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Quattro note sul Brexit

Ástor García * | unidadylucha.es
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

06/07/2016

Alla fine è avvenuto. Il Regno Unito ha votato con il referendum, l'uscita dall'Unione Europea. Nei giorni successivi al 23 giugno abbiamo udito e letto molteplici opinioni e commenti a riguardo, in generale abbastanza infelici perché peccano di un difetto fondamentale: identificare l'UE con il progresso sociale.

Sono molteplici gli argomenti che, dal nostro paese, si possono utilizzare contro questo errore, dall'origine delle riconversioni industriali fino all'accelerazione nella divisione internazionale del lavoro che ci condanna ad essere una destinazione turistica, ma in questi momenti è più opportuno utilizzare questo spazio per analizzare perché, da una prospettiva rivoluzionaria, bisogna salutare il risultato del referendum.

La UE adesso non è una via a senso unico

O una via senza uscita, come preferiscono dire. Il risultato del referendum ha posto sul tavolo una realtà che molti negavano finora: c'è vita oltre l'UE, anche se sei stato membro per decenni. Sembra, data la recente esperienza della Grecia, che l'unica ipotesi per una possibile uscita dall'Unione fosse quella di un'espulsione accordata e sigillata dai paesi dominanti dell'alleanza imperialista europea, con molte negative conseguenze per l'economia e le finanze (capitaliste) del paese colpito. Adesso, l'uscita dall'UE è una alternativa politica, nonostante non ci sia stata rottura con le regole del gioco capitalista.

Si è rotto un tabù

Qualche anno fa, in un tour per la Spagna del compagno Giannis Ziogas, allora deputato del PC di Grecia, un giornalista è rimasto a bocca aperta e senza parole quando, dopo avergli chiesto qual'era la proposta del suo partito per l'UE, si è sentito rispondere: "rompere con essa". Fino ad allora sembrava non trovare posto l'idea che qualcuno potesse sostenere e argomentare con tranquillità che l'UE fosse uno strumento al servizio del grande capitale, con un'origine intrinsecamente capitalista e non l'immagine idealizzata di un'Europa unita utile solo per legittimare la libera circolazione di capitali, dei servizi e della manodopera. I militanti del PCPE sanno bene quanto sia stato difficile finora discutere sull'UE.

Gli opportunisti ritrattano

Difendendo da "sinistra" la costruzione di una alleanza imperialista come è l'UE, deve esser duro constatare che ci sono paesi che, a maggioranza, ti dicono di andare all'inferno. Questo devono aver pensato le forze opportuniste del Partito della Sinistra Europea quando scrivevano il deplorevole comunicato nel quale, oltre a considerare "un disastro" il risultato del referendum, facevano appello a "coloro che rifiutano questa disastrosa svolta nella politica britannica affinché si uniscano a chi si oppone al razzismo, per la difesa dei diritti dei migranti e per lottare per proteggere e ampliare i diritti dei lavoratori e altri diritti che adesso sono minacciati". Questo mentre l'UE continua a svolgere un ruolo vergognoso nella crisi dei rifugiati, mentre continua a esistere FRONTEX e lo spazio Schengen è un elastico che si allunga o si ritrae a seconda degli interessi dei grandi capitalisti o mentre si accordano con i rispettivi governi attacchi costanti contro i diritti della classe operaia e del popolo lavoratore.

Senza inganni

La Brexit non suppone alcuna panacea. Risponde alle dispute tra fazioni della borghesia per una migliore posizione nel complesso scenario internazionale e in nessun momento si è posto che il Regno Unito non sia più una potenza imperialista. Ma la Brexit è oggi l'anello debole della catena imperialista europea, è un'opportunità per attaccare l'Europa dei monopoli e dobbiamo esser capaci di approfittarne.

* Responsabile Relazioni Internazionali del PCPE


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