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N.  1 - 20 novembre 2004 - Tribunale Aia NOTIZIE


Cronache, Documentazioni, Informazioni, Aggiornamenti
su e dal processo del Tribunale Penale Internazionale dell’Aja per i crimini nella ex Jugoslavia, TPIJ


Milosevic : Restituitemi il diritto a difendermi da solo!

Deputata Greca testimonia in favore di Milosevic

Milosevic : Nessun assedio di Sarajevo

Milosevic : Srebrenica è stato un complotto per screditare i serbi

Lettera Aperta di Ramsey Clark a Kofi Annan

Uno scandalo di irregolarità nel tribunale penale internazionale per la Jugoslavia

Documentazione



 

Dal TPIJ : Processo a milosevic

Milosevic : "Restituitemi il diritto a difendermi da solo!"



1. Processo a Milosevic: i giudici potrebbero intimare ad alcuni testimoni di deporre (AFP, 18 ottobre)
2. Milosevic : "restituitemi il diritto a difendermi da solo!" (AFP, 21 ottobre)
3. Il processo a Milosevic aggiornato al 9 novembre per la defezione dei testimoni (AFP, 22 ottobre)
4. Le Monde : Il processo a Slobodan Milosevic volge al pasticcio e alla confusione (23 ottobre 2004)

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Processo a Milosevic: i giudici potrebbero intimare ad alcuni testimoni di deporre
(AFP, 18 ottobre)

LA HAYE (AFP) – Lunedì, i giudici del Tribunale Penale Internazionale per la l'ex-Yugoslavia hanno assicurato che non esiteranno ad inviare mandati di comparizione al processo a Slobodan Milosevic, visto che la metà dei testimoni si è sollevata dall’impegno sulla questione del Kosovo, rifiutando la propria partecipazione.

Questi testimoni recalcitranti protestano soprattutto contro la decisione del TPI di assegnare d’ufficio all’ex Presidente jugoslavo due avvocati, contro la sua volontà. 

" Certamente che una citazione a comparire è l’ultima via di uscita, ma, se tutte le procedure si saranno esaurite, la Corte emetterà dei mandati di comparizione.", ha dichiarato il giudice Patrick Robinson, al momento di un’udienza sulle procedure.
"Noi dobbiamo dimostrare ai testimoni che questo processo è di una importanza fondamentale", ha aggiunto.
Durante la fase riservata all’accusa, i giudici avevano già costretto alcuni testimoni a a recarsi all’Aia.

Circa la metà dei 138 testimoni convocati per la difesa del Signor Milosevic relativamente alla questione del Kosovo non vogliono comparire in tribunale, fintantoché l’ex Capo di Stato non condurrà da solo la propria difesa, così ha affermato il giudice Robinson, sulla base delle informazioni fornite alla Corte dagli avvocati assegnati d’ufficio.

Queste persone testimoni sono esperti, ex membri del regime di Slobodan Milosevic, comunemente definiti "iniziati", funzionari internazionali che erano in servizio nei Paesi della ex Yugoslavia, o ancora dei testimoni di ordine generale sugli avvenimenti nella provincia del Kosovo.

I giudici sperano che la decisione, che verrà presa dopo il ricorso in appello contro la designazione degli avvocati, permetterà di sbloccare la situazione e convincerà alcuni testimoni recalcitranti a venire a deporre volontariamente.  

Giovedì, la Corte d’Appello del TPI esaminerà gli argomenti delle parti favorevoli e contrari alla designazione dei due avvocati. Successivamente, la Corte dovrebbe pronunciarsi sulla sua decisione.

Alcuni esperti giuridici dubitano che un’ingiunzione a testimoniare possa migliorare lo svolgimento del processo, se i giudici d’Appello confermassero i due avvocati assegnati d’ufficio. 

"Un funzionamento al forcipe non sarebbe molto felice ", ha sottolineato a questo proposito Joël Hubrecht, esperto dell’Istituto (francese) per gli alti studi sulla giustizia. 

"Le citazioni a comparire non costituiscono veramente una soluzione, in quanto i giudici sono dipendenti dalla volontà degli Stati a farle applicare, o dal Consiglio di sicurezza, e nel passato si è visto che gli Stati cooperano più o meno bene", ha spiegato all’AFP Heikelina Verrijn Stuart, una giurista olandese che segue il processo come esperta per i mezzi nazionali d’informazione. La giurista trascura che i testimoni "stanno decidendo di non presentarsi soprattutto per ragioni politiche", ma invece pensa che sia stata la designazione degli avvocati a impedire un sostanziale miglioramento allo svolgimento del processo. 
Lei afferma inoltre che "i giudici sembrano ossessionati dalla celerità del processo, ma non è questo l’argomento più importante", valutando che Slobodan Milosevic non conduceva poi così male la propria difesa.

I giudici hanno nominato il 2 settembre due avvocati britannici come assistenti dell’ex Presidente, dato che il processo era stato interrotto a più riprese in ragione dei problemi di salute di Milosevic e per questo l’accusa chiedeva che l’autodifesa non fosse ulteriormente consentita.

Slobodan Milosevic era comparso, dopo il 12 febbraio 2002, per rispondere a più di 60 accuse di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra, per il suo ruolo nei tre più importanti conflitti che hanno devastato i Balcani, negli anni novanta, in Croazia, Bosnia e Kosovo.
Queste tre guerre hanno fatto più di 200.000 morti.

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Milosevic : "restituitemi il diritto a difendermi da solo!"
(AFP, 21 ottobre)


Giovedì, 21 ottobre, l'ex Presidente yugoslavo Slobodan Milosevic ha presentato la sua istanza di reclamo alla Corte d’Appello del Tribunale Penale Internazionale per l'ex-Yugoslavia, che gli venga restituito il diritto a difendersi personalmente, sostenuto in questa istanza dai suoi avvocati d’ufficio, che si sono dichiarati impossibilitati a sostenere il compito loro assegnato. 

"Quello che io voglio, è che mi si renda il diritto alla mia autodifesa, di chiamare i testimoni e di interrogarli", ha preteso con enfasi l’ex uomo forte di Belgrado. "Non poso recedere di un passo, in quanto si tratta di una questione di principio, dalla quale io non demorderò mai ".

M. Milosevic è intervenuto davanti alla Corte d’Appello del TPI, che sta esaminando un ricorso contro la designazione d’ufficio degli avvocati difensori. La Corte a preso questa decisione all’inizio di settembre, contro il parere dell’accusa, dopo alcuni rapporti medici che stabilivano che Milosevic non era in grado di assicurare la propria difesa. La Corte di appello non ha fissato alcuna data per prendere la propria decisione e martedì 26 ottobre dovranno riprendere le udienze regolari.

M. Milosevic ha spiegato che l’assegnazione di avvocati era un elemento di una  "campagna che va avanti da tre anni per impedirmi di parlare".
"Nessun avvocato è in grado di rappresentarmi, questo è un processo politico", così ha dichiarato. "Questo va al di là della competenza di un avvocato. La verità sugli avvenimenti nella ex-Yugoslavia deve essere finalmente detta in questo luogo!".

Dal suo canto, l’avvocato britannico Steven Kay, uno dei due difensori del Signor Milosevic, ha dichiarato la sua impotenza: "Il sottoscritto e il mio gruppo non riusciamo a svolgere le nostre funzioni. Ci si inganna se si crede che quella che stiamo mettendo in atto sia una difesa corretta."
"La gestione spicciola degli atti processuali mi pone in una situazione etica e professionale difficile ", ha aggiunto, evocando in particolar modo il "conflitto" e "l'antagonismo" fra l’accusato e lui stesso, e il rifiuto di numerosi testimoni a difesa a comunicare con lui.
"Io ho provato", ha assicurato Steven Kay, "ma a questo punto è tutto inutile! Non posso difendere questo caso in modo efficace e corretto".

Un po’ più tardi, il Signor Milosevic ha dato assicurazioni di non avere "nulla di personale" contro il Signor Kay.

"Se Kay da le dimissioni, tutto diventerà problematico", ha commentato all’uscita dall’udienza Ana Uzelac, che segue il processo per conto della Fondazione dell’Institute for War and Peace Reporting (IWPR). "Teoricamente, esiste una pletora di avvocati che sarebbero ben felici di assumere l’incarico, ma personalmente non vedo chi potrebbe essere in grado di riprendere in mano la questione, senza aver bisogno di una lunga sospensiva".

L'accusa ha fatto di tutto per perorare il blocco degli avvocati, stimando che il Signor Milosevic stia utilizzando il suo stato di salute, che si è aggravato per una assunzione di farmaci poco corretta, per controllare lo svolgimento del processo. 
Iniziato nel febbraio 2002, il processo a Slobodan Milosevic è stato sospeso una dozzina di volte, dato che l’accusato, dell’età di 63 anni, soffre soprattutto di ipertensione. 

"Chi dirige questo Tribunale : l’accusato o i giudici incaricati di fare questo lavoro?", ha domandato il Procuratore Geoffrey Nice.

Il signor Nice ha denunciato il comportamento "irrazionale" dell'accusato, che pronuncia discorsi di natura storico-politica senza evocare i fatti che gli sono addebitati, e alla fine è sbottato: "Quest’uomo è incapace a rappresentare se stesso!".


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Il processo a Milosevic aggiornato al 9 novembre per la defezione dei testimoni
(AFP, 22 ottobre)

Venerdì 22 ottobre, i giudici del Tribunale Penale Internazionale (TPI) per l'ex-Yugoslavia hanno aggiornato il processo all’ex Presidente yugoslavo Slobodan Milosevic fino al 9 novembre, non avendo la difesa più testimoni da far deporre fino a quella data. 
Questa decisione, così ha indicato il tribunale in un comunicato, ha fatto seguito a una dichiarazione degli avvocati difensori d’ufficio secondo i quali la difesa «non ha più testimoni per la settimana che va dal 22 al 28 di ottobre». 
I giudici avevano previsto già una sospensione del processo per una settimana a partire dall’1 novembre, e questo significa che questo processo fiume, che è iniziato nel febbraio 2002, riprenderà il 9 novembre, al termine di due settimane di pausa.

Circa la metà dei 138 testimoni convocati dalla difesa del Signor Milosevic per la questione Kosovo non vogliono andare a deporre, finché all’ex Presidente yugoslavo non verrà assicurata la sua autodifesa. 
Giovedì, la Corte d’Appello del TPI ha preso in esame un ricorso sostenuto dai suoi avvocati d’ufficio contro la designazione d’ufficio di avvocati, che ricusano il Signor Milosevic, dichiarando l’incapacità a svolgere il loro compito. La Corte d’Appello non ha fissato alcuna data per pronunciarsi in merito.

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Le Monde : Il processo a Slobodan Milosevic volge al pasticcio e alla confusione
di Stéphanie Maupas (23 ottobre 2004)

Lo sguardo scuro, accentuato dalla parrucca bianca tipica degli avvocati del Commonwealth, il Signor Steven Kay, giovedì 21 ottobre, ha patrocinato contro se stesso.
Avvocato imposto all’ex Presidente Slobodan Milosevic, il Londinese ha richiesto alla Corte d’Appello del Tribunale Penale Internazionale per la ex Yugoslavia (TPIY) di concedere a questo imputato particolare il diritto a difendersi da solo nelle aule del Tribunale.
"I testimoni non si presentano e l’imputato afferma che io non difendo la sua causa", ha dichiarato l’avvocato, difendendo vigorosamente la sua stessa rinuncia.

Di fatto, centinaia di testimoni - chiamati a difesa dell’imputato – boicottano il tribunale per solidarietà con Milosevic. Tant’è vero che questo processo fiume, intentato per genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra, si trascina fra sospensioni e rinvii.

Al momento dell’audizione degli unici tre testimoni a difesa, il Signor Milosevic ha con costanza seminato dubbi sulle prestazioni dell’avvocato, accusandolo di essere di proposito contro-produttivo.
Ma ha anche rifiutato la proposta dei giudici di porre lui le domande ai testimoni, per non "raccogliere le briciole di un diritto " del quale lui dice di essere leso.
"La situazione che si è venuta a creare fra l’imputato e il gruppo di difesa d’ufficio è talmente conflittuale che noi non siamo di efficacia in questo processo", questo ha valutato il Signor Kay.

Il conflitto si è trasferito anche fuori dell’aula del tribunale, dopo la consegna di una querela contro l’avvocato davanti al Consiglio dell’Ordine dei Paesi Bassi. 
Questa procedura non sembra, comunque, turbare troppo il Signor Kay, che continua con professionalità a trasporre in termini giuridici le motivazioni politiche dell’accusato: "L'accusa non sa più a che santo votarsi e tenta di impedire all’accusato di riottenere i suoi diritti, ma sarà cosa buona anche smetterla di ingannare noi stessi, facendo credere che quella che viene presentata sia una difesa!" Per Kay, che ha già condotto due cause davanti ai tribunali per l'ex-Yugoslavia e il Rwanda, "il rischio che si sta correndo è una negazione della giustizia".

