www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - antifascismo - 07-11-06

L’ANPI rilancia puntando sul futuro 
 
Tiziano Tussi 
 
Il 21 ed il 22 ottobre, a Sesto san Giovanni, l’ANPI ha tenuto un insolito Comitato nazionale. Oltre ai suoi componenti, ventisette, vi erano anche i membri della Presidenza onoraria, e diversi invitati, espressione della società civile. Un centinaio di persone rappresentative di uno spezzone sociale che è in continuo movimento, attento ai cambiamenti sociali più profondi. L’ANPI, che raggruppa quasi centomila tesserati, ha deciso proprio in quella sede di ristrutturarsi, dotarsi di commissioni di lavoro interne, zone di interesse politico e culturale. Non è da poco per una associazione che ha legato la sua esistenza, sino ad ora, ad un rapporto strettissimo, privilegiato con le istituzioni.
 
L’ANPI si è sempre sentita, ed a ragione, una sorta di padre putativo della Costituzione repubblicana. Attiva nel recente referendum in difesa della sua integrità, nei comitati Salviamo la Costituzione, è stata riferimento valoriale per tutte le componenti dello stesso. Molti Comitati infatti si sono riuniti nelle sue sedi ed i rimandi etici e politici sono stati trovati proprio nelle motivazioni che diedero inizio alla guerra di Liberazione, di cui l’ANPI è storia vivente. La funzione dell’ANPI si esplica in una lotta cultuale su molti fronti. Contro l’attacco alla vita democratica ed alle sue conquiste, mai sopito nel tempo, da parte della destra fascista e razzista. Contro l’istrionesco strepito di voci, che definiamo in modo spiccio revisionista, che si è cementato con la storia più recente del nostro paese per intrecciare strettamente cultura e politica, basti pensare ai recenti libri di Vespa e di Pansa. I fenomeni indicati hanno preso una grande abbrivio a livello nazionale ed internazionale, dopo l’abbattimento del muro di Berlino. Per l’ANPI tale fatto si è tramutato in un aumento di responsabilità storica e culturale, sociale e politica.
 
Dopo il congresso di Chianciano Terme, alla fine di febbraio, l’associazione si è indirizzata verso un rimescolamento interno e del suo ruolo esterno. Senza dimenticare l’importanza della sponda istituzionale gli iscritti all’ANPI ora vogliono contare di più politicamente, vogliono lavorare meglio nella società italiana. La stragrande maggioranza dei tesserati ANPI logicamente non ha partecipato alla Resistenza, che circa sessant’anni fa marchiò l’uscita dalla seconda guerra mondiale. Tale fenomeno è diventato una sorta di monumento vivente, un museo all’aria aperta che però abbisogna ancora di più di un inveramento nell’attualità politica di ogni giorno.
 
Le decisioni assunte a Sesto San Giovanni rappresentano una novità non di poco conto. Invece di sciogliersi nel tempo, terminare finire con gli ultimi partigiani l’ANPI ha deciso di rilanciare, puntando sul futuro e sul futuro dei propri iscritti, rivalutando appieno l’unico momento della storia del nostro paese che più si avvicina alla Rivoluzione francese in Italia. fascino ed eticità di quel momento. Le aree di interesse sviluppate nella città medaglia d’oro della Resistenza, che ha dato un grosso contributo e partecipazione attiva gli scioperi antifascisti ed antinazisti del 1943 e 1944, sono state molteplici: dalla volontà di rilanciare e tenere in vita i comitati Salviamo la Costituzione, all’attenzione per ciò che accade attorno a tematiche quali l’eccidio di Cefalonia, episodio drammatico e centrale della tragedia militare del regime mussoliniano, così come delle altre stragi nazifasciste; sino alla difesa della dignità della Resistenza attaccata continuamente e di cui l’ultimo libro di Pansa offre esplicito esempio. Discussione approfondita ma pure voglia di fare.
 
Una associazione che si vuole rinnovare per non scomparire nel teatrino dello scontro mediatico che non trova la sua strada verso la decenza. Oramai si va in libreria e fra i lettori con scritti che vogliono solo sconvolgere, per cercare il colpo grosso. La spettacolarizzazione della vita sociale italiana viaggia veloce. Un’ ANPI più salda e più articolata, che lavora profondamente con la società civile e produce cultura ferma, precisa e meditata a livello storico, di storia orale e di ricerca, con corrispondenti posizione politiche può solo aiutare ad uscire da questa melassa imperante. Ancora una volta una scelta precisa come quella attuata che fu al momento di prendere le armi ed andare in montagna, o nelle città, in pianura, contro il nazifascismo.