www.resistenze.org - osservatorio - genere resistente - 30-10-17 - n. 649

La dittatura del proletariato: il cambiamento rivoluzionario della vita quotidiana

Alexandra Kollontaj | marxists.org
Traduzione da marxists.org *

1921

Conferenze all'Università di Sverdlov sulla liberazione della donna **

12° Conferenza

Nelle due ultime conferenze abbiamo familiarizzato con le condizioni oggettive che fungono come punto di partenza al sistema economico che il proletariato della Russia ha elaborato dalla sua presa di potere. Il lavoro obbligatorio per tutti è una componente molto importante di questo nuovo modo di produzione e abbiamo anche già dimostrato come la situazione della donna si sia profondamente modificata. Oggi, analizzeremo il ruolo che ha svolto il nuovo sistema economico sulla vita quotidiana, nelle abitudini, nella coscienza e nelle speranze delle persone ed analizzeremo anche le idee che sottendono a questo sistema economico che getta le basi per una società comunista.

Chiunque sappia vedere ed osservare riconosce che la vita quotidiana si è profondamente modificata. Nel corso degli ultimi quattro anni, la nostra repubblica operaia ha estirpato le radici stesse dell'asservimento secolare della donna. Il nostro governo sovietico mobilita le donne per la produzione e si sforza di riorganizzare la loro vita su basi interamente nuove. Si assiste ovunque alla nascita di comportamenti, di tradizioni, di punti di vista e di concezioni collettivistiche che preparano alla futura società comunista.

Una delle basi del sistema di produzione comunista è la riorganizzazione del consumo. La regolamentazione del settore del consumo, secondo i principi comunisti, non deve limitarsi a soddisfare i bisogni dei consumatori o ripartire in modo uniforme le ricchezze del paese. Fin dall'autunno del 1918 abbiamo adottato in tutte le città il principio delle mense pubbliche. Le mense comunali e i pasti gratuiti per i bambini e gli adolescenti hanno soppiantato l'economia familiare. Lo sviluppo e l'applicazione delle nostre mense pubbliche all'intera società sono rallentate purtroppo dalla nostra povertà e dalla mancanza di prodotti alimentari. Ma il principio del sistema di alimentazione collettiva è ormai entrato nella pratica e i centri di rifornimento vengono pianificati, anche se ci mancano ancora i viveri sufficienti per organizzare una distribuzione più razionale, programmata e centralizzata.

Gli Stati imperialisti hanno imposto al nostro paese impoverito un blocco ostinato ed efficace, impedendo la consegna dei prodotti da parte di altri popoli, prodotti di cui abbiamo bisogno e che assicurerebbero la distribuzione collettiva. Ora, a dispetto di queste difficoltà, le mense pubbliche sono diventate indispensabili nella vita quotidiana della popolazione delle città e questo nonostante l'insufficienza e la cattiva qualità dei pasti. I prodotti alimentari non solo sono insufficienti, ma in questo modo sono anche mal utilizzati. Tuttavia, durante gli anni 1919-1920, quasi il 90% della popolazione di San Pietroburgo e il 60% degli abitanti di Mosca frequentavano regolarmente le mense. Nel 1920 dodici milioni di cittadini, bambini compresi, hanno pranzato nelle mense pubbliche.

Va da sé che già solo questo fatto ha comportato un notevole cambiamento nella "vita quotidiana" delle donne. La cucina, che ancor più asserviva la donna con figli, ha cessato di essere una condizione necessaria all'esistenza della famiglia. Senza dubbio la cellula familiare privata svolge ancora un ruolo importante durante questo periodo di transizione e sarà così finché il comunismo resterà un obiettivo distante, fino a quando le norme di comportamento borghese non saranno eliminate completamente e le basi dell'economia nazionale non saranno modificate radicalmente. Ma anche in questo periodo transitorio, il focolare domestico comincia a perdere il suo posto d'onore. Appena saremo riusciti a soffocare la nostra povertà e la nostra fame e avremo fermato il collasso generale delle forze produttive, lavoreremo per migliorare la qualità delle mense pubbliche e la cucina casalinga sarà ridotta a un mero supporto, un complemento della cucina collettiva. Infatti l'operaia comincia già a rendersi conto del tempo che risparmia grazie ai pasti preparati dalla mensa e se si lamenta ancora delle mense lo fa contro l'insufficienza e il basso valore nutritivo dei pasti che vi sono attualmente distribuiti. Ed è per questo, volente o nolente, che è costretta a cucinare dei pasti supplementari. Se la qualità dei pasti fosse superiore, poche donne tornerebbero ai loro fornelli.

