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Recensione del nuovo libro di Domenico Moro: La terza guerra mondiale e il fondamentalismo islamico

Valter Rossi

17/05/2016

Il nuovissimo saggio di Domenico Moro (La terza guerra mondiale e il fondamentalismo islamico, Imprimatur, euro 14) arriva nelle librerie all'indomani degli attentati terroristici di Bruxelles, che riportano drammaticamente all'ordine del giorno la questione della guerra nel continente europeo. L'analisi della grave situazione internazionale è condotta dallo studioso marxista sugli eventi oggetto del dibattito e delle politiche internazionali, portando sotto i riflettori di una rigorosa visione classista le cause di questi fenomeni che l'informazione ufficiale circoscrive invece artificiosamente allo scontro di civiltà, o di religione, o che indica strumentalmente come confronto violento tra valori di libertà e democrazia, incarnati ovviamente dall'occidente, contro il cosiddetto fondamentalismo islamico.

Lo studio di questo libro si articola perciò sui temi più caldi della crisi del sistema capitalistico internazionale. Tratta quindi della questione dell'immigrazione. Il titolo del secondo capitolo è significativo : Il "nemico" interno e l'immigrazione in Europa come esercito industriale di riserva. Il decremento demografico, effetto della crisi dei rapporti di produzione, impone al sistema capitalistico europeo di compensarlo con l'immissione massiccia di forza lavoro dall'esterno. Per l'apparato industriale dell'Europa occidentale, specialmente per la Germania, l'accoglimento diventa una scelta obbligata.

La contraddizione, però, tra questa operazione di sostituzione della popolazione e la crisi verticale dello stato sociale non può che produrre tensioni dagli esiti imprevedibili: la cosiddetta guerra tra i poveri. Il capitalismo è stretto nella morsa del proprio ciclo di valorizzazione del capitale, alla ricerca di un margine di profitto che si erode progressivamente. Una politica sociale, volta a favorire un integrazione sociale effettiva, quindi con l'approntamento di alloggi e soprattutto con interventi nel campo dell'istruzione, della sanità, delle infrastrutture, quindi con un energico intervento sul bilancio dello stato, sarebbe incompatibile con lo scopo primario di questa operazione di mera introduzione di forza lavoro. Se mai l'integrazione dovesse davvero esserci, dunque non potrebbe che avvenire su livelli più bassi di welfare, tenuto conto che il capitalismo tende a rigettare ogni forma di socialismo e che i vincoli di bilancio impongono spietatamente il taglio sui costi sociali.

Nei successivi capitoli si affrontano le altre questioni connesse all'emergere prepotente di tutte le frizioni internazionali, soffermandosi in modo particolare sul ruolo della religione dietro la quale si celerebbe, secondo la versione di comodo propagata in occidente, la causa della crisi nel Medio Oriente e nel Nord Africa. La realtà inchioda invece l'imperialismo alle responsabilità per aver fatto di queste aree, ricche del propellente per l'intera economia mondiale, il petrolio, un obiettivo per interessi rapaci e inconfessabili, schiacciando tutti i movimenti di liberazione nazionale e appoggiando ogni tipo di organizzazione reazionaria, compresi gli stati feudali delle petromonarchie. Il jihadismo è in sostanza una creatura dell'imperialismo euro atlantico.

Il fallimento delle esperienze di tipo nazionalista o socialista nei paesi arabi, che avrebbe potuto indirizzare questi popoli a una vita di pace e cooperazione dopo secoli di colonialismo, è imputabile in parte notevole all'opera di sabotaggio e di aggressione degli stati imperialisti (Usa, Francia, Regno Unito e Italia) e in parte alla crescita subalterna e alle contraddizioni interne a questi paesi, dovute a loro volta alla globalizzazione e alla crisi generale del capitalismo. La fine dell'Urss, in questo quadro di dissesto, ha naturalmente favorito i disegni di ingerenza violenta e diretta in ogni paese che ha tentato una forma qualunque di indipendenza dal dominio imperialista.

Molto istruttiva, perché coerentemente marxista, la considerazione di Domenico Moro sulla natura della religione come fenomeno eminentemente antropologico e sociale. Il saggio si presenta anche come una rivisitazione della storia di questi paesi, nella loro identità sociale, politica e religiosa.

"Il vero problema è il ruolo dell'imperialismo e la sua tendenza alla guerra". Questo è il titolo dell'ultimo capitolo, che non può che chiudere questa disamina sulla causa prima del caos che potrebbe conflagrare in un conflitto più vasto di quello che è già attualmente in corso. Non mancano le proposte e gli indirizzi di azione per contrastare questa deriva e per imboccare la strada verso l'unico sistema socioeconomico che possa permettere ai paesi e ai popoli del mondo una vita di pace e cooperazione: il socialismo.

Un libro da leggere e studiare attentamente, perché attualissimo e incentrato su una visione marxista, che di questi tempi è cosa davvero rara.


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