www.resistenze.org - osservatorio - della guerra - 18-05-09 - n. 274

da Oltre Confine n.24 - Newsletter settimanale del Dipartimento Esteri del PdCI - www.comunisti-italiani.it/index.php?module=News&catid=&topic=15
 
Afghanistan - Pakistan: fatto 30 perché non 31?
 
di Marco Zoboli, dip. Esteri PdCI
 
Sotto gli occhi di tutti l’estensione oramai data del conflitto afgano in terra pakistana, c’è chi già da tempo lo definisce conflitto in Af-Pak, ma il punto su cui occorre riflettere è quanto questo conflitto sia funzionale alla risoluzione della situazione afgana o quanto viceversa sia funzionale alla completa destabilizzazione della santabarbara pakistana.
 
Le difficoltà sul campo determinate dalle roccaforti talebane nelle aree tribali oltreconfine (Waziristan…), non sono che il riflesso di un conflitto che è nato non nella ricerca di soluzioni di pacificazione dell’area, ma nel nemmeno tanto celato obiettivo di occupazione e militarizzazione del territorio a tempo indeterminato.
 
L’estensione del conflitto e dell’occupazione al suolo pakistano rientra a nostro parere negli obiettivi che Washington si era prefisso dalla precedente amministrazione, che con l’attuale passaggio di testimone non sono mutati di una virgola; anzi, col procedere della crisi sono velocemente divenuti prioritari, se non vitali per la sopravvivenza dell’egemonia geopolitica dell’area.
 
Nel frattempo l’India scalpita e procede a una corsa al riarmo senza precedenti, come del resto l’industria bellica russa ci informa manifestando trionfalmente gli accordi contratti definiti epocali per la loro portata. L’India è effettivamente l’ospite a sorpresa in questo rapporto di forze.
 
E’ nell’ordine delle cose che nella misura in cui l’abbraccio militare statunitense si intensifica sul Pakistan la frontiera est con l’India diviene l’unica arma di ricatto a disposizione della casta dei militari pashtun verso Washington. Già con gli attentati di Bombay abbiamo assistito alle prove generali di una recrudescenza del conflitto in Kashmir in chiave antiamericana. La cui risposta non si è fatta attendere col mutare dei rapporti bilaterali con Islamabad.
 
Intanto l’esercito pakistano segue le direttive e accentua la pressione militare verso le aree tribali in attesa di trovare un’uscita dal vicolo cieco, gli stessi servizi segreti pakistani – ISI – sembrano disorientati di fronte a questi nuovi rapporti di forza che li vedono declassati dai precedenti rapporti preferenziali con la CIA, dove per anni sono stati attori e direttori artistici dei balletti dei talebani in terra afgana.
 
Noi crediamo che altri attori decideranno di dire la propria e renderanno ancora più complesso lo scenario a dir poco drammatico che si sta consumando in Af-Pak. Crediamo che l’estendersi delle operazioni che in un modo o nell’altro a breve investiranno anche il Belucistan (territorio del sud che rappresenta metà del suolo nazionale ricco di uranio, rame e gas, la cui capitale Quetta viene considerata la roccaforte talebana), colpendo quindi direttamente gli interessi cinesi, che in questi anni si sono sviluppati al punto che la Cina rappresenta oggi per il Pakistan oltre il 50% dell’interscambio commerciale e dove viceversa il Pakistan per la Cina rappresenta a Gwadar, in Belucistan, uno dei porti più importanti, se non vitali per le forniture energetiche dell’area.
 
In breve il Pakistan nel “grande gioco eurasiatico” è un’asse cruciale sia per la NATO che per l’OCS (Org. Coop. Shangai), di cui il Pakistan è membro osservatore; se l’imperialismo statunitense decidesse nell’estensione del conflitto in Af-Pak di condurre un colpo di mano e occupare quest’area tanto strategica quanto disabitata, dovremo rendere atto al neopresidente Obama di aver fatto un vero e proprio miracolo nel farci rimpiangere la precedente criminale amministrazione Bush.