Nella società borghese, la donna utilizzava la sua arte culinaria per offrire il pranzo al suo sposo, per nutrirlo, perché egli era il suo nucleo familiare. Nello Stato operaio la donna è riconosciuta come persona indipendente e cittadina ed è difficile immaginare che esistano da noi donne che si prestino ad affaccendarsi ai fornelli per ore, per far piacere a loro marito. Dobbiamo prodigarci a rieducare gli uomini in modo tale che imparino ad amare e ad apprezzare la loro donna non per i suoi talenti culinari, ma per la sua personalità e le sue qualità umane. Nella storia della donna la "separazione della cucina dal matrimonio" è una grande riforma, non meno importante della separazione della Chiesa dallo Stato.

Tuttavia, nella pratica, questa separazione è ancora da venire, ma fin dai primi mesi dopo la Rivoluzione, la nostra repubblica operaia ha cominciato ad organizzare le mense pubbliche. Queste mense, contrariamente all'economia domestica familiare e privata, sono un impianto economico e razionale, che necessita di meno fatica, meno combustibile e meno prodotti alimentari. Queste esperienze pratiche sono per noi estremamente importanti e ci permettono di elaborare la linea direttrice di sviluppo del nostro futuro politico economico. D'altra parte l'aggravamento della situazione economica ha reso sempre più pressante la necessità di organizzarle.

Le condizioni di vita e il grado della coscienza delle donne sono naturalmente anche influenzate dalle nuove condizioni degli alloggi. In nessuno paese ci sono tante case comunitarie come nella nostra Repubblica operaia. L'alloggio comunitario, la casa collettiva per famiglie e anche per donne sole, sono largamente diffuse da noi. Chiunque del resto, aspira a sistemarsi in una casa comune.

Non per "principio"ovviamente, non per convinzione, come i fourieristi della prima metà del XIX° secolo che, sotto l'influenza delle idee socialiste di Fourier, organizzavano il falansterio , ma semplicemente perché è molto più facile e più comodo vivere in una casa comune, piuttosto che in un alloggio privato. Le comuni hanno legna ed elettricità a sufficienza; nella maggior parte di esse, esiste una cucina comunitaria e una caldaia per l'acqua. I lavori di pulizia sono effettuati dalle donne delle pulizie salariate. In certe comunità, c'è una lavanderia centrale, un asilo nido, una scuola materna. Mentre la crisi generale dell'economia nazionale si fa sentire appena il combustibile diminuisce e l'acqua rischia il razionamento, ci sono sempre più persone che si aggregano ad una casa comune. Le liste di attesa per le "residenze comunitarie" aumentano incessantemente e gli abitanti di queste sono invidiati dagli abitanti degli alloggi privati.

Certo, le case comunitarie sono ancora lungi dall'avere soppiantato gli alloggi privati e la grande maggioranza dei cittadini deve continuare a vivere sotto il regime dell'economia domestica e nelle cellule familiari isolate. Ma noi abbiamo intrapreso il percorso per il superamento delle norme sociali della vita della famiglia tradizionale. Se è sotto la pressione delle condizioni economiche difficili che non solo individui, ma anche famiglie desiderano stabilirsi nelle "residenze comunitarie", ci preme che queste diventino fin d'ora la preferenza degli abitanti delle città per molteplici ragioni. Inoltre appena la produzione avrà preso a svilupparsi e le "comuni" saranno migliorate, sosterranno senza problemi la concorrenza con l'economia familiare privata, dove le forze del lavoro femminile sono dilapidate.

Man mano sempre più donne sono coscienti dei vantaggi che presenta la vita in comunità, soprattutto coloro su cui pesa di più il doppio carico del lavoro e della famiglia. E' proprio precisamente alle donne che esercitano un'attività lavorativa, che la vita in comunità porta aiuto e sollievo senza paragoni. La cucina comune, la lavanderia centrale, l'approvvigionamento assicurato del combustibile, acqua calda ed elettricità, così come il lavoro delle donne delle pulizie salariate, risparmia a queste donne le molteplici faccende domestiche. Ogni donna che lavora non dovrebbe augurarsi altro che una cosa sola: che le case comunitarie si moltiplichino, per porre fine così al lavoro domestico estenuante e improduttivo a cui è stata fin'ora confinata.