"Chi dirige questo tribunale?". Braccia incrociate sul suo scranno, il Procuratore Generale, Geoffrey Nice, contrattacca: "Chi dirige questo tribunale ?" "Noi ci troviamo in presenza di pressioni, di mercanteggiamenti, e il Signor Kay agisce come un sensale fra i giudici e l’accusato!". L’accusato fa "ostruzione", adotta un comportamento "irrazionale" e proferisce "insulti" nei confronti del tribunale, tacciandolo di essere illegale.
"É l’ospedale che si fa beffe della carità !", si adombra Steven Kay. "Qua non siamo al mercato !", rincara Slobodan Milosevic.

Il Procuratore ha insistito che "la Corte d’Appello non si sottometta alle pressioni" dell’imputato Milosevic : se lui "non vuole presentare in aula altri testimoni, la proposizione dei suoi mezzi difensivi è terminata".

Invece, i giudici dell’appello hanno disposto per altre soluzioni alternative. Essi devono decidere in modo categorico fra una "negazione di giustizia" e il pericolo di minaccia incombente sull’autorità del tribunale. Accettando di consentire al Signor Milosevic l’esplicazione nel tribunale di due ruoli, quello di avvocato e quello di imputato, consentirebbero all’ex Presidente yugoslavo la possibilità di uscirsene vincitore dalla prova di forza. L’ex uomo forte di Belgrado diventerebbe allora, per così dire, il nuovo uomo forte …dell’Aia.

traduzione di Curzio Bettio (Soccorso Popolare di Padova)



 

Aja , 19 ottobre 2004
Liana Kanelli, Deputata del Partito Comunista Greco, testimonia al Processo Milosevic dell ’Aia

 

Liana Kanelli, Deputata Comunista al Parlamento Greco, ha testimoniato al processo dell’ex Presidente della Yugoslavia Slobodan Milosevic che si tiene presso il Tribunale Internazionale per i Criminidi Guerra nella ex Yugoslavia, all’Aia.

La Signora Kanelli ha riferito all’Agenzia di Stampa della Macedonia (MPA), durante una comunicazione telefonica che, per la prima volta dall’inizio del processo, l’attenzione della corte si era rivolta ai bombardamenti della NATO sulla ex Yugoslavia, tramite le dichiarazioni ufficiali di un testimone. La Deputata al Parlamento Greco ha testimoniato sul bombardamento NATO della città di Alexinac, 30 Km a nord di Nis, avvenuto il 6 aprile 1999, che aveva prodotto molte morti di civili, sottolineando che nella città non vi erano obiettivi militari, contrariamente a quello che asserivano le forze degli Alleati per giustificare la loro azione. A quel punto, ha riferito la Signora Kanelli, i giudici le hanno mostrato una carta geografica e le hanno chiesto di indicar loro la posizione di Alexinac. Allora la Kanelli ha fatto pervenire la carta a Slobodan Milosevic, che ha reagito affermando che quella era una carta incompleta della regione e ha richiesto alle autorità della corte di procurare un’altra mappa della NATO sulla quale l’ex Presidente della Yugoslavia ha indicato la città dove è stata scritta con i bombardamenti NATO una delle pagine più nere della guerra contro la ex Yugoslavia.

La Kanelli ha dichiarato che nell’udienza di ieri era stato presentato alla corte per la prima volta un documento NATO, datato 14 aprile1999, dove veniva fatto chiaro riferimento alle vittime civili di Alexinac. La NATO in buona sostanza ammetteva che erano stati colpiti obiettivi civili.

Il Pubblico Accusatore, Jeffrey Nice, ammetteva che la NATO aveva riferito sullo specifico incidente, che l’obiettivo del bombardamento era una unità di artiglieria dell’esercito Serbo posizionata nella città e puntualizzava che l’Alleanza aveva ammesso che alcuni edifici erano stati colpiti per errore durante il raid. La Kanelli mostrava tutto il suo stupore per come gli errori e il genocidio della NATO venissero perdonati e aggiungeva che se Milosevic avesse cooperato maggiormente con i leaders occidentali, ora non si troverebbe dalla parte degli “sconfitti”, ma con i “vincitori”.

Rispondendo alla domanda su quale fosse la sua opinione nei riguardi del Tribunale Internazionale per i Crimini di Guerra, la deputata al Parlamento Greco si rivolgeva ai giudici definendoli “inquisitori del 21.esimo secolo a caccia di streghe”.
Secondo le agenzie di informazioni internazionali, quando le è stato richiesto un giudizio sulla politica della NATO e degli Stati Uniti, la Kanelli ha messo in rilievo che queste loro politiche sono neo-naziste e tutti coloro che le contrastano difendono i diritti dei popoli, una risposta che ha causato la reazione del Presidente, Giudice Patrick Robinson.

Per la cronaca, la Signora Liana Kanelli è uno dei pochi testimoni che ha accettato di testimoniare al processo Milosevic, dopo la nomina dell’avvocato Inglese Stephen Kay come difensore d’ufficio dell’exPresidente Yugoslavo. La maggior parte dei testimoni a difesa si sono rifiutati di deporre, affermando che la loro disponibilità rispondere alle domande era affidata solo a Milosevic, che ripetutamente esige di avere la possibilità di difendersi da solo.
Da  Macedonian Press Agency

 

 

Associated Press – 19 ottobre 2004

 

Deputata Greca testimonia in favore di Milosevic

 

L’Aia – Oggi, un membro del Parlamento Greco ha ribadito al Tribunale dell’Aia che le accuse di crimini di guerra nei confronti di Slobodan Milosevic erano giustificate dall’ONU solo per ragioni politiche.
Liana Kaneli aderisce come indipendente al Partito Comunista Greco;
è uno dei pochi testimoni che volontariamente vogliono deporre in favore di Milosevic, dal momento che il Tribunale dell’ONU gli ha assegnato un avvocato difensore contro la sua volontà espressa il mese scorso.

La maggior parte di coloro che sono stati messi in lista per deporre durante la fase di difesa del processo hanno mandato disdetta, in modo da esercitare pressioni sulla corte, che ritiri la sua decisione, o per creare intoppi al procedimento.
Kaneli ha affermato che se Milosevic avesse cooperato maggiormente con i leaders Occidentali “egli non si troverebbe qui con i vinti, egli sarebbe con i vincitori, e nessuno avrebbe mai congegnato un tribunale politico di tal fatta.”

Il Presidente Giudice Patrick Robinson definiva questa dichiarazione “completamente fuori da ogni regola”.
L’avvocato difensore d’ufficio Steven Kay interrogava la Kaneli sulla  sua visita in Yugoslavia durante i bombardamenti della NATO del 1999, che avevano costretto Milosevic a ritirare le sue truppe pronte ad un giro di vite sull’etnia Albanese del Kosovo, provincia meridionale della Serbia.
Milosevic aveva descritto la guerra in Kosovo come un’azione difensiva contro il terrorismo.
Kaneli testimoniava che il bombardamento del 6 aprile 1999 guidato dagli Stati Uniti sulla città di Aleksinac aveva ammazzato solo civili Serbi e distrutto edifici pubblici:  "Nella città non vi era nulla che potesse essere individuato come obiettivo militare.”

Il Rappresentante dell’Accusa Geoffrey Nice puntualizzava che invece dislocato nella città vi era un reggimento di artiglieria, e che la NATO era a conoscenza che due bombe uscite dal controllo avevano colpito edifici civili durante l’attacco aereo.
"Perchè si devono sempre scusare gli errori della NATO, il genocidio della NATO, e non quelli degli altri?"  Kaneli replicava.
Milosevic aveva interrotto molte volte per fare commenti, e alla fine raccomandava a Kay di non presentare le domande che voleva fare alla Kaneli, declinando anche l’offerta che gli veniva fatta dai giudici di proseguire lui stesso con le domande:
"Io non voglio entrare nel cuore della questione. Finché non verrà ripristinato il mio diritto all’autodifesa, tutto questo resta una pura e semplice farsa."           

Da  www.b92 BG

traduzione di Curzio Bettio (Soccorso Popolare di Padova)

 


 

“Nessun assedio di Sarajevo”, afferma Milosevic


L’ex-leader serbo dice di aver tentato di porsi come paciere in ciò che fu una battaglia attorno Sarajevo, non un assedio.

Di Chris Stephen, L’Aia  (30 ottobre 2003)

Slobodan Milosevic ha affermato questa settimana di fronte al tribunale dell’Aia, che non vi fu alcun assedio di Sarajevo durante la guerra bosniaca, bensì soltanto una battaglia fra le forze musulmane e quelle serbe schierate attorno alla città.
“…Vi fu una lotta fra serbi e musulmani, ma nessun genere di assedio…” ha dichiarato il 28 ottobre nel corso del contro-interrogatorio di un testimone protetto. “…Tutto questo è stata la conseguenza di una guerra civile…”

L’ex-presidente serbo, accusato di responsabilità per crimini di guerra durante i combattimenti in città, ha affermato che la sua conclusione era basata su carte topografiche che mostravano come le forze musulmane e serbe avessero mantenuto postazioni corrispondenti a quelle delle maggioranze etniche prebelliche.
Egli ha dipinto il proprio ruolo nella battaglia in qualità di paciere. Ha affermato: “L’unica cosa che si poteva fare era tentare di far finire tutto ciò prima possibile, ed è in quel senso che stavamo provando a agire….”

Questa affermazione ha provocato una risposta amara dal testimone, un cittadino bosniaco-musulmano di Sarajevo identificato soltanto come B-1345, che sopportò privazioni, combattimenti e la perdita sia del padre che della moglie durante la battaglia….
Milosevic ha chiesto al testimone ragguagli circa la morte di suo padre, nel 1993: “Come può sapere che è proprio quello il punto da cui fu sparato il proiettile?…” Il testimone ha detto di non aver assistito alla sparatoria contro suo padre, ma fu informato da altri che la pallottola era arrivata dalle linee serbe.

Il testimone B-1345 ha affermato di avere sentito le armi da fuoco dell’artiglieria che andarono a colpire il mercato Markale di Sarajevo il 5 febbraio 1994, provocando dozzine di morti e inducendo la NATO a parlare di incursioni aeree.
Ha dichiarato che si trovava nel suo giardino, vicino alla linea serba, e aveva sentito l’arma fare fuoco proprio all’interno del settore serbo, nel quale la giornata era quieta e con pochi combattimenti. Venti secondi dopo sentì l’impatto della granata nel centro della città.
Nel contro-interrogatorio, Milosevic gli ha chiesto: “Si ricorda che il comandante UNPROFOR (Corpo di Protezione delle Nazioni Unite) generale Rose ha affermato, dopo l’analisi del cratere, che non si poteva in alcun modo dire chi avesse lanciato la bomba?…”
A questo punto, Milosevic è stato fermato dal giudice Richard May: “ Non c’è motivo di domandargli più di quanto non si possa fare con qualunque altro spettatore casuale,”…


…Un’intera giornata è stata contraddistinta da colloqui fra Milosevic e il giudice May, in cui quest’ultimo ha dovuto interrompere diverse volte Milosevic, per intimargli di restringere il suo controinterrogatorio ad eventi riguardo cui il testimone avesse una conoscenza specifica.
Quando Milosevic ha incominciato a interrogare il testimone sulle cause che stavano alla base del bombardamento di febbraio, il giudice May è nuovamente intervenuto: “Irrilevante – gli chieda ora soltanto qualcosa di cui il testimone avesse specifica conoscenza.”
Milosevic: “Quindi non può rispondere nulla in riferimento a questi eventi?”
“Non ha conoscenze a questo proposito,” ha detto il giudice.

Milosevic ha proseguto fermamente: “Sa qualcosa, sig. 1345, circa l’esistenza di testimoni oculari i quali sostengono che la granata fu lanciata da un veicolo Land Rover che era stato adattato, modificato per tale scopo?”
Il testimone ha risposto negativamente.


Milosevic è andato avanti domandando al testimone se era al corrente di un incidente a Visoko, una cittadina a nord di Sarajevo.
“Visoko era a trentacinque chilometri da Sarajevo,” ha affermato il testimone…ma noi non avevamo nemmeno idea di ciò che accadeva a Cengic Vila (..zona periferica di Sarajevo).”
Il giudice May ha ricordato poi a Milosevic di porre domande generiche, generali, dicendo che il momento per la sua tesi difensiva sarebbe arrivato in un secondo tempo.
“Sig.May, il testimone sostiene che i serbi circondarono Sarajevo e io vorrei dimostrare che i serbi vivevano, a Sarajevo…” ha affermato con accento furente e provocatorio Milosevic, brandendo una carta geografica etnica del 1981.


