la massima precisione dai principi
fondamentali della socialdemocrazia esposti nel celebre Manifesto comunista. I
socialdemocratici sostengono le classi sociali progressive contro le classi
reazionarie, la borghesia contro i rappresentanti della proprietà terriera
privilegiata e di casta e contro la burocrazia, la grande borghesia contro le
velleità reazionarie della piccola borghesia. Questo appoggio non presuppone e
non implica alcun compromesso con i programmi e i principi non
socialdemocratici; è l'appoggio di un alleato contro un nemico determinato,
e i socialdemocratici danno questo appoggio per accelerare la caduta del comune
nemico, ma nulla attendono per sé dai loro alleati temporanei e nulla
loro concedono. Nella loro lotta per l'uguaglianza dei diritti, i
socialdemocratici sostengono ogni movimento rivoluzionario contro il regime
sociale vigente, ogni nazionalità oppressa, ogni religione perseguitata, ogni
ceto sociale umiliato, ecc.
Nella propaganda, l'appoggio a tutti gli elementi
dell'opposizione politica si traduce nel fatto che i socialdemocratici,
dimostrando che l'assolutismo è ostile alla causa operaia, faranno vedere che
in pari tempo esso è ostile a questo o quel gruppo sociale, e che la classe
operaia è solidale con tali gruppi in queste o quelle questioni, per questi o quei
compiti, ecc. Nell'agitazione, l'appoggio si traduce nel fatto che i
socialdemocratici si avvarranno di ogni manifestazione del giogo poliziesco
dell'assolutismo per mostrare agli operai come questo giogo prema in generale su
tutti i cittadini russi, e in particolare sui rappresentanti dei ceti, delle
nazionalità, delle religioni, delle sette, ecc. più oppresse, e come questo
giogo gravi specialmente sulla classe operaia. Infine, nella pratica,
questo appoggio significherà che i socialdemocratici russi saranno disposti a
concludere alleanze con i rivoluzionari di altre tendenze per raggiungere
questi o quegli scopi parziali; di questa loro disposizione essi hanno già dato
concretamente prova più d'una volta.
Veniamo così alla seconda questione. Nel porre in rilievo la solidarietà con
gli operai di diversi gruppi di opposizione, i socialdemocratici distingueranno
sempre da questi gruppi gli operai, spiegheranno sempre il carattere temporaneo
e relativo di questa solidarietà, sottolineeranno sempre che il proletariato è
una classe a sé, la quale potrà domani diventare avversaria dei suoi alleati di
oggi. Si obietterà: «Questo indebolirà tutti coloro che lottano per la
libertà politica nel momento presente». No, questo rafforzerà invece tutti
coloro che combattono per la libertà politica, risponderemo noi. Forti sono
soltanto quei combattenti che si appoggiano sugli interessi reali, effettivamente
riconosciuti come tali, di classi determinate, e ogni tentativo di
nascondere gli interessi di classe che svolgono già una funzione dominante
nella società contemporanea, indebolirebbe soltanto i combattenti. Ciò in primo
luogo.
In secondo luogo, nella lotta contro l'assolutismo, la classe operaia deve
assumere una posizione indipendente perché soltanto essa è fino in fondo un nemico
coerente e irriducibile dell'assolutismo, perché soltanto per essa è
impossibile ogni compromesso con l'assolutismo, perché soltanto nella classe
operaia la democrazia può trovare un partigiano senza riserve e senza
indecisioni, che non guarda al passato. In tutte le altre classi, gruppi,
strati della popolazione, l'ostilità verso l'assolutismo non è incondizionata, il
loro democratismo è sempre rivolto al passato. La borghesia non può non
riconoscere che l'assolutismo frena lo sviluppo industriale e sociale, ma essa
teme di rendere pienamente democratico il regime politico e sociale e può
sempre allearsi con l'assolutismo contro il proletariato.
La piccola borghesia ha per sua natura due facce: da una parte gravita attorno
al proletariato e alla democrazia, dall'altra gravita attorno alle classi
reazionarie, cerca di fermare il corso della storia, è capace di prestarsi agli
esperimenti e di cedere alle profferte dell'assolutismo (sotto la forma,
magari, della «politica popolare» di Alessandro III), è capace di concludere
un'alleanza con le classi dirigenti contro il proletariato pur di consolidare la
propria situazione di classe piccolo-proprietaria.
Gli uomini colti, gli «intellettuali» in generale, non possono non insorgere
contro la selvaggia oppressione poliziesca dell'assolutismo che iugula il
pensiero e la scienza, ma i loro interessi materiali li legano all'assolutismo,
alla borghesia, li costringono a essere incoerenti, a stipulare compromessi, a
rendere il loro ardore di oppositori e rivoluzionari per uno stipendio statale
o per la partecipazione a profitti o a dividendi. Quanto agli elementi
democratici delle nazionalità oppresse e delle religioni perseguitate, ognuno
sa e vede che le contraddizioni di classe all'interno di questi gruppi della
popolazione sono assai più profonde e acute della solidarietà fra tutte le
classi in uno di questi gruppi nella lotta contro l'assolutismo e per le
istituzioni democratiche.