Resta beninteso ancora l'esistenza di donne che continuano ad aggrapparsi ostinatamente al passato. Come chi vuole dedicare allo "sposo" l'esistenza intera esclusivamente ai fornelli. Anche nelle case comuni queste specie di prigioniere - spesso anche mogli di operai- trovano il modo di dedicare la loro vita all'arte culinaria. Ma con l'instaurarsi definitivo del modo di produzione comunista, questi esseri sfruttati saranno condannati storicamente a sparire. L'esperienza di questi ultimi anni della Rivoluzione conferma che le case comuni rappresentano non solo la soluzione più razionale alla questione della casa, ma facilitano innegabilmente la vita delle donne che lavorano. Anche nel periodo di transizione attuale, le donne che vivono in comune dispongono già di più tempo per occuparsi della loro famiglia e del loro mestiere.

L'economia familiare individuale sparirà necessariamente, come aumenterà il numero delle "residenze comunitarie" che dispongono di unità individuali sistemate secondo il gusto di ciascuno. E a questa scomparsa corrisponderà quella della famiglia borghese. Avendo smesso di essere un'unità economica della società capitalista, la famiglia non potrà esistere più sotto la sua attuale forma. Questa affermazione tuttavia, non minaccia ancora i troppi partigiani della famiglia borghese, né la sua economia individuale e ripiegata su se stessa. In questo periodo di transizione dal capitalismo al comunismo, nell'epoca dunque della dittatura del proletariato, una lotta violenta ed aspra è cominciata tra il consumo collettivo e l'economia familiare privata. Resta purtroppo molto da fare in questo campo. Le forme di economia collettiva riusciranno ad imporsi soltanto se la parte della popolazione più direttamente interessata - le nostre donne lavoratrici - parteciperà attivamente al cambiamento.

Benchè i dati statistici della nostra repubblica siano ancora scarsi riguardo agli alloggi, le informazioni di cui disponiamo su Mosca bastano ampiamente per permetterci di affermare l'importanza del ruolo sociale delle case comuni nelle grandi città. Così, nel 1920 a Mosca, su 23.000 case si contavano quasi 9.000 comuni o case comuni, intorno al 40%. Fin dai primi anni della sua esistenza la repubblica dei Soviet ha creato le condizioni necessarie per liberare, lentamente, ma in modo certo, la donna dai compiti domestici.

La riduzione del lavoro improduttivo della donna nell'economia domestica è soltanto un aspetto della problematica generale, poiché la donna è anche responsabile dell'educazione e della cura dei bambini. Anche questo compito impegnativo inchioda la donna alla casa e l'asservisce alla famiglia. Ma, per sua politica, il governo dei Soviet protegge la funzione sociale della maternità e alleggerisce notevolmente la donna dal fardello dell'educazione dei bambini, riconducendolo alla collettività.

Nella sua ricerca di nuovi stili di vita proletari, la Repubblica sovietica ha commesso degli errori inevitabili e ha dovuto più di una volta modificare e correggere la sua linea politica. Ma nel campo della protezione materna e della protezione del lavoro delle donne, la nostra repubblica operaia ha scelto una sola via. Ed è proprio in questo campo che si avvera oggi una grande e profonda rivoluzione delle tradizioni e delle opinioni perché, da un lato, abbiamo eliminato la proprietà privata dei mezzi di produzione e dall'altro, abbiamo costruito politiche familiari in funzione dell'industrializzazione del nostro paese. Siamo riusciti senza dubbio a risolvere il problema più importante che era rimasto senza soluzione nella società capitalista.

Così abbiamo affrontato il problema della tutela della maternità in stretta connessione con le attività economiche più importanti: lo sviluppo delle forze produttive del paese, la riconversione e l'espansione della produzione. Per realizzare questa ricostruzione economica occorre liberare le forze di lavoro potenziali dalla loro fatica improduttiva e utilizzare razionalmente le riserve di manodopera disponibili. Questo anche perché dobbiamo badare particolarmente alle generazioni future per garantire l'esistenza della nostra repubblica operaia. Il governo apre attualmente delle prospettive assolutamente nuove. Se le accettiamo, dobbiamo ammettere che i problemi dell'emancipazione della donna e della maternità si risolveranno da soli.

