www.resistenze.org - osservatorio - mondo - politica e società - 20-04-14 - n. 495

La violenza è endemica nella borghesia

In Venezuela, UNASUR non offre una via d'uscita progressista, ma cerca di scendere a patti, aumentando l'influenza della borghesia

James Petras | lahaine.org (estratto)
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

20/4/2014

Analisi di James Petras su Radio Centenario di Montevideo (Uruguay)

Efrain Chury Iribarne: Cominciamo con due temi centrali in questi giorni, Venezuela e Ucraina, dato che è necessario chiarire quello che succede in entrambi i paesi.

JP: Bene, incominciamo col Venezuela. La presenza di UNASUR (Unione delle Nazioni Sudamericane) ha facilitato un dialogo, perché l'opposizione è stata forzosamente obbligata ad assistere ai colloqui col governo e in questo modo si è legittimato il governo davanti all'opposizione.

Ma oltre a questo, invece di prendere una posizione ferma respingendo le tattiche terroristiche dell'opposizione e la complicità di legislatori e dirigenti politici coi terroristi, UNASUR ha assunto la posizione di Ponzio Pilato affermando che entrambe le parti devono prendere misure e fare concessioni.

Era principalmente Lula Da Silva, "l'uomo copertina" di Wall Street, che insisteva per un "governo di coalizione" coi filo-imperialisti, imitando il suo governo e invitando i grandi capitali a prendere il controllo dei mercati finanziari, con il risultato di un'economia alquanto stagnante.

UNASUR è un'organizzazione borghese con sfumature di indipendenza, nel senso dei golpe militari e per la diversificazione del commercio; è un tipo di blocco politico sviluppista più che un blocco progressista; di fronte all'aggressione imperiale, ha però posizioni critiche. Ma nelle lotte interne, tutti i regimi, da Lula ad Evo Morales, da Rousseff a Kirchner, stanno scendendo a patti con la grande borghesia, ma soprattutto coi grandi capitalisti agro-minerari.

La consulta sul conflitto interno in Venezuela non offre una via d'uscita progressista, ma cerca di scendere a patti aumentando l'influenza della borghesia, presumibilmente per abbassare la temperatura dei violenti. Ma la violenza è endemica nella borghesia, non vogliono il patto in sé bensì un patto come ponte per prendere il potere e questo lo si deve capire prima di chiedere una conciliazione.

Mi sembra che il momento in Venezuela sia molto drammatico perché la destra continua a fomentare la violenza nelle strade, non ha accettato nessun trattato di disarmo per mettere da parte la violenza, mentre continua ad esigere sempre più concessioni dal governo, particolarmente tentando di infiltrare e debilitare le forze armate e gli ufficiali della sicurezza.

E sfortunatamente il governo comincia ad accettare queste critiche. Oggi [lunedì] per esempio, ha annunciato che darà il via ad un processo contro 97 ufficiali venezuelani, militari e poliziotti, presumibilmente per abusi. Ma mentre accusano e giudicano le proprie forze di sicurezza, i golpisti dentro il Congresso, dentro i partiti, restano liberi e continuano a pressare per avere influenza sulla politica di sicurezza.

È un errore in questo momento dare priorità all'epurazione dentro le forze armate per riconciliarsi con la destra, perché questa esigerà più pulizia, indebolirà le forze di sicurezza, tenterà di liberare i terroristi che hanno ammazzato persone - inclusi otto militari - e ancora non ci sono arresti tra gli assassini dell'opposizione. Per questo motivo mi sembra squilibrato annunciare questo processo in un momento in cui i governanti non hanno ancora preso misure contro quelli che sono coinvolti.

La pressione aumenta in Venezuela, il governo mantiene una posizione contraddittoria difendendo il processo chavista, ma conciliando con l'opposizione, cosa che non lo porta da nessuna parte.

EChI: UNASUR agisce come l'OEA (Organizazione degli Stati Americani)?

JP: Si, la OEA ha preso moderatamente le distanze dal golpismo nordamericano, ma allo stesso tempo, l'OEA continua ad appoggiare la politica neoliberale e mantiene posizioni ambigue su processi sociali ed economici progressisti.

Cioè, l'OEA come l'UNASUR prende posizione contro i colpi di Stato o gli interventi nordamericani, ma entrambi appoggiano una politica di collaborazione di classe fomentando lo sviluppo capitalistico e spingendo per intese tra il grande capitale straniero ed i governanti, tanto di destra come quelli chiamati progressisti.

Per esempio, questo fine settimana Evo Morales ha firmato un patto col grande capitale per stimolare nuovi investimenti stranieri a condizioni molto favorevoli, con incentivi fiscali, ecc. La stessa cosa sta facendo Cristina Fernández in Argentina, caldeggiando accordi con la Repsol e altri grandi capitali. Siamo in un momento cruciale perché o il Venezuela riprende le posizioni di Chávez, dando impulso al processo sociale, o rimarrà influenzato dalle nuove tendenze del liberismo capitalista che stanno sorgendo tra i paesi che si suppone siano progressisti.

EChI: E in Ecuador che sta succedendo?

JP: La situazione in Ecuador non è molto differente. Il patto con le grandi industrie petrolifere è già vigente, le posizioni del governo si avvicinano sempre di più ad un accordo con la Banca Mondiale per ottenere prestiti. Il presidente Rafael Correa, davanti alla sconfitta elettorale delle elezioni comunali e nazionali, sta cercando di dividere l'opposizione borghese, tentando di ottenere qualche patto o alleanza, principalmente nelle grandi città Quito, Cuenca e Guayaquil.