Solo il proletariato può essere – e per la sua situazione di classe non può non
esserlo – coerentemente democratico sino in fondo, nemico deciso
dell'assolutismo, incapace di qualsiasi concessione, di qualsiasi compromesso.
Solo il proletariato può essere il combattente d'avanguardia per le libertà
politiche e per le istituzioni democratiche, perché, in primo luogo,
l'oppressione politica grava soprattutto sul proletariato e non trova nessun
correttivo nella situazione di questa classe, che non ha alcuna possibilità di
accedere al potere supremo né alla burocrazia, e che non ha influenza
sull'opinione pubblica. In secondo luogo, soltanto il proletariato è capace di
democratizzare sino in fondo il regime politico e sociale, poiché questa
democratizzazione metterebbe tale regime nelle mani degli operai. Ecco perché
la fusione
dell'azione democratica della classe operaia con il democratismo
delle altre classi e degli altri gruppi indebolirebbe il movimento democratico, indebolirebbe
la lotta politica, la renderebbe meno decisa, meno coerente, più
suscettibile di compromessi. Viceversa, se si distinguerà la classe
operaia come combattente d'avanguardia per le istituzioni democratiche, si rafforzerà
il movimento democratico, si rafforzerà la lotta per la libertà
politica, perché la classe operaia spingerà avanti tutti gli altri elementi
democratici e dell'opposizione politica, spingerà i liberali verso i radicali,
indurrà i radicali alla rottura definitiva con tutto il regime politico e
sociale della società attuale.
Abbiamo già detto che tutti i socialisti della Russia devono diventare socialdemocratici.
Aggiungiamo ora: tutti i veri e coerenti democratici della Russia debbono diventare
socialdemocratici.
Chiariremo il nostro pensiero con un esempio. Consideriamo i funzionari, la
burocrazia, come uno strato particolare di uomini specializzati
nell'amministrazione e che godono di una situazione privilegiata rispetto al
popolo. Se dalla Russia assolutistica e semiasiatica passiamo all'Inghilterra
evoluta, libera e civile, notiamo che dappertutto questo istituto è un organo
indispensabile della società borghese. All'arretratezza della Russia e al suo
assolutismo corrisponde la mancanza assoluta di diritti del popolo di
fronte ai funzionari, la mancanza assoluta di controllo sulla burocrazia
privilegiata. In Inghilterra esiste un forte controllo popolare
sull'amministrazione, ma anche là questo controllo è tutt'altro che completo,
anche là la burocrazia conserva non pochi privilegi ed è sovente il padrone e
non il servitore del popolo. Anche in Inghilterra troviamo gruppi sociali
potenti, i quali sostengono la situazione privilegiata della burocrazia e ne
impediscono la completa democratizzazione. Perché? Perché la sua completa
democratizzazione si accorda con gli interessi del solo proletariato: gli
strati più progrediti della borghesia difendono alcune prerogative della
burocrazia, si dichiarano contrari alla eleggibilità di tutti i funzionari,
alla completa soppressione del diritto censitario, alla diretta responsabilità
dei funzionari davanti al popolo, ecc., perché questi strati sentono che una
simile totale democratizzazione sarebbe utilizzata dal proletariato contro
la borghesia.
Lo stesso avviene in Russia. Contro l'onnipotente, irresponsabile, venale,
selvaggia, ignorante e parassitaria burocrazia russa si levano gli strati più
numerosi e più diversi del popolo russo. Ma, tranne il proletariato, nessuno
di questi strati ammetterebbe la completa democratizzazione della burocrazia,
perché tutti (borghesia, piccola borghesia, «intellettualità» in genere) sono
legati alla burocrazia, perché tutti sono imparentati con la burocrazia russa.
Chi non sa con quale facilità nella santa Russia un intellettuale radicale, un
intellettuale socialista si trasforma in un funzionario del governo imperiale,
in un funzionario che si consola al pensiero di essere «utile» nei limiti della
prassi burocratica, in un funzionario che giustifica con questa «utilità» la
propria indifferenza politica, il proprio servilismo verso il governo della
frusta e del bastone? Solo il proletariato è incondizionatamente ostile
all'assolutismo e alla burocrazia russa, solo il proletariato non ha alcun legame
con questi organi della società aristocratico-borghese, solo il proletariato è
capace di un odio implacabile, è capace di condurre contro di essi una lotta
decisiva.
Quando dimostriamo che il proletariato, diretto nella sua lotta di classe dalla
socialdemocrazia, è il combattente d'avanguardia della democrazia russa, ci
troviamo di fronte all'opinione molto diffusa e molto strana che la
socialdemocrazia russa porrebbe in secondo piano i problemi politici e la lotta
politica. Come vediamo, quest'opinione è diametralmente opposta alla verità.
