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I movimenti sociali e i processi rivoluzionari nell'America Latina: Una critica ai post-modernisti

Edmilson Costa * | pcb.org.br
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

14/04/2016

Gli anni '90 del secolo scorso e i primi dieci anni di questo secolo sono stati segnati dall'intenso dibattito tra le forze di sinistra sul ruolo dei movimenti sociali, delle minoranze, delle lotte di genere e delle avanguardie politiche nei processi di trasformazione economica, sociale e politica della società. Si è posta all'ordine del giorno la discussione sulle nuove parole d'ordine, nuovi agenti politici e sociali, nuove forme di lotta, nuove concezioni sull'azione politica pratica.

Questi temi e concezioni hanno occupato lo spazio politico in questo periodo in funzione di una serie di fenomeni che sono accaduti nel decennio '80-'90, come la caduta del Muro di Berlino, il collasso dell'Unione Sovietica e dei paesi dell'Est Europa, il riflusso del movimento sindacale, la riduzione delle lotte operaie nei principali centri capitalisti, la perdita di protagonismo dei partiti rivoluzionari, in particolare dei comunisti, allo stesso tempo dell'offensiva dell'ideologia neoliberale in tutte le parti del mondo, sotto il comando delle forze più reazionarie del capitale.

La congiuntura della sconfitta delle forze progressiste ha favorito ogni tipo di moda teorica e feticismo ideologico. Sotto diversi pretesti, certe forze politiche, inclusi alcuni compagni di sinistra, hanno iniziato a mettere in discussione la centralità del lavoro nella vita sociale, il ruolo dei partiti politici come avanguardia dei processi di trasformazione sociale e politica, l'attualità della lotta di classe come strumento di cambiamento della storia e lo stesso socialismo-comunismo come processo che porta l'emancipazione umana.

Questo movimento teorico e politico ha coinvolto forze diverse, influenti nella gioventù e nei vari movimenti sociali. L'obiettivo era decostruire il discorso dei partiti politici rivoluzionari, del movimento sindacale e del marxismo stesso, come sintesi teorica della rivoluzione. Per queste forze, i discorsi di temi generali, come l'uguaglianza, il socialismo, l'emancipazione umana, i valori storici del proletariato, le soluzioni collettive contro l'oppressione umana, erano cose del passato e prodotto di un mondo che non esisteva più.

Al posto di questi vecchi temi, era necessario collocare un nuovo discorso, come un modo per riconoscere la frammentazione della realtà e della conoscenza, la constatazione della differenza, l'emergere di nuovi soggetti sociali, con caratteristiche, valori e rivendicazioni specifiche, come i movimenti sociali, di genere, razza, etnia, ecc., e nuove forme di lotta, includendo la rinuncia alla presa del potere.

La condensazione di questo eclettismo conservatore, di questa matrice teorica edulcorata, può esser espressa in quello che si è convenzionalmente chiamato come post-modernismo. Questa è la fonte teorica ispiratrice di tutte le mode teoriche e feticismi che sono divenute moda negli ultimi due decenni. Quali sono i principali presupposti teorici dei post-modernisti, che tanta influenza hanno avuto in questi anni nello spazio politico? Andiamo ad analizzare i tre aspetti fondamentali che guidano questa corrente teorica.

1) La fine della centralità del lavoro. Uno dei temi più evidenziati dai post-modernisti è il fatto che le tecnologie dell'informazione, la ristrutturazione produttiva e l'inserimento accelerato della scienza nel processo produttivo rendono obsoleto il concetto della classe operaia e del proletariato, perché questi attori sono divenuti residuali in un mondo globalizzato dove impera la robotica, internet e l'informatica avanzata. Alcuni di questi teorici hanno detto addio al proletariato, che sarebbe un concetto tipico della seconda rivoluzione industriale. Prova di questo, sarebbe la constatazione che la classe operaia sta diminuendo in tutto il mondo e per questo perde il protagonismo rispetto ad altri movimenti emergenti nel capitalismo globalizzato.

