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Perché Parigi? A chi giova il terrorismo dell'Isis?

A.G. | unidadylucha.es
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

02/03/2016

I governi delle potenze capitaliste occidentali non imparano dalla storia recente, né dai propri errori. Quanto accaduto con Al Qaeda, organizzazione la cui origine sta nell'appoggio senza riserve degli Stati Uniti e di altre potenze ai mujaheddin afgani nella lotta contro il governo rivoluzionario afgano e l'esercito sovietico, torna a ripetersi dopo anni con l'Isis, a conferma che sono proprio le potenze imperialiste a generare i mostri le cui azioni sono funzionali agli interessi del capitalismo monopolista e dei suoi governi.

Ci domandiamo di Parigi, ma potremmo sostituire perfettamente la capitale francese con città come Beirut, Istanbul, Bamako o Giakarta, poiché tutte sono state recentemente colpite da attentati terroristici rivendicati da filiali dell'Isis o di Al Qaeda e nei quali sono decedute centinaia di persone.

Sebbene sia certo che Isis e Al Qaeda sono organizzazioni distinte, con tattiche ed obiettivi distinti, la loro attività è utilizzata dai governi delle potenze capitaliste per dare nuovo slancio alla già esistente e generalizzata tendenza al taglio di diritti e libertà.

Gli attentati di Parigi del 13 novembre scorso sono stati interpretati dal governo del presidente Fraçois Hollande come una constatazione del fatto che la "Francia è in guerra". Pochi giorni dopo, in tono solenne, le due camere francesi hanno tenuto una sessione congiunta nella quale si è preteso di mettere in scena, dopo un discorso di Hollande, l'unità dei poteri francesi "contro il terrorismo." Tutto questo è molto simile a quanto accadde a Washington alcuni giorni dopo l'11 settembre 2001.

Emulando George Bush junior, Hollande ha reagito agli attacchi sul proprio territorio con un salto in avanti, utilizzando il ricorso alla "guerra contro il terrorismo" per tentare di ottenere i consensi necessari a legittimare le sue azioni passate e future, ma omettendo il fatto che la Francia lavora da anni per non perdere il suo status di potenza imperialista.

Sono state certamente poche le voci in Francia a ricordare che l'esercito francese è intervenuto in Mali (operazione Serval) e ciò che sta facendo nella zona più vasta del Sahel (operazione Barkhane), nella Repubblica Centroafricana (operazione Sangaris), che ha attivamente preso parte al rovesciamento del presidente ivoriano Gbagbo nel 2011 e che, soprattutto, la Francia è stata il principale motore degli attacchi contro la Libia nel 2011 che portarono al rovesciamento e all'omicidio di Muammar Gheddafi e alla trasformazione del paese in uno Stato fallito in cui non ci sono strutture di governo stabili. Non bisogna dimenticare neanche che l'operazione Atalanta contro la "pirateria" in acque somale è avvenuta sotto la presidenza francese dell'UE.

La Francia ha interessi evidenti in Africa, nel Mediterraneo e in Medio Oriente, mantiene basi militari e presenza in Ciad, Senegal, Costa d'Avorio, Mali, Corno d'Africa e nella Repubblica Centroafricana. È una potenza imperialista che, in lotta col resto delle potenze, aspira a mantenere ed espandere le proprie zone di influenza, generalmente a partire dai territori e dalle aree che fecero parte dei suoi ex domini coloniali. La Francia interviene militarmente, abbatte governi, favorisce l'espansione dei suoi monopoli e fomenta guerre. È impossibile calcolare il numero di morti che derivano dalle azioni dell'imperialismo francese.