La cura e l'educazione delle future generazioni non sono più compiti privati e familiari, sono ricondotti d'ora in poi allo Stato e alla società. La protezione della maternità deve essere assicurata non solo in riferimento alla donna, ma anche perché dovendo lo Stato operaio risolvere in questo periodo di transizione dei compiti economici importanti, deve liberare le donne dai compiti domestici improduttivi al servizio della famiglia affinché possano lavorare in modo efficace – anche nell'interesse della famiglia stessa. La salute delle donne deve essere oggetto di attenzioni particolari perché è il solo modo per garantire la crescita normale della nostra repubblica operaia.

Nella società borghese l'antagonismo di classe, il frazionamento della società in cellule familiari private e naturalmente anche il modo di produzione capitalista impediscono di dare soluzioni al problema della protezione della maternità. Al contrario, nella repubblica dei Soviet nella quale l'economia familiare privata è subordinata all'economia collettiva pubblica, la soluzione del problema della protezione materna è dettata dalle dinamiche sociali, dalla necessità e dalla vita stessa. D'altra parte la Repubblica Sovietica considera la donna come una forza lavoro viva, potenziale e attuale. La maternità dunque ha cessato di essere da noi un affare privato, familiare; la funzione materna è una funzione importante sebbene sia complementare, ma è soprattutto una funzione sociale della donna. La compagna Vera P. Lebedjeva dice su questo argomento: "La madre e il bambino sono un elemento della nostra politica di inclusione delle donne nel processo del lavoro"

Ma se vogliamo dare alle donne la possibilità di partecipare alla produzione, la collettività deve scaricarle dal pesante fardello legato alla maternità ed evitare così lo sfruttamento di questa funzione naturale da parte della società stessa. Lavoro e maternità sono compatibili a partire dal momento in cui l'educazione dei bambini smette di essere un compito familiare privato per diventare un'istituzione sociale, un affare dello Stato. Il nostro governo dei Soviet si preoccupa della cura e dell'educazione dei bambini. La sezione di protezione della maternità e dell'infanzia, sotto la direzione di Vera P. Lebedjeva, così come il settore dell'educazione sociale, ha assunto questo compito.

La madre deve essere scaricata dal fardello della maternità e deve potere approfittare pienamente della relazione col suo bambino.

Questo obiettivo è, beninteso, ancora lontano dall'essere raggiunto. Nella realizzazione dei nuovi stili di vita proletari che devono liberare le donne dai loro compiti familiari, urtiamo ancora sempre contro lo stesso ostacolo: la povertà economica. Tuttavia, abbiamo predisposto le basi necessarie alla soluzione del problema della maternità e abbiamo indicato la via da seguire. Non ci resta adesso che impegnarci risolutamente.

Nell'ultima conferenza, ho presentato le misure sociali e politiche prese a riguardo delle madri. Ma la repubblica operaia non si limita a garantire una protezione materiale e finanziaria della maternità. Cerca innanzitutto di cambiare le condizioni di esistenza delle donne in modo tale che siano pienamente in grado di assumere la loro maternità e per altro protegge i bambini prodigando loro le cure necessarie alla salute e allo sviluppo. Questo perché, fin dall'inizio della Rivoluzione, la nostra dittatura del proletariato ha intrapreso la decisione di organizzare tutto il paese in una stretta rete di organismi di protezione materna e di educazione sociale. Quando fui nominata commissario del popolo all'Assistenza pubblica (1), la mia prima preoccupazione è stata di lavorare all'elaborazione del decreto sulla protezione materna.

E' per questo motivo e grazie al commissariato del popolo alla Salute che creava una sezione incaricata della protezione delle madri e dei bambini e fondava il "palazzo della maternità, sotto la direzione energica del compagna Véra P. Lebedjeva, che il sistema di protezione materna ha messo radici ed è sbocciato. Nella Russia zarista, c'erano in tutto sei consultori per le donne incinte e le balie. Oggi, se ne contano già più di 200, così come 138 centri per l'allattamento.