I teorici post-modernisti si comportano come il cacciatore che vede solo gli alberi, ma non riesce a vedere la foresta. Guardano il mondo a partire da una prospettiva che va dall'Europa agli Stati Uniti. Per questo, non comprendono che il capitale possiede una straordinaria mobilità, in funzione della continua ricerca della valorizzazione. Per questo, sono incapaci di percepire che il proletariato sta crescendo particolarmente in termini mondiali, come dimostra il trasferimento di migliaia di industrie dagli USA e dall'Europa in Asia, processo che sta incorporando al mondo del lavoro centinaia di migliaia di lavoratori in Cina, in India e in tutta l'Asia, un movimento che sta cambiando la congiuntura mondiale.

Non comprendono che lo stesso capitalismo è una contraddizione in processo, poiché quanto più si modernizza, quanto più inserisce la scienza nella produzione, più ampia la sua composizione organica e conseguentemente, più spinge i tassi di profitto verso il basso. Per questo, il capitalismo non può esistere senza il suo contrapposto, il proletariato. Se il capitalismo automatizzasse tutte le sue fabbriche il sistema entrerebbe in collasso, poiché i robot sono più disciplinati degli esseri umani, sono capaci di lavorare senza sosta, non rivendicano salario, non fanno sciopero, ma anch'essi hanno il loro tallone di Achille: non consumano. Se non ci sono consumatori, i capitalisti non hanno a chi vendere le loro merci. Ossia, prima di una automatizzazione totale, il sistema entrerebbe in collasso in funzione delle sue proprie contraddizioni.

2) La fine della centralità della lotta di classe. Un altro degli argomenti dei teorici post-modernisti è l'affermazione che la lotta di classe è cosa del passato. Dopo tutto, dicono, se il proletariato si sta restringendo rapidamente, non esiste più identità di classe e pertanto non ha senso parlare di lotta di classe. In questa prospettiva, dicono, la ristrutturazione produttiva può esser considerata una specie di campana a morto che seppellisce i vecchi agenti del passato, come il movimento sindacale. Prova di questo è che i sindacati perdono il protagonismo e adesso agonizzano in tutto il mondo. E il principale rappresentante teorico del mondo del lavoro, il marxismo, anch'esso sarebbe passato, in funzione della sua visione monolitica del mondo.

Nuovamente, i teorici post-modernisti non comprendono neanche la storia e confondono la loro sottomissione ideologica all'ordine capitalista come la realtà dei lavoratori. La lotta di classe è sempre esistita da quando le classi si costituirono nell'umanità e continuerà la sua traiettoria fintanto che esisterà lo sfruttamento di un essere umano da parte di un altro. Non perché i marxisti lo vogliono, ma perché la realtà lo impone. In tempi di reflusso le lotte sociali diminuiscono, sembra che i lavoratori siano passivi e i capitalisti immaginano che riusciranno a disciplinare per sempre i lavoratori.

In questa congiuntura, il discorso della fine della lotta di classe, della passività dei lavoratori, ha influenzato molte persone che non hanno una prospettiva storica del mondo guardando solo la superficie dei fenomeni, l'apparenza delle cose. Ma nei momenti di crisi del capitalismo, questo discorso si rende interamente inadeguato, entra in conflitto con la realtà, una volta che la crisi colloca la lotta di classe all'ordine del giorno con una attualità straordinaria, per la disperazione di quelli che immaginavano la sua fine.

Se osserviamo la realtà attuale, dove il sistema capitalismo affronta la sua maggior crisi dalla Grande Depressione, possiamo facilmente constatare l'emergere della lotta di classe in praticamente tutte le parti del mondo. Basta osservare le rivolte in Medio Oriente, in Africa, in America Latina, gli scioperi e le mobilitazioni in Europa. Allo stesso tempo, la crisi rende il marxismo più attuale che mai. I capitalisti stessi stanno leggendo Il Capitale per cercare di comprendere ciò che sta avvenendo nel mondo.

