da
Marx-Engels, Opere Complete, vol. 9, Editori Riuniti, Roma, 1984, pp.. 176-179
trascrizione e conversione in html a cura del CCDP
Karl Marx
La
sconfitta dei piemontesi
«Neue Rheinische Zeitung» n. 261, 1°
aprile 1849, seconda edizione
Colonia, 1° aprile.
Secondo le ultime notizie provenienti dall'Italia, la sconfitta dei piemontesi
presso Novara non è affatto così decisiva come affermava il telegramma spedito
a Parigi.
I piemontesi sono battuti, tagliati fuori da Torino e ricacciati sulle
montagne. Questo è tutto.
Se il Piemonte fosse una repubblica, se il governo di Torino fosse
rivoluzionario e avesse il coraggio di usare i mezzi rivoluzionari nulla
sarebbe perduto. Ma l'indipendenza italiana sta per essere perduta non per
l'invincibilità delle armi austriache, ma per la codardia della monarchia
piemontese.
Perché gli austriaci hanno vinto? Perché il tradimento di Ramorino ha separato
due divisioni dell'esercito piemontese dalle altre tre e perché queste tre
divisioni isolate sono state battute dalla superiorità numerica degli
austriaci. Le tre divisioni sono ora ricacciate ai piedi delle Alpi pennine.
I piemontesi commisero fin dall'inizio un gravissimo errore contrapponendo agli
austriaci soltanto un esercito regolare e volendo condurre una delle solite,
oneste guerre borghesi. Un popolo che vuole conquistare la sua indipendenza non
deve limitarsi ai soliti mezzi di
guerra. Sollevazione in massa, guerra rivoluzionaria, guerriglia dappertutto,
ecco l'unico mezzo con cui un piccolo popolo può vincere uno grande, e un
esercito meno forte resistere contro un esercito pili forte e meglio
organizzato.
Gli spagnoli lo hanno dimostrato nel 1807-1812 (1) e gli
ungheresi lo stanno facendo oggi.
Chrzanowski era stato battuto a Novara e tagliato fuori da Torino, Radetzky era
a 9 miglia da Torino. Per una monarchia
come il Piemonte, anche se monarchia costituzionale, le sorti della campagna
erano così decise. La pace fu chiesta a Radetzky. Ma in una repubblica ciò non
avrebbe deciso niente. Se la
vigliaccheria inevitabile delle monarchie, che non hanno mai il coraggio di
ricorrere ai mezzi rivoluzionari estremi, se questa vigliaccheria non l'avesse
trattenuta, la sconfitta di Chrzanowski sarebbe potuta diventare una fortuna
per l'Italia.
Se il Piemonte fosse una repubblica, scevra da riguardi per le tradizioni
monarchiche, avrebbe avuto dinanzi a sé una via aperta per concludere la
campagna in ben altro modo. Chrzanowski è stato respinto verso Biella e
Borgomanero; là dove le Alpi Svizzere rendono impossibile ogni ulteriore
ritirata, dove due o tre anguste vallate rendono quasi impossibile ogni
dispersione dell'esercito, sarebbe stato molto facile concentrare tutto
l'esercito e con una marcia audace rendere infruttuosa la vittoria di Radetzky.
Se i capi dell'esercito piemontese avessero del coraggio rivoluzionario, se
sapessero che c'è a Torino un governo rivoluzionario deciso a tutto, la loro
condotta sarebbe assai semplice.
Presso il Lago Maggiore, dopo la battaglia di Novara, c'erano 30-40.000 soldati
piemontesi. Questo corpo, concentrato in due giorni, poteva essere gettato
sulla Lombardia dove non si trovavano nemmeno 12.000 austriaci, avrebbe potuto
occupare Milano, Brescia, Cremona, organizzare l'insurrezione generale, battere
alla spicciolata i singoli corpi austriaci che arrivavano dal Veneto e mandare
così all'aria tutta la base d'operazione di Radetzky.
Radetzky, invece di marciare su Torino, sarebbe stato costretto a fare
dietrofront e a tornare in Lombardia, incalzato dalla mobilitazione in massa
dei piemontesi che avrebbe naturalmente dovuto appoggiare l'insurrezione
lombarda.