Come si può spiegare allora una così sorprendente incomprensione dei principi
della socialdemocrazia, che sono stati più volte esposti nelle prime
pubblicazioni socialdemocratiche russe, negli opuscoli pubblicati all'estero e
nei libri del gruppo «Emancipazione del lavoro»?(6)
Crediamo che la spiegazione di questo fatto sorprendente vada ricercata nelle
tre circostanze seguenti:
In primo luogo, nella generale incomprensione dei principi socialdemocratici da
parte dei rappresentanti delle vecchie teorie rivoluzionarie, abituati a
costruire programmi e piani di azione sulla base di idee astratte e non sulla
base dell'analisi delle classi che agiscono realmente nel paese e che la storia
ha posto in rapporti determinati. Proprio la mancanza di una discussione
realistica degli interessi su cui poggia la democrazia russa ha potuto far
nascere l'opinione che la socialdemocrazia russa lasci nell'ombra i compiti
democratici dei rivoluzionari russi.
In secondo luogo, non si è compreso che la fusione dei problemi economici e
politici, dell'azione socialista e democratica in un tutto organico, in
un'unica lotta
di classe del proletariato, non indebolisce ma rafforza il movimento
democratico e la lotta politica, accostandoli agli interessi reali delle masse
popolari, traendo i problemi politici fuori dagli «angusti studi degli
intellettuali» per portarli nella strada, tra gli operai e le classi
lavoratrici, sostituendo alle idee astratte sull'oppressione politica le
manifestazioni reali di quest'oppressione, di cui il proletariato soffre
maggiormente e sul cui terreno svolge la propria agitazione la
socialdemocrazia. Sembra spesso al radicale russo che il socialdemocratico il
quale, anziché chiamare direttamente e immediatamente gli operai d'avanguardia
alla lotta politica, addita la necessità di sviluppare il movimento operaio e
di organizzare la lotta di classe del proletariato, si allontani così dal suo
democratismo e respinga in secondo piano la lotta politica. Ma se vi è qui una ritirata,
è il caso di dire come nel proverbio francese: «Il faut reculer pour mieux
sauter!» (bisogna indietreggiare per saltare meglio).
In terzo luogo, l'incomprensione proviene dal diverso significato che il
concetto stesso di «lotta politica» ha tra i seguaci della «Volontà del popolo»
e del «Diritto del popolo» da una parte, e tra i socialdemocratici dall'altra.
I socialdemocratici intendono la lotta politica in modo diverso, in modo molto più
ampio che non i rappresentanti delle vecchie teorie rivoluzionarie.
Un'illustrazione lampante di questa affermazione, che può sembrare paradossale,
ci è data dal Lietuci listok «Gruppy narodovoltsev», n. 4 del 9 dicembre 1895.
Mentre salutiamo con tutta l'anima questa pubblicazione, che prova la profonda
e feconda attività intellettuale degli odierni seguaci della «Volontà del
popolo», non possiamo non segnalare l'articolo di Lavrov Sulle questioni
programmatiche (pp. 19-20), che mette in risalto la diversa concezione della
lotta politica dei membri della «Volontà del popolo» della vecchia tendenza (*1). «... Vi è qui – scrive Lavrov, facendo un confronto tra
il programma della «Volontà del popolo» e quello dei socialdemocratici – un
solo fatto essenziale: è forse possibile organizzare, sotto l'assolutismo, un
forte partito operaio senza organizzare un partito rivoluzionario diretto
contro l'assolutismo?» (p. 21, colonna 2). La stessa cosa è detta più sopra
(colonna 1): «...organizzare un partito operaio russo sotto il dominio
dell'assolutismo, senza organizzare in pari tempo un partito rivoluzionario
contro questo assolutismo». Queste differenze, che per Lavrov sono di capitale
importanza, per noi sono assolutamente incomprensibili. Come dunque? «Un
partito operaio senza un partito rivoluzionario diretto contro
l'assolutismo»?? Ma lo stesso partito operaio non è forse un partito
rivoluzionario? Non è forse diretto contro l'assolutismo?
La spiegazione di questa stranezza ci è fornita dal seguente brano
dell'articolo di Lavrov: «Siamo costretti a creare l'organizzazione di un
partito operaio russo nelle condizioni determinate dall'esistenza
dell'assolutismo con tutte le sue delizie. Se i socialdemocratici riuscissero a
far ciò, senza organizzare nello stesso tempo una cospirazione politica contro
l'assolutismo, con tutte le condizioni che una simile cospirazione implica,
naturalmente il loro programma politico sarebbe il vero programma dei socialisti
russi, poiché l'emancipazione degli operai per opera degli operai stessi
sarebbe in via di realizzazione. Ma ciò è molto dubbio, se non impossibile» (p.
21, colonna 1).
Ecco dunque di che cosa si tratta! Per un seguace della «Volontà del popolo» il
concetto di lotta politica si identifica col concetto di cospirazione politica!