3) Le avanguardie politiche non avrebebro alcun ruolo da svolgere nel mondo globalizzato. Il terzo degli argomenti-chiave dei teorici post-modernisti è il fatto che i partiti rivoluzionari, in particolare i comunisti, non hanno alcun ruolo da svolgere nel mondo attuale. L'azione politica adesso deve esser comandata dai movimenti sociali, dai movimento di genere, da minoranze etniche, di razza, sessuali, ecc., che sono vittime di "oppressioni specifiche". Questo perché i partiti sarebbero organizzazioni auto-proclamatrici, autoritarie, portatori di un feticcio autoreferenziale, che è la rivoluzione socialista. Queste organizzazioni, portatrici di un discorso utopico di emancipazione umana, stanno inoltre languendo in tutto il mondo perché non starebbero capendo la realtà del mondo globalizzato.

Ancora una volta i teorici post-modernisti non comprendono la totalità della vita sociale. Per questo, vedono il mondo senza unità, frammentato e disperso. Non comprendono che dietro l'"oppressione specifica" che interessa i movimenti sociali e di genere, etnia, razza, sessuale, c'è il grande capitale che si appropria del plusvalore di tutti, indipendentemente dalla razza, sesso o orientamento religioso. Non comprendono che i movimenti, per propria natura, hanno limiti strutturali e di rappresentatività.

Un sindacato, per combattivo che sia, deve rappresentare gli interessi dei lavoratori che rappresenta. Allo stesso modo una entità studentesca, una organizzazione di abitanti, di donne o di omosessuali hanno come obiettivo quello di difendere gli interessi specifici dei loro rappresentati, agiscono nei limiti istituzionali dell'ordine borghese. Solamente un partito politico rivoluzionario, che si propone di rovesciare l'ordine capitalista e che unisce nelle sue fila tutti questi segmenti sociali, possiede le condizioni per comprendere la totalità della lotta politica e lanciare proposte globali per la trasformazione della società.

La pratica delle lotte sociali

Se osserviamo le lotte sociali che sono state realizzate negli ultimi anni, possiamo constatare facilmente che gran parte di esse sono state sconfitte esattamente perché non esistevano avanguardie con capacità di condurre e orientare queste lotte alla radicalità della lotta di classe e all'emancipazione del proletariato. Non si tratta qui di negare l'importanza delle lotte specifiche o dei movimenti sociali. Al contrario, sono fondamentali per qualsiasi processo di cambiamento, servono anche come apprendimento della lotta dei lavoratori, ma lasciate a sé stesse, solo con il loro contenuto spontaneista, non possiedono le condizioni per realizzare le trasformazioni della società e finiscono per svanire ed esser sconfitte dal capitale.

Il teatro delle operazioni è più o meno il seguente: dopo un momento di euforia e mobilitazione i movimenti sociali sono capaci di realizzare proteste impressionanti, come screditare il vecchio ordine, sfidare le classi dominanti, ma in un secondo momento l'euforia si esaurisce in sé stessa senza ottenere gli obiettivi per mancanza di prospettive. L'America Latina è un importante posto di osservazione per constatare questa tesi, ma anche in varie parti del mondo gli esempi sono molti per verificare la necessità di avanguardie politiche.

La Bolivia, ad esempio, è stato teatro di varie rivolte popolari contro i governi neoliberali. Le masse si sono sollevate, sono scese nelle strade a milioni, rovesciando i governi conservatori, ma il massimo che hanno conseguito è stato eleggere un presidente progressista che è schiaffeggiato in ogni momento dal capitale e che non riesce a realizzare nemmeno il programma che si era dato nel periodo elettorale.

