www.resistenze.org - materiali resistenti in linea - formazione - 20-02-12 - n. 397

da Per Conoscere Marx a cura di Vincenzo De Robertis
 
Rudimenti della critica di Marx all'economia politica
 
Scopo di questa pubblicazione è quello di fornire (attraverso un numero di pagine sufficienti a formarsi una prima idea sull'argomento) quanto necessario ad un lettore, che fosse animato dalla volontà di apprendere i rudimenti del marxismo (o, più precisamente, della critica di Marx all'economia politica classica) senza, però, mettere a dura prova la sua volontà di apprendere e la sua pazienza.
 
Per non tradire lo scopo, tutto il materiale lo si è voluto racchiudere in meno di cento pagine.
 
Una prima parte è stata attinta da Salario, prezzo e profitto, un'opera che è costituita da una conferenza tenuta da K.Marx a Londra, nel 1865, all'Internazionale, pubblicata per la prima volta, sotto forma di opuscolo nel 1898, nella quale egli espone in un linguaggio semplice il risultato delle sue ricerche sull'origine del plusvalore, esposte, poi, in maniera molto più approfondita nel I Libro del Capitale.
 
Di tutto l'opuscolo, reperibile anche su vari siti web (fra tutti segnalo www.resistenze.org), sono stati qui pubblicati i capitoli in cui viene esposta in positivo la teoria di K. Marx sulla differenza fra lavoro e forza-lavoro, sull'origine del plusvalore, su cosa deve intendersi per saggio di profitto; mentre sono stati tolti i capitoli (pure interessanti) in cui Marx polemizza con l'operaio Weston, che si era fatto portatore nel dibattito dell'Internazionale di idee attinte dall'armamentario borghese, secondo cui era inutile la lotta operaia per aumenti salariali.
 
Una seconda parte è stata, invece, attinta dall'opera di V.I. Lenin, Sullo sviluppo del capitalismo in Russia, scritta alla fine dell'800, in polemica con i populisti russi, che teorizzavano l'impossibilità che potesse attecchire il modo di produzione capitalistico in un economia arretrata come era quella russa. Dal primo capitolo (il testo integrale è reperibile nelle Opere Complete di Lenin, III volume, interamente dedicato all'opera), è stato estratto il paragrafo VI, in cui Lenin espone le teorie di Marx sulla realizzazione del capitale, che un lettore volenteroso potrà approfondire nel II e III volume del Capitale, costantemente richiamati nelle note a piè di pagina nel testo di Lenin.
 
La scelta è caduta su questo testo, perché in poche pagine Lenin sintetizza il pensiero di K. Marx sul meccanismo che consente al capitale, non quello del singolo capitalista, ma quello complessivo della classe dei capitalisti di una nazione, di "realizzarsi", cioè di scambiarsi al suo interno stesso, senza dover far ricorso, per raggiungere questo scopo, ad un mercato estero.
 
Gli argomenti trattati sono di grande attualità perché vengono chiariti i meccanismi che presiedono sia lo sviluppo, che la stessa crisi di questo modo di produzione ancora attuale ed il linguaggio è comprensibile anche a chi non abbia dimestichezza con i temi dell'economia politica.
 
L'invito rivolto al lettore è quello di non fermarsi a questo libro, ma di approfondire gli argomenti qui trattati su testi, come il Capitale, dove K. Marx ha esposto in maniera più diffusa e compiuta le sue idee, che tanto hanno influenzato la storia di questi ultimi tempi.
 
Segnalo a riguardo la pregevole iniziativa della Casa Editrice la Città del Sole, che recentemente ha ripubblicato un'edizione critica del Capitale di K.Marx.
 
L'auspicio è quello che le giovani generazioni attuali vogliano e sappiano squarciare il velo di oscurità ed oblio, fatto cadere dalle classi dominanti sulle opere di giganti come K. Marx e V. I. Lenin, che tanto hanno saputo insegnare a generazioni di operai e progressisti.
 

