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Migranti, i morti viventi destinati a morire mille altre volte

Ilka Oliva Corado | cronicasdeunainquilina.com
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

28/05/2018

Le tracce più visibili delle dittature imposte dagli Stati Uniti in America Latina, si possono vedere tutti i giorni nelle migliaia di migranti costretti ad abbandonare i loro paesi d'origine per tentare di salvare la vita, in cerca di un rifugio e di sostentamento negli Stati Uniti, che gli esperti dell'inganno presentano come la Mecca, come l'acqua che placa la sete, come la terra dei sogni in cui tutti i desideri diventano realtà.

Un'America Latina impoverita dai governi neoliberisti succeduti alle dittature, formati da una moltitudine di corrotti e saccheggiatori, che hanno creato bande dedite al narcotraffico e alla tratta delle persone, che agiscono dal cuore stesso dello Stato, rendendo questo viaggio la peggiore tortura per chi riesce a sopravvivere nel cammino verso gli Stati Uniti. A questo si aggiunge l'opera delle pattuglie di frontiera, che adorano la carne dei migranti, in ogni senso.

Ma la tragedia non è solo al confine tra Stati Uniti e Messico. La si ritrova in ciascuna delle migliaia di vite perse durante il loro errare migrante. La disgrazia è nel paese di origine che li ha violentati, negando loro opportunità di sviluppo e accesso a una vita completa. Uno Stato che li esclude e li stigmatizza, che li uccide con le carestie e l'epurazione sociale. Che li fa scomparire nel traffico di persone a scopo di sfruttamento sessuale, lavorativo e per il traffico di organi. Dei morti viventi che migrano, solo per morire altre mille volte lungo la strada, ed essere nel paese di arrivo la manodopera a basso costo che viene di nuovo sfruttata e violentata.

E muoiono dal momento in cui hanno deciso di migrare, muoiono prima di aver oltrepassato il confine che li porterà via dal loro nido, dai loro affetti e dai loro sogni. E muoiono di nuovo ogni giorno, quando i paesi fratelli li maltrattano, li discriminano, li abusano, li fanno sparire e li uccidono. E muoiono affogati nei mari, nelle piccole zattere che cercano di raggiungere Porto Rico, quando lasciano la Repubblica Dominicana. E muoiono di nuovo quando arrivano al confine tra Stati Uniti e Messico, quando la polizia di frontiera, in un vile atto disumanizzante, li stermina. E muoiono di nuovo quando entrano nel paese di arrivo, che nel calvario migratorio finisce per diventare il loro paese di residenza.

Questi migranti, che sono stati costretti a lasciare i loro paesi di origine, sono bambini che vivono tra le discariche pubbliche, quelli che puliscono i vetri ai semafori, quelli che scaricano le cassette nei mercati, quelli che sniffano la colla. Quelli le cui squadre raccolgono caffè, verdura e frutta. Quelli che lasciano i polmoni nei campi di canna da zucchero bruciati. Quelli che spaccano pietre. Sono le ragazze oltraggiate nei bordelli e nelle case d'appuntamento, se sopravvivono al viaggio.

Sono padri di famiglia che lavorano dall'alba al tramonto spazzando strade, pulendo edifici, imbiancando i muri. Sono madri che hanno lasciato la vita nelle maquiladoras, nei refettori, negli scantinati degli ospedali, nelle strade.

Operai e contadini di tutte le età che i governi dei loro paesi d'origine hanno emarginato sin dalla nascita, che sono stati stigmatizzati di generazione in generazione, che sono parte della ferita viva di un tessuto sociale frammentato nella memoria e nella dignità.

Questa orda di corrotti traffica con le imprese transnazionali, vende all'asta le risorse naturali di intere comunità, uccide i contadini cui hanno strappato la terra, costringendo interi villaggi all'esodo, che è una delle forme che assume la migrazione forzata.

Questi mafiosi, questi criminali che compongono i governi, che effettuano raid in periferia, uccidendo e facendo sparire i bambini e i giovani che hanno il coraggio di levare la voce per chiedere la possibilità di crescere e che invece vengono costretti a commettere crimini o a emigrare.

Le cause delle migrazioni forzate sono evidenti. Sono le società disumane avvelenate di classismo e razzismo e coprono gli abusi di Stato verso i più vulnerabili. Governi corrotti che seguono con puntualità l'agenda delle oligarchie e delle potenze che praticano l'ingerenza, che vedono i migranti come effetti collaterali della dominazione americana nella regione.

Migranti uccisi nella vita che muoiono ogni giorno in terre lontane: stuprati, picchiati, torturati, uccisi e scomparsi. I sopravvissuti sono stigmatizzati e muoiono di nuovo ad ogni alba, nel paese di transito, arrivo, residenza, destinazione e ritorno. Perché le deportazioni di massa fanno anche parte della violenza esercitata dagli Stati Uniti e dal resto dei paesi latinoamericani con governi neoliberali.

Indipendentemente da quale partito sia il presidente degli Stati Uniti, l'agenda migratoria rimane la stessa. Finché l'America Latina non si libererà delle ingerenze straniere e dei governi neoliberisti, l'unica via d'uscita per migliaia di persone continuerà ad essere la migrazione forzata.

Nel frattempo, chi prenderà le parti di chi emigra, di quei morti viventi che sono destinati a morire mille altre volte?


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