Bisogna riconoscere che con queste parole P. L. Lavrov è riuscito a chiarire
perfettamente la differenza fondamentale fra la tattica della «Volontà del
popolo» e quella della socialdemocrazia nella lotta politica. La tradizione
blanquista (7) della cospirazione è cosi tenacemente
radicata nei seguaci della «Volontà del popolo» che essi non riescono a
immaginare la lotta politica altrimenti che sotto forma di cospirazione
politica. I socialdemocratici non peccano di siffatta ristrettezza di vedute;
essi non credono alle cospirazioni, pensano che il periodo delle cospirazioni è
ormai passato da molto tempo, ritengono che ridurre la lotta politica alla cospirazione
significa, da una parte, restringerla eccessivamente e, dall'altra, scegliere i
mezzi di lotta meno adatti. Tutti comprendono che le parole di Lavrov:
«l'attività dell'Occidente è per i socialdemocratici russi un modello
obbligatorio» (p. 21, colonna 1), sono soltanto una battuta polemica, e che in
realtà i socialdemocratici russi non hanno mai dimenticato la nostra situazione
politica, non hanno mai sognato la possibilità di creare in Russia un partito
operaio legale, non hanno mai scisso la lotta per il socialismo dalla lotta per
la libertà politica. Essi invece hanno sempre pensato e continuano a pensare
che questa lotta non deve essere condotta da cospiratori, ma da un partito
rivoluzionario che si appoggi sul movimento operaio.
Ritengono che la lotta contro l'assolutismo non deve consistere
nell'organizzare complotti, ma nell'educare, nel disciplinare e
nell'organizzare il proletariato, nel condurre tra gli operai un'agitazione
politica che stigmatizzi ogni manifestazione dell'assolutismo, inchiodi alla
gogna tutti i paladini del governo poliziesco e costringa quest'ultimo a fare
concessioni. A Pietroburgo non è forse stata proprio questa l'attività dell'Unione di
lotta per l'emancipazione della classe operaia? Questa
organizzazione non è forse precisamente l'embrione di un partito rivoluzionario
che si appoggia sul movimento operaio, dirige la lotta di classe del
proletariato, la lotta contro il capitale e il governo assoluto, senza
organizzare alcuna cospirazione, attingendo le proprie forze appunto dalla fusione
della lotta socialista e della lotta democratica nell'unica e inseparabile
lotta di classe del proletariato di Pietroburgo? L'azione svolta dall'Unione,
nonostante la sua breve esistenza, non ha forse già dimostrato che il
proletariato guidato dalla socialdemocrazia è una forza politica considerevole,
della quale il governo è costretto a tener conto e alla quale si affretta a
fare concessioni? La legge del 2 giugno 1897, sia per la fretta con cui è stata
promulgata, sia per il suo contenuto, tradisce chiaramente il suo significato
di concessione forzata al proletariato, di posizione conquistata al nemico del
popolo russo.
La concessione è minima, la posizione insignificante, ma è pur vero che
l’organizzazione della classe operaia, che è riuscita a strappare questa
concessione, non si distingue neanche essa né per ampiezza, né per solidità, né
per anzianità, né per ricchezza di esperienza o di mezzi. L'«Unione di lotta» è
stata fondata, com'è noto, solo nel 1895-1896 e i suoi appelli agli operai si
sono limitati a manifestini poligrafati e litografati. Si può forse negare che
un'organizzazione di questo tipo, che comprendesse almeno i centri principali
del movimento operaio russo (regioni di Pietroburgo, Mosca-Vladimir, del sud, e
le principali città, come Odessa, Kiev, Saratov, ecc.), che disponesse di un
giornale rivoluzionario e godesse tra gli operai russi dell'autorità di cui
l'«Unione di lotta» gode tra gli operai di Pietroburgo, si può forse negare che
un'organizzazione di questo tipo sarebbe uno dei più importanti fattori
politici della Russia contemporanea, un fattore di cui il governo dovrebbe
tener conto in tutta la sua politica interna ed estera? Dirigendo la lotta di
classe del proletariato, sviluppando lo spirito di organizzazione e di
disciplina fra gli operai, aiutandoli a lottare per i loro bisogni economici
immediati e a strappare al capitale una posizione dopo l'altra, educando
politicamente gli operai e lottando in modo sistematico e tenace contro
l'assolutismo, dando la caccia a ogni cane da guardia dello zarismo che fa
gravare sul proletariato la pesante zampa del governo poliziesco, una simile
organizzazione sarebbe in pari tempo una organizzazione del partito operaio
adeguata alle nostre condizioni e un forte partito rivoluzionario diretto
contro l'assolutismo.