Karl Marx - Salario, prezzo e profitto
 
Indice
[Osservazioni preliminari]
Cap. 1. [Produzione e salari]
Cap. 2. [Produzione, salari e profitti]
Cap. 3. [Salari e denaro]
Cap. 4. [Offerta e domanda]
Cap. 5. [Salari e prezzi]
A) Cap. 6. [Valore e lavoro]
B) Cap. 7. La forza-lavoro
C) Cap. 8. La produzione del plusvalore
D) Cap. 9. Il valore del lavoroCap. 10. Come si crea il profitto quando una merce è venduta al suo valore
E) Cap. 11. Le diverse parti in cui si scompone il plusvalore
F) Cap. 12. Il rapporto generale tra profitti, salari e prezzi
G) Cap. 13. I casi principali in cui vengono richiesti aumenti o combattute diminuzioni di salario
H) Cap.14. La lotta fra capitale e lavoro e i suoi risultati
Note

Lenin - Lo sviluppo del capitalismo in russia
 
(Op. Complete - vol.III)
 
Estratti.
 
I) Cap. I - Par. VI - La teoria della realizzazione di Marx
 
Da quanto s'è detto risulta già di per sé che le premesse fondamentali su cui si fonda la teoria di Marx sono date dalle due tesi seguenti. La prima afferma che tutto il prodotto di un paese capitalistico è formato, come il prodotto individuale, delle tre parti seguenti: 1) capitale costante, 2) capitale variabile, 3) plusvalore. Per chi conosca l'analisi del processo di produzione del capitale contenuta nel primo volume del Capitale di Marx questa tesi non ha bisogno di dimostrazione.
 
La seconda tesi afferma che nella produzione capitalistica è indispensabile distinguere due grandi sezioni, e cioè (I sezione) produzione dei mezzi di produzione, «degli oggetti che servono al consumo produttivo, che sono cioè impiegati nella produzione, che vengono consumati non dagli uomini, ma dal capitale, e (II sezione) produzione dei beni di consumo, cioè degli oggetti che servono al consumo individuale. «Vi è più senso teorico in questa sola divisione che non in tutte le precedenti logomachie sulla teoria dei mercati» (Bulgakov, 1. c., p. 27). Ci si chiede perchè questa divisione dei prodotti in base alla loro forma naturale sia necessaria proprio ora nell'analisi della riproduzione del capitale sociale, mentre nell'analisi della produzione e della riproduzione del capitale individuale non era necessaria e si trascurava completamente la questione della forma naturale del prodotto.
 
Con quale fondamento possiamo introdurre la questione della forma naturale del prodotto in un'analisi teorica dell'economia capitalistica interamente costruita sul valore di scambio del prodotto? Sta di fatto che nell'analisi della produzione del capitale individuale si lasciava da parte la questione del dove e del come il prodotto sarebbe stato venduto, del dove e del come sarebbero stati acquistati i beni di consumo dagli operai e i mezzi di produzione dai capitalisti, questione che non avrebbe portato alcun contributo a tale analisi e che le era estranea. La questione esaminata concerneva solamente il valore dei diversi elementi della produzione e il risultato della produzione. Ora invece si tratta di sapere proprio questo: dove prendono i beni per il loro consumo gli operai e i capitalisti? dove prendono questi ultimi i mezzi di produzione? in che modo il prodotto fabbricato soddisferà tutte queste richieste e darà la possibilità di allargare la produzione ? Quindi qui abbiamo non solo «sostituzione di valore, ma sostituzione di materia» (Stoffersatz - Das Kapital, II, p. 389) e perciò è assolutamente necessario fare una distinzione tra prodotti che hanno funzioni completamente diverse nel processo dell'economia sociale.
 