Questa vera guerra nazionale, una
guerra come quella condotta dai lombardi nel marzo 1848, quando cacciarono
Radetzky oltre l'Oglio e il Mincio, questa guerra avrebbe gettato nella lotta
tutta l'Italia e infuso ben altre energie ai romani e ai toscani.
Mentre Radetzky era ancora tra il Po e il Ticino, incerto se avanzare o
retrocedere, i piemontesi e i lombardi avrebbero potuto marciare su Venezia,
liberarla, unire a sé La Marmora e le truppe romane, molestare e indebolire il
feldmaresciallo austriaco con numerose azioni di guerriglia, dividere le sue
truppe e finalmente batterlo.
La Lombardia aspettava soltanto l'arrivo dei piemontesi, e insorse già senza
aspettarli. Solo le fortezze austriache tenevano a bada le città lombarde.
Diecimila soldati piemontesi erano già in Lombardia; se ne fossero entrati
ancora 20-30.000 la ritirata di Radetzky sarebbe stata resa impossibile.
Ma la sollevazione in massa, l'insurrezione generale del popolo sono mezzi di
fronte ai quali la monarchia indietreggia. Sono mezzi che solo la repubblica
adopera, il 1793 ne ha dato la prova. Sono mezzi il cui impiego presuppone il terrore rivoluzionario, e quando mai si è
visto un monarca disposto a questo!
Ciò che ha dunque rovinato gli italiani non è la sconfitta di Novara o quella
di Vigevano; è la codardia e la moderazione a cui la monarchia li costringe. La
battaglia perduta di Novara aveva unicamente uno svantaggio strategico: gli italiani erano tagliati
fuori da Torino mentre gli austriaci avevano la via aperta. Questo svantaggio
poteva non avere nessuna importanza se la battaglia perduta fosse stata
immediatamente seguita da una vera guerra
rivoluzionaria, se quel che rimaneva dell'esercito italiano si fosse
subito proclamato fulcro dell'insurrezione nazionale di massa, se l'onesta
guerra strategica dell'esercito
si fosse trasformata in una guerra di popolo,
come quella che i francesi fecero nel 1793.
Ma, si capisce! Guerra rivoluzionaria, insurrezione di massa e terrore sono
cose che la monarchia non accetterà mai. Essa concluderà la pace col suo
peggiore nemico dello stesso rango piuttosto che allearsi col popolo.
Carlo Alberto potrà essere o non essere un traditore: la corona di Carlo Alberto, la monarchia sarebbe bastata per spingere
l'Italia verso la rovina.
Ma Carlo Alberto è un traditore. Tutti i giornali francesi portano la notizia
di un grande complotto controrivoluzionario europeo fra tutte le grandi
potenze, di un piano di campagne della controrivoluzione per ottenere la
sottomissione definitiva di tutti i popoli europei. La Russia e l'Inghilterra,
la Prussia e l'Austria, la Francia e la Sardegna hanno firmato il patto di
questa nuova Santa Alleanza.
Carlo Alberto aveva l'ordine di cominciare la guerra contro l'Austria, di farsi
battere e di dare in questo modo la possibilità agli austriaci di ristabilire
la «calma» in Piemonte, a Firenze, a Roma e di imporre dovunque costituzioni
fondate sulla legge marziale. Carlo Alberto otteneva per questo Parma e
Piacenza, i russi pacificavano l'Ungheria, la Francia doveva diventare un
impero e così la calma sarebbe ritornata in Europa.
Questo, secondo i giornali francesi, il grande piano della controrivoluzione. E
questo piano spiega il tradimento di Ramorino e la sconfitta degli italiani.
Con la vittoria di Radetzky la monarchia ha però ricevuto un nuovo colpo. La
battaglia di Novara e la successiva paralisi dei piemontesi dimostrano che un
popolo, in casi estremi, quando ha bisogno di tendere tutte le proprie forze
per la sua salvezza non può trovare più serio ostacolo della monarchia. Se
l'Italia non vuole perire a causa della monarchia, bisogna che la monarchia in
Italia perisca al più presto.
Note
1) Riferimento alla lotta di liberazione del popolo spagnolo
contro la dominazione napoleonica. In tale lotta ebbero un ruolo determinante
le azioni di guerriglia.