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La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani a 70 anni: è tempo di decolonizzarli!

Ajamu Baraka | blackagendareport.com
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

05/12/2018

La promessa dei diritti umani post Seconda guerra mondiale era un patto per soli bianchi, ma l'approccio mutuato dal People-Centered Human Rights cerca la liberazione e la trasformazione mondiale.

"Se i diritti umani devono avere un che di prodigioso, una qualche applicabilità universale, qualche valore, devono essere sottratti dalla barbara presa dell'Europa e de-colonizzati".

"... il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo."

Queste sono le parole del preambolo della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (UDHR) promulgata 70 anni fa il 10 dicembre 1948. Dovevano riflettere una nuova comprensione delle cause della guerra e un impegno per i valori più alti della "comunità internazionale".

L'UDHR è stato il primo principale strumento prodotto dalle Nazioni Unite (ONU), un'istituzione creata alla fine della Seconda guerra mondiale. La sua creazione è stata salutata come una svolta che avrebbe dato sostanza istituzionale all'impegno degli Stati membri di promuovere la cooperazione internazionale, impegnarsi in relazioni pacifiche tra gli Stati e rispettare i diritti umani e le libertà fondamentali.

Secondo Elenore Roosevelt, moglie del presidente Roosevelt e rappresentante degli Stati Uniti presso la Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite, la struttura responsabile della produzione della UDHR, la Dichiarazione rifletteva quei diritti naturali ed inalienabili che, tuttavia, non erano sempre stati visti come tali, ma che nelle circostanze appropriate potevano essere rivelati e alimentati.

"Invece di riconoscere la dignità e il valore intrinseco degli individui e delle collettività, il periodo postbellico è stato un'epoca di depravazione umana".

Molti hanno pensato che la Dichiarazione universale dei diritti umani, con i suoi impegni in materia di libertà di pensiero e parola, di assemblea, educazione, sicurezza sociale nel corso di tutta la vita, salute, nutrizione, diritto alla cultura, ecc., rappresentasse la speranza di una comunità internazionale che aveva imparato dalla carneficina della Seconda guerra mondiale, che era cresciuta di conseguenza e pronta collettivamente per ricercare la dignità di tutti.

70 anni dopo, il dato storico è chiaro. Invece di riconoscere la dignità e il valore intrinseco di individui e collettività, il periodo postbellico è stato un'epoca di depravazione umana. Si stima che la violenza diretta e indiretta di Stato e no, abbia provocato oltre 30 milioni di morti, la distruzione di intere nazioni, la normalizzazione della tortura, l'adozione dello stupro come arma di guerra, lo sfollamento di milioni di persone e ancora una volta l'ascesa di movimenti neofascisti in Europa e negli Stati Uniti.

Cosa è successo?

Ciò che accadde fu la continuazione del patriarcato coloniale/capitalista suprematista bianco paneuropeo. Il progetto storico aveva temporaneamente deviato a causa della guerra, con i tedeschi che avevano portato indietro in Europa e applicato ad altri europei gli orrori che il dominio coloniale europeo aveva scatenato nelle "Americhe" dal 1492. Ma una volta disfattisi di Hitler, la brutalità sistematica che creò "l'Europa" è proseguita.

"La suddivisione degli esseri umani in coloro che avevano diritti e coloro che potevano essere assassinati, schiavizzati e stuprati, condannava i non europei colonizzati a ciò che Fanon chiamava la zona del non essere".

La dottrina della scoperta, della schiavitù, del destino manifesto, del fardello dell'uomo bianco, della responsabilità di proteggere: sono tutte espressioni ideologiche e politiche che rappresentano ciò che Enrique Dussell chiamava la parte inferiore della cosiddetta modernità occidentale. Quella parte inferiore che razionalizzava la suddivisione degli esseri umani in coloro che avevano diritti e coloro che potevano essere assassinati, schiavizzati e stuprati, condannava i non europei colonizzati a ciò che Fanon chiamava la "zona del non essere".

Il progetto paneuropeo rappresentava una logica e un fondamento razionale al centro dell'identità europea e delle sue fondamenta materiali. Ha creato un imperativo a cui non si poteva facilmente rinunciare, senza negare l'idea stessa e la materialità dell'Europa e ciò che era inteso come modernità.

