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 da: www.comedonchisciotte.org - 30/12/2005

 

Come i nostri governi usano il terrorismo per controllarci


Le approfondite recensioni di Tim Howells su due libri:


Nafeez Mosaddeq Ahmed, Guerra alla verità. Tutte le menzogne dei governi occidentali e della Commissione “Indipendente” USA sull’11 settembre e su Al Qaeda, Fazi Editore, 2005, Roma

Daniele Ganser, Gli eserciti segreti della Nato. Operazione Gladio e terrorismo in Europa Occidentale, Fazi Editore, 2005, Roma

 

La sponsorizzazione del terrorismo da parte dei governi occidentali, terrorismo che ha come bersaglio la popolazione di questi stessi governi, è sempre stato un argomento scottante. Sebbene alcuni grossi scandali abbiano avuto una seppur superficiale attenzione da parte dei media, l’argomento è stato poi rapidamente fatto sparire senza ulteriori discussioni o investigazioni. Quindi quest’anno l’apparire di due grossi studi su questo tema è un bel passo avanti e costituisce una lettura obbligata per chiunque cerchi di capire gli eventi dell’11 settembre 2001 e il mondo dopo l’11 settembre.

Questi due studi sono complementari. Gli eserciti segreti della Nato. Operazione Gladio e terrorismo in Europa Occidentale di Daniele Ganser riguarda il terrorismo supportato dai servizi segreti statunitensi e britannici nell’Europa Occidentale e in Turchia tra la fine della II Guerra Mondiale e il 1985. Guerra alla verità. Tutte le menzogne dei governi occidentali e della Commissione “Indipendente” USA sull’11 settembre e su Al Qaeda di Nafeez Mosaddeq Ahmed è la cronaca dell’attenzione e del supporto agli estremisti islamici dato dai servizi segreti degli Stati Uniti, Gran Bretagna e Russia dal 1979 ad oggi. Entrambi gli studi sono modelli di erudizione, meticolosamente documentati e con un filo logico attentamente preparato, ma il quadro del mondo che ne esce risulta inverosimile anche agli occhi dei più sfrenati maniaci delle cospirazioni.

Creare il terrorismo “comunista” per alimentare la Guerra Fredda.

Gli eserciti segreti della Nato descrive come, dopo la fine della II Guerra Mondiale, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, temendo un’invasione sovietica dell’Europa, stabilirono unità paramilitari dormienti in tutta l’Europa Occidentale e in Turchia. Se la temuta invasione sovietica si fosse verificata, queste unità avrebbero messo in moto dei gruppi di resistenza armata equipaggiati e addestrati, con un solido sistema di comunicazione tra loro stesse e con la Gran Bretagna e gli Stati Uniti. In alcuni paesi, ad esempio la Norvegia e la Svezia, queste unità dormienti rimasero fedeli al loro scopo originario, rimanendo inattive fino al loro smantellamento alla fine della Guerra Fredda. In altri paesi, tuttavia, le unità paramilitari vennero attivate dai loro burattinai negli Stati Uniti come parte di una “Strategia della Tensione” finalizzata a convincere in Italia, Belgio, Grecia, Turchia e altri stati, quella parte di popolazione orientata politicamente a sinistra che le loro vite erano messe a rischio dal terrorismo comunista. Le armi e gli ordigni che originariamente erano state preparate per essere usate contro i sovietici vennero invece usate contro i propri compatrioti, con lo scopo di gettare poi la colpa dell’ondata di attacchi terroristici sui comunisti.

In Italia l’operazione dormiente venne ribattezzata Gladio (parola latina per “Spada”). La bomba di Piazza Fontana, che causò la morte di 16 persone e il ferimento di altre 80 poco prima del Natale del 1969, fu l’inizio di una serie di attacchi terroristici che i membri attivi di Gladio effettuarono per tutti gli anni ’70. La peggiore esplosione si ebbe alla stazione di Bologna nel 1980, perirono 85 persone e ne rimasero ferite 200.

Un altro attacco di Gladio a Brescia nel 1974 uccise otto persone e ne ferì 102. Nello stesso anno un treno venne fatto oggetto di un altro attacco a Roma, morirono 12 persone e 48 furono i feriti. Il caso che però portò alla scoperta dei piani di Gladio da parte degli inquirenti italiani fu una bomba posta nel 1972 che uccise tre poliziotti.

