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Clima: la manipolazione

Partito comunista rivoluzionario di Francia | pcrf-ic.fr
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

26/05/2019

Oggi assistiamo a uno sfruttamento irrazionale e irragionevole delle risorse del pianeta. Rammentiamolo: ogni anno dal 1° agosto, abbiamo consumato tutte le risorse che la terra può produrre in un anno. Ogni anno il nostro debito aumenta esponenzialmente.
Gli approfondimenti giornalistici si moltiplicano, gli scienziati sono in allerta, le persone stanno diventando sempre più consapevoli, i giovani esprimono le loro preoccupazioni, anche di fronte al Parlamento europeo, in questi giorni di elezioni europee.

È un grido che cade nel vuoto?

Il rapporto dell'IPCC (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico), pubblicato lo scorso 8 ottobre, è più che preoccupante. Secondo gli esperti, è indispensabile limitare l'aumento della temperatura a 1,5°: oltre a ciò, le conseguenze sarebbero catastrofiche. Pertanto, gli sforzi da mettere in campo sono colossali e il 2018 passerà alla storia come l'anno del record delle emissioni di CO2.

Cosa possiamo fare?

Siamo necessariamente condannati a limitarci all'azione individuale (limitare i consumi, riciclare, prendere la bici piuttosto che l'auto) e lasciare agire i nostri governanti? Nonostante l'apparenza di azione da parte di questi ultimi, constatiamo che la situazione non migliora. Le misure e le riforme sono un Godot che non possiamo più aspettare.

Il problema sembra essere altrove: sebbene le azioni [in contrasto al degrado ambientale] siano necessarie quotidianamente, la questione dell'ambiente è soprattutto politica, ossia su una scala più ampia di quella consentita dall'azione individuale. Aspettare che le persone cambino volontariamente, nelle condizioni attuali, significa destinarsi a un'utopia mortale.

Come possiamo cambiare tutti nel nostro modo di agire, se la società in cui viviamo condona l'inquinamento su larga scala delle imprese per i profitti dei padroni?

Il problema è che la questione climatica è strumentalizzata dal governo Philippe/Macron. Il problema dell'ambiente serve alla manipolazione delle masse da parte dello stato borghese. È necessario ricordare l'elemento scatenante del movimento dei giubbotti gialli. All'inizio, era la tassa sul carburante che aveva cristallizzato tutta la rabbia che non sapeva esprimersi. Per milioni di lavoratori, quella è stata la scintilla che ha innescato le polveri. Obbligati a vivere in periferia a causa delle speculazioni immobiliari, costretti a lavorare in aree di attività sempre più remote, indotti a frequentare grandi aree commerciali a causa della scomparsa di negozi locali, forzati a utilizzare l'automobile per mancanza di trasporti pubblici o loro inadeguatezza, i lavoratori, ma anche gli abitanti delle aree rurali, i pensionati e i disoccupati, vengono anche attaccati dal governo e dal Presidente della Repubblica, che mentono spudoratamente per far passare la loro linea politica.

Le tasse sul petrolio e tutte le misure contro gli automobilisti hanno poco a che fare con la cosiddetta transizione energetica o ecologica. Dietro questa demagogia ecologista, la legge Macron consente lo sviluppo del trasporto pubblico con autobus diesel. Stiamo parlando dell'inquinamento atmosferico causato dalle auto, ma ciò non impedisce a questo governo di attaccare la SNCF chiudendo le piccole linee, le stazioni di campagna e la rimozione dei treni. Il trasporto con camion cresce a discapito della ferrovia. Il prezzo dei biglietti aumenta parallelamente con il prezzo della benzina e per tre persone, il costo del viaggio in auto rimane inferiore a quello del treno.

Macron spiega che si tratta di finanziare la transizione energetica, ma se c'è qualcuno che deve finanziare, sono quelli che, dagli anni cinquanta del secolo scorso, hanno imposto i trasporti su strada: i petrolieri, le case automobilistiche, i monopoli del BTP [settore dell'ingegneria civile e lavori pubblici] come Bouygues e Vinci e non i lavoratori che hanno subito questa politica.

Con il "grande dibattito", meglio chiamarlo "grande imbroglio", Macron ha tentato una nuova operazione di distrazione. In questo dibattito sull'ambiente è stato sollecitato un dibattito nelle scuole superiori, mentre nel contempo è stata propagandata una vasta campagna con appelli emotivi alla mobilitazione contro l'inquinamento, lanciati presumibilmente dagli studenti delle scuole. I giovani che si erano mobilitati contro la riforma scolastica di Blanquer non hanno avuto altrettanta visibilità mediatica.

Certo la questione ambientale è giusta: ma per quanto importante siano le questioni sollevate, è stato un modo di deviare i giovani da altri problemi che devono affrontare: l'assenza di un futuro a causa della disoccupazione, il rafforzamento della selezione sociale, l'indebitamento, le drammatiche difficoltà materiali che affliggono una parte crescente di questi giovani. Si intende utilizzare i giovani e l'ambiente per giustificare una politica reazionaria, anche in materia ambientale, da parte di un governo assediato.

E' su questo lancio iniziale che è stato creato il movimento internazionale dello sciopero studentesco sul clima. In questo movimento, la personalità della teenager svedese Greta Thunberg è stata messa in primo piano, al punto di farne un nuovo idolo nella lotta per l'ecologia. Questa giovane attivista è andato al World Economic Forum di Davos, dove ogni anno si incontrano i leader politici e gli imprenditori (i capitalisti) delle più grandi potenze imperialiste. Nel 2019 era presente accanto ai primi ministri giapponese, tedesco e spagnolo, il nuovo presidente fascista del Brasile, Jair Bolsonaro. Senza dubbio questi individui sono soprattutto preoccupati dai problemi dell'ecologia...

Ciò che gli attivisti ambientali devono capire è che la lotta per la questione ambientale è inseparabile dalla lotta di classe. È il modo di produzione capitalistico che mette in pericolo il pianeta e il clima, perché questo regime è condizionato dalla corsa ai profitti e non dai bisogni della popolazione. Solo la produzione socialista pianificata, tenendo conto di questi bisogni, può risolvere la questione dell'ambiente nell'interesse dei lavoratori e della popolazione in generale e non nell'interesse dei grandi gruppi capitalistici.


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