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da www.rebelion.org/noticia.php?id=145658
Traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare 
  
La sinistra marrone
 
di Eduardo Gudynas * - Alainet
 
03/03/2012
 
E' evidente che le questioni ambientali stanno prestando il fianco a gravi contraddizioni per i governi progressisti o della nuova sinistra. Il deciso appoggio all'attività estrattiva per alimentare la crescita economica, sta aggravando gli impatti ambientali, scatena serie proteste sociali, e perpetua la subordinazione di essere fornitori di materie prime per la globalizzazione. Si rompe il dialogo col movimento verde e si scade in una sinistra sempre meno rossa, giacché sta diventando marrone.
 
Un rapido sguardo ai paesi retti da governi progressisti, mostra che in tutti vi sono conflitti ambientali in corso. È scioccante che questa non sia un'eccezione, bensì la regola in tutto il Sudamerica. In questo momento, ad esempio, sono in corso proteste contro l'attività estrattiva mineraria o petrolifera non solo dall'Argentina al Venezuela, ma perfino in Guyana, Suriname e Paraguay.
 
In Argentina si registrano conflitti della cittadinanza verso il settore minerario per lo meno in 12 province; in Ecuador la protesta locale in zone minerarie continua a crescere; in Bolivia poco tempo fa si è conclusa una marcia indigena in difesa di un parco nazionale e si annuncia già una nuova mobilitazione. In questi stessi paesi, i governi progressisti incoraggiano l'attività estrattiva, sia proteggendo le imprese che lo fanno (statali, miste o private), offrendo agevolazioni d'investimento, sia riducendo le esigenze ambientali. Gli impatti sociali, economici ed ambientali vengono minimizzati. I governi in alcuni casi affrontano la protesta sociale, in altri la criticano acidamente e, secondo un andazzo più recente, la criminalizzano e sono arrivati a reprimerla.
 
La contraddizione tra uno sviluppo basato sull'attività estrattiva ed il benessere sociale ha appena raggiunto il climax in Perù. Qui il governo di Ollanta Humala ha deciso di appoggiare il grande progetto minerario di Conga, in Cajamarca, nonostante la generalizzata resistenza locale e l'evidenza del suo impatto. Ciò ha generato una crisi in seno al Consiglio dei Ministri, l'uscita di molti militanti di sinistra dal governo, ed una frattura nella sua base politica d'appoggio. Il governo si è allontanato dalla sinistra decidendo di assicurare gli investimenti e l'attività estrattiva.
 
Probabilmente il caso più drammatico si sta verificando in Uruguay, dove, in pochi mesi, il governo di José Mujica si sta decisamente facendo in quattro per cambiare la struttura produttiva del paese, per farla diventare di tipo minerario. Si favoriscono le grandi miniere di ferro, nonostante la protesta degli abitanti, il loro impatto ambientale e i dubbi vantaggi economici. Parallelamente, è appena stato approvato un controverso ponte in una rilevante zona ecologica, cedendo alle richieste di investimenti immobiliari, e come non bastasse, ora si minaccia di smembrare il Ministero dell'Ambiente. Il governo Mujica non sta disattendendo promesse d'impegno ambientale, poiché la coalizione di sinistra è un caso atipico il cui programma di governo non ha una sezione dedicata a tali temi, ma mostra in tutta evidenza che è disposto a sacrificare la Natura per assicurare gli investimenti stranieri.
 
Questi sono solo alcuni esempi delle attuali contraddizioni dei governi progressisti. Esse derivano da strategie di sviluppo basate sull'intensa appropriazione di risorse naturali, dove si scommette sugli alti prezzi delle materie prime sui mercati globali. La loro macroeconomia è focalizzata su crescita economica, attrazione d'investimenti e promozione d'esportazioni. Si cerca di fare in modo che lo Stato capti parte di tale ricchezza, per mantenere sé stesso e finanziare programmi di lotta contro la povertà.
 