Le operazioni di Gladio in Italia sono relativamente note e conosciute grazie alle diverse investigazioni giudiziarie che hanno avuto una copertura sulla stampa europea e sono anche stati argomento di qualche libro. Un valore aggiunto del libro di Ganser è di raggruppare tutto questo materiale in un’opera concisa e ben organizzata. Inoltre Genser estende i suoi studi oltre l’Italia per esaminare gli effetti delle operazioni dormienti in tutta l’Europa Occidentale e la Turchia.

Sono rimasto piuttosto sorpreso dall’apprendere che le operazioni dormienti più estese e distruttive furono quelle svolte in Turchia sotto il nome in codice di Contro-Guerrilla. Tra i diversi crimini perpetrati ci sono svariati attacchi bomba, assassini e uccisioni causali eseguiti da agenti di Contro-Guerrilla controllati dalla CIA alla fine degli anni ’70, utilizzati come pretesto per un colpo di stato militare nel 1980 che portò all’insediamento di un governo filo-americano e filo-israeliano. Mi ha lasciato stupito anche vedere come gli agenti dormienti si siano macchiati di orrendi attacchi terroristici in Belgio proprio alla fine della Guerra Fredda, nel 1985, sebbene questi siano ancora poco convincentemente rinnegati dalle fonti ufficiali.

Un limite dello studio di Ganser, che egli stesso frequentemente lamenta, è la non disponibilità di documentazione ufficiale perché tutto il materiale relativo alle operazioni dormienti rimane top secret. Tutte le richieste del Freedom of Information Act sono state sinora rifiutate dalle autorità statunitensi. Si potrebbe perlomeno pensare che, dopo la fine della Guerra Fredda, si sia rinunciato a queste strategie atroci e che i governi implicati abbiano fatto ogni sforzo per ripulirsi e assicurarsi che fatti simili non si ripetano. Sfortunatamente, come spiega Guerra alla verità di Nafeez Ahmed, la Strategia della Tensione si è rivelata uno strumento così utile sia in politica interna sia estera che, lontana dall’essere abbandonato, queste operazioni sono diventate un luogo comune e sempre più accettate.

Creare il terrorismo “islamico” per il dopo Guerra Fredda

Lo studio di Ahmed si concentra sugli attacchi dell’11 settembre 2001, ma la storia inizia in Afghanistan prima dell’invasione sovietica del 1979. Zbigniew Brzezinski, al tempo consulente sulla sicurezza nazionale sotto la presidenza di Jimmy Carter, ha descritto in un’intervista come, anche prima dell’invasione, gli Stati Uniti avessero già iniziato a versare fondi verso i Mujahedeen e infiammare gli animi dell’Islam più militante nella regione. L’obiettivo era di destabilizzare la regione e costringere di conseguenza i sovietici a invadere, attirandoli in questo modo in un pantano simile a quello che si rivelò il Vietnam per gli USA.
Secondo Brzezinski, “non abbiamo spinto i russi ad invadere, ma abbiamo coscientemente aumentato la possibilità che lo facessero. Questa operazione segreta fu un’idea eccellente. L’obiettivo era di attirare i russi nella trappola afgana.”

Dopo l’ingloriosa ritirata sovietica dall’Afghanistan, e ancor di più dopo il crollo dell’Unione Sovietica diversi anni dopo, la politica di infiammare e sfruttare l’estremismo islamico venne accreditata da molti all’interno dell’establishment dell’Agenzia di Sicurezza Nazionale (NSA) per questi sviluppi storici. Ahmed ha raccolto prove incontrovertibili che gli Stati Uniti non hanno abbandonato questa strategia dopo la fine della Guerra Fredda. Infatti ai più alti livelli della politica statunitense si è continuato di nascosto a proteggere, fornire assistenza e guida ai militanti islamici in generale, e ad Al Qaeda in particolare, in diverse aree geopoliticamente molto importanti nel mondo, tra cui l’Asia Centrale, il Nord Africa, i Balcani e le Filippine.

È impossibile rendere giustizia alle densissime 550 pagine del libro di Ahmed in questa sede, ma porterò alcuni esempi che reputo rappresentativi.