(Chris Stephen è un manager dell’IWPR all’Aia)

Da www.ipr.net

Traduzione di Carla Gagliardini (Associazione SOS Yugoslavia)




Milosevic :   Srebrenica è stato un complotto per screditare i serbi


Di Abigail Levene, The Scotsman, 28-9-02

L’AIA (Reuters) – Slobodan Milosevic ha dichiarato venerdì che mercenari guidati dai leaders bosniaco-musulmani e spie dei servizi francesi eseguirono il massacro di Srebrenica del 1995, in una cospirazione ordita per far sì che l’opinione pubblica mondiale odiasse i serbi.
L’-ex leader serbo è stato portato a giudizio per genocidio, e uno dei punti d’imputazione si riferisce a Srebrenica…
All’apertura sulle controversie delle sezioni di Bosnia e Croazia, un punto fondamentale del processo sui crimini di guerra, egli ha sostenuto e rivendicato che i serbi erano semplicemente i capri espiatori, dunque non da biasimarsi.
Ha dichiarato: “Voglio che venga rivelata la verità riguardo questo folle crimine – si deve chiarire nell’interesse della giustizia davanti all’opinione pubblica mondiale.”
Milosevic ha così riassunto il pensiero che a suo dire stava dietro Srebrenica: “Come pretesto per l’impegno militare, il genocidio portato a termine dai serbi fu … costruito ad arte … facendolo sembrare un genocidio, un anatema fu posto sulle teste dei serbi con le conseguenze che si crearono….”
Milosevic, imputato di genocidio in Bosnia e di crimini contro l’umanità in Croazia, afferma che quei responsabili erano membri del governo bosniaco-musulmano, ed un’unità mercenaria – all’interno dell’esercito bosniaco-musulmano, ma non comandata da quest’ultimo – e da servizi di intelligence francese.
Egli ha riferito di fronte al Tribunale Internazionale per i Crimini dell’ONU per la ex-Iugoslavia all’Aia, che la cospirazione del massacro fu tramata nell’abitazione di un funzionario municipale, durante un incontro tenutosi nel luglio 1995, appena qualche giorno prima dei massacri.
“Furono d’accordo sul commettere questo crimine – sull’abbandonare Srebrenica e nel mettere in atto questa carneficina” ha dichiarato Milosevic, mentre il pubblico accusatore Carla Del Ponte lo osservava con attenzione in aula.

…..L’anno scorso il tribunale dell’Aia ha posto un precedente, giudicando colpevole di genocidio il generale Radislav Krstic, a proposito del massacro di Srebrenica che ha scioccato il mondo.
Milosevic ha affermato che né Kristic né l’ex-comandante serbo-bosniaco Ratko Mladic – ricercato dall'Aia per genocidio insieme al leader di guerra serbo-bosniaco Radovan Karadzic, non erano al corrente di nulla che riguardasse gli eccidi di Srebrenica.
“Sono convinto che l’onore militare di Mladic e Krstic non permetterebbe loro di giustiziare civili,” ha affermato
.
Egli stesso venne a conoscenza del massacro di Srebrenica dall’ex-inviato ONU nei Balcani Carl Bildt, ha detto, aggiungendo: “…Il presidente Karadzic mi giurò di non sapere assolutamente nulla riguardo a ciò...”

I pubblici ministeri, che hanno aperto il caso su Bosnia e Croazia giovedì, hanno affermato il collegamento fra Milosevic e Srebrenica a causa del coinvolgimento nel caso della polizia del ministero dell’interno della Serbia.
Milosevic ha ribadito: “La denuncia che ho compilato … parla di come (il leader bosniaco-musulmano Alija Izetbegovic)  utilizzò il caso Srebrenica per ogni tipo di manipolazione, usandolo per obbiettivi e accordi politici.


PRIMO TESTIMONE

Al termine dell’intervento di apertura di Milosevic, i pubblici accusatori hanno chiamato il loro primo testimone: un ex-politico serbo proveniente dalla Slavonia, regione della Croazia abitata dall’etnia serba che si era ribellata alla secessione croata dalla Jugoslavia e  poi riconquistata dai croati durante il blitz militare del 1995.
Si trattava di un membro moderato del Partito Democratico Serbo (SDS) in Croazia – il quale nel 1999 aveva esortato i serbi a ribellarsi contro l’indipendenza di Zagabria, la cui identità si è provveduto a proteggere, mantenendola celata, così da conoscerlo come C-037.
L’SDS acquisì in Croazia una posizione maggiormente radicale, ottenendo la maggioranza

Sulle posizioni più moderate. I serbi radicali respingevano il concetto, l’idea di restare all’interno della Croazia se questa si fosse separata, staccata, dalla Iugoslavia. Il procedimento giudiziario cerca di provare che, con l’approvazione di Milosevic, i serbo-croati radicali rifiutarono il negoziato con il governo croato e fecero ricorso alla violenza, e che Milosevic offrì la protezione dell’esercito iugoslavo alla fazione radicale dell’SDS.
Il progetto dell’accusa prevede di chiamare sulla scena 177 testimoni, compreso l’ex-presidente Zoran Lilic e il presidente della Croazia Stjepan Mesic, per provare la loro tesi circa la Bosnia e la Croazia.

Gli accusatori hanno già esposto le loro tesi contro di lui in relazione ai crimini di guerra del Kosovo ….
Essi affermano che fu Milosevic a ideare e dirigere nei primi anni ‘90 un piano di pulizia etnica per fare largo al suo progetto di una Grande Serbia. Milosevic ha rifiutato di riconoscere il tribunale dell’Aia… ma persiste nell’affermare che il suo ceppo etnico fu vittima, non perpetratore della guerra.
L’ex-presidente serbo e iugoslavo si trova ad affrontare 61 capi d’accusa per la Croazia e la Bosnia, che includono il periodo 1991-95.
Il caso del Kosovo che i pubblici ministeri hanno portato a termine due settimane fa trattava il 1999 e ha visto protagonisti 124 testimoni in udienze a porte aperte.
Milosevic è il primo capo di stato ad essere posto in stato di accusa per simili crimini durante il proprio mandato. Egli fu presidente serbo dal 1990 al 1997, quando divenne poi presidente iugoslavo.

Traduzione di Carla Gagliardini (Associazione SOS Yugoslavia)



 

Sul TPIJ: (R. Clark  ex ministro della Giustizia statunitense)
Lettera Aperta di Ramsey Clark a Kofi Annan


sul processo a Slobodan Milosevic, ex-Presidente della Repubblica Federale di Jugoslavia, davanti al “Tribunale ad hoc” per i crimini di guerra in ex-Jugoslavia (ICTY):
(...) A più di due anni dalla prima testimonianza (...), nonostante 500 mila pagine di documenti, 5 mila video, 300 giorni di giudizio, 200 testimoni, 33000 pagine di trascrizione di atti (...), l’accusa non è riuscita a presentare significative o inconfutabili prove di alcuna azione o intento criminale del Presidente Milosevic. (...) Intanto lo spettacolo di questo poderoso attacco, sferrato da un team enorme per l’accusa, con grandi risorse impiegate contro un singolo uomo, che si difende da solo, cui è negata una effettiva assistenza, i cui sostenitori sono sotto attacco in ogni luogo, che sta perdendo la salute per la fatica, da l’idea dell’ingiustizia del processo. (...)

Il processo contro Milosevic fu istruito da R. Goldstone (Sud Africa) nell’Ottobre del 1994. Quando lasciò l’incarico, nel Dicembre del ’96, non aveva trovato prove che sostenessero l’imputazione. (...) Tale imputazione giunse durante il pesante bombardamento USA/NATO su tutta la Serbia e il Kosovo: una guerra di aggressione che ha ammazzato civili e distrutto beni per miliardi di dollari, (inclusa la casa di Milosevic, nel tentativo di assassinarlo, il 22/4/99, e l’ambasciata Cinese a Belgrado, il 7/5/999). Bombe all’uranio impoverito, bombe a grappolo e “superbombe” hanno centrato i civili e le loro risorse. Centinaia di infrastrutture civili sono state distrutte e persone sono state uccise a Novi Sad, a Nis, a Pristina. (...) Le accuse sono semplicemente un’azione politica per demonizzare Milosevic e la Serbia, e giustificare quei bombardamenti sulla Serbia, che sono essi stessi una violazione criminale della Carta delle Nazioni Unite e della NATO Come ambasciatrice USA alle NU, la Albright guidò le pressioni US per indurre il Consiglio di Sicurezza a creare l’ICTY. In seguito scrisse nelle sue memorie che mentre era Segretaria di Stato, aveva mirato da lungo tempo alla rimozione di Milosevic dalla sua carica: “Ho spinto l’opposizione interna serba a costruire una efficace organizzazione politica puntata ad estromettere Milosevic. In una nota pubblica affermai ripetutamente che gli USA volevano Milosevic ‘via dal potere’, via dalla Serbia, e agli arresti per crimini di guerra”.

Il Presidente Milosevic è stato accusato ed è sotto processo per aver pensato e agito per proteggere e preservare la Jugoslavia, una federazione essenziale alla pace nei Balcani. Interessi forti stranieri, con l’aiuto di gruppi nazionalisti e separatisti e di interessi affaristici all’interno delle diverse Repubbliche jugoslave, erano determinati, per diverse ragioni, a smembrare la Jugoslavia. Primi tra questi gli Stati Uniti; con la Germania che ha giocato un ruolo. (...) Le conseguenze sono state disastrose per ognuno degli Stati che facevano parte della precedente repubblica federale. Oggi in Jugoslavia ci sono interferenze economiche e stagnazione, instabilità politica, diffuso malcontento e una montante minaccia di violenza. Gli USA sollecitano la Croazia a far parte della NATO, come base per le forze in Europa, per il controllo e per mantenere la divisione della regione. La Croazia ha mandato un piccolo contingente militare al servizio alla NATO in Afghanistan e sta subendo pressioni per mandare truppe in Iraq. (...) L’ex-Presidente della Jugoslavia, accusato per aver difeso la Jugoslavia in una corte del Consiglio di Sicurezza, non può far rimostranze. Invece il Presidente degli USA, che ha apertamente e notoriamente indetto una guerra di aggressione, “supremo crimine internazionale”, contro l’Iraq indifeso, causando decine di migliaia di morti, spargendo violenza qui e altrove, non affronta addebiti. Il Presidente Bush continua a minacciare guerre d’aggressione unilaterali e a spingere allo sviluppo di una nuova generazione di armi nucleari tattiche - dopo avere invaso l’Iraq usando il pretestuoso argomento che fosse una minaccia per gli USA e che possedesse armi di distruzione di massa. (...)

Quale evidenza è più chiara, per comprendere le intenzioni degli USA di infischiarsene della legge e di imporsi con la forza, dei grandi sforzi statunitensi per distruggere la Corte Penale Internazionale (ICC) e manovrare i trattati bilaterali affinché le nazioni non accettino di sottomettere cittadini USA all’ICC? (...) L‘ambasciatore Negroponte ha chiesto l’immunità per gli USA rispetto a qualsiasi accusa (...), minacciando il veto sulla risoluzione pendente in Consiglio di Sicurezza per il rinnovo della missione di pace in Bosnia-Erzegovina, ed ha così ottenuto dal Consiglio un’immunità che è, di fatto, impunità. (...)

Il tribunale ICTY e gli altri creati ad hoc dal Consiglio di Sicurezza sono illegali perché la Carta dell’ONU non da mandato al Consiglio di Sicurezza di istruire alcun tipo di corte penale. Il dettato della Carta è chiaro. Fosse stato messo un tale potere nella Carta nel 1945, non ci sarebbero le Nazioni Unite. (...) La creazione dell’ICC dovrebbe precludere la creazione di altri tribunali penali e portare all’abolizione di quelli esistenti, i quali sono stati creati per servire le ambizioni geopolitiche degli Stati Uniti. La questione è di primaria importanza. (...) L’ICTY è sfacciatamente contro i serbi, e solo i leaders serbi sono stati imputati da esso, inclusi non solo Milosevic e il suo governo ma anche i leaders della Srpska, l’enclave dei serbi in Bosnia. (...) Il Presidente Milosevic, da carcerato, con la salute pericolosamente compromessa, difendendosi da solo nell’aula del tribunale, ha avuto meno di tre mesi di tempo per preparare la sua difesa, prima che sia avviata la presentazione della difesa stessa [all'inizio di agosto 2004]. Per preparare correttamente la difesa, gli sarebbe stato necessario procurarsi ed esaminare decine di migliaia di documenti, cercare e interrogare centinaia di potenziali testimoni e organizzare la deposizione in una presentazione coerente ed efficace.

Le Nazioni Unite devono compiere le azioni seguenti, nell’interesse della giustizia, per correggere gli errori precedenti, assicurare la legalità e la serietà della corte e mantenere la credibilità agli occhi dei popoli delle Nazioni Unite:
Dichiarare una moratoria su tutti i procedimenti in tutti i tribunali criminali istruiti “ad hoc “ (...)

- Creare una commissione di studiosi di diritto penale internazionale per rivedere il processo in corso contro il Presidente Milosevic, per determinare se gli errori legali, le violazioni dei procedimenti legali, e le ingiustizie nella condotta del processo costringano alla ricusazione degli atti e se le prove addotte dall’accusa contro l’ex-Presidente Milosevic siano sufficienti per la legge internazionale, prima che ogni difesa sia presentata, per convalidare e giustificare la continuazione del processo.