Anche in Ecuador sono avvenute varie rivolte popolari. In una di esse, i movimenti conquistarono il potere e lo consegnarono ad un militare che adesso è un personaggio conservatore nella politica del Paese. Successivamente, dopo un'altra rivolta, sono riusciti ad eleggere un presidente progressista, che però non riesce ad implementare un programma trasformatore poiché il capitale non gli da tregua. Recentemente è stato quasi deposto dalla sollevazione un settore militare.

In Argentina, in funzione della crisi economica ereditata dal governo neoliberale di Menem, le masse si sollevarono a milioni in varie regioni del Paese. In un periodo breve il Paese ha cambiato tre volte presidente. Il risultato della sollevazione popolare fu l'elezione di Nestor Kirchner e successivamente della sua compagna, Cristina Kirchner. In questi stessi anni di potere, i Kirchner anch'essi non hanno realizzato nessun cambiamento di fondo. Il capitalismo ha seguito il suo corso come se nulla fosse.

Più recentemente, grandi insurrezioni popolari hanno rovesciato i governi conservatori della Tunisia, dell'Egitto e dello Yemen. Migliaia di persone si sono sollevate per anni, centinaia di persone sono morte, i dittatori hanno lasciato il potere, ma i movimenti sociali, senza avanguardia politica, non hanno conseguito i loro obiettivi. Settori della borghesia locale hanno formato nuovi governi e i lavoratori ancora una volta si sono fatti scappare dalle loro mani la rivoluzione.

In Brasile, un grande movimento sociale, il Movimento dei Senza Terra (MST) ha affrontato con bravura i governi neoliberali, avendo come bandiera la riforma agraria. Ha organizzato un movimento originale e di massa, con base sociale in tutto il Paese, specialmente tra la popolazione più povera della città e della campagna. Il MST ha occupato fattorie dei latifondisti, ha realizzato la formazione di gran parte dei suoi quadri e allo stesso tempo ha conseguito di costruire una università popolare per la formazione permanente dei suoi militanti.

Tuttavia, lo sviluppo del capitalismo nelle campagne del Brasile e l'emergere dell'agribusiness hanno creato una nuova congiuntura nella campagna brasiliana, dove le relazioni di produzione sono passate rapidamente ad esser tra capitale e lavoro. Questa situazione, insieme al programma di compensazione sociale del governo Lula, la "Bolsas Familia", un programma di trasferimento di reddito verso la popolazione più povera, ha portato il MST ad un bivio.

Ossia, la realtà è cambiata radicalmente nella campagna brasiliana, ma la ragion d'essere del MST era la riforma agraria. Per questo, il movimento, divenuto uno dei simboli della lotta contro il neoliberismo e per questo ha ottenuto la simpatia mondiale, adesso sta perdendo protagonismo. I presidi del MST si sono ridotti a meno della metà e il movimento vive grandi difficoltà strategiche. Infine, se la maggioranza dei lavoratori sta in città, se il capitalismo ha egemonizzato le relazioni di produzione nella campagna e subordinato la piccola agricoltura alla logica del capitale, si rende difficile la sopravvivenza nel lungo periodo di un movimento che ha solo la bandiera della riforma agraria come lotta strategica.

La condensazione più espressiva della teoria movimentista fu il Forum Sociale Mondiale. In occasione del primo Forum Sociale Mondiale, a Porto Alegre, sembrava che tutti avessero trovato la formula ideale, la bacchetta magica, per le nuove lotte sociali. Migliaia di attivisti di tutto il mondo convergerono al Rio Grande do Sul per esser presenti al lancio della nuova griffe della lotta mondiale autonoma. Fu un successo straordinario e una contrapposizione al Forum di Davos, dove i capitalisti tramavano nuove strategie per il dominio del mondo.