La maternità non consiste necessariamente nel lavare i pannolini per il proprio bambino, fargli il bagno, cambiarlo ed essere inchiodata alla sua culla. Il nostro principale compito è di sgravare la donna che lavora dalle cure da dare ai bambini, dunque: la funzione sociale della maternità consiste innanzitutto nel mettere al mondo dei bambini. Questo anche perché la nostra società proletaria garantisce alle donne incinte le condizioni più favorevoli al parto. La donna, da parte sua, deve osservare le regole di igiene prescritte e deve ricordarsi che durante i nove mesi di gravidanza smette in un certo modo di appartenersi. È insomma al servizio della collettività e il suo corpo "produce" un nuovo membro per la repubblica operaia. Un altro dovere della donna che consegue alla funzione sociale della maternità è di allattare il suo bambino. Solo la donna che ha nutrito il suo bambino al seno ha assolto verso questi il suo dovere sociale. Le altre cure che richiede la maternità possono allora essere date in carico dalla collettività. Tuttavia, l'istinto materno non deve essere represso. Ma perché la madre dovrebbe dispensare unicamente le sue cure e il suo amore al proprio bambino? Non varrebbe la pena che le madri utilizzassero questo prezioso istinto in modo più intelligente, rivolgendolo, per esempio, a tutti i bambini che hanno bisogno di amore e di tenerezza?

La parola d'ordine: "Sii madre non solo per il tuo bambino, ma per tutti i bambini degli operai e dei contadini" deve insegnare alle donne lavoratrici un nuovo modo di vedere la maternità. Si può accettare, per esempio, che una madre, forse anche comunista, rifiuti il suo seno ad un bambino che non ha latte di cui nutrirsi? L'umanità futura, con sentimenti e concezioni comuniste, sarà un giorno completamente estranea al comportamento egoista e antisociale, come lo siamo noi quando leggiamo di donne delle tribù primitive che, pur amando i propri bambini, sono capaci di uccidere i bambini di una tribù straniera.

Altra anomalia, possiamo ammettere che una madre privi semplicemente il proprio bambino del latte del suo seno perché la maternità è per lei un carico troppo pesante?

In Unione sovietica, ahimè!, il numero dei bambini abbandonati dai loro genitori non smette di crescere. Questi fenomeni ci obbligano a risolvere in modo soddisfacente il problema della maternità. Ma ancora non ci siamo arrivati. Nel difficile periodo di transizione che viviamo, centinaia di migliaia di donne sono afflitte da un doppio fardello: il lavoro salariato e la maternità. Non ci sono abbastanza asili nido, giardini d'infanzia, scuole materne e i sussidi attribuiti alle madri, non stanno al passo con la crescita dei prezzi del mercato libero. Queste condizioni conducono le donne lavoratrici a temere il fardello della maternità e ad "abbandonare" i loro bambini allo Stato. Ma l'incremento del numero dei bambini abbandonati significa anche che le donne non sempre hanno compreso che la maternità non è solamente un affare privato, ma che è innanzitutto un dovere sociale.

Si dovrà lavorare con le donne e si dovrà prestare particolare attenzione a questo problema spiegando alle operaie delle fabbriche, alle contadine e alle braccianti quali sono i doveri che comporta la maternità nella nostra repubblica. Parallelamente, bisognerà rinforzare la rete per la protezione materna e migliorare il sistema di educazione sociale. Più le madri potranno conciliare facilmente il lavoro e la maternità, meno ci saranno bambini abbandonati.

Precisamente abbiamo appena detto che la maternità non significa affatto che il bambino debba restare costantemente vicino a sua madre, né che questa sia l'unica a dedicarsi alla sua educazione fisica e morale. Ma, d'altra parte, il dovere della madre verso il bambino è anche di procurare le migliori condizioni alla sua crescita e al suo sviluppo.

In quale classe della società borghese si trovano bambini più sani e più svegli? Nelle classi più avvantaggiate si, ma in nessun caso nella classe povera. A che cosa è dovuto ciò? Al fatto che le madri borghesi si dedicano interamente all'educazione dei loro bambini? Assolutamente no. Le madri borghesi scaricano volentieri la cura dei loro bambini su quelle salariate: nutrici, governanti. Solamente nelle famiglie povere le madri sono le uniche a sopportare tutto il peso della maternità. La maggior parte del tempo i loro bambini sono affidati a loro stessi e alla strada che diventa il loro unico educatore. Nella classe operaia e in generale, negli strati poveri della popolazione dei paesi borghesi i bambini restano vicino alla loro madre, ma muoiono come le mosche; quanto a un'educazione che merita questo nome, non se ne parla nemmeno. Anche nella società borghese una madre cosciente e progressista cerca di spostare una parte dei suoi compiti educatrici alla società: manda il suo bambino all'asilo nido, alla scuola, in colonia estiva. Una madre cosciente comprende naturalmente che l'educazione sociale può portare al bambino qualche cosa che non può essere sostituito dal solo amore materno.