Il sergente Ali Mohamed si unisce ad Al Qaeda

Ali Mohamed, un agente dei servizi segreti egiziano, venne licenziato nel 1984 a causa del suo estremismo religioso. Nonostante questo e nonostante il suo nome fosse sulla lista del Dipartimento di Stato che elencava i possibili terroristi, gli venne garantito un visto per entrare negli USA e divenne un cittadino statunitense. Nel 1986 era un sergente dell’esercito USA e istruttore alla prestigiosa Special Warfare School presso Fort Bragg.
Mentre aveva questo ruolo, Mohamed viaggiò in Afghanistan per incontrarsi con Bin laden e assistette all’addestramento di agenti di Al Qaeda sia in Afghanistan sia negli Stati Uniti. I suoi diretti superiori a Fort Bragg sin dall’inizio si allarmarono per queste attività illegali e fecero rapporto ai loro superiori. Quando i loro rapporti non produssero nessun provvedimento, nemmeno un debriefing ufficiale dopo il ritorno di Mohamed dall’Afghanistan, almeno uno dei suoi supervisori, il luogotenente colonnello Robert Anderson, concluse che Mohamed probabilmente faceva parte di un’operazione decisa dai servizi segreti statunitensi, “probabilmente la CIA.”

Le attività di Mohamed in supporto di Al Qaeda attraverso tutti gli anni ’90 furono di grande peso per quell’organizzazione. Nel 1991 egli si occupò della sicurezza per il trasferimento di Bin Laden dall’Arabia Saudita al Sudan. Nel 1993, Mohamed accompagnò il secondo in comando di Bin Laden, Ayman Al Zawahiri, in un viaggio negli Stati Uniti per raccogliere fondi, anche questa volta si occupò di organizzare le misure di sicurezza per il viaggio. I fondi raccolti aiutarono Al Zawahiri in una missione nei Balcani supportata dal Pentagono, di cui parleremo nella prossima sezione.
I membri di Al Qaeda addestrati da Mohamed negli Stati Uniti ne includono molti che vennero successivamente incriminati perché connessi all’attacco terroristico perpetrato ai danni del World Trade Center nel 1993. Durante il processo vennero presentati come prove alcuni manuali di addestramento classificati top secret e normalmente utilizzati dall’esercito americano, manuali che Mohamed aveva fornito agli attentatori.

Mohamed stesso eseguì la sorveglianza per i bombardamenti che Al Qaeda eseguì alle ambasciate statunitensi in Kenya e Tanzania. Al tempo Mohamed era una riserva attiva delle Special Forces ed era un informatore pagato dell’FBI. Mohamed venne alla fine incriminato per il suo coinvolgimento con i bombardamenti alle ambasciate avvenuti nel 1998. Nell’ottobre del 2000 venne incriminato per cinque capi di accusa di cospirazione volta all’assassinio di cittadini degli Stati Uniti. Tuttavia per il tipo di contrattazione della pena fatto da Mohamed la sentenza è stata sospesa e l’attuale luogo in cui si trova Mohamed rimane segreto.

Il Pentagono porta Al Qaeda nei Balcani

Le alte sfere del Dipartimento di Sicurezza statunitense non persero tempo nel cercare di replicare il successo ottenuto in Afghanistan in altre aree geopoliticamente critiche. Il regime fantoccio sovietico instaurato in Afghanistan cadde nel febbraio 1992. Nello stesso anno il Pentagono iniziò ad importare i jihadisti afgani organizzati da Bin Laden in Bosnia per scatenare il caos e alimentare la guerra civile tra musulmani e serbi che avrebbe devastato l’ex Jugoslavia negli anni seguenti. Il secondo in comando di Bin Laden, Ayman Al Zawahiri, prestò servizio come comandante delle forze mujahedeen nei Balcani.

Il ruolo del Pentagono nel trasportare via aerea i terroristi mujahedeen in Bosnia e Kosovo tra il 1992 e il 1995 è stato ben documentato e ampiamente diffuso dai media canadesi ed europei, ma quasi completamente ignorato negli Stati Uniti. Tuttavia i vantaggi geopolitici nello smembrare l’ex nazione sovrana della Jugoslavia in un caleidoscopio di protettorati NATO, sotto stretto controllo degli USA, non sono passati inosservati. Jacob Heilbrunn e Michael Lind hanno scritto nel loro articolo apparso il 2 gennaio 1996 sul New York Times intitolato “Il Terzo Impero Americano”: “Invece di vedere la Bosnia come la frontiera orientale della NATO, dovremmo vedere i Balcani come la frontiera occidentale della sfera di influenza che si sta ampliando rapidamente nel Medio Oriente… le regioni una volta sotto il controllo della Turchia Ottomana mostrano oggi i segnali della trasformazione nel cuore di un terzo impero americano… lo scopo principale dei paesi NATO, nel prevedibile futuro, sarà di essere usati come appoggio per le guerre statunitensi nei Balcani, nel Mediterraneo e nel Golfo Persico.”

