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Rivoluzioni in Democrazia, Democrazie in Rivoluzione

Luis Britto | luisbrittogarcia.blogspot.it

29/09/2013

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Democrazia: sovranità della maggioranza. Sovranità: massimo potere che non si sottomette a nessun altro. Contro queste definizioni, il conservatorismo ha tessuto, in ogni epoca, la menzogna che non sia possibile una rivoluzione in democrazia, né democrazia nella rivoluzione. Democrazia sì, finché non economica e sociale. Puoi votare per il sindaco, ma non per il padrone del monopolio, né per il magnate delle comunicazioni. La maggioranza può scegliere tutto, salvo ciò che la favorisce. Se lo fa, le forze anti-democratiche esercitano la violenza più brutale in difesa dei propri privilegi.

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Così, ogni Rivoluzione subisce, fin dal primo istante, il doppio assedio di una controrivoluzione interna e di una esterna, il cui obiettivo è rovesciare con la violenza il governo popolare e ristabilire il potere dell'oligarchia. Se tali tentativi non trionfano immediatamente, si prolungano in una lunga guerra economica di logoramento il cui scopo è rovinare l'economia rivoluzionaria costringendola a dare priorità alla difesa militare e indurire la sicurezza interna. La Rivoluzione Britannica, borghese, ha patito l'attacco combinato degli eserciti della monarchia e dell'intervento esterno. La Rivoluzione Francese fu sottoposta all'attacco interno della Chouannerie e quello esterno di una serie di coalizioni europee. La Rivoluzione Bolscevica affrontò la controrivoluzione interna dell'Armata Bianca e dei Kulaki, l'intervento esterno di quattordici potenze, la Seconda Guerra Mondiale e la Guerra Fredda. Una simile aggressione combinata, interna ed esterna, l'hanno subita la Rivoluzione Messicana, quella Cinese e quant'altre nel mondo ce ne sono state.

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Questo meccanismo funziona esattamente allo stesso modo per l'America Latina e i Caraibi.
Passarlo in rassegna richiederebbe interi volumi. Consideriamone alcuni esempi:

Il Presidente democraticamente eletto Jacobo Arbenz prova ad espropriare alcune terre della United Fruit in Guatemala e viene rovesciato da una combinazione di golpe militare e invasione mercenaria finanziata dagli USA.

Il primo ministro Fidel Castro avanza riforme appoggiate dalla maggioranza del popolo cubano. Segue un'invasione di mercenari finanziata, addestrata e appoggiata dal governo USA; una volta sconfitta, inizia un blocco economico che dura ancora oggi.

Il Presidente democraticamente eletto Juan Bosch realizza moderne riforme economiche in Repubblica Domenicana ed è rovesciato da una combinazione di golpe militare e invasione dell'esercito degli USA.

Il Presidente democraticamente eletto Joao Goulart decreta a Rio de Janeiro l'esproprio di raffinerie di petrolio e terreni, in mano ai privati, venti chilometri lungo le sponde dei fiumi, dighe di sbarramento e vie di comunicazione, e viene rovesciato da un golpe militare appoggiato dagli USA.

Il Presidente democraticamente eletto Salvador Allende nazionalizza l'industria cilena del rame, riconosce diritti fondamentali ai lavoratori, e viene rovesciato ed assassinato da un golpe militare pianificato ed appoggiato dagli USA.

Il dirigente Omar Torrijos, nel 1977, ottiene gli accordi Torrijos-Carter in virtù dei quali il Canale di Panama sarà, di lì in avanti, sotto il controllo dei panamensi, e muore in un misterioso e infausto incidente aereo.

Il Presidente democraticamente eletto Daniel Ortega avanza moderate riforme agrarie in Nicaragua, il paese viene sottoposto a blocco e a quotidiana invasione e sabotaggio, durante quasi un decennio, da oppositori addestrati, armati e finanziati dagli USA.

Il Presidente democraticamente eletto Hugo Chávez Frías cerca di imporre quarantanove leggi di riforma dell'economia e della società venezuelana, si rifiuta di privatizzare Petróleos de Venezuela (PDVSA, ndr), e viene rovesciato temporaneamente da un golpe militare pianificato ed appoggiato dagli USA.