Ma discutere preventivamente sul mezzo a cui questa organizzazione dovrà
ricorrere per infliggere il colpo decisivo all'assolutismo, discutere
preventivamente se essa preferirà, per esempio, l'insurrezione o lo sciopero
politico di massa o un altro mezzo di attacco, discutere preventivamente e
risolvere oggi questa questione sarebbe vuoto dottrinarismo. Saremmo come dei
generali che si riunissero in consiglio di guerra prima ancora di radunare e
mobilitare l'esercito o di entrare in campagna contro il nemico. Quando
l'esercito del proletariato lotterà decisamente, sotto la guida di una forte
organizzazione socialdemocratica, per la propria emancipazione economica e
politica, l'esercito stesso indicherà ai suoi generali i metodi e i mezzi per
l'azione. Allora e soltanto allora si potrà risolvere il problema del colpo
definitivo da infliggere all'assolutismo, perché la soluzione del problema
dipende precisamente dalla situazione del movimento operaio, dalla sua ampiezza,
dai metodi di lotta elaborati dal movimento stesso, dalle qualità
dell'organizzazione rivoluzionaria che lo dirige, dall'atteggiamento che gli
altri strati sociali assumono verso il proletariato e verso l'assolutismo,
dalle condizioni della politica estera e interna, in una parola da mille
condizioni che è impossibile e inutile indovinare fin d'ora.
È quindi assolutamente sbagliato anche il seguente ragionamento di Lavrov:
«Se sarà loro [ai socialdemocratici] necessario raggruppare in un modo
o nell'altro non solo le forze operaie per la lotta contro il capitale, ma
anche gli individui e i gruppi rivoluzionari per la lotta contro l'assolutismo,
i socialdemocratici russi, qualunque denominazione assumano, accetteranno di fatto
[corsivo dell'autore] il programma dei loro avversari, il programma della
«Volontà del popolo». Le divergenze di opinioni sull'obstcina (a),
sui destini del capitalismo in Russia, sul materialismo economico sono
particolari di scarsissima importanza per l'azione reale, in quanto favoriscono
od ostacolano la soluzione di problemi particolari, di particolari metodi di
elaborazione dei punti essenziali, ma nulla di più» (p. 21, colonna 1).
È persino strano dover contestare quest'ultima affermazione per cui le divergenze
d'opinione sulle questioni fondamentali della vita russa e dell'evoluzione
della società russa, sui problemi fondamentali della concezione della storia,
sono soltanto dei «particolari»! Già da molto tempo è stato detto che senza
teoria rivoluzionaria non può esistere movimento rivoluzionario, e oggi
non è più necessario dimostrare questa verità. La teoria della lotta di classe,
l'interpretazione materialistica della storia russa e la valutazione
materialistica dell'attuale situazione economica e politica della Russia, la
riconosciuta necessità di imperniare la lotta rivoluzionaria sugli interessi
determinati di una classe determinata, esaminando i rapporti tra questa classe
e le altre classi: definire queste questioni rivoluzionarie di estrema importanza
come dei semplici «particolari» è così enormemente sbagliato e sorprendente da
parte di un veterano della teoria rivoluzionaria, che siamo quasi
disposti a considerare questo brano come un lapsus. Ma ancor più colpisce
l'erroneità della prima parte del brano citato.
Dichiarare per iscritto che i socialdemocratici raggruppano soltanto le forze
operaie per lottare contro il capitale (ossia soltanto per la lotta
economica!), senza tendere a unire gli individui e i gruppi rivoluzionari per
lottare contro l'assolutismo, significa che o non si conoscono o non si
vogliono conoscere i fatti universalmente noti dell'attività dei
socialdemocratici russi. Oppure, forse, Lavrov non considera come «individui
rivoluzionari» e come «gruppi rivoluzionari» i socialdemocratici che svolgono
un lavoro pratico in Russia?! Oppure (ed è forse più esatto) per «lotta» contro
l'assolutismo egli intende soltanto le cospirazioni contro l'assolutismo? (cfr.
p. 21, colonna 2: «... Si tratta.., dell'organizzazione di una cospirazione
rivoluzionaria». Il corsivo è nostro). Forse, secondo P. L. Lavrov, chi non
organizza cospirazioni politiche non conduce una lotta politica? Lo ripetiamo
ancora una volta: questa idea corrisponde pienamente alle vecchie tradizioni
della vecchia «Volontà del popolo», ma non corrisponde affatto né alle
concezioni attuali sulla lotta politica, né alla realtà attuale.
Dobbiamo ancora dire alcune parole sui seguaci del «Diritto del popolo». Lavrov
ha perfettamente ragione, secondo noi, quando afferma che i socialdemocratici
«qualificano i seguaci del "Diritto del popolo" come gli elementi più
sinceri, e sono pronti a sostenerli pur senza confondersi con loro» (p. 19,
colonna 2); bisognerebbe soltanto aggiungere: come i democratici più sinceri, e nella misura
in cui agiscono come democratici coerenti. Purtroppo questa
condizione riguarda piuttosto l'auspicabile avvenire che non il reale presente.