Pertanto, c'era sempre una contraddizione interna nel pensiero europeo, messo a fuoco e rafforzato durante il cosiddetto Illuminismo, che produceva una malattia analitica e concettuale che può essere spiegata solo come una sorta di psicopatologia.

Nell'agosto del 1941, con la marcia nazista che attraversava l'Europa, la forza retorica dei diritti umani collettivi trovò espressione nella Carta Atlantica prodotta dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna. La Carta affermava tra gli altri principi che "tutte le persone hanno il diritto di scegliere la forma di governo in base alla quale vivere".

Dichiarò coraggiosamente che per le persone a cui era stato negato questo diritto fondamentale, la guerra doveva restituire "i diritti sovrani e l'autogoverno a coloro che ne sono stati forzatamente privati".

"La Carta affermava tra gli altri principi che tutte le persone hanno il diritto di scegliere la forma di governo in base alla quale vivere".

Per i 750 milioni di persone assoggettate al colonialismo e le decine di migliaia arruolate a combattere nella guerra, questa era musica per le orecchie.

La Carta Atlantica servì come base per la Dichiarazione delle Nazioni Unite, nel gennaio 1942 da ventisei nazioni allora in guerra e successivamente da ventuno altre nazioni. La Dichiarazione ha approvato la Carta Atlantica e ha espresso la convinzione che la completa vittoria sui nemici è essenziale per difendere la vita, la libertà, l'indipendenza e la libertà religiosa e per preservare i diritti umani e la giustizia nelle proprie terre e nelle altre.

Infine, molti dei soggetti coloniali ritenevano che i principi della guerra e della lotta contro il razzismo e il dominio bianco in Europa avrebbero permesso a tutti coloro che erano ancora colonizzati e a cui erano negati i diritti democratici nazionali di assumere un nuovo status di esseri umani completi e di esercitare i propri diritti nazionali come europei bianchi.

Tuttavia, Winston Churchill e Franklin Delano Roosevelt, il leader britannico e il leader statunitense hanno chiarito che i principi contenuti nella Carta Atlantica non si applicavano ai soggetti coloniali nei territori coloniali, ma solo a quelle nazioni in Europa sotto il "giogo nazista".

Cosa è successo all'idea dei diritti umani?

Samuel Huntington fu esplicito in Clash of Civilizations, sostenendo che l'Occidente ha vinto il mondo non per la superiorità delle sue idee o dei suoi valori o della religione (a cui pochi membri di altre civiltà sono stati convertiti) ma piuttosto per la sua superiorità nell'applicare la violenza organizzata. Gli occidentali spesso dimenticano questo fatto; i non-occidentali non lo fanno mai.

Quindi, quando gli interessi di mantenere il progetto coloniale/capitalista paneuropeo, basato principalmente sulla violenza portata a sistema, si scontravano con il rispetto della "dignità intrinseca di tutti i membri della famiglia umana", i diritti umani e le libertà fondamentali, quegli altisonanti principi liberali, venivano sacrificati sull'altare della realpolitik. In realtà, non sono stati effettivamente sacrificati. Perché, come abbiamo visto, quei principi liberali non sono mai stati pensati per essere applicati ai soggetti sottoposti al colonialismo non europei.

"il leader britannico e il leader statunitense hanno chiarito che i principi contenuti nella Carta Atlantica non si applicavano ai soggetti coloniali nei territori coloniali".

Gli imperi europei del tardo diciannovesimo secolo e degli inizi del ventesimo, sfiniti per le due devastanti guerre, si ritrovarono come vassalli feriti davanti alla nuova forza egemone emergente: gli Stati Uniti, che ora erano il capo incontrastato del mondo capitalista occidentale, quello che i propagandisti imperialisti avrebbero chiamato il "mondo libero".

Britannici, francesi e portoghesi che dipendevano ancora dai loro imperi coloniali per quanto indeboliti dalla guerra, furono costretti a tentare di imporsi nuovamente ai loro sudditi colonizzati dopo la guerra. Questi sforzi furono sostenuti dagli Stati Uniti in quello che Kwame Nkrumah chiamava il processo postbellico di "imperialismo collettivo".

Pertanto, nonostante la promulgazione dell'UDHR, i diritti umani individuali e collettivi sono stati violati in Algeria e in Vietnam, in Kenya, in India e infine in Angola e Mozambico e in molte altre nazioni. L'impegno a mantenere la dominazione coloniale/capitalista europeo portò ad un vero bagno di sangue in cui morirono letteralmente milioni di persone e intere nazioni e culture vennero distrutte.