Nella società borghese le classi abbienti accordano un grande valore all'educazione dei loro bambini che affidano alle bambinaie, alle maestre da asilo, ai medici e pedagoghi specializzati. Persone salariate hanno sostituito la madre nelle cure fisiche e nell'educazione morale. Queste madri hanno conservato in realtà solamente l'obbligo naturale ed inevitabile, mettere i loro bambini al mondo.

Beninteso, la Repubblica sovietica non strappa con la forza i bambini alla loro madre, come i paesi borghesi affermano nella loro propaganda per descrivere gli orrori del "regime bolscevico". Ma si sforza di creare delle istituzioni nelle quali non solo i bambini delle donne ricche, ma anche i bambini di tutte le donne possano crescere in condizioni normali e sane. Mentre le donne borghesi riversano la cura dei loro bambini sulle forza lavoro salariata, la repubblica dei Soviet vuole raggiungere quello che ogni madre, operaia o contadina, aspira: poter andare al proprio lavoro a cuor leggero, sapendo che i suoi bambini sono in buone mani al nido, all'asilo o a scuola. Queste istituzioni sociali aperte a tutti i bambini sotto i sedici anni sono le condizioni necessarie per l'avvento dell'uomo nuovo. In queste situazioni pedagoghi e medici si prendono cura dei bambini spesso aiutati dalle loro stesse madri (è obbligatoria nei nidi una presenza materna). Fin dalla loro prima infanzia, i bambini cresciuti nei nidi e nelle scuole materne sviluppano caratteri e abitudini necessarie all'avvento del comunismo. I bambini che crescono in queste istituzioni saranno molto più attivi nel vivere in una comunità di lavoratori di quelli in cui l'infanzia è trascorsa nella stretta sfera familiare.

Vedete voi stessi i bambini che, fin dai primi anni della Rivoluzione, hanno frequentato i nidi e le case dei bambini. Questi sono bambini che hanno beneficiato di un'educazione amorevole e ricca di sollecitazioni della propria classe. Questi bambini hanno acquisito un comportamento di "gruppo", pensano ed agiscono in modo collettivo. Piccola scena abituale in una casa di bambini: un ultimo arrivato non vuole prendere parte alle attività del suo gruppo. Gli altri bambini si radunano intorno a lui e tentano di convincerlo. L'ambiente è particolarmente agitato. "Non puoi davvero aiutare a pulire e a sistemare quando il nostro gruppo è di servizio? Non vuoi davvero andare in passeggiata, quando tutto il nostro gruppo l'ha deciso? Sei obbligato veramente a fare tutto questo rumore, quando tutto il nostro gruppo si riposa? Nei bambini, il senso della proprietà non esiste: "Da noi, non c'è tuo e mio, tutto è per tutti", spiega con un'aria seria un ragazzino di quattro anni ad una bambina della stessa età. Un'altra regola fondamentale della vita di questi bambini è quella di proteggere gli oggetti che appartengono al gruppo ed essi sono pronti ad intervenire appena viene distrutto un "nostro" bene della casa dei bambini.

Ma ritorniamo ancora una volta al ruolo dalle madri. La Repubblica sovietica ha creato case materne ovunque il bisogno si faceva sentire e ciò per proteggere la salute delle donne in quanto madri delle generazioni future. Nel 1921, c'erano 135 asili che permettevano alle ragazze madri di trovare un rifugio nel periodo più difficile della loro vita. Ma queste case sono anche aperte alle donne sposate che possono così sfuggire alla vita di famiglia e alle sue innumerevoli preoccupazioni durante gli ultimi mesi della loro gravidanza e i primi mesi della vita del loro bambino. Durante le prime settimane dopo la nascita - le più importanti - la madre si potrà così occupare esclusivamente della cura del proprio bambino e contemporaneamente riposare. Più tardi, la presenza costante della madre vicino al bambino conterà molto meno. Ma sembra che, durante le prime settimane dopo la nascita, esista un tipo di legame fisiologico estremamente forte tra madre e bambino per il quale sarebbe nocivo dividerli.