La CIA porta Al Qaeda nelle Filippine

Nel 1991, con la guerra in Afghanistan che stava ormai scemando, nelle Filippine venne costituito il gruppo terrorista Abu Sayyaf attorno ad un gruppo di veterani afgani estremisti. Questi condussero la loro prima operazione di rapimento nel 1992 e furono successivamente autori di una serie di attacchi bomba e rapimenti lungo tutti gli anni ’90, azioni altamente destabilizzanti per il governo filippino. Diversi agenti di alto livello di Al Qaeda, incluso Ramzi Yousef e Khalid Shaikh Mohammed, erano coinvolti. I fondi erano forniti da uno dei cognati di Bin Laden, Mohammed Jamal Khalifa, un figura importante nel finanziamento di operazioni di Al Qaeda su scala mondiale.

Ahmed cita diverse fonti autorevoli, incluso l’agente dei servizi segreti filippino Rene Jarque, il Luogotenente Colonnello Ricardo Morales e il senatore Aquilino Q. Pimentel, per mostrare come il gruppo Abu Sayyaf abbia ricevuto assistenza speciale e protezione sia dall’esercito filippino sia da quello statunitense. Pimentel, in un discorso al Senato nel luglio 2000, ha accusato la CIA di aver creato l’organizzazione terroristica con l’aiuto dei loro contatti nell’esercito filippino e nelle comunità dei servizi segreti.

Due incidenti in particolare hanno portato alla luce la connivenza degli Stati Uniti con il regno di terrore di Abu Sayyaf al di là di ogni ragionevole dubbio. Nel dicembre 1994, Khalifa venne arrestato durante un soggiorno a San Francisco per violazioni alle leggi sull’immigrazione. L’FBI era a conoscenza dei suoi legami con il gruppo Abu Sayyaf e Al Qaeda e iniziò quindi a investigare sulle sue attività. Gli avvocati di Khalifa cercarono di portare ad uno stato di stallo l’investigazione e iniziarono i preparativi per un’estradizione in Giordania. Incredibilmente arrivò a Khalifa dell’aiuto dall’alto. Il Segretario di Stato Warren Christopher scrisse personalmente una lettera di tre pagine al Procuratore Generale Janet Reno chiedendo che venisse approvata la richiesta di estradizione. Conformemente a quanto descritto sinora, l’investigazione dell’FBI venne cancellata e Khalifa venne spedito in Giordania secondo sua esplicita richiesta, dove – dopo pochi giorni – era nuovamente un uomo libero.

Il secondo incidente è ancora più straordinario e rivelatore. Michael Meiring, un cittadino americano, arrivò nelle Filippine nel 1992 e subitaneamente instaurò stretti rapporti di lavoro sia con alti ufficiali del governo locale sia con i leader ribelli del gruppo Abu Sayyaf. Nel 2002, nel bel mezzo dell’ondata di attacchi bomba di Abu Sayyaf, Meiring accidentalmente fece esplodere una bomba nella sua camera di albergo a Mindao, causandosi ferite gravi che richiesero un immediato ricovero ospedaliero. Le autorità statunitensi intervennero immediatamente. Agenti dell’FBI e “agenti del National Security Council” lo portarono via dalla sua stanza d’ospedale, per portarlo prima in un ospedale a Manila, dove Meiring venne tenuto in completo isolamento e curato da un dottore fatto intervenire direttamente dall’ambasciata statunitense. Poi Meiring venne rimpatriato in tutta fretta negli Stati Uniti. Come Ali Mohamed, il suo destino e la sua attuale dislocazione nel paese sono del tutto ignoti. Numerosi tentativi per riportarlo nelle Filippine perché venisse processato sono stati bloccati dalle autorità statunitensi.

I motivi del supporto americano al terrorismo nelle Filippine non sono difficili da comprendere. Nel 1991, lo stesso anno in cui Abu Sayyaf venne formato, il senato delle Filippine votò per chiudere tutte le basi militari statunitensi sul loro territorio, un’azione che aveva implicazioni profonde per la posizione militare strategica degli USA nell’Asia del Sud. Nel 2002, a causa degli effetti destabilizzanti delle operazioni di Abu Sayyaf, l’esercito statunitense venne invitato a tornare nel paese per partecipare all’operazione Balikatan (“spalla a spalla”), un’operazione militare congiunta tra Filippine e Stati Uniti con lo scopo di eliminare il terrorismo. Queste operazioni richiesero la non applicazione di alcuni articoli della Costituzione delle Filippine, che proibisce ad eserciti stranieri di operare sul suolo filippino. Una volta ancora Al Qaeda, con l’aiuto dei suoi amici americani, ha agito per portare avanti gli interessi geo-strategici degli Stati Uniti.