- Fornire all’ex-Presidente Milosevic dei fondi da anticipare al collegio dei consiglieri, a investigatori, ricercatori, esaminatori di documenti ed altri esperti, sufficienti a contestare efficacemente le prove presentate dall'accusa e a completare il lavoro prima di qualsiasi ulteriore ripresa processuale; tale sforzo diventerà essenziale, anche se la Corte sarà abolita o se il processo sarà respinto, per favorire la dimostrazione dei fatti storici e dunque per la pace futura.

- Provvedere fondi per garantire diagnosi mediche autonome, trattamenti e cure, per l’ex-Presidente Milosevic, in Serbia.
Rispettosamente,

Ramsey Clark

International Action Center, USA    Febbraio 2004

Traduzione di Carla Gagliardini (Associazione SOS Yugoslavia)




 

Uno scandalo di irregolarità nel tribunale penale internazionale per la Jugoslavia


di J.Laughland, The Spectator

Lunedì 5 luglio 2004 , per alcune ore, le istituzioni dei diritti umani di tutto il mondo sono state sorprese dal terrore. Slobodan Milosevic doveva iniziare la presentazione della sua difesa nel tribunale penale internazionale per la ex Iugoslavia (TPIY) all’Aja però, al suo posto, la discussione si è concentrata sulla salute fragile dell’ex presidente che è peggiorata in conseguenza del rigore processuale. Quando il presidente del tribunale, Patrick Robinson, ha dichiarato che preliminarmente sarebbe stato necessario un “esame radicale”  dei dibattiti, molte menti benpensanti hanno temuto che si potesse realizzare il peggiore degli incubi – che il principale trofeo della comunità internazionale nella sua crociata per la moralità potesse ritrovare la libertà, sebbene fosse per ragioni mediche.

Pochi militanti dei diritti umani avevano considerato a volte la possibilità di questo successo, e meno ancora un verdetto di innocenza. La presunzione di innocenza non ha mai avuto troppo peso nel mondo altamente politicizzato del diritto umanitario internazionale.
Lunedì (5 luglio) un esperto in crimini di guerra, James Gow, ha dichiarato a Channel 4 che sarebbe meglio che Milosevic morisse tra i banchi degli imputati perché se il processo dovesse proseguire normalmente, sarebbe condannato solo per reati minori. Tale sentenza sarebbe tremendamente scomoda per le persone che, come Gow, non hanno provato che Slobodan Milosevic è colpevole tanto come tutti i diavoli dell’inferno. Fortunatamente per loro, nel TPIY non si prende in considerazione la possibilità del verdetto di innocenza. Come ha insistito soddisfatto il prof. Michael Scharf, uno specialista universitario del TPIY, le regole del tribunale sono state concepite in modo che “si minimizzi la possibilità del non luogo a procedere per mancanza di prove”, ed è un sentimento di cui la Reina de Corazones di Lewis Carroll si sentirà molto orgogliosa.

E,  infatti, i giudici sembrano disposti a concedere a Milosevic un consiglio di difesa. Lontani dal volerlo aiutare, la intenzione è logicamente quella di indebolire la sua difesa esigendo che sia rappresentato da un avvocato che conosca i fatti molto peggio di lui. Inoltre, questa intenzione sarebbe contraria al primo orientamento dei giudici, che si erano opposti a tale idea, e il nuovo giudice che oggi presiede il tribunale si è dimostrato particolarmente fermo , quando salvo al principio, ha sostenuto che questo sarebbe contrario ai diritti dell’imputato. Almeno questa misura rincuorerà coloro che sono vicini all’accusa. Quando non è riuscito ad ottenere dal tribunale che fosse impedito a Milosevic di fumare –una sentenza di morte per alcuni serbi!- Geoffry Nice, principale accusatore, ha tentato con tutti i mezzi di ottenere tale divieto, sebbene fosse solo perché il bilancio dei due anni che sono stati necessari per presentare l’accusa si sono dimostrati catastrofici.

Dall’inizio del processo nel febbraio 2002 l’accusa ha citato più di cento testimoni e ha prodotto circa seicento pagine di prove. Nessuna persona è stata in grado di dimostrare che Milosevic avrebbe ordinato i crimini di guerra. Interi documenti di atti d’accusa sul Kosovo li hanno lasciati senza alcuna prova che li avvalorasse, inclusi i casi in cui la responsabilità di Milosevic era più evidente. E quando il P.M. ha cercato di dimostrare le sue accuse, i risultati hanno costantemente provato che si tratta di una farsa. Tra questi possiamo citare il più evidente un “topo” serbo che ha certamente lavorato nell’amministrazione del presidente e che, tuttavia, non ha saputo dire a che piano si trovasse l’ufficio di Milosevic; o anche il “segretario di Arkan” che, come è noto ormai, ha lavorato solo per un periodo di alcuni mesi e niente più nello stesso edificio nella sua veste ben conosciuta di paramilitare; il testimone dell’ex primo ministro federale, Ante Markovic, drammaticamente licenziato da Milosevic, il quale ha mostrato il diario di Markovic che ricopriva il periodo nel quale quest’ultimo sosteneva di essersi riunito con Milosevic; il contadino albanese del Kosovo che ha dichiarato non aver mai sentito parlare dell’UCK sebbene nella sua stessa città esista un monumento dedicato a questa organizzazione terrorista; e l’ex direttore dei servizi segreti iugoslavi, Radomir Markovic, che non solo ha assicurato di essere stato torturato dal nuovo governo democratico di Belgrado affinché testimoniasse contro il suo ex capo, ma ha addirittura riconosciuto che non fu mai dato alcun ordine per espellere gli albanesi kosovari e che, al contrario, Milosevic aveva ordinato alla polizia e all’esercito di proteggere i civili. E questi testimoni, notate bene, erano dell’accusa!

Sono sorti seri dubbi anche in relazione a centinaia delle più celebri e storiche atrocità. Vi ricordate della notizia di un camion frigorifero la cui scoperta nel Danubio nel 1999, pieno di cadaveri al suo interno, si era diffusa accuratamente nel momento in cui Milosevic veniva trasferito all’Aja nel giugno del 2001? Si sosteneva che il camion fosse stato tirato fuori dal fiume e trasportato all’esterno di Belgrado dove furono sotterrati i cadaveri in una fossa comune. Un controesame però ha rivelato che non esisteva alcuna prova che i cadaveri riesumati fossero gli stessi trasportati sul camion, né di nessun altro morto proveniente dal Kosovo. Invece è molto probabile che la fossa comune di Batajnica risalga alla seconda guerra mondiale, mentre il camion frigorifero avrebbe potuto contenere curdi trasportati illegalmente in Europa occidentale e potrebbero essere stati vittime di un terribile incidente stradale. Poco a poco iniziamo a capire oggi che le bugie dette per giustificare la guerra in Kosovo sono state costruite con la stessa serietà con la quale più recentemente si sono costruite le bugie per giustificare l’aggressione in Iraq.

La debolezza dei capi d’accusa dell’accusa è stata messa in evidenza dal fatto che la sua trionfante conclusione, in febbraio, è stata di diffondere un documentario in televisione realizzato già da vari anni. Questo fatto suggerisce che questa maratona, durata due anni, non è servita a far conoscere la verità più di quella rozze storie divulgate dai giornalisti televisivi dell’epoca. Incluso i sostenitori del TPIY ammettono oggi che l’unica “prova” della colpevolezza di Milosevic è stata l’“impressione”, comunicata attraverso il generale Rupert Smith, che Milosevic controllasse i serbi della Bosnia, così come la dichiarazione di Paddy Ashdown dicendo che aveva “avvertito” l’ex Capo di Stato iugoslavo che si stavano commettendo crimini di guerra in Kosovo. La stessa P.M., Carla Del Ponte, ha ammesso in febbraio che non aveva prove sufficienti per condannare Milosevic a partire dalla maggioranza della gravi affermazioni.

I giudici certamente imparziali sono stati complici di alcune gravità del disastro di questi atti. Io stesso ho sentito dal primo Presidente del TPIY, il giudice Antonio Cassese, vantarsi di aver incoraggiato il P.M. a chiedere condanne contro i dirigenti serbi della Bosnia, una dichiarazione che potrebbe allontanarlo per tutta la vita dalla professione di giudice. Nel processo Milosevic i giudici hanno ammesso che vi sia stata una brillante sfilata di “testimoni esperti” che di fatto non sono stati testimoni di nessuno. In Gran Bretagna la lista degli esperti è stata giustamente proibita dopo che sono sorti dubbi, precisamente per aver fatto caso a questo tipo di testimoni, sulla condanna di circa 250 padri giudicati colpevoli di aver ucciso i loro figli. Però nel TPIY si può essere “testimone” senza aver mai messo piede in Jugoslavia.

Molti altri abusi giudiziali sono stati legittimati dal TPIY. Fino al punto che le prove “di sentito dire” sono sfuggite ad ogni controllo, tanto che frequentemente si consente di testimoniare a una persona che ha sentito dire da qualcuno qualcosa a proposito di altri. Per il TPIY è frequente proporre riduzioni di pena (cinque anni, in alcuni casi) a persone condannate per crimini atroci, per esempio, massacri, se accettano di testimoniare contro Milosevic. Ricorrere a testimoni anonimi oggi è particolarmente frequente, così come la stessa frequenza delle udienze a “porte chiuse”: un’occhiata ai documenti del TPIY rivela una quantità impressionante di pagine cancellate per gli interessi di sicurezza delle grandi potenze che controllano il tribunale e, in primo luogo, gli USA. Il momento più basso del TPIY si è raggiunto il passato mese di dicembre quando l’ex comandante supremo della NATO, Wesley Clarck, ha testimoniato nel processo Milosevic. Il tribunale ha permesso al Pentagono di censurare il dibattito e i documenti non sono stati resi accessibili finchè Washington non l’ha autorizzato. Questo dice molto della trasparenza e indipendenza del TPIY.

In forma piuttosto ironica, Slobodan Milosevic ha un alleato obbiettivo: il primo ministro britannico. Oggi esiste una reale possibilità che si possa assicurare una condanna per la sola interpretazione, la più amplia possibile, della dottrina della responsabilità del comando. Per esempio, affermando che era al corrente delle atrocità commesse dai serbi della Bosnia e che non ha fatto nulla per porvi fine. Però se Milosevic può essere accusato di complicità nei crimini commessi da persone di un paese straniero e sui quali non ha alcun controllo, quanto più grande è la complicità del governo britannico nei crimini commessi dagli USA, un paese in compagnia del quale la Gran Bretagna ha costruito una alleanza ufficiale? Non si tratta di uno scherzo politico ma piuttosto di un grave enigma giudiziale: il Regno Unito è uno dei firmatari del nuovo Tribunale Penale Internazionale e, per questo, Tony Blair è sottomesso alla giurisdizione del nuovo corpo insediatosi all’Aja e la cui giurisprudenza sarà tenuta in considerazione dal TPIY. Pertanto, se Slobodan Milosevic è condannato a dieci anni di prigione a Scheveningen in ragione degli abusi commessi dalla sua polizia, in questo caso una logica giuridica vorrebbe che, a momento debito, il suo compagno di cella fosse Tony Blair.

Da www.spectator.co

Traduzione di Carla Gagliardini (Associazione SOS Yugoslavia)



 

Documentazione :


Srebrenica e Naser Oric:
Un’analisi sulla testimonianza del Generale Philippe Morillon all’ICTY

di Carl Savich, 27-3-2004

Introduzione:  La Pistola Fumante

Giovedì 12 febbraio 2004 Philippe Morillon ha testimoniato al Tribunale Penale Internazionale per l’ex-Yugoslavia (ICTY) istituito dagli USA e dalla NATO ed avente sede all’Aia. Morillon è stato proposto come ultimo importante testimone contro Slobodan Milosevic. La sua testimonianza avrebbe dovuto fornire “la pistola fumante” per provare la colpevolezza di Milosevic, sul quale pendeva l’accusa di genocidio in merito alla caduta di Srebrenica del 1995. Morillon è stato in un primo tempo interrogato dal Prosecutor ICTY Dermot Groome, poi da Slobodan Milosevic, e da Branislav Tapuskovic, l’Amicus Curiae.