Stante questo stile di sviluppo, la sinistra al governo non sa molto bene che farsene dei temi ambientali. In alcuni discorsi presidenziali si intercalano riferimenti ecologici, appaiono in capitoli di certi piani di sviluppo, e ci sono persino invocazioni alla Pacha Mama. Ma ad essere sinceri, dobbiamo riconoscere che, in generale, le esigenze ambientali sono percepite come intralci alla crescita economica, sono considerate un freno alla riproduzione dell'apparato statale e all'assistenza economica ai più indigenti. Il progressismo si sente più a suo agio con iniziative come le campagne per abbandonare l'uso della plastica o per sostituire le lampadine, ma rifiuta controlli ambientali su investitori o esportatori.
 
Si arriva ad una gestione statale dell'ambiente indebolita, perché non può mettere le mani sui temi più urticanti. È che molti compagni della vecchia sinistra ora al governo, in fondo continuano a sognare le classiche idee dello sviluppo materiale, e sono convinti che devono essere spremute al massimo le ricchezze ecologiche del continente. I più veterani, specialmente i capi, sentono che l'ambientalismo è un lusso che possono concedersi solo i più ricchi, e per questo motivo non è applicabile in America Latina fintanto che la povertà non sia superata. Forse alcuni di quei leader, Lula o Mujica, sono arrivati molto tardi al governo, poiché questa prospettiva è insostenibile in pieno secolo XXI.
 
Queste contraddizioni significano che tali governi sono diventati neoliberisti? Certo che no, è sbagliato cadere in facili riduzioni, che ce li fanno qualificare di quel modo. Continuano ad essere governi di sinistra, poiché cercano di recuperare il ruolo dello Stato, esprimono un impegno popolare che sperano di soddisfare con politiche pubbliche e generando un certo tipo di giustizia sociale. Ma il problema è che hanno accettato un tipo di capitalismo dai forti impatti ecologici e sociali, in cui sono possibili solo alcuni progressi parziali. Oltre le intenzioni, l'insistenza a ridurre la giustizia sociale nel pagamento di bonus assistenziali mensili, li ha fatti sprofondare ancor più nella dipendenza dall'esportazione di materie prime. È il sogno di un capitalismo benevolo.
 
Sembrerebbe che il progressismo governante possa essere solo di tipo estrattivo, e che questo sia il mezzo privilegiato per sostenere lo Stato stesso ed affrontare la crisi finanziaria internazionale. Si sta perdendo la capacità di nuove trasformazioni, e l'ossessione di conservare il governo li rende timorosi e riluttanti dinanzi alla critica. Alla fin fine questa è una sinistra, ma di nuovo tipo, meno rossa e molto più "progressista", nel senso di essere ossessionata dal progresso economico.
 
Questo tipo di contraddizioni spiega la presa di distanza crescente con gli ambientalisti ed altri movimenti sociali, ma alimenta anche una generale delusione con l'incapacità del progressismo governante di andare al di là del capitalismo benevolo. Molti ricordano che in un passato non lontano, quando diversi di questi personaggi erano all'opposizione, protestavano per la protezione della Natura, monitoravano l'adempimento dei controlli ambientali, scommettevano sul superamento della dipendenza dall'esportazione di materie prime. Quelle vecchie alleanze rosso-verdi, tra la sinistra e l'ambientalismo, si sono perse praticamente in tutti i paesi.
 
Arrivati a questo punto è opportuno ricordare, dal punto di vista ambientale, il distinguo fra i temi "verdi", focalizzati su aree naturali o protezione della biodiversità, e la cosiddetta agenda "marrone", che deve affrontare i residui solidi, gli scarichi industriali o le emissioni di gas. Lo sguardo verde punta alla Natura, mentre il marrone deve affrontare l'impatto dello sviluppo convenzionale.
 
In questo contesto, il progressismo governante in Sudamerica si sta allontanando dalla sinistra rossa e si sta facendo ossessionare sempre più dal progresso, diventando una "sinistra marrone." La "sinistra marrone" è quella che difende l'attività estrattiva o celebra la monocoltura. Di fronte a questa deriva, il dovere immediato non è rinunciare, bensì portare avanti le trasformazioni, affinché la sinistra sia tanta rossa quanto verde.
 
* Eduardo Gudynas è ricercatore presso il CLAES (Centro Latino Americano di Ecologia Sociale).
 
Fonte: alainet.org/active/53106
 

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