www.resistenze.org - osservatorio - italia - politica e società - 22-02-04

LETTERA APERTA AI COMPAGNI IN ITALIA
(inviata a "Liberazione" ed "Il Manifesto")

Con il dolore nell'anima ho visto ieri quello che ha trasmesso Rai Uno  a proposito della "Giornata della memoria delle foibe".

Dunque una  giornata della memoria dei massacri commessi dai partigiani titini e  dell'esodo degli italiani dall'Istria e dalla Dalmazia... Mi hanno  colpito termini come "violenza cieca", che si sarebbe abbattuta sui  cittadini innocenti. Prima di proseguire, per sgombrare ogni equivoco, ci tengo a  sottolineare che tutta la mia vita l'ho passata ad occuparmi della  cultura italiana e che l'unico figlio che ho avuto ora vive a Roma ed  ha finito gli studi in Italia. Quindi per libera scelta l'Italia era ed  è tuttora il paese di tutte le mie anzi nostre aspirazioni. Per questo  è ancor più insopportabile sentire che si è presa la giornata della  firma del trattato di Pace (10 febbraio) nella Conferenza di Parigi del  1947, come giornata della memoria di un ingiustizia e di un lutto  subiti, invece di onorarla come la giornata della sepoltura definitiva  del fascismo.

I fatti storici però restano quelli che sono anche se gli uomini li  interpretano come vogliono. Sarebbe assurdo contestare che l'esodo  massiccio degli italiani dall'Istria e da Zara non fu una tragedia; ma  tragedia immane fu senz'altro il fascismo ed il nazismo ed i popoli  dell'Europa intera hanno per questo errore storico pagato un altissimo  prezzo.

Ora, dinanzi ad una Europa unita che nasce nei dolori e nelle  difficoltà, ma nasce come ogni vita nuova, ogni vita giovane, con le  migliori aspettative e con i migliori auspici di una futura esistenza  felice, invece di ricordare gli errori e gli orrori del passato  ribaltando i fatti storici, non sarebbe forse più intelligente e più  onesto pensare che nella futura Europa non dovrebbero esistere tali  differenze e tali trattamenti disumani, responsabili della fuga di  popolazioni intere - centinaia e migliaia di uomini, donne, bambini,  vecchi, colpevoli di nulla, da un luogo ad un altro, da un paese ad  altro, facendoli in definitiva profughi ed esuli anche di se stessi?

Ora per conseguire un tale scopo non credo che la miglior via sia  quella di onorare errori storici quali il fascismo ed il nazismo,  infangando la lotta per la liberazione e la nozione stessa di  antifascismo. Quanto riguarda le politiche titine e titoiste niente le  riscatta e niente le umilia di più dello spettacolo orripilante del  sanguinoso squartamento del paese a cui si e' assistito lo scorso  decennio. E non è certo senza importanza che si trattò dell'unico paese  in Europa in cui la guerra partigiana contro il nazifascismo aveva  assunto, in tempi debiti, dimensioni colossali, avendo visto vincitori  coloro che da sempre furono umiliati ed oppressi. Questo fatto storico  nulla lo potrà mai cambiare.

La terra è degli uomini, di tutti gli uomini senza eccezione, e non di  una o dell'altra nazione o etnia o appartenenza politica, o religiosa,  o di questa o quella altra scuola del pensiero. Speriamo dunque che  cosi sarà per l'Europa che si sta creando e nella quale vivranno i  nostri figli e i nostri nipoti. E se non sarà cosi le colpe saranno  nostre e qualcuno le pagherà. Visto che le colpe storiche si pagano  sempre e non di rado le pagano coloro che colpe non ne hanno... E nel  desiderio che il triste esodo degli italiani da Istria e Dalmazia non  si ripeta più in nessun altro modo si dovrebbe dire "tutta la verità e  niente altro che la verità" a quel proposito.