Chi è Philippe Morillon? P. Morillon è nato il 24 ottobre 1935 a Casablanca in Marocco, figlio di un ufficiale francese morto nella seconda Guerra Mondiale. Nel 1956 si laureò all’accademia militare francese di Saint-Cyr. Dal 1954 al 1995 è stato ufficiale dell’Esercito Francese. Negli anni Ottanta aveva ricoperto l’incarico di presidente della commissione franco-iugoslava per l’approvvigionamento di armi. Il suo primo incarico militare era stato in Algeria durante la guerra  che esplose nel paese africano alla metà degli anni Cinquanta. Con altri ufficiali francesi, Morillon aveva combattuto per impedire la secessione del paese, affinché esso restasse parte della Francia. Nel 1961 il presidente francese Charles de Gaulle ordinò all’esercito francese di abbandonare l’Algeria e di ritirarsi in Francia…

Morillon si unì a un gruppo di ufficiali che si erano ribellati all’ordine di ritiro delle truppe intimato da De Gaulle. Questi anziani ufficiali francesi ribelli vennero in seguito epurati. Nel caso di Morillon si trattava di un ufficiale di medio livello, e come tale fu risparmiato. Egli divenne poi un generale a quattro stelle. Il 20 luglio del 1999 egli fu eletto al parlamento dell’Unione Europea (UE). Negli anni 1992 e 1993, nel corso della guerra civile bosniaca, egli fu inviato nella zona bellica in qualità di comandante dell’Unione Europea e fautore di una politica che tentava di affermare la neutralità dell’ONU in Bosnia. La sua politica di neutralità lo rese impopolare presso la fazione musulmana bosniaca. Morillon intervenne a Srebrenica, per impedire la sconfitta militare di Naser Oric e la caduta dell’enclave nel 1993. Morillon si insediò a Srebrenica, instaurandovi una situazione di “porto sicuro”, senza tuttavia riuscire a demilitarizzare l’area. Naser Oric riuscì nell’intento di dispiegare la 28esima Divisione Fanteria a Srebrenica dopo che essa divenne un’area protetta.

Morillon: la caduta di Srebrenica del 1995 fu la “reazione diretta” ai massacri perpetrati nel 1992-1993 da Naser Oric nei confronti dei serbi bosniaci
Quale è stata la testimonianza di Morillon all’Aia? Cosa ha rivelato? I cosiddetti media occidentali appartenenti al “mondo libero” hanno manipolato, censurato e falsificato la sua testimonianza. Attraverso la tecnica propagandistica incentrata sull’ “enfasi” che è stata portata avanti dai media occidentali, la sua testimonianza è stata manipolata al fine di appoggiare la versione ufficiale della NATO, la cosiddetta “linea di partito”. Cosa ha detto realmente Philippe Morillon all’Aia?

Quel che segue è la conclusione principale desunta dalla testimonianza di Morillon: la caduta di Srebrenica avvenuta nel 1995 fu la “reazione diretta” ai massacri di serbi bosniaci perpetrati dalle forze di Naser Oric nel corso del 1992-1993. Morillon ha riconosciuto che le truppe di Oric  commisero crimini di guerra nella Bosnia orientale. Morillon ha testimoniato personalmente riguardo l’esumazione dei corpi di civili e soldati serbi bosniaci i quali avevano subito torture, mutilazioni ed esecuzioni. Vide con i propri occhi i villaggi serbi rasi al suolo dalle fiamme all’interno della sacca, dell’enclave di Srebrenica. Più di chiunque altro, Morillon comprese il livello di devastazione della Bosnia orientale, così come la vastità e la natura dei massacri contro i serbi bosniaci.


Come ebbe inizio la guerra civile in Bosnia

Qual è il contesto nel quale si sviluppò la crisi a Srebrenica? Come ebbe inizio la guerra civile bosniaca? A chi si sarebbe dovuta imputare la responsabilità della guerra civile bosniaca?
Tale guerra ebbe inizio senza venire sollecitata? Colse tutti di sorpresa?
Fu pianificata e orchestrata ?
La guerra civile bosniaca fu programmata e orchestrata dal governo degli Stati Uniti.
Warren Zimmermann, ambasciatore USA presso la Jugoslavia, fu direttamente responsabile per l’inizio e la perpetrazione di questa inutile guerra civile. In altre parole, il governo USA fu la causa della guerra civile bosniaca e delle conseguenti perdite in termini di vite umane che ivi si verificarono.

Durante la seconda guerra mondiale, la Bosnia-Herzegovina fece da scenario ad una fra le peggiori guerre civili. Le fazioni musulmane e croate  bosniache parteciparono ad un genocidio contro i serbi bosniaci. Tutti intravidero il potenziale per un rinnovarsi di una carneficina, simile in tutto a quella della seconda guerra mondiale….
Nel 1992 si giunse all’accordo di compromesso conosciuto con il nome di Piano di Lisbona. Soltanto il governo USA ignorò il potenziale di tale conflitto, e con noncuranza insistette nell’effettuare pressione…

Cos’era il Piano di Lisbona? Perché il Piano di Lisbona fallì?
Milosevic è riuscito a dimostrare che il rifiuto del piano di Lisbona opposto da Alija Izetbegovic fu ciò che precisamente condusse alla guerra civile in Bosnia. José Cutileiro, a quel tempo presidente portoghese dell’Unione Europea (UE), mediò e negoziò il piano di distrettualizzazione per la Bosnia, il Piano di Lisbona appunto. Il 18 marzo 1992 fu firmato un accordo da Radovan Karadzic, leader della fazione serbo-bosniaca, Alija Izetbegovic, leader della fazione musulmano-bosniaca, e Mate Boban, leader della fazione bosniaco-croata. Tutto ciò costituiva un compromesso che intendeva allontanare e prevenire in maniera incondizionata la guerra civile. Tutte e tre le fazioni etniche della Bosnia accettarono la secessione della Bosnia dalla Jugoslavia e il suo riconoscimento in qualità di stato indipendente. Il Piano di Lisbona si proponeva di assicurare che nessuna delle fazioni sarebbe stata dominata dalle altre. Garantiva la pace.

Tuttavia, il 25 marzo 1992, Izetbegovic ritrattò la sua firma dall’accordo dopo essere stato persuaso a tale gesto dall’ambasciatore  Warren Zimmermann, il quale si attribuì enfaticamente il titolo di “ultimo ambasciatore”. Perché il piano di Lisbona fallì? Il Piano di Lisbona non riuscì perché il governo USA non voleva che esso avesse successo, che si concretizzasse.

Milosevic ha messo l’accento sul fatto che i serbi bosniaci desiderassero mantenere la pace pervenendo ad un accordo di compromesso, di transazione. Milosevic ha citato un’affermazione pronunciata da Morillon quando giunse in Bosnia nel 1992 come comandante ONU :
”… stando a quel che ricordo, sin dal primissimo giorno in cui incontrammo il parlamento bosniaco nel 1992, vi fu l’occasione di ascoltare il discorso del generale Nambiar, il quale pronunciò queste parole: “…Siamo qui per calmare le vostre paure. Sono un generale indiano, sono qui con il mio capo consiglio, un pakistano, poi ci sono anche un generale francese e un diplomatico tedesco. Siamo qui per dimostrarvi che la riconciliazione è sempre possibile...”.”

Fu un momento commovente, perché in risposta a questo discorso, un serbo si alzò e disse: “Sono un serbo, e accanto a me ho un musulmano. E’ mio fratello. E non vedo come un giorno potremmo mai affrontarci l’uno contro l’altro, come nemici.”
In altre parole, non c’era bisogno della guerra civile bosniaca. Tale conflitto fu fomentato e sostenuto dal governo USA e dai media associati. Prima del coinvolgimento USA, le tre fazioni in Bosnia avevano raggiunto un accordo di compromesso. Sono stati gli USA a fomentare il conflitto. Gli USA sono da ritenersi responsabili della guerra civile bosniaca che ne conseguì.

I primi attacchi e omicidi a carattere etnico verificatisi in Bosnia furono commessi contro serbi bosniaci. Anche prima dell’inizio della guerra civile, civili serbi erano stati assassinati in Bosnia da musulmani bosniaci e da croati. Milosevic  ha esposto i fatti in modo da dimostrare che il primo omicidio etnico ebbe luogo nel centro di Sarajevo, quando si verificò l’uccisione del serbo bosniaco Nikola Gardovic.
Milosevic ha domandato a Morillon se sapesse che la prima persona a perdere la vita nella guerra civile bosniaca il 2 marzo 1992 era stato un serbo bosniaco, Nikola Gardovic. Egli fu assassinato da un cecchino bosniaco musulmano di fronte all’Antica Chiesa serbo ortodossa di Sarajevo, costruita nell’XI secolo. Gardovic stava partecipando alla celebrazione di un matrimonio serbo nel centro di Sarajevo. Si trattava di un rito ortodosso, fondato sulla cerimonia e le usanze ortodosse, le quali includevano il vessillo serbo.

Morillon ha replicato affermando di ricordare tale assassinio: “…Sì, il serbo in questione, conformemente agli eventi di cui sono a conoscenza, fu ucciso nel corso di un matrimonio. Si trattò di un omicidio a carattere etnico religioso. Gardovic fu ucciso esclusivamente a causa della sua appartenenza all’etnia serba e perché era un cristiano ortodosso. La sua brutale esecuzione durante una cerimonia nuziale stava a dimostrare palesemente l’intolleranza dei musulmani bosniaci nei confronti dell’etnia serba e della religione ortodossa. Fu la scintilla che infiammò un clima già da tempo destabilizzato. In Bosnia, la fazione dei musulmani bosniaci aveva dichiarato guerra ai serbi e all’ortodossia...”.

Secondo Milosevic, il messaggio che i musulmani bosniaci volevano inviare ai serbi era: “Ci siamo rivelati a favore dell’indipendenza, e ora possiamo uccidervi.”
Apparvero i comandanti paramilitari musulmani, come Juka Prazina, comandante paramilitare sotto Alija Izetbegovic, e Ramiz Delalic.
Chi diede inizio alle uccisioni e ai massacri etnico-religiosi in Bosnia?
 Il primissimo massacro in Bosnia fu perpetrato contro i serbi bosniaci. Il 26 marzo 1992 furono massacrate intere famiglie serbe nel nord della Bosnia, vicino a Bosanski Brod nel villaggio di Sijekovac. Dal 3 al 6 aprile 1992 truppe appartenenti all’esercito regolare, che si erano illegalmente trasferite oltre il confine sino ad invadere la Bosnia, massacrarono 56 serbi. Il 4 aprile 1992, musulmani bosniaci armati, provenienti da Korace uccisero 117 serbi, anziani, donne e bambini, tutti profughi serbi di Barice e Kostres. Decine, se non centinaia di serbi furono assassinati addirittura prima che la guerra/conflitto in Bosnia avesse inizio.
Morillon commentò a proposito di questi massacri di serbi: “Tutto ciò contribuì alla malattia della paura …”.

Il timore dei serbi bosniaci tuttavia era autentico e giustificato, a causa di questi avvenimenti in Bosnia. La paura dei serbi bosniaci non era fondata sul “nazionalismo”, sulla paranoia o su antichi miti provenienti dalla seconda guerra mondiale, ma su veri eccidi etnico-religiosi che terroristi musulmani bosniaci e  croati stavano commettendo nel presente, non nel passato.



L’8 aprile 1992, con l’incitamento del governo USA, vi fu una dichiarazione di guerra da parte della fazione bosniaca musulmana. Iniziò allora la guerra civile in Bosnia.
Milosevic ha domandato a Morillon: “I serbi uccisero qualcuno in quel periodo? Avete un solo esempio cui fare riferimento?”
 Morillon ha risposto che non sapeva. Vi furono al tempo “voci, dicerie” che giunsero alle sue orecchie. Morillon ha ammesso tuttavia che la guerra civile ebbe inizio in Bosnia con attacchi contro l’Esercito Nazionale Jugoslavo (JNA) da parte della fazione bosniaca mussulmana.

Quando iniziò il vero assedio di Sarajevo?

Morillon ha risposto: “Suppongo il 2 maggio 1992, dopo che i comandanti e le reclute del JNA furono circondati nella caserma Maresciallo Tito e il JNA tentò di ritirarsi da quella difficile situazione...” In un primo tempo il JNA fu posto sotto assedio, poi “…l’assedio di Sarajevo fu effettivamente una reazione a ciò...”


Milosevic ha chiesto a Morillon: “E’ esatto, Generale?”.  Morillon: “…Inizialmente, si…” L’assedio di Sarajevo fu una “reazione provocata.”
Il primo attacco a Sarajevo si verificò quando le truppe di musulmani bosniaci uccisero i soldati dell’Esercito Nazionale Jugoslavo (JNA) che si stavano ritirando dalla città in seguito ad un accordo stipulato in precedenza. Le forze musulmane bosniache attaccarono una colonna milite  del JNA in strada Dobrovoljacka  a Sarajevo proprio mentre si stava ritirando. Durante questi attacchi, numerosi soldati del JNA furono crudelmente assassinati e i loro corpi bruciati e mutilati. Anneriti, deturpati e carbonizzati, essi vennero poi assiepati ai lati delle strade. La sola ragione per cui si era tesa loro un’imboscata trasformatasi in un massacro era quella di appartenere all’etnia serba e di far parte della comunità cristiana ortodossa. Il precedente accordo, finalizzato al ritiro delle truppe, era stato dunque violato dalla fazione musulmana. Si trattò di un massacro a sangue freddo oppure di omicidio provocatorio di soldati del JNA, i quali si stavano ritirando in Jugoslavia. Fu un atto criminale, un omicidio. Ma il governo USA e i media non condannarono mai questo crimine, il massacro di serbi da parte dei musulmani . I cosiddetti media occidentali non lo citarono nemmeno. Milosevic ha domandato a Morillon: “…Si ricorda di tali avvenimenti?”