Il Presidente democraticamente eletto Evo Morales nazionalizza industrie di sfruttamento di risorse naturali, ed è costretto ad affrontare la minaccia di secessione della Media Luna (la cosiddetta "mezzaluna boliviana", zona pianeggiante del sud-est, a maggioranza bianca, ricca di risorse naturali e industrie sviluppate, ndr) appoggiata dalle multinazionali e dai movimenti etnici.

Il Presidente democraticamente eletto Rafael Correa consolida la sovranità dell'Ecuador sulle sue risorse naturali, e subisce un colpo di Stato appoggiato dagli USA e dai movimenti etnici della Confederazione delle Nazionalità Indigene di Ecuador (CONAIE).

Il Presidente democraticamente eletto Manuel Zelaya si avvicina al gruppo di paesi dell'ALBA (Alleanza Bolivariana per le Americhe, ndr), inizia moderate riforme socio-economiche in Honduras, e viene deposto da un colpo di Stato preparato e appoggiato dagli USA dalla base di Palmasola.

Il Presidente democraticamente eletto Fernando Lugo inizia moderate riforme, e il Congresso lo depone con un golpe legislativo che dura solo alcune ore.

In tutti i casi, senza eccezione, l'aggressione è stata preceduta, accompagnata e seguita da campagne mediatiche mondiali di diffamazione e dall'ingerenza attiva di consorterie e organismi internazionali negli affari interni del paese vittima.

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In tutto il mondo ripetiamo l'espressione "democraticamente eletto" come una litania. Il cammino verso la democrazia è lastricato di cattivi interventi. Mai sono state invase, bloccate o sabotate dittature di destra come quelle di Somoza in Nicaragua, Batista a Cuba, Pérez Jiménez in Venezuela, Rojas Pinilla in Colomba, Videla in Argentina, Castelo Branco in Brasile, Bordaberry in Uruguay o Pinochet in Cile, solo per menzionarne alcune. Un fatale destino pesa su ogni governo democraticamente eletto. Così come nessuno ha mai disturbato democratici conservatori neoliberali come Toledo in Perù, Frei in Cile o Calderón in Messico. Impero e oligarchie colpiscono selettivamente governi democratici che tentano riforme economiche e sociali. Il paradosso si configura in questo modo: la Rivoluzione può accedere al potere solo per via democratica, ma la reazione conservatrice può e deve annichilarla con la violenza al minimo tentativo di riforma socio-economica. Chi favorisce queste regole che consacrano una Democrazia indifesa e inerme contro una reazione armata, alleata dell'Impero e disposta a commettere ogni atrocità a tutela del privilegio?

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La democrazia, potere della maggioranza, ha diritto a tutti i mezzi per imporsi e mantenersi. In quali casi le democrazie hanno resistito agli assalti autoritari? A Cuba, l'organizzazione e solidarietà popolare hanno dissuaso da ogni successivo attacco. Il voto popolare restituì il potere ai sandinistas in Nicaragua. In Venezuela le masse inondarono le strade e riportarono al potere il sequestrato Hugo Chávez Frías. Schiaccianti manifestazioni accompagnate da un referendum mantennero al potere Evo Morales, contrastando il tentativo, da destra, di secessione della Media Luna. In Ecuador, agitazioni popolari mantennero al potere Rafael Correa. La prima difesa della democrazia sociale ed economica consiste in una mobilitazione popolare dinamica e adeguata. Questa si ottiene attraverso la predica e la pratica della partecipazione popolare. Un governo ben intenzionato ma sostenuto solo da una popolazione ridotta alla passività sarà facilmente rovesciato mediante le ricette classiche dell'aggressione esterna e interna, il blocco e la guerra economica.

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Machiavelli diceva che difficilmente sarà rovesciato un Principe che ama il suo popolo, poiché così dimostra una fiducia che sarà sempre corrisposta. Le armi non sono necessariamente fucili e baionette. L'educazione, la giustizia sociale, l'organizzazione, la partecipazione politica sono gli invincibili strumenti dell'articolazione della volontà popolare. Sono le armi sociali che permettono e a volte rendono superfluo l'uso di quelle convenzionali.
 

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