Non siete probabilmente a conoscenza del fatto che questi asili per donne, case materne, sono prese da assalto dalle donne celibi e dalle stesse donne sposate per la semplice ragione che qui vengono curate correttamente e trovano il riposo necessario. Non è dunque assolutamente indispensabile fare propaganda presso le donne delle case materne. La nostra povertà materiale e il caos attuale in cui si trova immersa la Russia non ci permette, ahimè! di costruire altre case di questo tipo coprendo così tutta la repubblica operaia di queste vere "stazioni di soccorso" per donne lavoratrici. Praticamente nelle campagne non c'è nessuna casa materna. Le contadine sono lasciate in generale al loro destino, niente è stato organizzato praticamente ancora per esse, eccetto i giardini estivi per i bambini. Questi ultimi permettono alle contadine di partecipare ai lavori dei campi senza che i bambini possano patirne. Nel 1921 sono stati realizzati 689 giardini estivi per 32.180 bambini.

Nelle città ci sono a disposizione delle operaie e delle impiegate nidi ed asili sul luogo di lavoro e ancora nidi ed asili di quartiere. Inutile sottolineare che queste istituzioni portano alle donne che lavorano un sollievo considerevole. La nostra più grande preoccupazione è che non ce ne siano abbastanza. Riusciamo attualmente appena a coprire il 10% dei bisogni reali. Per sgravare efficacemente le madri dalle preoccupazioni opprimenti legate alla maternità, la rete di educazione sociale dovrebbe comprendere altri nidi e scuole materne, scuole per i bambini da tre a sette anni e per gli altri bambini in età scolare, circoli di bambini, case della gioventù e colonie estive. In queste istituzioni, i bambini sono nutriti gratuitamente. La compagna Vera Veletchkina fu una pioniera particolarmente attiva in questo campo e vi dedicò la vita. La sua azione, all'epoca dei duri anni della guerra civile, ci ha aiutato a salvare numerosi bambini di proletari dall'inedia e dalla morte. Questi bambini ricevevano delle razioni di latte supplementare e i più bisognosi, vestiti e scarpe.

Ma queste istituzioni sociali sono insufficienti e noi non siamo riusciti che a raggiungere una piccola parte dalla popolazione. Tuttavia, non ci si può rimproverare di avere scelto una via sbagliata, perché è giusto alleggerire i genitori del pesante compito di educare i bambini. La nostra maggiore incapacità viene piuttosto della nostra grande povertà che non ci permette di applicare interamente il programma del governo dei Soviet. Ma la direzione che abbiamo intrapreso per risolvere il problema della maternità è giusta e solo lo stato delle nostre risorse è l'ostacolo alla sua realizzazione. Per il momento i nostri tentativi sono stati modesti. Tuttavia sono stati coronati già dal successo, perché hanno rivoluzionato lo stile di vita familiare e portato un cambiamento radicale nelle relazioni tra i sessi. Ritorneremo su questo tema nella nostra prossima conferenza.

La repubblica dei Soviet deve fare in modo che la forza lavoro della donna non sia assorbita da un lavoro improduttivo, come la cura della casa e la cura dei bambini, ma che sia adoperata in modo giusto per la produzione delle nostre ricchezze sociali. In più, la società deve proteggere gli interessi e la salute delle madri e dei bambini, per permettere alle donne di conciliare maternità e vita lavorativa. Il governo dei Soviet si sforza anche di procurare rifugi sicuri alle donne che vogliono separarsi dal loro marito e non sanno dove andare coi loro bambini. Non appartengono ai filantropi e alla loro carità umiliante, ma allo Stato operaio a cui compete venire in aiuto alle donne in difficoltà e ai loro bambini. Sono i propri compagni di classe che lavorano per l'edificazione del socialismo, gli operai e i contadini che devono sforzarsi di alleggerire la donna dal fardello della maternità. Poiché la donna che lavora uguale all'uomo per il ristabilirsi dell'economia e che ha partecipato alla guerra civile, è legittimata a esigere dalla collettività la presa in carico, nel momento in cui lo mette al mondo, di un futuro membro della società.