Prese in considerazione queste premesse fondamentali, la questione della realizzazione del prodotto sociale nella società capitalistica non presenta, più difficoltà. Facciamo dapprima l'ipotesi di una riproduzione semplice, cioè della ripetizione del processo di produzione nelle proporzioni preesistenti, senza accumulazione. E' evidente che il capitale variabile e il plusvalore della II sezione (esistenti sotto forma di beni di consumo) vengono realizzati attraverso il consumo individuale degli operai e dei capitalisti di questa sezione (giacché la riproduzione semplice presuppone che tutto il plusvalore venga consumato e che nessuna parte di esso si trasformi in capitale). Inoltre il capitale variabile e il plusvalore esistenti sotto forma di mezzi di produzione (I sezione) per essere realizzati devono essere scambiati con beni di consumo per i capitalisti e per gli operai occupati nella fabbricazione dei mezzi di produzione. D'altra parte, nemmeno il capitale costante esistente sotto forma di beni di consumo (II sezione) può essere realizzato se non attraverso uno scambio con mezzi di produzione, al fine di essere nuovamente impiegato nella produzione nell'anno seguente.
 
Abbiamo così uno scambio di capitale variabile e di plusvalore sotto forma di mezzi di produzione con capitale costante sotto forma di beni di consumo: gli operai e i capitalisti (della sezione dei mezzi di produzione) ottengono così mezzi di sussistenza, mentre i capitalisti (della sezione dei beni di consumo) smerciano il loro prodotto e ricevono capitale costante per una nuova produzione. Nel caso della riproduzione semplice, queste parti scambiate devono essere eguali fra loro: la somma del capitale variabile e del plusvalore sotto forma di mezzi di produzione deve essere eguale al capitale costante sotto forma di beni di consumo. Se, al contrario, si presuppone una riproduzione su scala allargata, cioè l'accumulazione, la prima grandezza deve essere superiore alla seconda, perchè dev'esservi un'eccedenza di mezzi di produzione per intraprendere una produzione nuova.
 
Ma ritorniamo alla riproduzione semplice. Ci è rimasta non ancora realizzata una parte del prodotto sociale, e precisamente i1 capitale costante sotto forma di mezzi di produzione. Esso viene realizzato in parte con lo scambio tra i capitalisti di questa stessa sezione (per esempio, il carbone viene scambiato con il ferro, giacché ciascuno di questi prodotti è necessario come materia prima o come strumento nella produzione dell'altro), in parte col suo impiego diretto nella produzione (per esempio il carbone estratto essere impiegato nella stessa azienda per l'estrazione di nuovo carbone, il grano nell'azienda agricola, ecc.).
 
Quanto all'accumu1azione, essa trae origine, come abbiamo visto, dall'eccedenza dei mezzi di produzione (derivante dal plusvalore dei capitalisti di questa sezione), eccedenza che esige a sua volta la trasformazione in capitale di una parte del plusvalore sotto forma di beni di consumo. Studiare nei particolari come questa produzione supplementare si unirà alla riproduzione semplice ci pare superfluo. Noi non ci proponiamo un'analisi specifica della teoria della realizzazione; d'altra parte per chiarire gli errori commessi dagli economisti populisti e per consentire certe conclusioni teoriche sul mercato interno può anche bastare quel che abbiamo detto fin qui.[1]
 
Sulla questione che ci interessa, quella del mercato interno, la principale conclusione della teoria della realizzazione di Marx. è la seguente: lo sviluppo della produzione capitalistica, e quindi del mercato interno, avviene non tanto nel campo dei beni di consumo quanto in quello dei mezzi di produzione. In altre parole: l'incremento dei mezzi di produzione e più rapido di quello dei beni di consumo.
 