Ma ciò che è incredibile in questa orgia di morte e distruzione imposta a così tante persone nel corso dei decenni e dei secoli, è che mentre commetteva genocidi e schiavizzava e perfezionava nuove e più efficaci armi di distruzione di massa, il mondo occidentale affermava di essere il paladino dei diritti umani.

L'impegno occidentale nei confronti dei diritti umani e delle libertà fondamentali si è rivelato per l'ennesima volta la menzogna di sempre nei riguardi dei popoli colonizzati del mondo. E con il cinismo e la psicopatologia generati dalla disfunzione cognitiva della supremazia bianca, gli Stati Uniti e il mondo occidentale si proclamarono creatori e campioni dei diritti umani mentre il sangue scorreva attraverso il pianeta.

"L'impegno a mantenere la dominazione coloniale/capitalista europeo portò ad un vero bagno di sangue in cui morirono letteralmente milioni di persone".

Se i diritti umani devono avere un che di prodigioso, una qualche applicabilità universale, qualche valore, devono essere sottratti dalla barbara presa dell'Europa e de-colonizzati.

La disfunzionalità cognitiva della coscienza suprematista bianca rende gli europei infettati da questa malattia, incapaci di "vedere" la storia contraddittoria del pensiero liberale dall'Illuminismo al periodo contemporaneo che continua a suddividere gli esseri umani e le civiltà e le culture umane. La presunta superiorità delle culture e dei popoli occidentali non viene minimamente disputata: il suo sviluppo materiale, le meraviglie della sua scienza, la varietà dei suoi beni di consumo sono tutte testimonianze della sua innata superiorità.

Il problema è che tutto questo si basa su bugie. Come ci ha ricordato Franz Fanon, l'Europa è una creazione del colonialismo.

Questa è stata la terribile contraddizione nel cuore del progetto coloniale europeo. La netta divisione degli esseri umani tra coloro che hanno diritti e quelli che non ne hanno è ed è sempre stata e una distinzione razziale. In che altro modo si può spiegare come un Benjamin Netanyahu, un criminale le cui mani grondano del sangue dei palestinesi possa essere onorato dal Congresso degli Stati Uniti, mentre Marc Lamont Hill può essere licenziato dalla CNN per aver difeso i diritti dei palestinesi?

"La netta divisione degli esseri umani tra coloro che hanno diritti e quelli che non ne hanno è ed è sempre stata e una distinzione razziale".

Pertanto, non è una coincidenza che lo stesso anno in cui è stata promulgata la UDHR, Israele sia nata come nazione dopo aver costretto con il terrore oltre 750.000 palestinesi ad abbandonare le loro case e territori, e i nazionalisti bianchi olandesi presero il potere in Sudafrica, avviando il loro sistema di apartheid razziale, ed è lo stesso anno che entrambe le nazioni sono state accolte nella comunità delle nazioni senza molte polemiche.

Gli unici che sottolinearono la contraddizione insita nel riconoscere un regime come quello sudafricano e mettevano in discussione la spogliazione dei diritti dei palestinesi, erano gli afroamericani impegnati strenuamente nella richiesta di appoggio presso le Nazioni Unite per la fine del colonialismo e dell'oppressione razziale negli Stati Uniti e in tutto il mondo coloniale.

La creazione del pensiero suprematista bianco, rappresentato dal liberismo classico che converge con la necessità materiale della dominazione per sfruttare, rappresenta un certo tipo di dialettica colonialista che ha assicurato il fallimento del progetto dei diritti umani statocentrico, legalista e liberale degli ultimi 70 anni, mentre scatenava un'epoca protratta di capitalismo parassitario.

L'idea dei diritti umani oggi serve principalmente come supporto ideologico per l'imperialismo aggressivo. La versione del "fardello dell'uomo bianco" del XXI secolo si riflette nel concetto di "intervento umanitario" e nella "responsabilità di proteggere".

"L'idea dei diritti umani oggi serve principalmente come supporto ideologico per l'imperialismo aggressivo".

L'intervento umanitario e il diritto di proteggere evocano l'insipiente presupposto suprematista bianco che la "comunità internazionale" - intesa come i governi del capitalismo/colonialismo occidentale - ha il dovere e il diritto di arrestare, bombardare, invadere, perseguire, sanzionare, uccidere e violare la legge internazionale ovunque sul pianeta per "salvare" le persone sulla base delle proprie determinazioni e dei propri valori.