I seguaci del «Diritto del popolo» hanno manifestato il desiderio di liberare i
compiti democratici dal populismo e in generale da ogni legame con le forme
antiquate del «socialismo russo», ma essi stessi hanno dimostrato di non
essersi ancora liberati dai vecchi pregiudizi e di non essere coerenti quando
hanno denominato il loro partito, che è solo un partito di riforme politiche,
partito «social(??!)-rivoluzionario» (cfr. il loro Manifesto del 19 febbraio
1894) e quando hanno dichiarato, nello stesso Manifesto, che «la nozione
di diritto del popolo comprende l'organizzazione della produzione popolare»
(siamo costretti a citare a memoria), introducendo così di soppiatto i
pregiudizi del populismo.
Non aveva dunque del tutto torto Lavrov quando li definiva «politici da
carnevale» (p. 20, colonna 2). Ma forse è più giusto considerare la dottrina
del «Diritto del popolo» come una dottrina di transizione, alla quale non si
può negare il merito di essersi vergognata del primitivismo delle dottrine
populiste e di aver polemizzato apertamente contro i più ripugnanti reazionari
del populismo, i quali si permettono di dire, di fronte all'assolutismo
poliziesco di classe, che sono auspicabili le trasformazioni economiche e non
quelle politiche (cfr. Una questione urgente, edita dal partito
del «Diritto del popolo»). Se nel partito del «Diritto del popolo» vi sono
effettivamente solo ex socialisti i quali nascondono la loro bandiera
socialista per ragioni tattiche e che di uomini politici non socialisti hanno
soltanto la maschera (come suppone P. L. Lavrov; p. 20, colonna 2), questo
partito non ha allora, naturalmente, alcun avvenire.
Ma se in questo partito vi sono anche dei politici non socialisti, seri, e non
da carnevale, se vi sono dei democratici non socialisti, allora il partito
potrà recare grande utilità adoperandosi ad avvicinare gli elementi della
nostra borghesia che hanno un atteggiamento di opposizione politica, a
ridestare la coscienza politica di classe della nostra piccola borghesia, dei
piccoli commercianti, dei piccoli artigiani, ecc., di questa classe che
dappertutto, nell'Europa occidentale, ha svolto una determinata funzione nel
movimento democratico, che in Russia ha progredito in modo assai rapido nel
campo culturale e in altri campi, nell'epoca posteriore alla riforma, e che non
può non sentire il giogo del governo poliziesco e il cinico appoggio dato da
questo governo ai grandi industriali, ai grandi monopolisti della finanza e
dell’industria.
Ma a tal fine e necessario soltanto che i seguaci del «Diritto del popolo» si
propongano di accostarsi effettivamente ai diversi strati della popolazione e
non si limitino sempre a quella «intellettualità», la cui impotenza, derivante
dal suo distacco dagli interessi reali delle masse, è riconosciuta anche nella Questione
urgente. A tal fine è necessario che i seguaci dei «Diritto del
popolo» abbandonino ogni pretesa di voler fondere elementi sociali eterogenei e
di mettere da parte il socialismo di fronte ai compiti politici, abbandonino
quella falsa vergogna che impedisce loro di accostarsi ai ceti borghesi della
nazione; è necessario, cioè, che essi non solo parlino di un programma di
uomini politici non socialisti, ma agiscano conformemente a questo programma,
risvegliando e sviluppando la coscienza di classe di quei gruppi sociali e di
quelle classi che non hanno affatto bisogno del socialismo, ma sentono sempre
di più il giogo dell'assolutismo e la necessità della libertà politica.
* * *
La socialdemocrazia russa è ancora molto giovane. Esce appena dallo
stato embrionale in cui i problemi teorici avevano un posto predominante.
Comincia appena ora a sviluppare la sua attività pratica. Invece di criticare
le teorie e i programmi socialdemocratici, i rivoluzionari delle altre frazioni
debbono, per forza di cose, criticare l'attività pratica dei socialdemocratici
russi. E bisogna riconoscere che quest'ultima critica è nettamente diversa
dalla critica teorica, è tanto diversa che si è potuto diffondere la ridicola
diceria secondo cui l'«Unione di lotta» di Pietroburgo non sarebbe
un'organizzazione socialdemocratica. La possibilità stessa di una simile
diceria mostra già l'infondatezza delle accuse che circolano, le quali
rimproverano ai socialdemocratici di trascurare la lotta politica. La
possibilità stessa di una simile diceria dimostra che molti rivoluzionari, i
quali non si erano lasciati convincere dalla teoria dei socialdemocratici,
cominciano a essere convinti dalla loro attività pratica.
La socialdemocrazia russa ha ancora dinanzi a sé un immenso campo di lavoro
tuttora quasi intatto. Il risveglio della classe operaia russa, la sua
spontanea aspirazione alla cultura, all'unione, al socialismo, alla lotta
contro i suoi sfruttatori e oppressori, si rivelano ogni giorno più vivi e più
ampi. I giganteschi progressi che il capitalismo russo ha compiuto negli ultimi
tempi ci garantiscono che il movimento operaio crescerà costantemente in
ampiezza e in profondità.
