Il grande assente dal racconto dell'Italia al 2015 sono gli investimenti, pubblici e privati". L'ha conclusa così Massimiliano Valeri, direttore del Censis, la presentazione del 49° Rapporto sulla situazione sociale del Paese oggi a Roma. Ancora poca la fiducia degli italiani nella ripresa, e infatti pochi sono gli investimenti e le nuove avventure imprenditoriali, e non basta la narrazione in atto sostenuta da Governo e politica a convincerci che siamo fuori dalla crisi. Anche perché sul versante lavoro le cose non vanno davvero bene. Con il Jobs Act c'è stato un rimbalzo occupazionale, 240mila posti di lavoro in più ma per tornare al pre-crisi ne mancano ancora tanti, 551mila, e soprattutto non ne hanno beneficiato egualmente tutti ma solo settori specifici. Appena 9mila posti in più per i giovani, mentre la fascia over 55 dal 2008 è passata da 2,5 milioni ai 3,5 milioni attuali, e continua a crescere. Uno squilibrio che il Paese, in termini di fiducia e crescita, paga caro. E poi i Neet, i ragazzi che non studiano e non cercano lavoro, che nel 2014 superano i 2,4 milioni. Così, anche per il Censis, l'effetto vero del Jobs Act e dei suoi incentivi è stata la trasformazione dei contratti non la creazione di nuovo lavoro.
Dal lavoro al welfare dove i risultati non sono però più confortanti
Lo Stato si ritira, taglia risorse e fondi a sanità e assistenza, e chi può si rivolge al privato. Chi non può rimanda, fa debiti, rinuncia a curarsi. La spesa sanitaria privata delle famiglie italiane è aumentata del 10,4% tra il 2007 e il 2014. Mentre quella pubblica che tra il 2007 e il 2011 era cresciuta del 10,7%, tra il 2010 e il 2014 è scesa del 2,2%. Il 41,7% delle famiglie ha dovuto rinviare una prestazione sanitaria per ragioni economiche ma la percentuale sale fino a diventare il 2/3 di quelle con i redditi più bassi. Mentre sono addirittura 7,7 milioni le persone che si sono indebitate per pagarsi le cure mediche.
La nota positiva sta nella celebre creatività degli italiani. Le imprese riescono, hanno successo quando si sommano vecchi e nuovi saperi, quando il digitale si fonda con il tradizionale. Come nel mix tra nuove tecnologie, gastronomia e turismo che schiaccia un po' l'occhio anche ai nuovi sistemi di ospitalità meno formali e costosi, come i Bed and Breakfast che sempre più famiglie avviano magari per dare ai propri figli quell'occupazione che non si trova nel mercato del lavoro.
In sintesi però sono le diseguaglianze in crescita e la crescente sofferenza di quello che una volta era il ceto medio e delle famiglie più disagiate a ad emergere ancora una volta dall'analisi della condizione sociale del Paese. Lo Stato arretra, non si fanno investimenti, il Paese stenta a ripartire e il lavoro manca. Siamo immersi in una sorta di "limbo italico"- ha commentato con un po' di amarezza il presidente del Censis Giuseppe De Rita affidandosi a una citazione di Filippo Turati -, fatto di "mezze tinte, mezze classi, mezzi partiti, mezze idee e mezze persone".
Rapporto Censis: Il paese delle disuguaglianze
04/12/2015
Un paese in cui la forbice tra i più abbienti e i più bisognosi continua ad allargarsi e in cui i livelli pre-crisi restano ancora lontani. E' quanto emerge dal 49esimo Rapporto del Censis sulla situazione sociale del Paese, che fotografa un 2015 per l'Italia in cui c'è stato un "rimbalzo occupazionale selettivo", consumi che ripartono ma non per tutti. E milioni di persone che restano non autosufficienti.
Dopo la "lunga crisi" dell'economia, nel 2015 il mercato del lavoro ha infatti visto rimbalzare l'occupazione di 204.000 unità. "Siamo ancora lontani dal recuperare la situazione pre-crisi - dice il Censis - dato che nel terzo trimestre dell'anno, rispetto allo stesso periodo del 2008, mancano all'appello 551.000 posti di lavoro. La disoccupazione si riduce all'11,9%: una cifra molto lontana però dal 6,7% del 2008". Per quanto riguarda i giovani (15-24 anni), però, si registra un crollo dell'occupazione, proseguito anche nel 2015, con un recupero ora di appena 9.000 unità rispetto al primo trimestre. Il loro tasso di disoccupazione è praticamente raddoppiato in sei anni, con un picco del 42,7% nel 2014 e poi un calo di 1,4 punti tra il primo e il terzo trimestre di quest'anno.Si consolida poi la presenza nel mercato del lavoro della componente straniera, che ha superato i 2,3 milioni di occupati, con un incremento di 604.000 unità tra il 2008 e il 2014 e di 77.000 nella prima metà dell'anno.
Eppure permangono criticità che rischiano di cronicizzarsi: i giovani che non studiano e non lavorano (i Neet) sono 2,2 milioni, la sottoccupazione riguarda 783.000 addetti, il part time involontario 2,7 milioni di occupati e la cassa integrazione ha superato nel 2014 la soglia del miliardo di ore concesse, corrispondenti a circa 250.000 occupati equivalenti. E poi ci sono i workaholic loro malgrado: negli ultimi dodici mesi 11,3 milioni di italiani hanno lavorato regolarmente o di tanto in tanto durante il weekend, 10,3 milioni oltre l'orario formale senza il pagamento degli straordinari, 7,3 milioni a distanza (da casa o in viaggio), 4,1 milioni hanno lavorato di notte, 4 milioni hanno fatto piccoli lavoretti saltuari.
Enormi disuguaglianze, quindi, che riallargano la forbice sociale nel nostro paese. Per la prima volta dall'inizio della crisi, infatti, secondo il Censis, la quota di famiglie italiane che nell'ultimo anno hanno aumentato la propria capacità di spesa è superiore a quella delle famiglie che l'hanno invece ridotta (il 25,6% contro il 21,3%). Continua però a crescere, sfiorando ormai il 20% del totale, il numero di famiglie che non riescono a coprire tutte le spese con il proprio reddito: circa 5 milioni di famiglie hanno difficoltà a far tornare i conti e tra quelle di livello socio-economico basso la percentuale sale al 37,3%.
Secondo il Censis, infine, sono 3.167.000 (il 5,5% della popolazione) i non autosufficienti in Italia. Tra questi, le persone con non autosufficienza grave, in stato di confinamento, cioè costretti in via permanente a letto, su una sedia o nella propria abitazione per impedimenti fisici o psichici, sono 1.436.000. Lo si che segnala come il modello tipicamente italiano di long term care fatto di centralità della famiglia oggi scricchiola, mostrando crepe che rendono urgente la messa in campo di soluzioni alternative. Infatti, il 50,2% delle famiglie con una persona non autosufficiente (contro il 38,7% del totale delle famiglie) ha a disposizione risorse familiare scarse o insufficienti. Per fronteggiare il costo privato dell' assistenza ai non autosufficienti 910.000 famiglie italiane si sono dovute "tassare" e 561.000 famiglie hanno utilizzato tutti i propri risparmi e/o dovuto vendere la casa e/o dovuto indebitarsi. Un altro sintomo di un sistema che funziona per alcuni, ma non per tutti.
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