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Un premio Nobel per tornare alla realtà?

Zoltan Zigedy (Greg Godels) | mltoday.com
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

25/10/2017

Il professore dell'Università di Chicago Richard Thaler ha vinto nel 2017 il Premio Nobel per l'economia perchè ha detto agli economisti un qualcosa che chiunque già conosceva. Thaler, uno dei pionieri di quella che viene conosciuta come "economia comportamentale", ha portato avanti la profonda e sconvolgente affermazione che la gente non sempre, o sistematicamente, agisce in modo razionale.

Ora perchè questa osservazione apparentemente di comune buon senso dovrebbe meritare un Premio Nobel? Perchè si dovrebbe credere il contrario?

Fino al collasso catastrofico dell'economia globale nel 2007-2008, una porzione significativa del mondo accademico delle scienze sociali negli USA era fondato sull'assunto che il comportamento pubblico politico ed economico poteva essere compreso attraverso le lenti dell'interesse individuale e della presunzione della scelta razionale. Sebbene il crollo abbia gettato un'ombra sulla valenza assoluta di questo assunto nel campo economico, esso rimane il pilastro metodologico dei grandi passaggi della ricerca scientifica odierna. La crisi è stato un assai necessario promemoria riguardo alla follia di investire sulla "razionalità" nella vita economica.

Il riconoscimento del Nobel a Thaler causerà più di un'incrinatura nella predisposizione ideologica a lungo in voga per cui l'interesse individuale sia fondamentale nelle analisi scientifiche, insieme agli interessi individuali autodeterminati ed ai fini razionalmente orientati. Gli scienziati sociali angloamericani continueranno ad abbracciare la teoria della scelta razionale individuale come il centro di gravità del loro quadro esplicativo, come il mattone fondamentale per la comprensione del comportamento umano.

La storia dietro alla storia

L'idea dell'importanza degli individui, degli interessi e delle ragioni nel comprendere l'azione umana non è nuova. Il modello concettuale di Aristotele, il sillogismo pratico, cercò di esporre la logica dell'azione umana, basandola sui fini o desideri individuali  e sulla conoscenza di come realizzare questi fini e questi desideri. Ma Aristotele non credeva che la ragione e gli interessi determinassero l'azione umana con i soli canoni della logica. Al contrario si chiese perchè, nell'esperienza del reale, essi non producessero i risultati previsti, perchè la gente agisse in modo differente da quello che era, di fatto il suo migliore interesse. Era convinto che l'interesse personale, la ragione e la conoscenza non fossero sufficienti per spegare come si comporta la gente. La rottura nella catena tra individuazione del fine e deliberazione di agire era, come da lui dedotto, la debolezza della volontà (ἀκρασία) (1). A questo proposito, Aristotele aveva anticipato Thaler di oltre duemila anni.

Con l'ascesa del capitalismo e della sua sovrastruttura ideologica, il ruolo dell'individuo, della ragione e dell'interesse individuale hanno acquisito una nuova importanza. Nel cuore della visione del mondo capitalistica c'è la nozione che l'individuo dovrebbe avere l'opportunità di porre il soddisfacimento dei propri interessi al centro del suo mondo e dovrebbe godere dell'opportunità di lottare per realizzare quegli obiettivi senza restringere quelli degli altri (quello che viene ad essere oggi come acriticamente sposato concetto di libertà). La centralità della narrativa dei diritti individuali segue inesorabilmente nell'era moderna.

Nello stesso tempo, la visione del mondo capitalista richiedeva una componente sociale per promuovere e proteggere le opportunità che venivano offerte agli individui. Gli individui non possono perseguire ogni capriccio senza negare ad altri qualche capriccio. Un conflitto ne sarebbe necessariamente seguito se ognuno avesse perseguito dei fini senza considerazione degli altri.

Davanti a ciò, le due idee - libertà individuale e vincoli sociali - collidono, dal momento che l'azione pianificata di una persona può, e molto probabilmente lo farà, incrociarsi con la realizzazione di un'altra azione programmata. Quindi, sembrerebbe che il garantire la libertà di ogni azione nell'individuale non sia sempre compatibile col garantire ad ognuno la stessa libertà di azione nello stesso tempo. Non tutti possono attraversare una porta nello stesso tempo; la libertà di agire di qualcuno deve soccombere alla libertà di agire di qualcun altro.

