www.resistenze.org - osservatorio - della guerra - 28-02-08 - n. 217

da www.portside.org
 
I costi delle guerre in Iraq ed in Afganistan
 
Presentazione del libro “The Three Trillion Dollar War” degli autori in uscita il 28 febbraio per Allen Lane
 
Di Joseph Stiglitz e Linda Bilmes (*)
 
L’amministrazione Bush ha sbagliato nella valutazione dei benefici e dei costi della guerra. Il presidente ed i suoi consiglieri si aspettavano un conflitto rapido e poco costoso. Al contrario abbiamo avuto una guerra che sta costando molto più di quello che nessuno poteva immaginarsi.
 
Il costo delle sole operazioni militari americane – senza considerare, cioè i costi a lungo termine come quelli relative alla cura dei veterani feriti – supera già ora quello dei 12 anni della Guerra in Vietnam ed è più che doppio della guerra in Corea.
 
E, anche considerando lo scenario migliore, questi costi saranno almeno 10 volte maggiori di quelli della Prima Guerra del Golfo, tre volte maggiori di quelli della Guerra del Vietnam, e il doppio di quelli della I Guerra Mondiale. La sola guerra nella nostra storia che costò di più fu la II Guerra Mondiale, alla quale gli Stati Uniti parteciarono con 16,3 milioni di soldati in una campagna che durò quattro anni, sopportando un costo di circa 5.000 miliardi di dollari (su base 2007, considerando cioè l’inflazione). Con tutto l’esercito impegnato contro tedeschi e giapponesi, il costo per soldato fu di 100.000 dollari (su base 2007), mentre la guerra in Iraq costa più di 400.000 dollari per soldato.
 
La maggior parte degli americani ha già coscienza di questi costi. Il prezzo di sangue è stato pagato dai nostri volontari e dai “contractor” (i militari appaltati). Il prezzo in denaro è stato finanziato con prestiti. Le tasse per pagarli non sono cresciute – infatti. le tasse dei ricchi sono state ridotte. Il deficit sulla spesa dà l’illusione che le leggi economiche possano essere sospese, cioè che possiamo avere burro e cannoni. Naturalmente le leggi economiche non sono sospese. I costi della Guerra sono reali, anche se probabilmente differiti ad un’altra generazione.
 
Alla vigilia della guerra ci fu una discussione sui probabili costi. Larry Lindsey, consigliere economico del Presidente Bush e capo del National Economic Council, disse che avrebbero potuto raggiungere i 200 miliardi di dollari. Ma questa stima fu considerata gonfiata dal Segretario alla Difesa, Donald Rumsfeld. Il suo deputato Paul Wolfowitz, suggerì che la ricostruzione post bellica avrebbe potuto ripagare tali costi tramite i ricavi sul petrolio. Mitch Daniels, direttore dell’ufficio di Direzione e Budget, e segretario di Rumsfeld, stimò i costi tra i 50 ed i 60 miliardi di dollari (considerando l’inflazione, tra i 57 ed i 69 milioni di dollari), una parte dei quali egli contava che sarebbero stati finanziati da altri paesi. Il tono dell’amministrazione fu sprezzante, come se le somme in gioco fossero minime.
 
Anche Lindsey, sebbene avesse calcolato un costo di 200 miliardi di dollari, arrivò a dire: “La vittoriosa prosecuzione della guerra potrebbe servire all’economia”. Retrospettivamente, si può dire che Lindsey sottostimò grossolanamente sia i costi diretti per la guerra che quelli per l’economia. Assumendo che il Congresso approvi il resto dei 200 miliardi di dollari per l’anno fiscale 2008, avremo stanziato un totale di 845 miliardi di dollari per le operazioni militari, per la ricostruzione, i costi delle ambasciate, la sicurezza delle basi americane e gli aiuti all’estero in Iraq ed in Afganistan.
 
Dopo il quinto anno di guerra, i costi operativi per il 2008 (per la guerra, quelli che potremmo definire le spese correnti) sono proiettati a superare i 12, 5 miliardi di dollari il mese solo per l’Iraq, più dei 4,4 miliardi del 2003, e con l’Afganistan il totale sale a 16 miliardi di dollari il mese. Il budget annuale delle Nazioni Unite è di 60 miliardi di dollari, oppure, se si vuole, è il budget di 13 stati dell’Unione. Anche così, questo non include i 500 miliardi l’anno per le spese normali del Dipartimento della Difesa. Non include altre spese segrete, come quelle dello spionaggio o degli altri fondi inclusi nei budget di altri ministeri.
 
Siccome vi sono un mucchio di costi dei quali l’Amministrazione non tien conto, il costo totale della guerra è molto superiore a quello che risulta ufficialmente. Per esempio, gli ufficiali del governo dicono frequentemente che le vite dei loro soldati sono senza prezzo. Ma dal punto di vista dei costi, queste vite senza prezzo compaiono nel libro mastro del Pentagono semplicemente come 500.000 dollari – l’ammontare corrisposto ai parenti come risarcimento in caso di morte e per l’assicurazione sulla vita. Dopo l’inizio della guerra, questi risarcimenti furono aumentati da 12.240 a 100.000 dollari in caso di morte e da 250.000 a 400.000 dollari come assicurazione sulla vita. Anche se queste indennità state aumentate esse sono solo una frazione di quello che i parenti possono ottenere per la perdita della vita di un congiunto in un banale incidente automobilistico. Per quanto riguarda la salute e la sicurezza, il governo degli Stati Uniti valuta la vita di un giovane al massimo dei suoi futuri guadagni, sopra i 7 milioni di dollari – molto di più di quanto paga per la morte di un militare. Usando questo dato, il costo dei circa 4.000 soldati americani uccisi in Iraq supera i 28 miliardi di dollari.
 