Morillon : “Sì… ci fu una strage...”

La fazione dei musulmani bosniaci aveva radunato un reparto di grandi dimensioni in Bosnia, i cui primi attacchi erano indirizzati contro il JNA. Milosevic ha citato un libro del comandante dell’esercito dei musulmani bosniaci Sefer Halilovic, il quale sosteneva che i musulmani bosniaci avessero  “120.000 soldati in assetto di guerra” quando la guerra scoppiò nel 1992.
Hasan Efendic asserì che a Tuzla 160 membri del JNA furono uccisi e 200 feriti durante le operazioni di evacuazione di Tuzla. Vi era stato un accordo per il loro ritiro da Tuzla, così come vi era stato a Sarajevo. In effetti, il 15 aprile 1992, durante il ritiro della truppe del JNA dalla città di Tuzla occupata dai musulmani, 160 soldati del JNA furono uccisi e 200 feriti in seguito a un attacco mussulmano deliberato. La fazione dei musulmani bosniaci stava creando l’anarchia e la disgregazione in Bosnia, stava tentando intenzionalmente di provocare il JNA e i serbi bosniaci a reagire e a rispondere.

Morillon ha riscontrato analogie fra la Bosnia e il Libano: “…Paragonai questo processo a ciò che si verificò in Libano..”. Stando a Morillon, vi fu una “libanizzazione”, laddove “ciascuna comunità si rinchiudeva nei propri confini e i signori della guerra iniziavano a governare precisamente da quel preciso periodo in avanti. Vi furono orrori… ed ebbero luogo in realtà anche attacchi sferrati contro le forze che si stavano ritirando.”
Gli USA e l’UE perseguirono una politica estera anti-serba e anti-jugoslava, avente come finalità lo smembramento della precedente Jugoslavia, professandosi fautori della cosiddetta “balcanizzazione”, stati piccoli e deboli, definite “democrazie principianti” nel gergo propagandistico del periodo, i quali avrebbero potuto agire come governi fantoccio, mandatari, alleati, surrogati degli stati USA e l’UE. Un esempio di questo tipo di influenza era costituito dalla presenza dell’esercito regolare Croato in Bosnia. Gli USA e l’UE non parvero accorgersi della presenza delle truppe croate. La modalità per “sconfiggere la Serbia” era porre in atto sanzioni contro la Jugoslavia, conformemente agli USA e all’UE. Sia gli uni che gli altri riuscirono nell’intento di imporre sanzioni alla Jugoslavia, nascondendo intenzionalmente un rapporto USA che arrivava alla deduzione del ritiro del JNA dalla Jugoslavia, mentre l’esercito regolare Croato aveva occupato il territorio bosniaco.

Milosevic ha citato un rapporto stilato dal Segretario Generale delle Nazioni Unite Bhoutros Ghali: il documento deduceva che il JNA si era ritirato dalla Jugoslavia, mentre invece l’esercito regolare Croato manteneva le proprie truppe in Bosnia. Milosevic ha menzionato tale resoconto del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, che dimostrava quindi, che l’esercito serbo bosniaco non si trovava sotto il controllo di Belgrado, e che le truppe dell’esercito regolare croato erano in Bosnia. Tale verbale fu deliberatamente celato, non comunicato dall’austriaco Peter Hohenfellner, allora presidente del Consiglio di Sicurezza, sino a quando non furono votate sanzioni contro la Jugoslavia.

Milosevic aveva dimostrato di non possedere più alcuna autorità sull’esercito serbo bosniaco né una leadership dopo il maggio 1993. Egli poteva ancora esercitare solo un’influenza politica, ma furono Radovan Karadzic e Ratko Mladic a prendere tutte le decisioni nella Repubblica Srpska (RS) dopo questa data.


Morillon: non ci sono stati buoni o cattivi

L’obiettivo della fazione dei musulmani bosniaci era quello di indurre l’intervento militare degli Stati Uniti a fianco dei musulmani. Perseguendo questa politica, la fazione dei musulmani bosniaci si impegnò nella propaganda, organizzò e perpetrò massacri, uccise civili musulmani bosniaci al fine di raccogliere comprensione e compassione, e impiegò ostaggi civili o scudi per promuovere una propaganda persecutoria. Morillon, Lewis MacKenzie, Sir Michael Rose ed altri ufficiali ONU hanno riconosciuto questo obiettivo. Le cronache giornalistiche dei media occidentali durante la guerra civile in Bosnia avevano un unico obiettivo: quello di ottenere lo schieramento degli USA nel conflitto, dalla parte della fazione musulmana bosniaca. Il solo modo per ottenere la realizzazione di ciò era presentare la guerra civile come un “genocidio”. Questa è la ragione per cui il governo USA e i media associati fecero affidamento sulla propaganda a proposito di un genocidio /Olocausto in Bosnia. Soltanto una tale tipologia propagandistica, basata sull’idea dominante di genocidio avrebbe avuto la meglio. Perciò la guerra civile bosniaca venne associata all’Olocausto. Si trattò di una montatura giornalistica, parte integrante della strategia informativa e bellica USA. In Iraq è stata la scusa delle armi di distruzione di massa inesistenti e fittizie. In Bosnia, fu quella della propaganda di un genocidio o Olocausto inesistente e fittizio. In entrambi i casi, questa propaganda è stata orchestrata, pianificata e coordinata dal governo USA e dai media ad esso associati.

Tutti lo sapevano. Milosevic ha citato l’affermazione che Morillon aveva fatto a Parigi: “…Il proposito della Presidenza fu sin dall’inizio quello di garantire l’intervento delle forze internazionali per il proprio profitto, ed è questa una delle ragioni per cui essi non furono mai inclini ad impegnarsi in conferenze e discorsi...” Fu la fazione dei musulmani bosniaci ad opporsi alla pace. Perseguendo infatti la politica atta ad incitare l’intervento USA, i musulmani non avrebbero permesso ad uno soltanto di loro di lasciare Sarajevo per scopi propagandistici come gli scudi umani, o sacrificarsi nell’interesse della propaganda musulmana. Analogamente, non venne permesso ai civili musulmano-bosniaci di Srebrenica di sfollare, poiché la leadership musulmano-bosniaca voleva utilizzarli come scudi umani per scopi propagandistici.

Morillon ha ammesso che le forze bosniaco-musulmane bombardarono la sua residenza nel corso della guerra. Furono azioni del genere a persuaderlo del fatto che non vi fossero buoni o cattivi in Bosnia. La propaganda USA contava tuttavia sulla caratterizzazione semplicistica e fine a se stessa degli aggressori e delle vittime, dei buoni e dei cattivi. Morillon ha affermato: “…Poco tempo dopo l’accaduto ricevetti un senatore americano, il quale mi chiese:  “…Dove sono i bravi ragazzi?” E io risposi che sfortunatamente non vi sono buoni o cattivi; sono tutti cattivi. Presi in questo vortice infernale non hanno avuto altri mezzi, altre possibilità da nessuna delle due parti...”

Morillon ha sottolineato il suo dissenso dalla politica propagandistica USA che demonizzava il popolo serbo: “…I serbi non dovrebbero essere demonizzati...”. Milosevic ha citato la dichiarazione di Morillon: “…Ho sempre respinto la tesi secondo la quale c’erano gli aggressori da una parte e le vittime dell’aggressione dall’altra...” Milosevic ha citato anche un’asserzione del generale indiano Satish Nambiar, comandante militare ONU in Bosnia, in un discorso pronunciato il 12 aprile 1999 a Nuova Delhi, il quale anche rifiutò di assegnare la responsabilità ad un’unica parte:
“…Ritrarre i serbi come i malvagi e tutti gli altri come buoni non fu soltanto controproducente, ma anche disonesto. Secondo la mia esperienza, tutte le parti erano colpevoli, ma soltanto i serbi hanno ammesso di non essere angeli, mentre gli altri hanno insistito sulla loro innocenza. Con 28.000 unità di forze armate sotto il mio controllo e mediante contatti costanti con l’UNHCR e gli ufficiali della Croce Rossa Internazionale, non siamo stati testimoni di alcun genocidio, oltre gli eccidi e i massacri perpetrati da tutte le parti in causa; condizione questa tipica di tali condizioni di conflitto….”
Milosevic ha chiesto a Morillon se fosse d’accordo con la definizione data da Nambiar del conflitto bosniaco. Morillon ha concluso: “…Non bisogna demonizzare i serbi sulla questione: non ci furono i buoni da una parte e i cattivi dall’altra.”

Morillon ha asserito che la guerra civile bosniaca era un risultato o reazione ai “ricordi” della guerra civile che ci fu in Bosnia durante la seconda guerra mondiale e a conflitti ancora precedenti: “…Penso che questo avvenimento drammatico provenga ancora una volta da ricordi, da una memoria storica alimentata...”  Morillon ha rimproverato aspramente coloro i quali “…rievocavano alla memoria collettiva i massacri ancestrali accaduti in Bosnia…” e “…quelli che riportarono alla mente, fecero rivivere la memoria di antiche paure…”. Milosevic ha domandato a Morillon se fosse stato in possesso di qualche sua deposizione che dimostrasse il suo sostegno ad altra causa che non fosse stata quella della tolleranza e della pace in Bosnia e nell’ex Jugoslavia. Morillon ha ammesso di non riuscire a trovare nessun indizio che suggerisse l’incitamento verso chiunque, da parte di Milosevic, al conflitto etnico o religioso.

Ma come reagirono i serbi bosniaci quando una rivista bosniaco-musulmana, Novi Vox, in un’uscita dell’ottobre 1991 avrebbe annunciato che i mussulmani bosniaci avevano preparato Handzar, una nuova divisione delle SS naziste, (“Spremna Handzar Divizija”), facente allusione alla 13esima Waffen Gebirgs Division der SS “Handzar/Handschar” della seconda guerra mondiale, formata da Heinrich Himmler per contrastare la lotta partigiana in Bosnia? Si trattò forse semplicemente di una pubblicazione isolata di nessuna rilevanza? La SS Division Handzar nazista dei musulmani bosniaci era davvero non attinente ai timori e alle inquietudini serbo-bosniache? In una cronaca da Fojnica del 29 dicembre 1993, un articolo eludeva la censura del governo USA sui media, il corrispondente del Daily Telegraph di Londra Robert Fox dimostrò che effettivamente la leadership bosniaco-musulmana aveva formato una nuova Divisione Handzar che contava 6000 uomini. Non erano meri “ricordi” ad alimentare il conflitto, bensì un vero scontro fra le tre fazioni, impegnate in un’autentica guerra di secessione o liberazione.

Durante la guerra civile, la fazione bosniaco-musulmana uccise i suoi civili, con l’intento di coinvolgere le forze serbo-bosniache e raccogliere consensi propagandistici. Milosevic ha fatto riferimento a un documento ONU datato 6 febbraio 1994 che dava la responsabilità alle forze bosniaco-musulmane dell’attacco ai civili musulmani: “…L’UNPROFOR è sicuro quasi al 100% che i bosniaci musulmani in almeno due occasioni nel corso degli ultimi 18 mesi sono stati all’origine dei bombardamenti che hanno provocato perdite umane a Sarajevo….” Gli ufficiali ONU e i funzionari maggiori occidentali ritennero i bosniaci musulmani responsabili del cosiddetto massacro Bread Line sulla strada Vasa Miskin.

Dal Kosovo Hospital di Sarajevo, i musulmani bombardarono con mortai collocati nell’ospedale stesso per provocare una risposta serba sull’ospedale. Nella dichiarazione di Morillon si può leggere quanto segue: “…Vedemmo un mortaio là, pronto a provocare una reazione da parte serba. Lo facevano in continuazione. So che alcuni osservatori ONU hanno visto il mortaio all’ospedale....”
La fazione bosniaco-musulmana aveva pianificato di instaurare un regime militante nazionalista musulmano prima che la guerra civile irrompesse nel 1992.  Milosevic ha dimostrato che i musulmani formarono una cosiddetta Lega Patriottica il 31 marzo 1991, dunque un anno prima della guerra civile, che costituiva un braccio armato dell’SDA, partito di Izetbegovic, il Partito dell’Azione Democratica è infatti un partito nazionalista musulmano. Fu il primo esercito di partito ad apparire in Europa e ad essere instaurato nell’Europa stessa dopo la seconda guerra mondiale e l’esperienza di Hitler. Le SS erano state un esercito di partito similare a questo durante la seconda guerra mondiale. Nel 1991, Alija Izetbegovic aveva dato forma a un esercito di partito militante in Bosnia.

