www.resistenze.org - osservatorio - economia - 22-02-16 - n. 577

La finanza mondiale e la Tassa di Robin Hood

Valentin Katanosov | strategic-culture.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

16/02/2016

Dopo il recedere della prima ondata della crisi finanziaria globale (2007-2009), gli economisti hanno cominciato a riflettere sul come potesse essere prevenuta la ricorrenza di un'altra crisi. Di qui l'idea di introdurre una sorta di "Robin Hood Tax": una tassa sulle transazioni interbancarie che potesse "raffreddare" il fervore speculativo dei banchieri e precludere la formazione di bolle altrettanto speculative nel mercato finanziario.

Già dal 2010 una petizione collettiva con tale proposta è stata presentata ai leaders del G20. Venne suggerito di utilizzare i proventi di tale imposta per combattere la povertà, affrontare i problemi dell'educazione e della sanità e scongiurare il cambiamento climatico. Anche un trascurabile rateo d'imposta pari allo 0,05% può raccogliere oltre 100 miliardi di dollari di gettito fiscale annuale, superando di gran lunga l'intero ammontare degli aiuti dell'occidente ai paesi del terzo mondo.

Originariamente, questa lettera congiunta fu sottoscritta da 350 tra i più insigni economisti del mondo. Ma già dall'anno successivo migliaia di economisti da 53 diverse nazioni hanno aggiunto la propria firma alla petizione. I firmatari includono i premi Nobel Paul Krugman e Joseph Stiglitz, Jeffrey Sachs, influente consigliere del Segretario ONU Ban Ki-Moon, e professori di eminenti atenei negli USA ed in Europa.

L'idea di una simile imposta è stata sostenuta da molte figure politiche e pubbliche. In particolare il Primo Ministro britannico Gordon Brown, il premier greco George Papandreou e molti ben conosciuti funzionari governativi in Germania ed in particolare in Francia si espressero a favore di questa tassa. C'erano anche pochi oppositori, il principale dei quali erano gli Stati Uniti.

L'idea della Robin Hood tax non nasce dal nulla. Negli anni 70 l'economista americano James Tobin (1918-2002) argomentò in favore di una simile imposta, che per un po' di tempo fu chiamata con il suo nome. Negli scritti accademici, tale imposta è infatti conosciuta con la denominazione di "Tobin Tax". L'economista americano suggerì che per tenere a freno gli speculatori finanziari sarebbe stato sufficiente stabilire un rateo di imposta in un intervallo tra lo 0,1% e lo 0,25% del valore della transazione valutaria (vendita).

Un'imposta di questo tipo fu introdotta in Svezia negli anni ottanta. Come risultato, gli speculatori svedesi fuggirono dal loro mercato nazionale e si spostarono nel vicino mercato della Gran Bretagna. Dopo sei anni, la Svezia si è sbarazzata della tassa. Divenne chiaro che l'imposta poteva ottenere l'effetto desiderato solo se veniva introdotta simultaneamente in tutti gli stati, o almeno in quelli con un mercato finanziario ben sviluppato. Nel frattempo, gli speculatori finanziari continuavano a giocare ad un gioco che diventava sempre più rischioso ogni anno ed i ratei d'imposta originariamente suggeriti da James Tobin finirono per non essere più sufficienti. Era necessario un nuovo e più potente "freno fiscale".

Il deterioramento del quadro economico e finanziario in Europa (la crisi del debito che ha scosso il continente, la crisi finanziaria in Grecia, ecc.) ha obbligato Bruxelles a cercare una soluzione veloce e concreta per stabilizzare la situazione. La Tobin Tax è quindi ritornata in auge. Il 14 febbraio 2013, la Commissione Europea decise di introdurre un'imposta sulle transazioni finanziarie (Financial Transaction Tax, FTT). I ratei d'imposta della FTT vennero stabiliti allo 0,1 % per le transazioni in azioni ed obbligazioni e allo 0,01% per le transazioni relative a strumenti finanziari derivati.

La comunità bancaria americana rispose a questa novità con forti proteste, replicando che se la FTT avesse avuto applicazione, le banche e le finanziarie USA sarebbero uscite dalla UE. La Gran Bretagna si associò all'ultimatum degli americani. Il primo ministro inglese David Cameron dichiarò che il proprio paese avrebbe esercitato il diritto di veto sull'istituzione di una tassa finanziaria pan-europea, spiegando che Londra avrebbe introdotto la FTT solo se una simile imposta fosse stata riscossa su scala globale e non solo all'interno del mercato Europeo. Le prospettive attuali di introdurre una FTT su scala globale sono piuttosto incerte: tutti i paesi possono applicare la tassa da soli ma non possono pretendere che gli altri la applichino.

Alla fine, l'attuazione della decisione della Commissione Europea è stata rinviata. Dopo le proteste di Cameron, Sarkozy ha dichiarato che la Francia avrebbe unilateralmente applicato l'imposta. Francia ed Italia hanno comunque alla fine introdotto l'imposta, anche se in forma un po' ridotta e di conseguenza alcuni dei loro flussi finanziari si sono spostati nei paesi vicini. Dopo l'introduzione della tassa, il volume degli scambi nel mercato borsistico italiano è diminuito del 12% rispetto all'anno precedente. Nello stesso periodo gli scambi negli altri mercati borsistici europei sono invece cresciuti del 7%.