Abbiamo visto infatti che il capitale costante sotto forma dei beni di consumo (II sezione) viene scambiato con il capitale variabile + il plusvalore sotto forma di mezzi di produzione (I sezione). Ma in base alla legge della produzione capitalistica il capitale costante aumenta più rapidamente del capitale variabile. Il capitale costante sotto forma di beni di consumo deve quindi crescere più rapidamente del capitale variabile e del plusvalore sotto forma di beni di consumo, e il capitale costante sotto forma di mezzi di produzione deve crescere più rapidamente di tutto, superando l'incremento del capitale variabile (+ il plusvalore) sotto forma di mezzi di produzione e quello del capitale costante sotto forma di beni di consumo.
 
La sezione della produzione sociale che fabbrica i mezzi di produzione deve quindi progredire più rapidamente di quella che fabbrica beni consumo. Perciò lo sviluppo del mercato interno del capitalismo è, fino a un certo punto, "indipendente" dall'aumento del consumo individuale, dato che è dovuto più che altro al consumo produttivo. Sarebbe tuttavia un errore intendere questa "indipendenza" nel senso che il consumo produttivo sia completamente staccato dal consumo individuale: il primo può e deve crescere più rapidamente del secondo (la sua " indipendenza" si limita precisamente a questo), ma è evidente che in fin dei conti, il consumo produttivo è sempre legato al consumo individuale. A questo proposito Marx dice: «Come si è visto (libro II, sezione III), ha luogo un'ininterrotta circolazione fra capitale costante e capitale costante...» (Marx si riferisce al capitale costante sotto forma di mezzi di produzione che si realizza attraverso lo scambio fra i capitalisti di questa medesima sezione) «...che per quanto sia indipendente dal consumo individuale nel senso che non vi entra mai, è in ultima analisi limitata da esso. La produzione del capitale costante, infatti, non ha mai luogo per se stessa, ma unicamente perchè in quelle sfere della produzione i cui prodotti entrano nel consumo individuale se ne richiede un quantitativo maggiore» (Das Kapital, Il, I, p. 289. Trad. russa, p. 242)
 
Questo maggior impiego di capitale costante non è altro che l'espressione in termini di valore di scambio di un più alto grado di sviluppo delle forze produttive, giacché la maggior parte dei «mezzi di produzione» in via di rapido sviluppo consiste in materie prime, macchine, strumenti, edifici e installazioni di ogni altro genere, occorrenti per la grande produzione e particolarmente per la produzione a macchina. È quindi del tutto naturale che la produzione capitalistica, sviluppando le forze produttive della società, creando la grande produzione e l'industria meccanica, si distingua appunto per un particolare ampliamento della parte di ricchezza sociale che consiste in mezzi di produzione... «Ciò che distingue qui [ossia nella fabbricazione dei mezzi di produzione] la società capitalistica dal selvaggio non è, come ritiene Senior, il fatto che il selvaggio abbia il privilegio e la peculiarità di spendere il suo lavoro in un certo tempo che non gli procura frutti risolvibili (convertibili) in reddito, cioè in mezzi di consumo. La differenza è invece la seguente:
a) La società capitalistica impiega una parte maggiore del suo lavoro annuo disponibile nella produzione di mezzi di produzione (ergo di capitale costante), che non possono risolversi in reddito né nella forma di salario né di plusvalore, ma possono operare soltanto come capitale.
b) Quando il selvaggio costruisce archi, frecce, martelli di pietra, asce, ceste, ecc., sa perfettamente che non ha impiegato questo tempo nella fabbricazione di mezzi di consumo, che quindi ha coperto il suo fabbisogno di mezzi di produzione e non altro» (Das Kapital, II, p. 436. Trad. russa, p. 333).
 
Questa «perfetta conoscenza» del proprio rapporto con la produzione si è perduta nella società capitalistica a causa del feticismo che le è proprio e che presenta i rapporti sociali fra gli uomini sotto forma di rapporti fra prodotti, a causa della trasformazione di ogni prodotto in merce prodotta per un consumatore sconosciuto e destinata ad essere realizzata su un mercato sconosciuto. E poiché ogni imprenditore isolato non si preoccupa affatto del genere di prodotto da lui creato - ogni prodotto dà un «reddito» -, questo punto di vista superficiale, individuale, è stato adottato dagli economisti teorici per quel che riguarda la società nel suo complesso e ha impedito di comprendere il processo di riproduzione del prodotto sociale complessivo nell'economia capitalistica.
 