Nel periodo attuale di transizione, la donna si trova collocata in una situazione particolarmente difficile, perché non esistono ancora nella Russia Sovietica che 524 istituzioni materne. Queste istituzioni sociali sono evidentemente insufficienti. E' per questo che il partito ed il governo dei Soviet devono prestare una doppia attenzione al problema della maternità e ai mezzi per risolverlo. La sua risoluzione pratica porterà beneficio non solo alle donne, ma anche a tutta la nostra produzione e all'insieme dell'economia nazionale.

Alla fine di questa conferenza aggiungiamo alcune parole su un argomento strettamente legato al problema della maternità: l'atteggiamento del repubblica Sovietica rispetto all'aborto. Con la legge del 18 novembre 1920, l'interruzione di gravidanza è stata legalizzata. Soffriamo naturalmente in Russia, di una penuria di forza di lavoro, che manca. Il nostro paese non è un paese sovrappopolato, ma sotto-popolato e la nostra forza lavoro è contata. Come abbiamo allora potuto legalizzare l'aborto in tali condizioni? Perché il proletariato non ama praticare una politica di menzogna e di ipocrisia. Finchè le condizioni di vita resteranno precarie, le donne continueranno ad abortire. (Lasciamo da parte le donne borghesi che hanno generalmente altre ragioni per abortire: per evitare di dividere l'eredità, per timore delle sofferenze della maternità, per non rovinare la propria linea, per incapacità a rinunciare ad una vita di piacere, in breve, per comodità e per egoismo.)

L'aborto esiste in tutti i paesi e nessuna legge fino ad oggi è riuscita ad estirparlo. Le donne trovano sempre una via d'uscita, ma il ricorso alla clandestinità distrugge la loro salute, le mette in condizione di essere a carico dello Stato e diminuisce, in fin dei conti, il serbatoio di forza lavoro. Un aborto fatto da un chirurgo in condizioni normali è molto meno pericoloso per la donna e lei può reintegrare più velocemente la produzione. Il governo sovietico è cosciente che l'aborto sparirà solamente quando la Russia disporrà di una vasta rete di istituzioni di protezione materna e di educazione sociale. È anche cosciente che la maternità è un dovere sociale. Ecco perché abbiamo legalizzato la pratica dell'aborto che si svolge d'ora in poi negli ospedali e in buone condizioni igieniche.

Un altro compito della repubblica operaia è di rinforzare nelle donne l'istinto materno - da una parte creando delle istituzioni di protezione materna e dall'altra rendendo la maternità compatibile col lavoro per la collettività - eliminando così la necessità dell'aborto. Questo è il modo in cui abbiamo affrontato la soluzione di questo problema, che ancora si pone, in tutta la sua ampiezza, alle donne degli Stati borghesi.

Le donne degli Stati borghesi lottano con accanimento contro il doppio sfruttamento conseguenza di questo terribile periodo di dopoguerra: il lavoro salariato e la maternità al servizio del capitale. Nello Stato operaio, al contrario, le operaie e le contadine hanno eliminato i vecchi stili di vita che avevano ridotto le donne alla schiavitù.

Le donne, con la loro partecipazione al Partito comunista, hanno contribuito ad edificare le basi di una vita interamente nuova. Ma il problema potrà essere risolto definitivamente solamente quando il lavoro delle donne sarà stato integrato completamente nella nostra economia nazionale. Nella società borghese, in compenso, dove l'economia domestica compressa all'interno dello stretto ambito famigliare completa il sistema economico capitalista, le donne non hanno alcuna possibilità.

La liberazione della donna può compiersi soltanto con una trasformazione radicale della vita quotidiana. E la vita quotidiana stessa potrà essere modificata unicamente da una modificazione profonda di tutta la produzione, edificata sulle basi dell'economia comunista. Noi siamo oggi testimoni di questa rivoluzione nella vita quotidiana ed è per questo che liberazione pratica delle donne è diventata parte integrante della nostra vita.

Note

*) Traduzione rivista ottobre 2017 da Resistenze.org
**) Conferenze all'Università di Sverdlov sulla liberazione della donna -12° Conferenza, Éditions "La Brèche", 1978

1) da ottobre 1917 a marzo 1918


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