Il successo di pubblico e media del Forum Sociale Mondiale sembrava aver sepolto il concetto di avanguardia politica. Adesso dovrebbero essere i movimenti sociali, i movimenti di genere, di etnia, delle donne, i movimenti sociali quelli che dovrebbero comandare le lotte nel mondo. Addio partiti politici, addio movimento sindacale, addio vecchi attori sociali della seconda rivoluzione mondiale. Adesso sono i movimenti diffusi, senza centralità politica, interamente autonomi, liberi da dogmi e ideologie del passato che proveranno al mondo la nuova realtà della lotta sociale e politica.

Molta gente sinceramente credette che il Forum Sociale Mondiale potesse esser la formula magica, la contrapposizione contemporanea al capitale, il sostituto delle vecchie avanguardie politiche e del suo discorso auto-proclamatorio. Ma la realtà sta gradualmente mettendo al suo posto la moda movimentista. Con il tempo, il Forum Sociale Mondiale ha perso respiro, si è svuotato, fino al punto che oggi nessuno più pensa che sia un'alternativa a qualcosa. Ancora una volta la realtà ha provato che i movimenti di per sé non possiedono le condizioni di cambiare la società, è necessaria l'avanguardia politica per condurre questi processi di trasformazione.

Il significato del post-modernismo e le lotte sociali

In altre parole, l'ideologia post-modernista è responsabile per gran parte delle sconfitte dei movimenti sociali in questi due decenni, non solo perché questa moda teorica ha influenzato parte della gioventù e leader dei movimenti sociali, ma anche perché ha portato alla frustrazione migliaia di militanti sociali. Questo perché le lotte frammentate generalmente si dissolvono in modo spontaneo. All'inizio hanno una traiettoria ascendente, entusiasma migliaia di persone, ma poco dopo il movimento viene assorbito dal sistema.

In altre parole, il post-modernismo è il feticismo ideologico tipico dei tempi del neoliberalismo e rappresenta l'ideologia piccolo-borghese della sottomissione sofisticata all'ordine del capitale. Ma questa ideologia porta con sé una contraddizione insolubile: nel momento in cui il capitale si globalizza, con l'internazionalizzazione della produzione e delle finanze, è proprio in questo momento che i post-modernisti predicano la frammentazione della realtà, la settorializzazione delle lotte sociali, la specificità delle lotte di genere, etnia, razza, sesso, ecc. Solo coloro che non vogliono cambiare l'ordine capitalista pensano in questo modo.

In verità, tutti quelli che seguono questo rituale teorico, in modo diretto o indiretto, stanno aprendo un progetto di emancipazione e nascondono la loro impotenza attraverso un discorso pieno di astrazioni sociologiche, ma molto comodo per il capitale. Per questo, sono contro le lotte generali, per frammentarle in lotte specifiche, che non affrontano apertamente il sistema dominante. Si tratta del dettaglio della politica ammantata di modernità.

Questi settori hanno compiuto, negli ultimi 20 anni e alcuni compiono ancora oggi, un ruolo molto speciale nella lotta ideologica attuale: essi sono più a sinistra del social-liberismo capitalista. Influenzano le generazioni più giovani, esprimono un discorso apparentemente moderno, influiscono nell'organizzazione delle lotte sociali. Con il loro discorso eclettico e fatalista, pieno di senso comune, disorientano settori importanti della società che non si riferiscono all'azione politica e, in pratica, aiutano a organizzare, indirettamente, la sottomissione di vari settori sociali all'ordine capitalista e alla logica del mercato.

Questi due decenni di esperienze frammentate ci portano alla conclusione che, ora più che mai, le avanguardie politiche hanno un ruolo fondamentale nel processo di trasformazione sociale. Solo esse esattamente possono condurre e orientare i vari movimenti sociali con una piattaforma strategica di emancipazione dell'umanità, che significa rovesciare l'imperialismo e il capitalismo e transitare per la costruzione della società socialista.

* Dottorato di ricerca in economia per la Unicamp, con post-dottorato nella stessa istituzione. Autore, tra le altre, di A globalização e o capitalismo contemporâneo e a política salarial no Brasil.


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