Che lo sviluppo della produzione (e quindi anche del mercato interno) riguardi soprattutto i mezzi di produzione può sembrare paradossale e si presenta indubbiamente come qualcosa di contraddittorio. È autentica «produzione per la produzione», ampliamento della produzione senza un corrispondente ampliamento del consumo. Ma si tratta di una contraddizione non nella dottrina, ma nella vita reale: si tratta appunto di una contraddizione che corrisponde alla natura stessa del capitalismo e alle altre contraddizioni di questo sistema di economia sociale. Quest'ampliamento della produzione senza un corrispondente ampliamento del consumo si accorda appunto con la missione storica del capitalismo e con la sua specifica struttura sociale: la prima consiste nello sviluppo delle forze produttive della società; la seconda esclude l'utilizzazione di queste conquiste tecniche da parte della massa della popolazione.
 
Fra la tendenza all'ampliamento illimitato della produzione, propria del capitalismo, e il consumo limitato delle masse popolari (limitato in conseguenza della loro condizione proletaria) esiste indubbiamente una contraddizione. È appunto questa contraddizione che Marx costata nelle tesi che i populisti citano a sostegno - nella loro intenzione - delle loro idee sulla contrazione del mercato interno, sul carattere non progressivo del capitalismo, ecc, ecc. Ecco qualcuna di queste tesi: «Contraddizione nel modo capitalistico di produzione gli operai in quanto compratori della merce sono importanti per il mercato. Ma in quanto sono venditori della loro merce - la forza-lavoro - la società capitalistica ha la tendenza a costringerli al minimo del prezzo» (Das Kapital, II, 303).
 
«Le condizioni.., della.., realizzazione.., sono limitate.., dalla proporzione esistente tra i diversi rami di produzione e dalla capacità di consumo della società... Quanto più la forza produttiva si sviluppa, tanto maggiore è il contrasto in cui viene a trovarsi con la base ristretta su cui poggiano i rapporti di consumo» (ivi, III, i, pp. 225-226), «I limiti nei quali possono unicamente muoversi la conservazione e l'auto-valorizzazione del valore-capitale, che si fonda sull'espropriazione e l'impoverimento della massa dei produttori, questi limiti si trovano continuamente in conflitto con i metodi di produzione a cui il capitale deve ricorrere per raggiungere il suo scopo, e che perseguono l'accrescimento illimitato della produzione, la produzione come fine a se stessa, lo sviluppo incondizionato delle forze produttive sociali... Se il modo di produzione capitalistico è quindi un mezzo storico per lo sviluppo della forza produttiva materiale e per la creazione di un corrispondente mercato mondiale, è al tempo stesso la contraddizione costante tra questo suo compito storico e i rapporti di produzione sociali che gli corrispondono» (III, I, p. 222. Trad, russa, p. 194). «La causa ultima di tutte le crisi effettive è pur sempre la povertà e la limitatezza di consumo delle masse in contrasto con la tendenza della produzione capitalistica a sviluppare le forze produttive ad un grado che pone come unico suo limite la capacità di consumo assoluta della società» [2] (III, 2, p. 21.Trad. russa, p. 395).
 