Come ho già detto in molte occasioni:

"De-contestualizzato dalla realtà della dominazione euro-americana globalizzata, l'idea che ci sia una responsabilità collettiva da parte degli stati di proteggere le persone dalle violazioni gravi e sistematiche dei diritti umani associate a crimini di guerra, genocidio, crimini contro l'umanità e pulizia etnica, potrebbe essere vista come uno sviluppo progressivo delle relazioni internazionali e della moralità globale, anche se tale protezione è offerta in modo selettivo. Ma nelle mani di una arrogante minoranza che domina ancora il sistema internazionale e vede il suo progetto di civiltà rappresentare l'apice dello sviluppo umano, il diritto di proteggere è diventato una comoda copertura per razionalizzare e giustificare la continua egemonia globale euro-americana attraverso l'uso di interventi armati per rimodellare le realtà locali in linea con gli interessi geopolitici occidentali".

Tuttavia, l'idea dei diritti umani non deve essere gettata via, ma deve essere decolonizzata se vuole avere un valore per le persone e le classi oppresse.

Dobbiamo abbracciare ed esercitare la tradizione radicale nera dei diritti umani e la sua successiva evoluzione, che chiamo "Diritti umani incentrati sulle persone" (PCHR).

People (s) - Centered Human Rights (PCHR) sono quei diritti non oppressivi che riflettono il più alto impegno per la dignità umana universale e la giustizia sociale che individui e soggetti collettivi definiscono e tutelano da soli attraverso la lotta sociale.

Questo è l'approccio della Black Radical Tradition to human rights. È un approccio che vede i diritti umani come un'arena di lotta che, quando radicata e informata dai bisogni e dalle aspirazioni degli oppressi, diventa parte di una strategia globale unificata per la decolonizzazione e il cambiamento sociale radicale.

La caratteristica che distingue la struttura centrata sulla gente da tutte le scuole teoriche e pratiche prevalenti dei diritti umani è che si basa su una comprensione esplicita che per realizzare l'intera gamma dell'idea dei diritti umani ancora in sviluppo è necessario: 1) una rottura epistemologica con un'ortodossia sui diritti umani fondata sul liberalismo euro-centrico; 2) una riconcettualizzazione dei diritti umani dal punto di vista dei gruppi oppressi; 3) una ristrutturazione delle relazioni sociali prevalenti che perpetuano l'oppressione; e 4) l'acquisizione del potere da parte degli oppressi per realizzare quella ristrutturazione.

"L'approccio PCHR fornisce quella struttura etica alternativa per dare forma a una politica di trasformazione".

Concordiamo con Bell Hooks che ci ricorda che "per impegnarci nella giustizia dobbiamo credere nell'etica, fondamentale per avere un sistema di moralità condivisa". L'approccio PCHR fornisce quella cornice etica alternativa per dare forma a una politica di trasformazione, indipendentemente dall'orientamento ideologico di ognuno.

L'approccio PCHR è fondato sulle esperienze delle persone, fonte della sua legittimità. È, quindi, un prodotto storico nato dall'oppressione, che copre varie "aree" e impegnato nella trasformazione sociale globale. È un tentativo di sviluppare una politica di integrità quando si tratta di diritti umani. Una politica dell'essere integro che, nelle parole dell'attivista di Portorico Aurora Levins Morales: non sacrifica né il globale né il locale, non ignora le strutture del potere istituzionale né il loro impatto più personale sulla vita delle singole persone. Questo integra ciò che l'oppressione continua a infrangere. Questo ristabilisce le connessioni, non solo con il futuro che sogniamo, ma con il presente glorioso, tumultuoso, pieno di speranza, disordinato e incoerente che viviamo.

Non abbiamo altri 70 anni per decolonizzare. Le contraddizioni ecologiche, sociali, economiche, politiche e spirituali della modernità, ancora guidate dal colonialismo occidentale, rivelano i termini della lotta. O noi (il popolo come progetto storico ancora in formazione) rovesciamo l'oligarchia borghese globale e costruiamo un nuovo mondo, o sperimenteremo quella che alcuni chiamano la sesta estinzione. È ancora tutto nelle nostre mani, ma non ci resta molto tempo.


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