Nel frattempo continua a criticare la politica estera degli Stati Uniti, sulla base del suo militarismo ed aggressione, ma facendo scemare il profilo critico di fronte alla politica economica della Banca Mondiale, del Fondo Monetario e delle grandi imprese multinazionali. Allora, dobbiamo distinguere tra la politica antimperialista in relazione al golpismo e l'accomodamento col grande capitale, cercando accordi di investimento nel processo economico.

EChI: Andiamo in Ucraina, dove la Russia taglia la somministrazione del gas per i debiti. Quale è oggi la situazione?

JP: La condotta della Russia è normale, un paese che non paga i conti non può continuare a ricevere risorse. L'Ucraina accumula un debito di quattro mesi senza adempiere i pagamenti, per questo la Russia ha diritto - e quasi l'obbligo - di tagliare la vendita. Questo è riconosciuto mondialmente.

Ma il gran tema dell'Ucraina è la proposta della Giunta di governo dittatoriale di lanciare un massacro, stanno già comandando truppe repressive all'est del paese contro le iniziative democratiche di quelli che stanno all'opposizione. Le forze democratiche nell'est Ucraina stanno organizzando le autodifese e chiedendo elezioni, un referendum, una costituente, per federalizzare il governo e non rimanere sotto il dominio della Giunta golpista che ha preso il potere e vuole reprimere le forze democratiche nell'est.

Tutti i media lo presentano come un conflitto tra Russia e governo NATO a Kiev, ma il vero conflitto è tra la dittatura golpista di Kiev appoggiata dalla NATO e le forze indipendenti e democratiche nell'est Ucraina. Uno invia truppe per massacrare e l'altro chiede elezioni; uno vuole imporre un governo centralista nominando i governatori e gli altri vogliono liberamente una Costituente eletta; uno vuole centralizzare la dittatura e l'altro vuole decentrare e federalizzare il governo. È molto chiara la divisione.

Non è tra un governo legittimo da una parte e i ribelli appoggiati dalla Russia dall'altra. Credo che ci sia forza per una maggiore autonomia nell'est del paese, particolarmente per scappare dalle grinfie del governo dittatoriale. Io ho una gran paura di un massacro che può succedere in qualunque momento, per la militarizzazione dell'est del paese.

In tutte le grandi città hanno dato rappresentanza democratica al governo, hanno occupato edifici governativi, ma con un'esigenza democratica: le elezioni. Non vogliono un golpe, non vogliono la dominazione russa; vogliono elezioni in Ucraina, per scegliere un governo democratico ucraino che rappresenti ed accetti il bilinguismo ucraino-russo.

EChI: L'interesse nordamericano si basa sul raggiungimento di una posizione strategica?

JP: Si. È una politica per accerchiare Russia e Cina, particolarmente a partire dalle basi militari. Il segretario alla Difesa, Chuck Hagel, ha informato la Cina che gli Stati Uniti sono disposti ad una guerra se la Cina insiste sulla questione dei suoi confini marittimi.

La presa dell'Ucraina e l'imposizione della Giunta golpista, è per Obama un tentativo di estendere le basi militari NATO dai paesi baltici, passando per il centro dell'Europa ed ora dalle frontiere col sud della Russia. Possiamo vedere in Medio Oriente qualcosa di simile, dove c'è un asse di "campi di internamento", regimi carcerari che abbracciano ora la Libia, Egitto, Israele, Giordania, Arabia Saudita, Yemen, Iraq, creando un arco di prigioni con più di 400 mila carcerati politici. La maggioranza di questi in Israele, con gli imprigionati a Gaza; ma in Arabia Saudita ci sono 30.000 carcerati, in Yemen 4.000 carcerati; e negli altri paesi la stessa cosa. Sono regimi polizieschi dove gli Stati Uniti hanno montato enormi basi militari, centri di spionaggio e piattaforme per il lancio di truppe.

Allora, se guardiamo la militarizzazione delle frontiere con la Russia, la militarizzazione in Medio Oriente, la ricollocazione di truppe terrestri e marittime di fronte alla Cina, possiamo capire quella che realmente è la politica di Obama, cioè utilizzare la minaccia militare per estendere ed approfondire l'impero nordamericano.

EChI: A che temi stai lavorando attualmente Petras?

JP: Innanzitutto sul deterioramento dell'economia nordamericana. A parte i cambiamenti congiunturali che abbiamo visto tra crescita e decrescita, possiamo dire che il mercato tecnologico è caduto verticalmente. Tutta la speculazione sulla tecnologia informatica ha avuto una forte caduta, che minaccia un'altra volta l'insieme del settore finanziario. C'è una grande paura speculativa a New York di fronte al fallimento della bolla tecnologica dell'anno scorso.

L'instabilità e la volatilità dell'economia nordamericana sono note in questo momento. E quelli che parlano di ripresa, di una crescita e della fine della crisi, sono assolutamente in mala fede.

Oggi, qualunque sguardo alle pagine finanziarie denota che la speculazione è tremenda e la corruzione borsistica delle grandi imprese è nota. Prima dello scoppio della bolla tecnologica, le grandi compagnie smisero di investire, vendettero le loro azioni. Esse anticiparono la bolla e la fecero precipitare ed i piccoli e medi investitori persero anche i pantaloni. Questo è un altro indizio che la corruzione del settore finanziario domina l'economia nordamericana e ne fissa la traiettoria presente e futura.


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