Durante la guerra partigiana un giovane scrisse: "Chi sa se la libertà  sarà capace di cantare come gli incatenati l'avevano cantata?" Ora, l'esodo di trecentocinquantamila italiani dall'Istria e dalla  Dalmazia non fu certo un momento di libertà. Però, non è certo più  rispettoso della libertà omettere che un numero pari - e documentabile  dagli archivi della guerra partigiana jugoslava - di italiani era stato  aiutato e salvato dai partigiani titini dopo il disastro dell' 8  settembre. Costoro furono aiutati ed ebbero salva la vita grazie ai  selvaggi, e malvagi, partigiani titini, dopo che il comando delle forze  armate italiane aveva lasciato i suoi ragazzi esposti alla mercè e –  questa volta si – spesso anche alla cieca violenza delle truppe naziste.

I massacri nelle isole greche, e dappertutto ove i partigiani locali  non erano riusciti ad aiutare i soldati italiani, sono fatti noti e non  ha senso ripeterli.

Oggi ben pochi sono ancora in vita tra coloro che furono aiutati e  salvati dai partigiani jugoslavi o che hanno combattuto accanto a loro.  Pretendere da questi che alzino la voce nel baccano scatenato intorno  alle "foibe" e ai "delitti dei titini" forse sarebbe pretendere troppo.  Non ne avrebbero la forza. Sono ormai troppo anziani e troppo  amareggiati, e i loro figli e nipoti hanno ben altre preoccupazioni.  Però, parlando di chi fu salvato si dovrebbero menzionare anche i  condannati – poche decine di gerarchi fascisti - che furono trascinati  dinanzi ai tribunali e per i quali si considerò che erano stati trovati  con le mani sporche di sangue. Questi ultimi furono condannati dai  tribunali regolari nel territorio liberato e furono giustiziati alla  luce del sole, non buttati nelle foibe con crudeltà immane e vendetta  cieca, senza ragione, senza causa e senza colpa! Le foibe sono il  frutto della violenza della gente del luogo, slava e non, che si era  scatenata contro gli oppressori locali, che in quei posti per venti  anni ne avevano fatte passare di tutti i colori alle genti che vivevano  li. Con storie come queste sulle "foibe" i comandi partigiani e la  giustizia dei vincitori hanno poco o nulla a che spartire.

E' tragico che in guerra e dopo la guerra capitino vendette trasversali  e del tutto illegittime ed ingiustificabili, ma purtroppo accade. Era  accaduto anche in Italia ed a tempo debito tutti abbiamo letto e visto  film come "La ragazza di Bube" e simili. Questo non ha però niente a  che vedere e a che spartire con la legalità e le leggi. Servirebbe  ricordare piuttosto che fu in base alle leggi marziali che fu istruito  il famoso processo agli antifascisti, a Zara nel 1942: processo in cui  furono giustiziati decine di compagni ed anche il segretario del  Partito comunista croato, Rade Koncar. Condannati alla pena capitale  furono diverse decine di antifascisti, fra cui anche una ragazzina di  quattordici anni (poi graziata, vive ancora a Spalato). Ma furono  uccisi in venti, tutti ragazzi giovani. In quel processo furono  coinvolti anche molti minorenni, i quali furono graziati e si videro  commutata la pena all'ergastolo, poiche' avevano buttato una bomba  contro la banda militare italiana, che marciava a suon di musica...  Furono fatti atroci, eccidi dall'una e dall'altra parte.

Ma le guerre per fortuna passano. Quel che rimane è la storia e non  serve farle violenza. Non ci sono fasi giuste e fasi sbagliate della  storia. Ci sono atti e fatti sbagliati, brutti ed indecenti, commessi  dagli uomini. I misfatti sono frutto delle azioni umane, mica cadono  dal cielo. Ora, rappresentare i combattenti per la giustizia e per la  libertà come malfattori e assassini vili mi sembra un fatto di per se  indecente e scabroso, un fatto che non promette bene per il futuro.

La  posizione dei diessini in questi revisionismi fuori tempo massimo, che  riguardano l'eredità della storia dei titini, ritengo sia altrettanto  sbagliata, come fu sbagliata la posizione del PCI nel 1948 e anche  dopo, quando successero i fatti d'Ungheria. Ma nel 1948 furono dei  compagni in Italia ad alzare la voce in difesa dei titini: e la  pagarono cara.