Il Grande Progetto

Gli esempi qui sopra non sono delle anomalie isolate. Il cuore del bel libro di Ahmed è dedicato all’esposizione di una serie di prove che consegnano un quadro finale che ha dello straordinario. Come egli afferma nella sua conclusione, “non solo la strategia utilizzata nella nuova ‘Guerra al Terrore’ sembra causare il terrorismo, ma una delle dimensioni che compongono questa strategia è la protezione di personaggi chiave colpevoli di supporto finanziario, logistico e militare al terrorismo internazionale.”

E poi c’è l’11 settembre…

Ma che dire degli attacchi dell’11 settembre rivolti verso se stessi?
Si è forse solo trattato di un ritorno di fiamma? Cioè una conseguenza non voluta avvenuta in casa propria di un’operazione di copertura straniera? Oppure è parte integrante della Strategia della Tensione? Basandosi in parte su un’analisi degli allerta diffusi dai servizi segreti sugli attacchi e sull’assenza di una qualsiasi controffensiva aerea, Ahmed sposa con forza la seconda ipotesi. Egli rivisita le dozzine di specifici dispacci di allerta, domestici e internazionali, risalenti a mesi prima dell’11 settembre, riguardo possibili attacchi terroristici negli Stati Uniti utilizzando aerei di linea. Questi allarmi portarono ad allerta emessi da funzionari dei servizi segreti a ufficiali del Pentagono e ad altri, tra cui lo scrittore Salman Rushdie e il sindaco di San Francisco Willie Brown, in cui si comunicava di cancellare qualsiasi volo di linea nella data dell’11 settembre 2001. Nel frattempo però nessuna azione venne intrapresa per avvisare o proteggere i cittadini statunitensi.

Ahmed sottolinea che le autorità competenti al Pentagono e presso la Federal Aviation Administration hanno descritto in maniera contraddittoria le azioni intraprese in quel giorno, ogni resoconto successivo sembrava un modo per rimediare ai buchi di quello precedente. E, ad oggi, non c’è stato ancora nessun giustificazione accettabile che spieghi perché non si sia riusciti ad intercettare nessuno dei quattro aerei coinvolti nell’attentato. In circostanze normali, l’intercettazione di un aereo dirottato da parte dei caccia militari sarebbe stata la normalissima routine; questo tipo di intercettazioni sono state eseguite perlomeno 56 volte nell’anno precedente l’11 settembre 2001. Ahmed sottolinea ancora che è stato permesso che gli attacchi “potessero essere eseguiti del tutto non ostacolati per più di un’ora e mezza nello spazio aereo più controllato del mondo.” Egli ritiene che l’ipotesi che ciò sia avvenuto per semplice negligenza non possa essere creduto. Invece argomenta che deve esserci stato un deliberato “nulla osta” del sistema di difesa aerea deciso da alti funzionari del servizio di sicurezza nazionale, tra di essi il Vice Presidente e il Segretario della Difesa.

Il futuro della Strategia della Tensione

I libri qui recensiti documentano una continuità storica e di intenti negli ultimi 40 anni da parte degli Stati Uniti e di altri governi nell’incoraggiare e nel manipolare il terrorismo per i propri fini. Le organizzazioni terroristiche sono state usate per destabilizzare governi scomodi in tutto il mondo e per seminare il caos, che sarebbe poi potuto servire come pretesto per un intervento militare.

Ancor più importante, il terrorismo è utilizzato per creare un’atmosfera di crisi entro i propri confini, sotto la cui coltre passano impuniti i crimini e le attività di corruzione dei membri dell’establishment, le libertà civili sono calpestate con leggerezza e su false basi e motivi vengono dichiarate guerre di enorme portata. Sebbene al momento sembri non esserci nessun indizio che porti a pensare che i maestri del terrore a Washington possano riconsiderare le loro tattiche, la pubblicazione quest’anno di questi due libri rivelatori fa nascere la speranza che la Strategia della Tensione, che può solo prosperare nel buio e nella confusione, debba infine essere abbandonata.

Tim Howells      Fonte: www.onlinejournal.com
Link: http://www.onlinejournal.com/artman/publish/article_277.shtml    28.11.05