Per la società i costi sono naturalmente maggiori che quelli indicate nel budget del governo. Un altro esempio di costi “nascosti” deriva dalla minimizzazione degli incidenti dei militari. La statistica degli incidenti del Dipartimento della Difesa riporta gli incidenti che accadono nelle azioni di combattimento – a carico del servizio militare. Così se un soldato è ferito o muore in un incidente notturno col suo veicolo, questo incidente viene indicato “non connesso al combattimento” – sebbene potrebbe essere troppo pericoloso per i soldati viaggiare durante il giorno.
 
Infatti il Pentagono registra questi dati in due liste separate. Nel sito web del Dipartimento della Difesa si trovano gli incidenti ufficiali. Altri dati sono più difficili da reperire e sono disponibili solo alle condizioni del Freedom of Information Act. Questi dati mostrano che il numero di militari che dono stati uccisi, feriti o hanno contratto malattie è doppio di quello dei soldati uccisi in combattimento. Si potrebbe dire che una percentuale di questi casi è capitato a soldati non impegnati in Iraq. Ma le nostre nuove ricerche mostrano che la maggioranza di questi incidenti e malattie deriva direttamente dal servizio in zona di guerra.
 
Dall’insana miscela dei fondi per l’emergenza, della dispersione dei dati e dalla cronica sottostima delle risorse per proseguire la Guerra, abbiamo cercato di identificare quanto abbiamo speso – e quanto spenderemo, in ultima analisi, quanto ancora dovremo spendere. Il dato al quale si arriva supera i 3.000 miliardi di dollari e i nostri calcoli si basano su assunzioni conservative. Queste sono concettualmente semplici, anche se occasionalmente tecnicamente complicate. Il dato di 3.000 mila miliardi ci sembra ragionevole e probabilmente l’errore è per difetto. È necessario dire che questo numero si riferisce solo agli Stati Uniti e non riflette il costo enorme a carico del resto del mondo o dell’Iraq.
 
Fin dall’inizio, la Gran Bretagna ha giocato un ruolo cardinale – strategico, militare e politico – nel conflitto irakeno. Dal punto di vista militare l’UK ha contribuito con 46.000 soldati, il 10 percento del totale. Non sorprende, quindi, se l’esperienza britannica in Iraq è stata parallela a quella degli americani. Aumento degli incidenti, crescita dei costi operativi, scarsa trasparenza sulle spese, risorse militari sempre maggiori e scandali sulla squallide condizioni e sulle cure mediche inadeguate riservate alla maggior parte dei veterani feriti.
 
Prima della Guerra, Gordon Brown, riservò 1 miliardo di sterline per le spese militari. Alla fine del 2007, la Gran Bretagna ha speso 7 miliardi di sterline per spese militari dirette in Iraq e in Afganistan (il 76% delle quali in Iraq). Questi soldi derivano da una speciale riserva supplementare, a disposizione del Ministero della Difesa.
 
La riserva speciale è in cima al regolare budget per la difesa del Regno Unito. Il sistema britannico è particolarmente opaco: i fondi della riserva speciale sono usati dal Ministero della Difesa senza una specifica approvazione del Parlamento. Come risultato i cittadini inglesi hanno poca chiarezza sulle reali spese di guerra.
 
Inoltre, i costi sociali del Regno Unito sono simili a quelli degli Stati Uniti – famiglie che hanno perso il lavoro per curare soldati feriti e diminuzione delle qualità della vita per migliaia di invalidi.
 
Come per gli Stati Uniti vi sono dei costi macroeconomici per la Gran Bretagna, sebbene i costi a lungo termine potrebbero essere minori per due ragioni. La prima è che la Gran Bretagna non ha la stessa politica di sperpero fiscale e la seconda è che, fino al 2005, il Regno Unito era al netto un esportatore di petrolio.
 
Abbiamo considerato che le forze britanniche sono state ridotte, quest’anno, a 2500 unità e che rimarranno a quel livello fino al 2010. Ci si aspetta che le forze inglesi in Afganistan cresceranno leggermente da 7000 fini a 8000 unità nel 2008 e rimarranno stabili per tre anni. Il Comitato per la Difesa della Camera dei Comuni ha recentemente scoperto che nonostante il taglio delle truppe, i costi per la guerra in Iraq aumenteranno del 2 percento quest’anno e i costi per il personale diminuiranno solo del 5 percento. Nel frattempo i costi delle operazioni militari in Afganistan è cresciuto del 39 percento. Se questo piano continua, le stime del nostro modello potrebbero essere significativamente troppo basse.
 
Sulla base delle assunzioni indicate nel nostro libro, il costo di previsione per il Regno Unito per le guerre in Iraq ed in Afganistan fino al 2010 sarà superiore ai 18 miliardi di sterline. Se si considerano i costi sociali supereranno i 20 miliardi di sterline.
 
(*) Joseph Stiglitz è stato l’economista capo alla World Bank ed ha vinto il Nobel Memorial Prize per l’economia nel 2001. Linda Bilmes è una docente di politica alla Kennedy School della Harvard University
 
Traduzione dall’inglese di Giuliano Cappellini per www.resistenze.org