www.resistenze.org - segnalazioni resistenti - libri - 10-07-13 - n. 461

Valerio Gentili: Antifa, Storia contemporanea dell'antifascismo militante europeo
(Roma, Red star press, 2013, pp. 173, € 14,00).

di Silvio Antonini

luglio 2013

Valerio Gentili (Roma, 1978), è tra gli animatori dell'Archivio internazionale dell'azione antifascista, progetto multimediale recentemente avviato con lo scopo di raccogliere la documentazione delle formazioni che, nel corso dei decenni, si sono opposte all'avanzata fascista scendendo sul terreno dell'organizzazione squadristica e delle lotte di strada. Un impegno che in questi anni ha portato l'autore alla sua quarta pubblicazione. Dopo Roma Combattente (2010) e Dal nulla sorgemmo (2012, I ed. 2009), incentrate sull'arditismo popolare degli inizi anni Venti del Novecento, è stata la volta di Bastardi senza storia (2011), su, appunto, la storia rimossa dell'Antifascismo europeo.

Antifa, dedicato alla memoria di Davide Cesare, nel 10° anniversario dell'assassino, e a Davide Rosci, detenuto per gli scontri del 15 ottobre 2011, può considerarsi come il secondo volume di Bastardi. Qui venivano trattati i gruppi paramilitari antifascisti nati e vissuti nell'Europa centrale e occidentale degli anni Venti - Trenta, come gli Arditi del popolo italiani e le esperienze analoghe sviluppatesi altrove, soprattutto nella Germania di Weimar. In Antifa (abbreviazione con cui ormai si definisce anche da noi l'Antifascismo militante) si parte proprio da quelle realtà venute in essere nei decenni successivi, che dei gruppi suaccennati ne hanno, consapevolmente o meno, ripreso le gesta. Dagli anni Ottanta, con i Cacciatori di nazisti in Francia e gli Antifa in Germania, sino a toccare la cronaca, con i Centauri rossi, motociclisti in difesa degli immigrati che in Grecia stanno infliggendo duri colpi ad Alba dorata, appannandone l'aura d'invulnerabilità.

L'ambiente in cui questi gruppi si formano è quello degli anni del riflusso, dinanzi all'arretramento del movimento operaio, le deludenti esperienze di governo socialdemocratiche (in alcuni casi con l'appoggio di partiti comunisti), nell'imminente collasso del blocco sovietico. L'irrompere nel tessuto sociale dell'immigrazione, capro espiatorio per i disastri sociali generati dalle politiche liberiste, dà nuova linfa vitale, spazio elettorale e agibilità pubblica all'estrema destra. Questa raccoglie consensi e organizza i giovani della classe operaia bianca in attacchi contro i coetanei di sinistra, gli immigrati, e le minoranze etniche in generale, e in manifestazioni atte a riabilitare i passati regimi nazifascisti e collaborazionisti, non senza il benestare, se non la complicità, delle forze dell'ordine.

Dinanzi a questo scenario, se la sinistra mainstream, che, ormai abbandonato il pur minimo proposito rivoluzionario e abbracciata la nonviolenza, non riesce ad andare oltre il disgusto morale, gang di giovani, sostanzialmente spontanee, si addestrano militarmente, soprattutto con le arti marziali, e cercano di rispondere alla violenza fascista colpo su colpo. Se la sinistra istituzionale, prevalentemente attraverso le associazioni ad essa contigue, prova ad arginare il razzismo coinvolgendo le minoranze in attività culturali per divulgarne usi e costumi, le gang puntano a conquistare la gioventù bianca, cioè i potenziali aggressori, anche se nel caso francese, ad esempio, nutrita è la presenza di africani e asiatici.

Non idilliaci sono i rapporti con i partiti della sinistra rivoluzionaria, poiché i giovani in questione difficilmente si possono assimilare ai quadri di partito: non si tratta in genere di rivoluzionari di professione, la loro preparazione teorica è perlopiù rudimentale, senza contare che non in pochi provengano dalle fila della criminalità comune.

Per sommi capi, questi sono i tratti distintivi che accomunano gli antifa. La monografia è suddivisa in capitoli dedicati ai casi nazionali: Francia, Germania  e Regno Unito, con le loro rispettive organizzazioni. Oltre alla Germania, dove, soprattutto dopo la riunificazione, l'insorgenza nazi si è manifestata con maggiore veemenza e dove l'antifa ha avuto una sua codificazione, particolare attenzione è dedicata alla Gran Bretagna. Dal Secondo dopoguerra è questo il primo paese occidentale che, già negli anni Settanta, a seguito dello shock petrolifero, vede l'ultradestra raggiungere percentuali elettorali a due cifre, anche nei quartieri proletari, con il National front. Qui i nazionalisti riescono a penetrare negli ambienti skinhead, distorcendo una cultura che trae origine dagli immigrati di colore giamaicani, con una strumentalizzazione d'indubbio successo per il reclutamento. Qui nascono, in risposta, l'Anti-nazi League e l'Anti fascist action (Afa, più rispondente ai criteri antifa). Nel caso britannico si va anche a ritroso. La descrizione della battaglia del 12 settembre 1992, in cui l'Afa batteva i nazi presso la fermata Waterloo della metro londinese (inevitabile il rimando ironico alla disfatta napoleonica), introduce un capitolo sulla Battaglia di Cable street, dove, il 4 ottobre del 1936, i lavoratori antifascisti avevano cacciato dall'East end le camicie nere capeggiate da sir Oswald Mosley. L'Episodio segnerà la fine delle fortune per la British union of fascists.

Soffermandosi ampiamente sulle simbologie, il look e le tendenze musicali, Antifa vede come principale supporto bibliografico le fonti periodiche, analogiche e digitali, le fanzines e i volantini. Non ci sono gli archivi pubblici, non ancora accessibili vista la vicinanza a noi dell'arco di tempo preso in esame, la stessa che ci impedisce di trarre bilanci e conclusioni. Del resto, seppur in un contesto radicalmente mutato rispetto a venti - trent'anni fa, la partita è ancora aperta.



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