www.resistenze.org - osservatorio - italia - politica e società - 25-04-09 - n. 271

25 Aprile a Milano tra storia e tornaconti e visibilità inopportune
 
di Tiziano Tussi
 
“Ho un grande rispetto per gli storici. [] Quel che non perdono è che i fatti vengano distorti in base alla propria o all’altrui convenienza. Non si scherza con le cose serie, e io non conosco nulla di più serio della storia del genere umano” (José Saramago).
 
Si può usare l’invito di Saramago per la solita, annuale querelle sul 25 aprile. Ogni anno siamo sempre daccapo. Quando si avvicina la data più importante della nostra storia recente, si sguinzagliano le varie parti politiche che vogliono usare di quella data l’impatto fortissimo a livello sociale, politico, di illusorio collettivo, di taumaturgico rituale. Ma non sarebbe il caso almeno di chiarire, e si spera una volta per tutte, due questioni. La prima: si festeggia il 25 aprile, data di un avvenimento simbolo della fine della guerra per l’Italia, nella quale vi fu una parte perdente ed una vincente, così come in tutte le guerre. Alla fine qualcuno misura la sconfitta e qualcun altro detta le sue ragioni.
 
La Resistenza ha vinto, i fascisti hanno perso. Finalmente. Certo, poi c’è stata il ruolo degli eserciti alleati, il ricostituito esercito italiano. Di contro la presenza dell’esercito tedesco e dei nazisti in arme. Per noi in ogni caso, per gli italiani, i partigiani hanno vinto ed i fascisti hanno subito la sconfitta che si meritavano da troppo tempo. Ora, se la memoria deve ricordare ciò che è stato, deve essere condivisa, e ciò è bene che sia, deve essere almeno condivisa tale semplice verità. Quindi se anche chi si considera vicino e/o continuatore del regime fascista di allora vuole festeggiare una sconfitta, si accomodi. Tutti gli altri debbono festeggiare una vittoria.
 
C’è però un piccolo ed insignificante particolare, che qualcuno, ad esempio il solito Larussa Ignazio, non confesserebbe neppure a se stesso. Nel campo dei vincitori preponderanti, militarmente e politicamente, furono i comunisti. Impossibile nasconderlo anche con tutti gli sforzi che storici improvvisati si inventano. E che una guerra non termini subito alla fine ufficiale del conflitto armato è un altro dei realissimi scenari che ad ogni guerra, ogni guerra ripeto, accade. Quindi sarebbe il caso di smetterla di usare politicamente, per miseri interessi di bottega, un accadimento chiaro nella sua macroscopica fattualità.
 
La seconda questione: il presidente del consiglio dei ministri, qualsiasi esso sia, non dovrebbe fare apparire come un dono, od una furbata politica, un suo dovere istituzionale e cioè essere conseguente al suo impegno istituzionale, che giurò un dì sulla Costituzione, prodotto di quella Resistenza. La dodicesima disposizione transitoria e finale dice testualmente: “E’vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista.” Anche Berlusconi giurando su questa Costituzione ha giurato anche su questa disposizione. Ben chiara. E’ il fascismo fuori legge non il comunismo e non poteva che essere così. Ma ora, continuamente blaterando, cercando di equiparare il fascismo al comunismo va decisamente contro la Costituzione sulla quale illo tempore giurò. Quindi nulla di sorprendente se lo stesso ha deciso di rispettare il 25 aprile. Suo dovere e nulla di strano.
 
Detto questo è accaduta ancora una volta la solita fenomenologia politica: la giornata di sabato, manifestazione centrale a Milano, grande imbuto di problemi e contrasti politici che mulinano in piazza, lungo il corteo, sul palco. Alla fine non è successo nulla di grave. Ancora una volta i partecipanti alla manifestazione, al di là di insofferenze comprensibili verso chi tenta di usare smaccatamente il percorso e la piazza per tornaconti e visibilità inopportune, che nulla o poco hanno a che fare con il fatto che abbiamo cercato di recuperare, di tracciare velocissimamente, sono stati in grado di controllare i propri e gli altrui impeti. Manifestazioni sopportabili di dialettica politica. Tutti gli sforzi dell’ANPI per organizzare questa giornata si sono trasformati, un’altra volta, come spesso è accaduto, in una riaffermazione di valori moderni e democratici che una parte del paese non tralascia, che ricorda bene, che vuole portare nel proprio futuro. Una data che rese liberi i giovani ed i meno giovani di allora, così come quelli di oggi. Tutti quanti. Nessuno escluso.
Anche chi non lo suppone minimamente.
 
Tiziano Tussi
Comitato nazionale ANPI
Vice presidente ANPI provinciale di Milano