www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - antifascismo - 09-09-08 - n. 240

La nostra Resistenza
 
di Daniele Maffione
 
Esattamente sessantacinque anni fa, durante le giornate dell’8 ed il 9 settembre 1943, all’indomani della proclamazione dell’armistizio con gli Alleati, l’Italia venne occupata dalle truppe naziste. In quelle giornate piccoli gruppi di antifascisti, capeggiati dai dirigenti liberati dal confino, presero l’iniziativa e cominciarono a radunare uomini ed armi, preparando il terreno per quel movimento di massa che fu la Resistenza.
 
L’inizio, però, fu tutt’altro che semplice. Proprio nel pomeriggio dell’8 settembre gruppi di antifascisti, in appoggio a reparti di ciò che rimaneva del Regio Esercito, si opposero in armi all’occupazione delle truppe hitleriane a Roma, segnando con la battaglia di Porta San Paolo e delle vie consolari del Testaccio un primo fondamentale episodio di aperta ostilità al nemico. La battaglia fu inevitabilmente perduta, visto che gli alti ufficiali delle forze armate, fedeli alla monarchia ed a Badoglio, si rifiutarono di opporre resistenza all’invasore. Così non fu per i soldati ed alcuni ufficiali, che scelsero di darsi alla macchia ed unirsi alle formazioni partigiane. Ma tra gli animatori della battaglia di Roma troviamo dei futuri protagonisti e comandanti partigiani della Resistenza tra cui, solo per citarne alcuni, Longo e Secchia per i comunisti, Pertini per i socialisti, La Malfa per gli azionisti.
 
Nella notte fra il 9 ed il 10 settembre ’43 gruppi di patrioti, esasperati dalla fame, dai bombardamenti e dalla miseria della guerra, presero d’assalto la caserma del Vasto a Napoli, procurando le prime munizioni per i resistenti che, durante le Quattro giornate, scacciarono l’invasore. In tutta Italia i soldati ed i civili si diedero alla macchia per sfuggire ai bandi di arruolamento forzato della Wermacht ed ai rastrellamenti delle S.S..
 
Tutte le organizzazioni antifasciste dovettero fronteggiare difficoltà enormi per stabilire contatti e collegamenti con coloro che, anche tentando la fuga verso i monti, tentavano di resistere al nemico. Inoltre, quando venne costituita la Repubblica di Salò, tutta la marmaglia radunata da Mussolini, costituita da criminali liberati dalle carceri in compenso di vitto ed alloggio, pianificò il terrore tra la popolazione civile, aiutando i nazisti a saccheggiare, depredare e massacrare il nostro popolo, già martoriato da venti anni di fascismo e dalla Seconda guerra mondiale.
 
Soltanto il Partito Comunista Italiano, forte di una ventennale esperienza di cospirazione al regime, ebbe la capacità di organizzare la lotta, sia sul piano civile, tra gli operai, le donne ed i giovani, sia sul piano militare, costituendo da subito le Brigate d’assalto Garibaldi ed i Gruppi di azione patriottica, pianificando azioni di guerriglia in montagna ed in pianura. Gli Alleati angloamericani, che sbarcarono in Sicilia e risalirono lentamente la penisola, incontrando gravi difficoltà nell’avanzata, mantennero sempre un atteggiamento ambiguo nei confronti della Resistenza, se non di aperta ostilità: distribuivano aiuti economici alle organizzazioni moderate e conservatrici, come i monarchici ed i democristiani che tendevano ad impedire la lotta armata, per paura che i comunisti e le sinistre riuscissero a conquistare la coscienza politica del nostro popolo, con il risultato di accelerare la sconfitta dei nazifascisti e radicalizzare il conflitto di classe nel paese.
 
Nonostante il boicottaggio alleato, l’attesismo dei partiti conservatori, la furia sanguinaria e davastatrice dei nazifascisti quel piccolo pugno di rivoluzionari, che per anni si era opposto al regime, sfidandone la polizia, la rete di delatori, le botte, le galere ed il confino, riuscì a costruire un vero e proprio esercito partigiano, che umiliò un nemico inizialmente invincibile, e lo cacciò per sempre dalle nostre terre. Si pose, inoltre, alla testa del nostro popolo, che conquistò il diritto a decidere del proprio destino, liberandosi della monarchia, e scrisse, nero su bianco, quei diritti affermati con la lotta.
 
Al revisionismo contemporaneo, che presenta ai giovani la Resistenza come un secondo Risorgimento, quando semmai è stato l’unico reale processo di unificazione nazionale nella coscienza civile degli italiani, non si può rispondere soltanto invocando la “memoria”. Tutte le tradizioni per vivere in un popolo devono essere rinnovate; l’antifascismo, con tutto il patrimonio di progresso politico e sociale di cui si fa portatore, non può essere contemplato come un’idea astratta, che improvvisamente ha mutato l’ordinamento politico e sociale del nostro paese. Questa è l’ipocrita lettura che danno le istituzioni borghesi, per lavarsi la faccia di fronte alle organizzazioni combattentistiche e dei deportati, mentre tagliano i fondi all’A.N.P.I., riscrivono i libri di testo scolastici, presentando i partigiani ed i repubblichini come figli di una comune “passione” politica, mentre lasciano agire impuniti i gruppi neofascisti, ringalluzziti dal clima politico, che pestano ed uccidono giovani ed immigrati.
 
No, per noi comunisti l’antifascismo non può essere questo. Per noi l’antifascismo è l’insegnamento che di fronte alla situazione più disperata ed alle difficoltà più grandi esiste sempre la speranza di cambiare le cose. E l’unico modo per farlo è lottare, restituendo agli sfruttati nuova linfa per il riscatto di massa.
 
Antifascismo per noi oggi significa lottare con più forza ed organizzazione contro vecchi e nuovi oppressori, contro Berlusconi ed il governo delle destre, contro i padroni, che fanno lavorare tanto e pagano poco, uccidendo padri di famiglia. Antifascismo significa prepararsi a qualsiasi difficoltà, tenere duro quando gli altri mollano, combattere quando gli altri si arrendono. L’antifascismo per noi, e per tutti coloro che non accettano l’ingiustizia della realtà, significa continuare quella lotta cominciata sessant’anni fa e mai conclusa. Forse è per questo che la parola Resistenza per noi non è una lapide da commemorare, ma una parola che descrive il passato, il presente ed il futuro.
 
8 settembre 2008