Stiamo oggi attraversando, evidentemente, quella fase del ciclo capitalistico
nella quale l'industria «fiorisce», il commercio si espande, le fabbriche
lavorano a pieno rendimento, nella quale nuove aziende, nuove officine, società
per azioni, ferrovie, ecc. ecc., sorgono numerose come i funghi dopo la
pioggia. Non è necessario esser profeti per predire il crollo inevitabile (più
o meno violento) che seguirà a questa «prosperità» industriale. Esso manderà in
rovina la massa dei piccoli proprietari, getterà masse di operai nelle file dei
disoccupati e porrà così in forma acuta davanti alle masse operaie le questioni
del socialismo e della democrazia, già da molto tempo poste davanti a ogni
operaio cosciente e pensante.
I socialdemocratici russi debbono far si che questo crollo trovi il
proletariato russo più cosciente, più unito, consapevole dei compiti della
classe operaia russa, capace di resistere alla classe dei capitalisti che
mietono oggi ingenti profitti e aspirano a far sempre ricadere le perdite sugli
operai, capace di impegnare, alla testa della democrazia russa, la lotta
decisiva contro l'assolutismo poliziesco che tiene legati mani e piedi gli
operai russi e tutto il popolo russo.
Al lavoro dunque, compagni! Non sprechiamo un tempo prezioso! I
socialdemocratici russi hanno ancora moltissimo da fare per soddisfare le
esigenze del proletariato che si risveglia, per organizzare il movimento
operaio, per rafforzare i gruppi rivoluzionari e i legami tra di essi, per dare
agli operai pubblicazioni di propaganda e di agitazione, per unire i circoli
operai e i gruppi socialdemocratici disseminati in tutti gli angoli della
Russia in un unico partito operaio socialdemocratico!
Note nel testo:
*1). L'articolo di P.L. Lavrov, pubblicato nel n. 4, è solo un
«estratto» di una lunga lettera di P.L. Lavrov destinata ai Documenti.
Abbiamo saputo che nella scorsa estate (1897) sono apparse all'estero sia la
lettera di P. L. Lavrov nel suo testo integrale sia la risposta di Plekhanov;
ma non abbiamo potuto vedere né l'una né l'altra. Ignoriamo inoltre se sia
uscito il n. 5 del Lietuci listok «Gruppy narodovoltsev», nel quale la
redazione aveva promesso di pubblicare un editoriale a proposito della lettera
di P. L. Lavrov. Cfr. il n. 4, P. 22, colonna 1a, nota.
Note:
1) L'opuscolo I compiti dei socialdemocratici russi fu
scritto da Lenin verso la fine del 1897, mentre si trovava deportato in
Siberia, e fu pubblicato per la prima volta a Ginevra nel 1898 dal gruppo
"Emancipazione del lavoro". Il manoscritto originale non è stato
ritrovato; ne esiste soltanto una copia dovuta ad una mano ignota. L'opuscolo
apparve nel 1902 in seconda edizione e nel 1905 in terza edizione, con
prefazione di Lenin, e venne inoltre incluso nella raccolta VI. Ilin, In 12 anni,
apparsa nel 1907. Nelle edizioni del 1905 e del 1907 manca il proclama L'
"Unione di lotta", agli operai e ai socialisti di Pietroburgo
, presente nella copia manoscritta e, sotto forma di appendice, nella prima
edizione. Questo proclama, pubblicato nella prima, nella seconda r nella terza
edizione delle Opere, è stato incluso anche nella presente edizione. La
copia del manoscritto contiene alcuni errori dovuti al copista. Le inesattezze,
contenute anche nella prima edizione dell'opuscolo, vennero corrette dallo
stesso Lenin nelle successive edizioni.
2) Il partito «Il
diritto del popolo» - organizzazione clandestina di intellettuali democratici -
fu fondato nel 1893 con la partecipazione di ex seguaci della «Volontà del
popolo» e fu sciolto dal governo zarista nella primavera del 1894. Questa
organizzazione pubblicò due documenti programmatici: Una questione urgente e un Manifesto.
Per ciò che concerne la valutazione del «Diritto del popolo» come partito
politico da parte di Lenin, cfr., nella presente edizione, vol. I, pp. 336-339,
nonché il presente volume, pp. 333-335. La maggior parte dei seguaci del
«Diritto del popolo» entrò in seguito nel partito dei socialisti-rivoluzionari.