Milosevic ha citato una dichiarazione di Morillon: “…Milosevic spiegò che non poteva dare ordini al BSA( esercito serbo bosniaco)… Il nuovo ruolo di Milosevic in qualità di pacificatore determinante e mediatore franco era piuttosto evidente....” Milosevic e Morillon impiegarono tutta l’“influenza politica che avevamo, ed era quella l’unica influenza che avessimo per conseguire tale scopo...”
Milosevic ha dichiarato che “…tutta l’influenza che avrei potuto esercitare.. fu utilizzata con la finalità di fermare lo spargimento di sangue, e di impedire che tale logica venisse posta in atto… E’ corretto, Generale?” Morillon ha replicato: “..Sì.”
Morillon ha ripetuto che : “…Rifiuto di vedere i serbi demonizzati.” Ha affermato che: …“non sono soltanto i serbi ad essere responsabili del conflitto in Bosnia…”

Morillon, avvertì Milosevic, tuttavia, che “sarete voi ad essere demonizzati, se Srebrenica fosse caduta nelle mani delle forze serbo-bosniache…”.



Sandzaki in Bosnia

Milosevic ha citato un verbale redatto da Morillon che rilevava la realtà dei combattimenti fra i cittadini jugoslavi in Bosnia: “membri delle forze armate da Sandzak… molti volontari da Sandzak nell’esercito dei bosniaco-mussulmani.” Izetbegovic li aveva dispiegati all’aeroporto di Sarajevo e a Srebrenica. Morillon: “Li chiamavamo i Sandzaki. Vi erano alcune unità che erano come milizie, probabilmente parecchie centinaia, ma non molte di più. Erano essenzialmente, i Sandzak(i), posizionati nella regione di Srebrenica… Alcuni Sandzaki… alcuni mujahedin, sì.” Milosevic ha domandato cosa sapesse a proposito dei mujahedeen “fondamentalisti”, i cosiddetti mujahedin o guerrieri della jihad?” Morillon ha risposto che questi ultimi erano attivi soprattutto nella regione di Vitez. C’era, per così dire una brigata.” Morillon specificò: “Li ho visti in azione.” I mercenari sono coperti dal protocollo 1977 della Convenzione di Ginevra, e non hanno diritto alla classificazione di combattenti o di POWs (= prigionieri di guerra), conformemente a tali protocolli stilati il 12 agosto 1949.
Milosevic ha dimostrato che nell’area di Zvornic erano operativi diversi gruppi paramilitari musulmani, come ad esempio i Mosque Doves (Dzamijski Golubovi) e i Kobras guidati da Sulejamn Terzic. Questi gruppi paramilitari musulmani massacrarono i civili serbo-bosniaci presenti nella Bosnia orientale, assassinando civili serbi anziani come anche attaccando villaggi serbo-bosniaci.

Al Qaeda in Bosnia

Morillon ha citato il capo di accusa formulato dalla Corte Distrettuale della Virginia orientale negli Stati Uniti contro Zacarias Moussaoui, implicato nell’attacco terroristico dell’11 settembre: “Al Qaeda funzionava con l’appoggio di vari gruppi della jihad in paesi diversi, compresa la Bosnia.”
Il giudice Patrick Robinson non ha permesso permesso a Milosevic di proseguire con argomenti di tale attinenza. Milosevic ha obiettato che il capo d’accusa statunitense dimostrava che “in quel periodo Al Qaeda era attiva in Bosnia-Herzegovina.” Al Qaeda intraprese una strategia per commettere atti di terrorismo che oltrepassassero i confini nazionali.” Prima dell’attacco a New York l’11 settembre 2001, la rete terroristica di Al Qaeda era impegnata in una guerra terroristica in Bosnia, conto i serbo-bosniaci. Effettivamente, uno dei dirottatori dell’11 settembre aveva un passaporto bosniaco. Si presume che Osama bin Laden abbia incontrato Alija Izetbegovic e che sia stato attivo in Bosnia, assicurando le truppe di Al Qaeda all’esercito musulmano-bosniaco. Qual era quindi il ruolo del governo statunitense nel mettere insieme Osama bin Laden e Al Qaeda in Bosnia? Negli anni Ottanta, Osama bin Laden era rifornito e addestrato dagli Stati Uniti in qualità di alleato in l’Afghanistan contro l’URSS. I mujahedeen creati dagli Stati Uniti vennero poi trasferiti in Bosnia per combattere nell’esercito musulmano-bosniaco. Tutti sapevano della loro presenza in Bosnia. Ma che ruolo giocarono gli USA nel portare gli uomini di Osama bin Laden, i mujahedeen e Al Qaeda in Bosnia?


Srebrenica e Naser Oric

Nella sua testimonianza, Morillon ha confermato che l’enclave di Srebrenica veniva utilizzata dall’armata bosniaco-musulmana come base militare operativa sotto il comando di Naser Oric. Lo stesso Oric contribuì alla crisi umanitaria gestendo azioni di guerriglia mediante la strategia attacco-fuga, che avevano come obiettivo villaggi serbi. Morillon ha spiegato: “Queste enclaves vennero parzialmente occupate da forze musulmane sotto il comando di Naser Oric, che intraprese regolari battaglie. Così, la possibilità di ottenere approvvigionamenti alimentari, che si auspicava venisse sia da Belgrado che da Split via Mostar furono notevolmente ostacolate, e i serbo-bosniaci ci dissero che  ciò era dovuto ai combattimenti che ebbero luogo.”
Dermot Groome, pubblico ministero dell’ICTY, ha posto a Morillon una domanda riguardo l’attacco di Kravica nella sera del Natale ortodosso: “Generale, la sua asserzione descrive dettagliatamente gli attacchi di Naser Oric, in particolare quello sferrato la sera del Natale ortodosso.” Morillon replicò: “Le azioni alle quali lei fa riferimento furono una delle ragioni del deterioramento della situazione nell’area, in special modo durante il mese di gennaio. Naser Oric si impegnò in attacchi durante le vacanze ortodosse, distruggendo i villaggi e massacrandone gli abitanti. Ciò originò una tale ondata di violenza e ad un livello di odio straordinario, inaudito nella regione, inducendo così la regione di Bratunac in particolare – interamente a popolazione serba – ad insorgere e ribellarsi alla sola idea che mediante gli aiuti umanitari si potesse aiutare la popolazione ivi presente...”


Non ci si può preoccupare dei prigionieri

Secondo le Convenzioni di Ginevra, torturare e giustiziare un prigioniero di guerra costituisce un crimine di guerra, tuttavia è quel che Naser Oric fece precisamente nell’enclave di Srebrenica. Egli non è stato accusato per questi crimini di guerra flagranti e per le evidenti violazioni delle Convenzioni di Ginevra e dei Protocolli del 1997. Perché Carla Del Ponte non ha imputato Oric per l’uccisione e la tortura di prigionieri serbo-bosniaci? Come dimostra la testimonianza di Morillon, Oric stesso ammise l’accaduto di fronte a Morillon, ed esiste un’abbondante e schiacciante evidenza di prove a dimostrazione di ciò.

Di cosa erano accusate le forze serbo-bosniache quando presero Srebrenica nel 1995? La propaganda USA accusò i serbo-bosniaci di giustiziare soldati musulmano-bosniaci. La propaganda USA e la terminologia dell’informazione bellica facevano riferimento a “uomini e ragazzi musulmani” al fine di praticare il lavaggio del cervello, inducendo a pensare o a credere che si trattasse di civili musulmani inermi, incapaci di reagire. Tutto ciò è stato uno stratagemma, un inganno messo in atto dai propagandisti statunitensi per sottoporre a lavaggio del cervello l’opinione pubblica.

In effetti, queste forze erano molto ben equipaggiate e armate. Erano un esercito vero e proprio, il 28° Divisione Fanteria dell’esercito bosniaco-mussulmano, dislocato a Srebrenica, rifornito, comandato e occupato dal musulmano Tuzla. Così le forze serbo-bosniache furono accusate di giustiziare prigionieri di guerra bosniaco-mussulmani. E’ un crimine di guerra? E’ possibile torturare, mutilare e giustiziare prigionieri di guerra?
E’ possibile se si è alleati, clienti del governo USA e fiduciari dei media a loro associati. Questo è quel che ha attuato sistematicamente Naser Oric nel 1992 e nel 1993. Così in conclusione, i frammenti del puzzle combaciano. Naser Oric non è stato imputato o accusato dalla Del Ponte per crimini di guerra, per aver giustiziato prigionieri di guerra serbo-bosniaci, perché questo capo d’accusa è stato riservato soltanto alle forze serbo-bosniache. Tutto ciò avrebbe costituito il fondamento, la base per l’imputazione di “genocidio”. Così tutto trova un  senso.

Ci si può domandare: ma nel 1992 e 1993 le forze di Naser Oric non “massacrarono” le forze serbo-bosniache in maniera del tutto analoga? Ma questo è il fatto che deve essere nascosto e messo a tacere, soppresso da Carla Del Ponte e dall’ICTY. Questa è la ragione per cui Naser Oric non è imputato di crimini di guerra in relazione alle uccisioni di massa di prigionieri di guerra serbo-bosniaci. Se venisse ammesso tale dato di fatto, cioè che Oric abbia commesso crimini di guerra nel giustiziare prigionieri di guerra serbo-bosniaci, l’intero costrutto propagandistico statunitense allora crollerebbe. E’ il motivo per cui tale questione è cruciale nella comprensione del caso di Srebrenica. Esistono in questo caso sottigliezze legali che mostrano l’ICTY come un processo politico-show, avviato e diretto dalla NATO e dagli USA.

Vi è poi l’altra questione riguardante la politica sistematica di Naser Oric di bruciare i villaggi serbo-bosniaci e di ucciderne gli abitanti. L’atto di accusa dell’ICTY implica che nessuno vivesse in quei villaggi, così Oric è solamente accusato di averli distrutti e bruciati. Ma che dire riguardo la politica sistematica di Oric di assassinare tutti i civili serbi in quei villaggi? Oric non è imputato per quei crimini. Perché? Questa premessa intende preservare e sostenere l’immagine propagandistica veicolata dagli USA che vittimizza la fazione bosniaco-musulmana. Accettare una tesi differente vorrebbe dire ammettere che quella bosniaca fu una guerra civile, nella quale tutte e tre la fazioni hanno responsabilità. Per questo il processo Oric è limitato a un ristretto numero di crimini pro-forma, nominali, di crimini contro la proprietà.

Il pubblico ministero dell’ICTY Groome ha interrogato Morillon circa il trattamento dei prigionieri di guerra bosniaci: “…Posso chiederle, cosa le disse il sig. Oric in riferimento alla sua condotta con i prigionieri durante questo periodo di tempo?” Morillon ha risposto: “Naser Oric era un capo militare, un signore della guerra che regnò imponendo un regime di terrore sull’area da lui controllata e sulla popolazione stessa. Penso che egli avesse compreso che queste erano le regole di una guerra orribile, che non poteva dunque permettersi di catturare prigionieri. Stando al mio ricordo, egli non cercò nemmeno una scusa, un pretesto. Fu una semplice asserzione: non ci si può preoccupare dei prigionieri...”

Rifiutarsi di catturare e giustiziare prigionieri di guerra costituisce un crimine di guerra. L’8 giugno 1977 si afferma all’articolo 40 dei protocolli della Convenzione di Ginevra del 12 agosto 1941: “E’ proibito ordinare che non vi debbano essere sopravvissuti.” Le medesime proibizioni sussistono sia all’interno dei protocolli internazionali che di quelli internazionali del 1977. Perché Carla Del Ponte non ha processato Oric per questi crimini di guerra documentati ed evidenti…?

Morillon ha spiegato di come gli erano stati mostrati i corpi dei serbo-bosniaci massacrati in Bosnia orientale: “Non fui sorpreso quando i serbi mi condussero in un villaggio per mostrarmi l’esumazione dei corpi degli abitanti che erano stati gettati in una fossa comune in un villaggio vicino a Bratunac. E ciò mi ha fatto comprendere il grado a cui questa situazione infernale di sangue e vendetta – penso a Sudetic… (il riferimento è al giornalista croato-americano Chuck Sudetic e al libro Blood and Vengeance (Sangue e Vendetta), il quale descrive benissimo di questo concetto di  Sangue e Vendetta, e il grado al quale questo portò la situazione, per questo io personalmente temevo che il peggio sarebbe accaduto, se i serbi di Bosnia fossero riusciti a fare irruzione nelle enclaves e a Srebrenica.”

Morillon si aspettava ritorsioni a Srebrenica: “Temevo che i serbi, i serbi locali, i serbi di Bratunac, i miliziani, volessero vendicarsi per tutto ciò che attribuivano a Naser Oric. Non era soltanto di Naser Oric che volevano vendicarsi, volevano vendicare i loro morti del Natale ortodosso.