La risposta che Hollande dà agli attentati di Parigi è molto simile a quella che diede Bush. Dall'11settembre sorsero le guerre dell'Afghanistan e dell'Iraq, dalla "guerra contro il terrore" esterno si passò alla guerra contro il nemico interno, sacrificando i diritti e le libertà sulle quali si suppone si basino le democrazie borghesi. Se l'infame Patriot Act nordamericano servì per criminalizzare una buona parte della popolazione degli Usa dopo l'11 settembre, la francese Legge costituzionale di protezione della nazione, ancora in via di approvazione, propone di costituzionalizzare lo stato di emergenza, cioè di rinforzare e proteggere da possibili modificazioni posteriori metodi come la detenzione amministrativa (senza mandato, sulla base di meri indizi) o le identificazioni arbitrarie da parte della polizia, compresa la revoca della nazionalità francese a individui nati in Francia, ma con doppia nazionalità. Come abbiamo potuto vedere durante il vertice sul clima del dicembre scorso, quando 24 ecologisti furono messi agli arresti domiciliari per "la possibilità che partecipassero ad atti violenti", secondo il ministro dell'Interno francese, lo stato di emergenza ha molteplici applicazioni.

Gli attentati di Parigi, accaduti in un luogo lontano dal teatro delle operazioni belliche a cui prende parte la Francia, sono assolutamente funzionali ai governi borghesi che, in seguito, si lamentano delle vittime innocenti e le utilizzano per sviluppare la propria agenda militarista e imperialista. Nessuna riflessione, nessun rammarico per le centinaia di vittime che causano i loro interventi. Più guerre e più aggressioni che produrranno nuove sofferenze e nuovi mostri nel futuro.

Ma, una volta detto questo a che cosa rispondono gli attacchi a Beirut o a Istanbul? Sono il Libano o la Turchia potenze allo stesso livello della Francia? Perché sono oggetto di attentati dell'Isis?

Nello spazio geografico che va dal Mediterraneo meridionale fino alle frontiere del Pakistan non operano solo le grandi potenze capitaliste. Esistono anche 4 importanti attori politici, che sono Turchia, Israele, Arabia Saudita e Iran, le cui attività, rivalità e rapporti devono essere presi in considerazione per potere capire meglio quanto sta accadendo in quella zona del mondo.

Come si è potuto verificare, gli interventi in Iraq e Siria ubbidiscono principalmente all'interesse delle potenze occidentali di difendere i propri interessi geostrategici; tuttavia non è meno vero che altri paesi della zona stiano giocando le loro carte, cercando una posizione di vantaggio nei possibili scenari che derivano da questi interventi. Questa situazione genera scontri ed alleanze con le grandi potenze. Iran, Turchia, Arabia Saudita e Israele non sono spettatori passivi di quello che sta succedendo nella zona. Ognuno di loro ha i propri interessi e un grado maggiore o minore di legami con le grandi potenze imperialiste, anche senza essere meri sostenitori di tali potenze. Lo scenario del mondo imperialista non è omogeneo, né semplicistico, per cui in alcune occasioni dobbiamo sforzarci per vedere chiaramente chi è il principale attore o sostenitore di un conflitto, chi l'ha originato e per quale ragione è stato fatto.

A nessuno può essere sfuggito che tra i paesi musulmani, le cui frontiere ubbidiscono spesso al passato coloniale, opera oggi con molta forza l'ennesima riedizione del conflitto storico tra i due principali rami dell'Islam, quello sciita e sunnita. Questo confronto, che è passato per varie tappe, nel nostro tempo, è utilizzato per occultare le lotte per l'egemonia territoriale in una zona di enorme valore geostrategico. Certo è che c'è una lotta per conquistare l'egemonia nel mondo sunnita tra Arabia Saudita e Turchia e questo è un dato di fatto, ma anche per trasformarsi in potenza regionale al di là delle considerazioni religiose.

Si sono accusate ripetutamente le Monarchie del golfo (dirette dall'Arabia Saudita) e la Turchia di fomentare, finanziare e promuovere lo sviluppo e la crescita dell'Isis. In gran parte per destabilizzare le zone dove l'influenza iraniana, sciita, era aumentata negli ultimi anni (principalmente Iraq, Siria e Libano).

Certamente l'attentato di Istanbul, tra le altre cose, aiuterà ad accelerare l'agenda presidenziale del presidente turco Erdogan, impegnato ad eliminare carichi "democratici" e voci critiche interne nel suo tentativo di trasformare la Turchia in una grande potenza regionale, emulando il tardo Impero Ottomano.

Ci sono molti altri elementi da tenere in conto su questa questione, ma siamo seri: nessuno si stupisce che l'Isis non faccia alcun riferimento a Israele, né si mostri belligerante verso lo Stato sionista?


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