3) Il gruppo della «Volontà del popolo», fondato nel 1891,
cessò di esistere nel 1896; dal populismo esso passò a poco a poco alla
socialdemocrazia. Alcuni suoi membri divennero in seguito militanti attivi del
POSDR. Il gruppo stampò, nella propria tipografia, alcune pubblicazioni
dell'«Unione di lotta per l'emancipazione della classe operaia» di Pietroburgo,
ad esempio l'opuscolo di Lenin Commento alla legge sulle multe inflitte agli operai
nelle fabbriche e nelle officine. Nella stessa tipografia si sarebbe
dovuto stampare l'opuscolo Sugli scioperi, che Lenin aveva inviato
dal carcere nel 1896, ma la cosa non fu possibile, perché la tipografia venne
devastata dal governo zarista (finora non si è trovato il manoscritto
dell'opuscolo).
4) L'«Unione dei socialdemocratici russi all'estero» fu fondata
a Ginevra nel 1894 per iniziativa del gruppo «Emancipazione del lavoro». Essa
aveva una propria tipografia, in cui stampava pubblicazioni rivoluzionarie e la
rivista Rabotnik
(Il lavoratore). All'inizio il gruppo «Emancipazione del lavoro»
dirigeva l'Unione e ne redigeva le pubblicazioni. In seguito in seno all'Unione
ebbero il sopravvento gli elementi opportunisti («giovani», «economisti»). Nel
novembre del 1898, al I Congresso dell'Unione, il gruppo «Emancipazione del
lavoro» si rifiutò di continuare a redigerne le pubblicazioni. La rottura
definitiva e l'uscita del gruppo «Emancipazione del lavoro» dall'Unione avvenne
nell'aprile 1900, al II Congresso dell'Unione, quando questo gruppo e alcuni
suoi seguaci abbandonarono il congresso e crearono l'organizzazione
indipendente «Il socialdemocratico».
5) A questo punto nel manoscritto non era scritto «obstcestva»
(«della società»), ma «pr-va» («proizvodstva»: «della
produzione»). Nella prima edizione (1898) questa parola venne decifrata
erroneamente come «pravitielstva» («del governo»). Nella seconda edizione
(1902), curata da Lenin, l'evidente errore venne corretto. La parola «governo»
fu sostituita con la parola «società». Questa correzione di Lenin fu introdotta
nel testo dell'edizione del 1905 e della raccolta In 12 anni, del 1907.
6) Il gruppo «Emancipazione del lavoro », primo gruppo marxista
russo, venne fondato a Ginevra (in Svizzera) nel 1883 da Plekhanov ed esistette
fino al II Congresso del POSDR (1903). Questo gruppo compì un grande lavoro per
diffondere il marxismo in Russia, fondò teoricamente la socialdemocrazia e fece
il primo passo verso il movimento operaio (cfr. Storia del Partito Comunista
(bolscevico) dell'URSS, ed. cit., pp. 14 e 24). Esso tradusse in
lingua russa, pubblicò all'estero e cominciò a diffondere clandestinamente in
Russia le opere dei fondatori del marxismo: Manifesto del Partito comunista, Lavoro
salariato e capitale di Marx, L'evoluzione del socialismo dall'utopia alla scienza di
Engels. Plekhanov e il suo gruppo «Emancipazione del lavoro» assestarono un
colpo decisivo al populismo, ma al tempo stesso commisero gravi errori, che
furono l'embrione delle future concezioni mensceviche di Plekhanov e di altri
membri del gruppo.
Per una valutazione dell'attività di questo gruppo e della sua funzione storica
cfr. il I cap. della Storia del Partito Comunista (bolscevico) dell'URSS,
ed. cit.
7) Blanquismo: tendenza del movimento
socialista francese, capeggiata da Louis-Auguste Blanqui (1805-1881). Blanqui
prese parte attiva al movimento rivoluzionario francese, fu condannato per due
volte a morte e tenuto in carcere per una metà circa della sua vita.
I classici del marxismo-leninismo, pur considerando Blanqui un vero
rivoluzionario e un ardente sostenitore del socialismo, in pari tempo lo criticarono
aspramente per il suo settarismo e per i suoi metodi cospirativi. «Il
blanquismo - scrisse Lenin nel 1906 nell'articolo Sui risultati di un congresso -
è una teoria che nega la lotta di classe. Il blanquismo attende la liberazione
dell'umanità dalla schiavitù salariata non dalla lotta di classe del
proletariato, ma dalle congiure di una piccola minoranza di intellettuali ».
Glossario
a). Obscina: comunità rurale russa. Di essa parlano Marx ed
Engels nella prefazione all’edizione russa, del 1882, del Manifesto del partito
comunista, chiedendosi: “questa forma in gran parte già disciolta della
originaria proprietà comune della terra, potrà essa passare direttamente a una
più alta forma comunistica di proprietà terriera, o dovrà essa attraversare
prima lo stesso processo di dissoluzione che trova la sua espressione nella
evoluzione storica dell'occidente?
La sola risposta oggi possibile è questa: se la rivoluzione russa servirà da
segnale a una rivoluzione operaia in occidente, in modo che entrambe si
completino, allora l'odierna proprietà comune russa potrà servire di punto di
partenza per una evoluzione comunista”.