Ci si deve domandare: “Perché il governo USA e i serbi giustificano le uccisioni per vendetta in Kosovo e non a Srebrenica? Perché il cosiddetto massacro del 1995 non è semplicemente una vendetta di ritorsione? Certo, ma soltanto gli alleati degli USA possono partecipare a “uccisioni per vendetta”. Giuridicamente l’omicidio è omicidio. Non esiste qualcosa di simile all’“uccisione per vendetta” così come la propaganda USA sostiene. In un modo o nell’altro, tutte le uccisioni sono     “uccisioni per vendetta”. Questo dimostra tuttavia come gli USA concepiscono l’omicidio in Kosovo contro i serbi del Kosovo. Come dimostra il caso di Srebrenica, gli Stati Uniti applicano questa concezione selettivamente. Che dire poi dell’attacco armato croato responsabile della pulizia etnica di più di 250.000 serbi a Knin, Pakrac e nell’area di Krajina, tutti territori sotto protezione ONU? Centinaia se non migliaia di serbi di Krajina furono uccisi nell’azione di pulizia etnica orchestrata dagli Usa, il più vasto atto singolo di pulizia etnica verificatosi durante il conflitto iugoslavo. Le truppe croate massacrarono non soltanto i civili serbi di Krajina, ma anche peacekeepers (operatori di pace) dell’ONU. Dove sono l’indignazione, la preoccupazione per questi massacri? Questi atti perpetrati contro i serbi a Krajina furono ignorati e nascosti, coperti dal governo USA e dai media, perché essi stessi hanno orchestrato, diressero e controllarono i massacri contro i serbi in Krajina.

Morillon è arrivato alla conclusione che la caduta di Srebrenica del 1995 fu dovuta ai massacri commessi dalle forze di Naser Oric nel 1992 e nel 1993. Il magistrato Patrick Robinson ha domandato a Morillon: “Sta dunque affermando, generale, che ciò che accadde nel 1995 fu una reazione diretta a ciò che Naser Oric fece ai serbi due anni prima?”

Morillon replicò: “Sì. Sì, vostro Onore. Sono convinto di ciò.”

Morillon era convinto che la crisi di Srebrenica fosse manipolata dagli USA e dai leaders bosniaco-musulmani per conseguire altri obiettivi politici e propagandistici. Milosevic ha citato un’affermazione di Morillon: “Ero convinto che la popolazione di Srebrenica fosse vittima di un interesse più elevato … questo interesse superiore era localizzato a Sarajevo e a New York.” Morillon ha parlato di come Mladic fosse stato indotto con un inganno ad attaccare Srebrenica. Oric era già stato fatto sgombrare con un elicottero a Tuzla. La leadership politica e militare bosniaco-musulmana aveva già abbandonato Srebrenica dopo aver provocato l’attacco serbo-bosniaco.

Come ha spiegato Morillon il presunto massacro del 1995?  Quando la questione è stata posta a Morillon, egli aveva risposto: “…Odio accumulato. Le teste cadevano. Vi erano terribili massacri commessi dalle forze di Naser Oric in tutti i villaggi circostanti. E, nel momento in cui intervenni, quando mi recai a Bratunac, sentivo tutto ciò....”
Milosevic ha riferito di come le forze bosniaco-musulmane fecero fuoco con l’artiglieria verso la  Serbia, minacciando la rete idroelettrica di Bajina Basta in Serbia. Questa fu la ragione per cui le forze militari iugoslave aprirono il fuoco contro le postazioni bosniaco-musulmane.

Morillon ha chiarito i complotti e le strategie propagandistiche in cui i leaders bosniaco-musulmani  erano impegnati. Il comandante di Srebrenica riceveva ordini da Sarajevo e non permettevano di fare irruzione in Srebrenica. Milosevic gli ha domandato: “Così era tutto manovrato da Sarajevo? … Erano manipolati e diretti come su un palcoscenico teatrale.” La dichiarazione di Morillon  è stata letta da Milosevic: “…Il fatto che mi trattenessero come prigioniero a Srebrenica fu orchestrato da Sarajevo.” Le autorità di Izetbegovic si opponevano all’evacuazione umanitaria di civili da Srebrenica, “dalle 2000 alle 3000 donne…”, perché intendevano usarli come scudi umani e creare una crisi umanitaria in modo da provocare  l’intervento militare USA. Milosevic ha citato Lord David Owen, il quale difendeva la tesi secondo la quale Izetbegovic aveva impedito lo sfollamento di civili da Sarajevo come mossa propagandistica, per raccogliere la comprensione, la simpatia del mondo.

…Quindi, sia a Sarajevo che a Srebrenica, Izetbegovic era determinato ad impiegare civili bosniaco-musulmani con intenti propagandistici, sacrificandoli a proprio vantaggio, “mettendo a segno” punti a livello propagandistico.
L’Amicus Curiae, Branislav Tapuskovic, ha interrogato a Morillon circa le sue riunioni con Naser Oric, comandante militare bosniaco-musulmano a Srebrenica. Morillon ha affermato di avere incontrato Oric a Konjevic Polje e a Srebrenica. Morillon ha affermato : “…Ogni notte, Naser Oric effettuava incursioni, scorrerie fuori città a danno dei serbo-bosniaci.” Quando  il generale Morillon gli si oppose, Oric gli disse che quello era l’unico modo che aveva per procurarsi armi e munizioni. Ammise di avere ucciso serbo-bosniaci ogni notte.

Morillon ha ripetuto l’ammissione di responsabilità resagli da Oric, secondo la quale quest’ultimo non catturò mai prigionieri di guerra serbo-bosniaci: “Oric disse che queste erano le regole del gioco, e che in questa tipologia di guerra partigiana, lui non poteva fare prigionieri…” Morillon ha confermato che Naser Oric riceveva direttive e istruzioni da Alija Izetbegovic a Sarajevo: “Il regno di Naser Oric implicava una conoscenza approfondita dell’area controllata dalle sue forze. Mi sembrò che stesse rispettando istruzioni politiche provenienti dalla presidenza a Sarajevo….”


La Convenzione di Ginevra e il trattamento dei prigionieri di guerra

La Convenzione del 12 agosto 1949 stabilì le linee guida per il trattamento dei prigionieri di guerra. Tali linee guida legali internazionali per il trattamento dei prigionieri di guerra emersero nella scia della seconda guerra mondiale. Il trattamento dei prigionieri di guerra era stato al centro di trattative, negoziati e convenzioni internazionali intrapresi alla metà del XIX secolo. Nel 1864 apparve un tentativo di codificazione delle “leggi di guerra”, quando 12 nazioni approvarono, sanzionarono la prima Convenzione di Ginevra per il miglioramento della condizione dei feriti in tempo di guerra. Un trattato successivo fu ratificato da 54 stati. Esso venne rimpiazzato dalla Convenzione di Ginevra del 1906 e dalla successiva Convenzione di Ginevra del 1929. Tali trattati si occupavano di: 1) protezione degli ospedali, dello staff medico e delle attrezzature mediche; 2) protezione dei civili; e, 3) il diritto al rispetto. Il primo tentativo di regolare il trattamento  internazionale dei prigionieri di guerra si è verificato a Bruxelles nel 1874, ed ha avuto come conseguenza la Dichiarazione di Bruxelles. La Conferenza di pace dell’Aia del 1899 votò favorevolmente la Convenzione di Ginevra del 1864. Tali linee guida furono ulteriormente codificate nel 1907 all’interno dei Regolamenti dell’Aia. Il 12 agosto 1949, le Convenzioni di Ginevra definirono il trattamento dei prigionieri di guerra nel diritto internazionale. L’8 giugno 1977 furono promulgati i Protocolli alle Convenzioni di Ginevra, i quali aggiungevano maggiori protezioni riguardo i prigionieri di guerra e i civili.

Le forze di Naser Oric commisero sul territorio della ex-Yugoslavia serie infrazioni delle Convenzioni di Ginevra, oltre ad altre violazioni delle legislature umanitarie internazionali. L’articolo 3 delle Convenzioni di Ginevra concerne le guerre civili. Vi si enuncia l’obbligo di trattare i prigionieri di guerra in maniera umana, l’omicidio, la mutilazione, la tortura e il trattamento crudele sono proscritti, banditi. I prigionieri di guerra non possono essere giustiziati a meno che non vi sia un pubblico processo, un debito processo, e il diritto di ricorrere in appello. Mentre la vendetta e la ritorsione non sono permesse, le “rappresaglie di guerra”, sono tuttavia riconosciute nei confronti dei combattenti. Un rappresaglia è “un atto altrimenti illegale cui si ricorre dopo che la controparte si è essa stessa concessa il diritto di compiere atti illegali.” Le ritorsioni sono ammesse in misura proporzionale all’ingiustizia subita. Non è ciò che le forze serbo-bosniache hanno intrapreso durante la presa di Srebrenica del 1995, cioè ritorsioni contro le forze di Naser Oric?


Conclusione

La testimonianza di Philippe Morillon al processo Milosevic dell’Aia ha dimostrato come le truppe di Naser Oric abbiano torturato, mutilato e giustiziato soldati e civili serbo-bosniaci. Questi furono crimini di guerra flagranti e violazioni delle Convenzioni di Ginevra per le quali né Naser Oric, né Alija Izetbegovic, né Sefer Halilovic sono stati imputati da Carla Del Ponte. Morillon ha rivelato che la caduta di Srebrenica del 1995 fu la “reazione diretta” ai massacri e agli omicidi di massa che Oric aveva commesso contro i serbo-bosniaci nella sacca di Srebrenica. La propaganda USA  sostiene che “7000 uomini e ragazzi mussulmani” furono “trucidati” a Srebrenica, ma essa non è basata su prove e testimonianze effettive. Si tratta di un’accusa ancora da provarsi, di un’incriminazione del governo USA che intende addossare la responsabilità della guerra civile bosniaca alla fazione serbo-bosniaca, quando invece la guerra fu di fatto fomentata dal governo USA. Un testimone d’accusa che ha testimoniato mercoledì 11 febbraio 2004: un soldato serbo-bosniaco che partecipò alla presa di Srebrenica, ha dimostrato che molte delle perdite umane bosniaco-musulmane furono subite, sofferte quando elementi della 28 divisione fanteria hanno tentato di rompere l’accerchiamento serbo- bosniaco. La 28 divisione stava cercando di ritirarsi a Tuzla, controllata dai musulmani. Molte truppe bosniaco-musulmane rimasero uccise durante questo tentativo fuga di massa. Ma comunque molte di queste truppe bosniaco-musulmane riuscirono a ritirarsi a Tuzla. Il governo USA e la propaganda mediatica insinuano che le forze serbo-bosniache abbiano giustiziato civili inermi e indifesi. Ma ciò è palesemente falso. Come hanno dimostrato chiaramente la fotografie, le forze di Oric indossavano uniformi militari di fatica, insegne e distintivi militari ed erano in possesso di AK-47, artiglieria, lancia-granata, missili anti-carro armato, carri armati e elicotteri. Non si trattava di civili, ma di combattenti armati, soldati, assassini che avevano massacrato civili serbi e bruciato interi villaggi. I bosniaco-musulmani avevano loro formazioni militari a Srebrenica. La caduta di Srebrenica del 1995 fu un disastro militare per le forze dell’esercito bosniaco-musulmano guidate da Naser Oric, ma non fu un “massacro” di civili.

Quel che è trapelato dalla deposizione di Morillon è che i bosniaco-musulmani e i croati si impegnarono in “omicidi di massa” di serbi, anche prima dello scoppio del conflitto. Le prime vittime della guerra civile bosniaca furono civili serbi. Oltre a ciò, Morillon ha rivelato che Izertbegovic ha tentato di impiegare i civili musulmani come scudi a Sarajevo e a Srebrenica per raccogliereconsensi e per fare proseliti. Morillon ha dimostrato che il vero assedio di Sarajevo iniziò quando i musulmani circondarono e attaccarono il JNA, uccidendo i soldati JNA nel momento in cui si stavano ritirando. La fazione bosniaco-musulmana ha violato gli accordi attaccando le truppe. Un tale omicidio premeditato e dissoluto, arbitrario, poteva provocare soltanto una risposta equivalente. Ma è chiaramente stata la fazione bosniaco-musulmana a provocare la violenza.

Le “fosse comuni” bosniaco-musulmane non sono state trovate per convalidare, addurre fatti a prova delle imputazioni/incriminazioni. Nell’area di Srebrenica c’erano molte fosse comuni. Le forze di Naser Oric avevano assassinato centinaia se non migliaia di civili serbo-bosniaci nell’area di Srebrenica. Almeno 50 villaggi serbo-bosniaci in Bosnia orientale sono stati bruciati e rasi al suolo dalle forze di Oric. La testimonianza di Morillon ha dimostrato che la caduta di Srebrenica del 1995 fu la “reazione diretta” agli eccidi perpetrati da Naser Oric nel 1992 e nel 1993.

Da www.serbianna.com

Traduzione a cura di E. Vigna (Associazione SOS Yugoslavia)


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http://www.icty.org
http://www.sloboda.org.yu

http://www.icdsm.org
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