In tutte queste tesi si constata l'indicata contraddizione fra la tendenza all'ampliamento illimitato della produzione e il consumo limitato, e nientepiù.[3] Non c'è nulla di più assurdo del dedurre da questi passi del Capitale che Marx non ammettesse la possibilità di realizzare il plusvalore nella società capitalistica, che egli spiegasse le crisi col sottoconsumo, ecc. L'analisi marxista della realizzazione ha mostrato che «in ultima analisi la circolazione fra capitale costante e capitale costante è limitata dal consumo individuale», ma la stessa analisi ha mostrato anche il reale carattere di questa «limitatezza»,  ha mostrato che i beni di consumo hanno, nella formazione del mercato interno, una funzione meno importante dei mezzi di produzione. Non c'è inoltre nulla di più insensato del dedurre dalle contraddizioni del capitalismo la sua impossibilità, il suo carattere non progressivo, ecc.: ciò significa cercare la salvezza da una realtà indubitabile, anche se sgradevole; nell'empireo dei sogni romantici.
 
La contraddizione fra la tendenza all'illimitato ampliamento della produzione e la limitatezza del consumo non è la sola contraddizione del capitalismo, che in generale non può esistere e svilupparsi senza contraddizioni. Le contraddizioni del capitalismo attestano il suo carattere storicamente transitorio e spiegano le condizioni e le cause della sua dissoluzione e della sua trasformazione in una forma superiore; esse però non escludono affatto né la sua possibilità, né il suo carattere progressivo nei confronti dei precedenti sistemi dell'economia sociale.[4]
 

[1]Cfr. Das Kapital, II Band, III Abschn. 23, dove si analizzano in maniera particolareggiata l’accumulazione, la ripartizione dei beni di consumo ìn generi di prima necessità e articoli di lusso, la circolazione monetaria, il logorio del capitale fisso, ecc. Ai lettori che non hanno la possibilità di leggere il secondo volume del Capitale si può raccomandare l’esposizione della teoria marxista della realizzazione contenuta nel succitato libro del signor S. Bulgakov. L’esposizione del signor Bulgakov è migliore di quella del signor Tugan-Baranovski (Le crisi industriali. pp. 407-438), il quale nella costruzione dei suoi schemi si è talora molto infelicemente scostato da Marx e non ha sufficientemente spiegato la teoria di Marx; è migliore anche quella del signor A. Skvortsov (Fondamenti dell’economia politica, Pietroburg6, 1898, pp. 281-295), il quale nelle questioni molto importanti del profitto e della rendita sostiene concezioni sbagliate.
 
[2]Questo brano è stato appunto citato dal famoso (famoso alla maniera di Erostrato) E. BERNSTEIN nelle sue Premesse del socialismo (Die Voraussetzungen etc., Stoccarda, 1899, p. 67), Si capisce che il nostro opportunista, che si scosta dal marxismo per ritornare alla vecchia economia borghese, si è affrettato a dichiarare che questa è una contraddizione interna della teoria delle crisi di Marx, che una simile concezione di Marx «non si distingue gran che dalla teoria delle crisi di Rodbertus». In realtà, esiste invece una «contraddizione» solamente fra le pretese di Bernstein, da una parte, e il suo eclettismo assurdo, il suo rifiuto di riflettere sulla teoria di Marx, dall’altra. Fino a che punto Bernstein abbia frainteso la teoria della realizzazione lo si può vedere dal suo ragionamento veramente curioso secondo il quale l’enorme aumento della massa del plusprodotto significherebbe necessariamente l’aumento del numero degli abbienti (o un incremento del benessere degli operai), poiché gli stessi capitalisti, vedete, e la loro «servitù» (sic!; pp. 51-52) non possono «consumare» tutto il plusprodotto !! (Nota alla II edizione).
 
[3]Il signor Tugan-Baranovski sbaglia quando pensa che Marx, enunciando queste tesi, cada in contraddizione con la sua stessa analisi della realizzazione (Mir Bogi, 1898, n. 6, p. 123: articolo Capitalismo e mercato). In Marx non c’è nessuna contraddizione, poiché appunto nell’analisi della realizzazione viene indicato il nesso fra consumo produttivo e consumo individuale.
 
[4]Caratteristiche del romanticismo economico. Sismondi e i nostri sismondisti russi (cfr., nella presente edizione, vol. 2, pp. 119-256. - N. d. R.).
 

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