www.resistenze.org - osservatorio - italia - politica e società - 14-03-21 - n. 782

Piacenza: la guerra dello Stato contro chi difende il proprio lavoro

Senza Tregua | senzatregua.it

10/03/2021

All'alba di oggi, 21 lavoratori della TNT di Piacenza hanno subito perquisizioni in casa e sono stati condotti in Questura. La loro colpa è di aver resistito per 13 giorni in sciopero, nonostante le pressioni e le cariche delle forze dell'ordine. 13 giorni di lotta che si sono tradotti in una vittoria degli scioperanti con conseguente ritiro dei 300 licenziamenti previsti. In totale, 21 sono gli indagati, 5 sono sottoposti a divieto di dimora, diversi hanno ricevuto provvedimenti di revoca dei permessi di soggiorno e due coordinatori locali del Si Cobas sono agli arresti domiciliari.

Nello specifico, i reati contestati sono «resistenza aggravata a pubblico ufficiale», «lesione personale aggravata» e «violenza privata», da ricondursi ai fatti della sera tra l'1 e il 2 febbraio, quando le forze dell'ordine provarono a rompere il picchetto dei lavoratori in sciopero. Una grande azione di solidarietà da parte dei lavoratori degli stabilimenti vicini e degli abitanti del territorio consentì allo sciopero di resistere pur con un  bilancio finale di decine di lavoratori portati in ospedale per le ferite, a rappresentare tutta la violenza utilizzata dalla polizia.

La repressione giudiziaria che subiscono oggi i lavoratori e i sindacalisti della TNT di Piacenza non rappresenta una novità. Negli ultimi anni la repressione statale contro chi lotta per i propri diritti è stata all'ordine del giorno. Non è un caso che lo Stato abbia cercato di spezzare la resistenza operaia. TNT-FedEx, colosso del settore logistico, già da tempo ha annunciato un piano di 6.000 esuberi in Europa. I primi a essere colpiti furono i 672 di Liegi, in Belgio. In Italia, la lotta dei lavoratori dell'azienda va avanti da tempo. A maggio 2020 i 66 licenziamenti annunciati nello stabilimento di Peschiera Borromeo (MI) avevano portato a uno stato di agitazione diffuso anche fuori dai confini della Lombardia. Nello sciopero dello scorso 29 gennaio, i lavoratori TNT erano stati in prima fila nella giornata di lotta.

È questo il contesto in cui si inseriscono i fatti di questa mattina. Lo Stato, dopo non esser riuscito a piegare lo sciopero, utilizza la repressione giudiziaria per colpire gli elementi più coscienti e combattivi dello stabilimento piacentino. Si tratta di una vera e propria azione antioperaia e antisindacale, volta a tutelare gli interessi dei padroni che vogliono massimizzare i propri profitti durante un contesto di pandemia globale, tramite azioni di ristrutturazione economica e produttiva (come il piano di esuberi di TNT-FedEx). Un fatto che avviene a pochi giorni dalle lotte - nelle piazze e nei luoghi di lavoro - dell'8 marzo, in occasione dello sciopero convocato per la Giornata Internazionale della Donna. Uno sciopero, quello appena citato, attaccato dal Garante Scioperi, che lo aveva revocato per il settore scuola, facendo appello al principio di "rarefazione oggettiva" introdotto con la firma di CGIL-CISL-UIL negli anni Novanta. Il tutto accade mentre si avvicina la fine del blocco dei licenziamenti, che Confindustria invoca da mesi.

La guerra dello Stato contro chi lavora continua.