Esattamente due anni dopo la legislazione inattuata della Commissione Europea sulla FTT, i ministri delle finanze di undici paesi (Austria, Belgio, Germania, Grecia, Spagna, Italia, Portogallo, Slovacchia, Slovenia, Francia ed Estonia) hanno discusso ed adottato un piano aggiornato per l'istituzione della FTT. Il cambiamento della posizione francese è stato il più importante. Fino ad ora, Austria e Germania hanno sollecitato l'applicazione della tassa su quelli che vengono conosciuti come strumenti finanziari derivati, come i futures, mentre la Francia si è opposta, spiegando che le sue banche controllano circa un quarto del mercato europeo di questi strumenti, emessi sulla base di azioni. François Hollande ha oggi dichiarato il suo sostegno per la tassazione del maggior numero di fattori che sono oggi coinvolti nelle transazioni finanziarie, incluso il commercio dei derivati, ma ad un tasso minimo. Lo scorso anno Bruxelles ha dichiarato che le parti hanno pianificato di raggiungere un accordo sui tassi e sulle entità imponibili e ha annunciato l'introduzione di un nuovo sistema fiscale per l'inizio del gennaio 2016. Le prime stime delle entrate fiscali ammontano a 57 miliardi di Euro all'anno. E più della metà di esso verrà ricavato dalle tasse sulle transazioni sui derivati i quali sono legati ai tassi di interesse.

Ora tutti sono preoccupati per capire da quali casse e bilanci verrà riscosso il prelievo fiscale. Prendiamo, per esempio, l'acquisto e la vendita di azioni. Il prelievo fiscale potrà essere applicato nello stato dell'acquirente, in quello del venditore o nel paese dove colui che emette azioni è registrato. Ma c'è anche un'altra opzione: la FTT potrebbe finire nel bilancio generale della UE. Molti politici ed economisti europei ritengono l'asimmetria strutturale della UE molto confusa, anche se esiste così da molti anni. E' nei fatti evidente che l'UE ha una banca centrale ma non ha un ministro delle finanze o del tesoro.

Per questa ragione, la dichiarazione congiunta rilasciata l'8 febbraio dai capi delle banche centrali di Germania e Francia - Jens Weidmann and François Villeroy de Galhau - si è rivelata un evento significativo. La dichiarazione ha elencato le richieste per una immediata e radicale riforma della UE. Nel cuore di questa riforma età l'insistenza perché gli Stati membri cedano ancora maggiori diritti e poteri al livello europeo. Uno dei suggerimenti è quello di creare un Ministero congiunto delle finanze europeo. Se viene istituito un simile dicastero, la FTT potrebbe diventare la prima tassa pan-europea capace di riempire il forziere comune dell'Unione.

Oltre quaranta anni sono trascorsi da quando Tobin iniziò a parlare della sua idea di tassare le transazioni finanziarie, ma ben pochi progressi sono stati compiuti sul terreno della sua pratica attuazione. E' ben vero che alcuni paesi raccolgono già le tasse sulle transazioni finanziarie, ma funzionano in modo leggermente differente. Ci sono molti esempi di paesi che stabilizzano le loro economie ed i tassi di scambio delle proprie valute nazionali resuscitando le restrizioni alle esportazioni di capitali. Naturalmente, questi tassi d'imposta sono molto più alti di quelli raccomandati da Tobin. Il Brasile, in particolare, ha introdotto una simile imposta sugli investimenti stranieri nel 2009, ad un tasso pari al 2% del capitale interessato. Ma questo non è stato sufficiente a fermare l'apprezzamento della valuta domestica (il Real), e l'anno successivo il tasso è stato alzato al 4%. Dopo che l'economia brasiliana si è stabilizzata nel 2013, l'imposta è stata abrogata.

E' difficile chiamare i progetti europei per introdurre la FTT una "Robin Hood tax". Non c'è alcuna intenzione di usare i proventi della FTT nell'UE per combattere la povertà. Oggi, uno dei più grossi problemi dell'Europa è come stabilizzare il suo sistema bancario attraverso la supervisione di istituti di credito che sono considerati "troppo grandi per fallire", rimpinguando il loro capitale. Circa 150 giganti bancari come Deutsche Bank e la Sociètè Gènèrale sono considerati "troppo grandi per fallire". Ma questi colossi non possono aumentare il loro insufficiente capitale da soli e stanno aspettando l'aiuto di Bruxelles (della Commissione Europea) e di Francoforte (della BCE).

… Se i sostenitori di una "Europa Unita" pensano di introdurre una tassa pan-europea sulle transazioni finanziarie e di istituire un bilancio comune europeo, le imposte raccolte saranno restituite a chi le ha pagate, cioè alle banche. Nessuno oggi in Europa od in altro posto del mondo esita a chiamare i banchieri "ladri", ma non quei ladri nobili come lo fu Robin Hood, , ma quella specie di ladri avidi e senza scrupoli che non comprendono il concetto di misericordia.


Resistenze.org     
Sostieni Resistenze.org.
Fai una donazione al Centro di Cultura e Documentazione Popolare.

Support Resistenze.org.
Make a donation to Centro di Cultura e Documentazione Popolare.