Riconciliare le libertà individuali divenne la grande sfida per i pensatori dell'era capitalista. La soluzione, esemplificata in modo canonico dal lavoro di Hobbes, cercò di risolvere il conflitto tra le varie libertà in conflitto tra loro attraverso il meccanismo di un contratto o accordo sociale, o di una costituzione. Utilizzando lo strumentario della razionalità, i difensori della morale capitalista sostennero che la razionalità dell'individuo avrebbe riconosciuto che era ovviamente confacente al miglior interesse di ciascuna persona accettare vincoli all'azione individuale. La gente avrebbe riconosciuto che era ragionevole sacrificare un'autonomia completa in favore di un bene comune. In tal modo, il consenso degli individui a rinunciare a una parte della libertà di azione sarebbe servito come un ponte tra le scelte individuali e la volontà comune o generale, tra l'individuale ed il sociale. Sarebbe stato possibile sia evitare l'anarchia della libertà senza freni sia creare una società civile, mentre si conservava l'individualismo, la razionalità e il vero cuore della libertà nel massimo che fosse ragionevolmente possibile.

Mentre questa difesa della visione capitalista del mondo sollevava tante domande quante erano le risposte che provava a dare, incontrò la sfida più importante a seguito della nascita del movimento operaio e della lotta tra le classi. La sfida è stata articolata al meglio nell'opera di Marx ed Engels. Essi sostennero che l'interesse individuale e gli interessi comuni o collettivi sono qualitativamente differenti. Essi videro le classi come portatrici di interessi ulteriori ed al di sopra degli interessi individuali presi da soli o nell'insieme. Così, è possibile per molti lavoratori credere individualmente che è nell'interesse di tutti e di ciascuno di loro firmare un contratto di lavoro e lavorare in una miniera di carbone di proprietà privata sotto condizioni appena tollerabili mentre è nel loro interesse come classe di rovesciare la proprietà privata di questa miniera e di non accettare il contratto.

Come possono essere vere entrambe le cose?

Marx ed Engels sostennero che dalla prospettiva di classe, dalla prospettiva della classe operaia come insieme sociale, l'eliminazione del lavoro salariato e della proprietà privata dei mezzi di produzione rappresenta il vero interesse dei lavoratori. O, se piace, che c'è una contraddizione tra gli interessi dei lavoratori come individui e come classe.

Questa affermazione non è dissimile dal cardine classico della logica informale, la fallacia del sillogismo: le proprietà ascrivibili ad ogni individuo in una classe di individui non possono essere necessariamente ascritte alla classe stessa; le proprietà delle parti non sono trasferite come proprietà dell'intero. Per esempio, molti dei poveri nel mondo possono essere affamati, ma la classe dei poveri non è, nel senso proprio, affamata.

Gli intellettuali che difendono il capitalismo cercano di mettere una scelta razionale condivisa (un immaginario "voto") al centro della loro concezione della società civile, dell'edificio legale, morale e politico consensualmente costruito per promuovere la libertà individuale. I marxisti, dall'altro lato, sostengono che il consenso individuale non può esaustivamente contare come interesse di classe e per le derivanti azioni ed interazioni delle classi. Il regno del sociale è, in modi importanti, autonomo dal regno dell'individuale. Il pensiero sociale borghese, basato sull'individualismo, lascia un mucchio di fenomeni sociali inesplicati.

Comunque, non è solo la divisione logica tra il personale ed il sociale, l'ansa tra gli interessi individuali e gli interessi di classe che sfida la visione del mondo costruita dall'individualismo, dall'interesse personale e dalla razionalità. I due secoli che han seguito l'ascesa del capitalismo industriale hanno visto la crescita e lo sviluppo dell'ideologia della classe operaia col marxismo nel suo punto focale.

Nel periodo successivo alla Seconda Guerra Mondiale ed alla Rivoluzione Cinese, il mondo capitalista ha visto venir meno la sua lucentezza quando sempre più persone in sempre più luoghi hanno seriamente considerato l'opzione socialista. Neonate nazioni liberate dal giogo coloniale considerarono lo sviluppo socialista come alternativa alla via raccomandata dai loro ex padroni coloniali. Il metodo marxista che ha dato priorità alla classe nell'analisi sociale ha trovato nuovi aderenti in tutto il mondo. Lo slancio del Comunismo gettò il capitalismo nel panico, non solo in politica, ma anche nell'ideologia.

Le fondazioni e i serbatoi di pensiero armarono una guerra contro la crescente credibilità dell'opzione socialista. I pensatori iniziarono a lavorare febbrilmente per accettare la sfida di puntellare l'ideologia capitalista contro il successo dell'analisi di classe.

Come S.M. Amadae dimostra nel suo brillante libro Rationalizing Capitalist Democracy: The Cold War Origins of Rational Choice Liberalism (2006), molto del nuovo pensiero a sostegno della legittimità del capitalismo è sorto dal supporto della Fondazione Ford, insieme alla RAND corporation ed alla sua scuderia di sicari (la Fondazione Ford ha giocato un ruolo simile nel sostegno dello sforzo sul fronte culturale come Frances Stoner Saunders documenta nel suo libro altrettanto emozionante The Cultural Cold War).