Oggi pare che neanche la corrente girotondista di DS osi replicare e  difendere i partigiani slavi. E ai vecchi titini, ormai imbiancati  dagli anni e dai colpi subiti, non resta che dire: "Et tu mi fili,  Brute!" come esclamò Cesare quando fu pugnalato dal nipote Bruto. Dopo  tante ingiustizie e violenze che sono state fatte e dette contro un  paese, che non esiste più, forse sarebbe opportuno ricordare che gli  italiani dall'Istria se ne sono andati di propria spontanea volontà.  Hanno "optato" per l'Italia, cioè hanno preferito andarsene in Italia,  visto che non avevano la minima intenzione di rimanere a vivere in un  paese balcanico e comunista - e non perche' li avrebbero buttati nelle  foibe, torturati o squartati.

Essere nati nei primi decenni del secolo scorso in Istria e Dalmazia ed  essere italiani non fu certo una fortuna, certe volte fu una tragedia,  ma è altrettanto tragico oggi essere nati in Jugoslavia e non aver un  paese dove morire.  Per chiudere voglio citare Giorgio Bocca che scrive: "Cadute le coperture ideologiche è venuto fuori in alcuni giovani  tribuni del popolo... un carrierismo pronto a calpestare i rapporti  civili, a colpire con ogni mezzo i compagni di ieri, con il rancore dei  preti spretati. Nei peggiori è tornato elogio alla ribalderia, intrisa  di disperazione, la voglia di infierire per mettere a tacere il  rimorso."

Ora, credo che in questa campagna si sia andato oltre, che si sia  giunti allo scontro all'arma bianca. Le vittime sono state trasformate  in carnefici e i veri carnefici in vittime ed eroi, il cui eroismo  dimenticato bisognerebbe riscattare... Non capita per la prima volta  nella storia. Gorki scrisse a proposito del movimento dei "populisti"  russi dell'ottocento: "E gli eroi furono trasformati in colpevoli,  visto che dopo aver suscitato enormi speranze non furono in grado di  esaudirle."

Però, che i carnefici diventino eroi mi pare davvero esagerato ed  oltraggioso. A questa bufala, tanto grossa quanto vergognosa, rispondo  di nuovo con le parole di Bocca:
"La storiografia moderna si è cosi riempita di pidocchi revisionisti  che pretendono di cambiare gli accaduti, le memoria, la toponomastica,  i libri di testo... Un momento... stiamo ai fatti... Quella non fu una  divisione da poco... Quelli... che combattevano [dopo l'8 settembre] al  fianco dei nazisti, volevano che i nazisti vincessero la guerra...  Volevano la fine delle libertà. Furono invece i partiti della  Resistenza a recuperare le libertà, anche i comunisti che le sancirono  con la Costituzione. "I morti" diceva Pavese "sono tutti eguali, partigiani e  repubblichini"... tutti travolti dal fatto. Ma non erano uguali le loro  storie, le loro idee. La pietà è una cosa che fa parte del sentimento  umano solidale, ma la pietà per le idee non ha senso, non si può avere  pietà per le idee barbare, assassine, non si può revisionare l'orrore,  si può al massimo dimenticarlo."

E visto che non si vuole dimenticarlo, ma se ne vuole tener alta la  memoria, sarebbe doveroso ricordare che a scatenare l'orrore e la  guerra non furono antifascisti, comunisti, partigiani titini ne' slavi  (gente indecente e notoriamente assetata di sangue per la loro indole  selvaggia e balcanica), ma piuttosto coloro che si misero al fianco dei  nazisti in un progetto demenziale che fu sconfitto a prezzo di immani  sacrifici ed anche di vite umane. E questa sconfitta fu sigillata con  il Trattato di pace firmato a Parigi.

Da non dimenticare. 

Jasna Tkalec, 10 febbraio 2004, Zagabria