Prato: violenza inaudita della polizia contro gli operai Texprint

Giorgio Pica | senzatregua.it

12/03/2021

Il 10 marzo, quasi in contemporanea con l'azione repressiva contro gli operai della TNT di Piacenza e i responsabili locali del Si Cobas, la polizia è nuovamente intervenuta contro gli operai della Texprint, la stamperia tessile a conduzione cinese nel Macrolotto industriale di Prato. Gli operai sono in sciopero dal 18 gennaio e dall'11 febbraio in presidio permanente giorno e notte davanti la fabbrica contro la condizione di assoluto sfruttamento a cui sono costretti, con turni massacranti da 12 ore al giorno per 7 giorni la settimana, la negazione di tutti i diritti fondamentali e l'assenza totale di sicurezza con continui incidenti. Gli operai denunciano l'utilizzo arbitrario e illegittimo dei contratti di apprendistato - che permettono all'azienda di pagare meno e mantenere i lavoratori in una condizione di precarietà - e chiedono contratti a tempo indeterminato e il rispetto dei contratti collettivi nazionali, con turni da 8 ore al giorno per 5 giorni la settimana, il riconoscimento di due giorni di riposo e la possibilità di avere le ferie.

Le immagini dell'intervento del 10 marzo della polizia in assetto antisommossa testimoniano invece un uso inaudito della violenza contro gli operai per sgomberare il presidio e far passare le merci in uscita dalla fabbrica con un triste bilancio di numerosi feriti, due operai portati in ospedale con l'ambulanza ed un altro operaio che ha perso coscienza in seguito ad un pugno al volto ricevuto da un poliziotto. Non è la prima volta che la Questura di Prato prova a sgomberare il picchetto: già pochi giorni fa un intervento di polizia e carabinieri aveva portato all'arresto di due lavoratori dando luogo nei giorni successivi a numerose manifestazioni di solidarietà. Inoltre un appello a sostegno della lotta degli operai ha ricevuto il sostegno da nomi come Alessandro Barbero, Zerocalcare, Moni Ovadia e molti altri.

La cosa più preoccupante è che questo atto vergognoso di repressione avviene a 24 ore di distanza dal tavolo con l'Unità di Crisi della Regione e nello stesso giorno in cui la Prefettura di Prato ha emesso una interdittiva antimafia nei confronti proprio della Texprint, provvedimento amministrativo che impedisce alle pubbliche amministrazioni di dare in appalto o commissionare lavori, oltre che erogare soldi pubblici alle aziende colpite da tale interdittiva. Proprio la Texprint era stata una delle aziende che ad inizio pandemia aveva ricevuto centinaia di migliaia di euro pubblici per riconvertire la propria produzione in quella di mascherine. L'interdittiva antimafia è arrivata dopo la denuncia dei Si Cobas di Prato, come si legge dal loro comunicato di ieri: "Da quasi 60 giorni denunciamo l'intreccio tra Texprint e clan della 'ndrangheta, e la figura di Zhang Yu Sang (detto Valerio), arrestato in luglio dalla FDA di Milano insieme a membri del clan Greco con l'accusa di associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale aggravata dal metodo mafioso e dalla disponibilità di armi, autoriciclaggio, intestazione fittizia di beni e bancarotta".

Il comunicato continua nel denunciare la situazione di sfruttamento presente in tutta il settore tessile del pratese: "La vertenza TEXPRINT ha scoperchiato un vaso di Pandora. Il distretto tessile pratese è territorio di illegalità e sfruttamento da almeno due decenni. I lavoratori che denunciano si ritrovano trattati come pericolosi criminali". Negli anni passati infatti sono state molte le lotte supportate dal Si Cobas contro lo sfruttamento di manodopera immigrata che avviene nelle numerose aziende della zona come la tintoria Fada, la tintoria Superlativa, DS, la stamperia Rosso, il Panificio Toscano e molte altre.

"Oggi si è scritta una pagina buia sui diritti e nella dignità del lavoro sul nostro territorio - conclude il comunicato - Lo sciopero continua insieme al presidio permanente ai cancelli. In questi giorni invece inizieranno le iniziative sindacali di protesta ai negozi dei marchi della moda che in questi anni si sono servite della Texprint come terzista. Anche loro, che hanno goduto di tariffe "competitive" garantite dallo sfruttamento, sono responsabili di questa realtà. La campagna di denuncia inizierà dai punti vendita del marchio DIXIE".

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