Dal momento che Amadae non è l'avvocata del socialismo, ella vede chiaramente la costruzione di una teoria scientificamente credibile come un crescente, urgente e volontario sforzo per armare ideologicamente il capitalismo occidentale contro la crescente popolarità del socialismo. La sua attenta ricerca mostra l'impegno della rifondata scienza sociale antimarxista sulle fondamenta rocciose della teoria della scelta razionale e delle sue varianti simili.

Piuttosto che accettare l'esistenza di un quadro esplicativo che vada oltre l'universo dell'individualismo, della razionalità e degli interessi ristretti, il nuovo pensiero, incorporato nell'opera pionieristica del premio Nobel Kenneth Arrow, semplicemente nega che vi sia una qualche scelta sociale coerente dietro alle scelte individuali.

La teoria di Arrow mostra un interessante rivolgimento

Arrow dimostra (1951) matematicamente che è impossibile (il teorema dell'impossibilità) per il calcolo della scelta razionale generare preferenze collettive coerenti a partire dalle preferenze individuali. Mentre il contributo delle scoperte di Arrow può aver generato un salutare dibattito, i sentimenti ingigantiti dell'era della Guerra Fredda e le necessità ideologiche dell'accademia anticomunista promossero la teoria - la teoria della scelta razionale - alla testa della classe. Una teoria che "rigorosamente" abdicava all'intelligibilità degli interessi di classe era troppo preziosa per essere soggetta ad una seria verifica.

Si potrebbe egualmente e ragionevolmente obiettare che qualsiasi teoria che non tenga conto delle preferenze collettive sarebbe teoreticamente insufficiente. Si potrebbe rovesciare il tavolo e sostenere, come senza dubbio aveva fatto Marx, che i fenomeni sociali e collettivi siano altrettanto reali ed oggettivi che quelli individuali. Così, un ragionamento che non possa spiegare gli interessi di classe sarebbe teoreticamente "smilzo"; fondamenta costruite solo sull'individualismo, sull'interesse personale e sulla razionalità non sarebbero sufficientemente robuste per costituire le fondamenta delle scienze sociali. Se la teoria della scelta razionale non può tenere conto delle preferenze collettive, gettiamo a mare la teoria della scelta razionale! ma in questi tempi febbricitanti, l'accademia dell'occidente - la scienza sociale borghese - non tollererebbe quest'argomento della riduzione all'assurdo.

Dall'impulso di Arrow, la teoria della scelta razionale si è estesa rapidamente alla altre scienze sociali. I Nobel sono seguiti al suo risveglio. Questa teoria e le sue varianti sono servite come base per "dare le fondamenta alla democrazia capitalista Americana. Nella sua foggia di scienza sociale "oggettiva" e "libera da valutazioni", è difficile apprezzare la piena importanza della scelta sociale, della scelta pubblica e delle teorie politiche positive per la riconcettualizzazione dei mattoni fondanti del liberalismo politico. Nella luce della battaglia ideologica della Guerra Fredda contro i sovietici, l'iniziativa di assicurare le basi filosofiche delle istituzioni del mondo libero fu critica" nelle parole di S.M. Amadae.

La teoria della scelta razionale è profondamente penetrata nei pori della scienza sociale, specialmente in economia e specialmente negli Stati Uniti. Il suo predominio metodologico ha finito per svolgere il ruolo di guardiano e piantone contro le incursioni del Marxismo nella teoria sociale dell'occidente. Ironicamente, è anche penetrata nel marxismo occidentale nella sua foggia di "marxismo analitico"; allievi addestrati sulla teoria della scelta razionale trassero la conclusione che l'individualismo metodologico, l'interesse personale e la razionalità fossero incompatibili con i principi maggiori del marxismo - una conclusione sorprendente per tutti tranne che per i marxisti!

La lotta per una politica nuova basata sul rigetto dell'ideologia dominante del capitalismo non può essere vinta senza affrontare criticamente le falle della teoria della scelta razionale. Un'ideologia socialista rivoluzionaria deve affrontarla direttamente. Ha lasciato molte delle scienze sociali degli Stati Uniti in una arida ma ideologicamente pura apologia del capitalismo. Ha contaminato la politica pubblica, ha giustificato l'esplodere delle diseguaglianze e l'ossessione per l'austerità nel settore pubblico.

Il premio al Professor Thaler riconosce le sue falle in piccola misura, ma lascia l'edificio dogmatico intatto.

Note:

1) N.d.t.: ἀκρασία, translitterato come "akrasia" è termine greco-antico che indica la debolezza di volontà o l'incapacità di agire secondo principi razionali. Si dice per esempio affetto da "akrasia" colui che rimanda, senza razionali motivi quelle attività necessarie per raggiungere un obiettivo voluto o il fine razionalmente preferibile.


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