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25 Aprile - 1° Maggio

La resistenza continua fino all'abolizione dello sfruttamento capitalista

Michele Michelino (*)

22/04/2014

Da anni è in atto un processo di revisionismo storico sulla Resistenza. Ai vecchi intellettuali fascisti si sono affiancati i "nuovi" ex antifascisti, passati armi e bagagli dall'altra parte per ragione di opportunità editoriali e guadagni economici.

Come succede con le rivoluzioni e con i grandi rivoluzionari che, una volta morti, vengono trasformati in icone inoffensive - si cerca di reinterpretare la Resistenza snaturando il suo lato rivoluzionario e di classe, snaturando il progetto di chi si batteva contro il capitalismo e l'imperialismo cosciente degli antagonismi inconciliabili di classe.

Oggi alcuni - come il pennivendolo deluso Pansa, ma non solo - cercano di far passare come guerra per bande la lotta di liberazione: mettono sullo stesso piano oppressi e oppressori, nascondono o oscurano il fatto che essa invece è stata il punto più alto di capacità egemonica raggiunta dal movimento operaio italiano ed europeo. La lotta di liberazione è stata anche lotta di classe, vissuta dalle masse lavoratrici guidate dal Pci come lotta per un mondo nuovo e, il PCI, per quante contraddizioni avesse al suo interno, è stato l'unico partito che ha resistito e retto per vent'anni il fronte della lotta, nella clandestinità, contro la dittatura nazifascista.

Non ci sarebbe stata, infatti, la lotta di liberazione dal nazifascismo senza l'unità antifascista e la combinazione fra lotta armata in città, in montagna e in campagna, e la lotta di massa della classe operaia e del proletariato, che hanno subito sulla loro pelle l'orrore del nazi-fascismo e hanno pagato a caro prezzo la loro opposizione sia in fabbrica sia sul territorio.

Insieme al pane, alla pace e al lavoro, per l'abbattimento del regime nazifascista rivendicato dalle masse proletarie popolari e dagli antifascisti di altre classi sociali, i comunisti lottavano per costruire una società socialista di liberi e uguali, in cui lo sfruttamento degli esseri umani fosse considerato, al pari del nazi-fascismo, un crimine contro l'umanità.

Oggi le celebrazioni della Resistenza sono trasformate in parate di regime, al più ricordando un tempo (per fortuna) ormai passato, o in giornate di festa, di riconciliazione nazionale, che vedono sfilare sui palchi "democratici" ed ex fascisti.

Per noi, invece, la Resistenza continua.

Oggi l'antifascismo è difenderci dalla politica reazionaria e violenta dei governi di centrodestra e centrosinistra che costringono alla fame e alla miseria intere fette della popolazione proletaria.

Cambiano i governi e le forze politiche alla guida del paese, ma gli interessi che difendono sono sempre gli stessi, quelli dell'imperialismo e degli sfruttatori.

Al Ministero degli Esteri non c'è più il fascista Fini, braccio destro di quell'Almirante che fu giudicato dagli stessi tribunali torturatore di partigiani, e che era alla direzione delle Forze di polizia, a Genova nel 2001, dimostrando capacità degne di Pinochet.

Al governo non c'è più Berlusconi e i suoi cortigiani fra cui la signora Mussolini che voleva castrare chimicamente i pedofili, ma non suo marito che andava (o ancora va?) con le minorenni.

Oggi ministro della difesa è la sig.ra Pinotti che però non si distingue per niente dai suoi predecessori.

Anzi, il governo Renzi, come quelli precedenti, si genuflette davanti alla Banca Centrale Europea e al Fondo Monetario Internazionale dimostrandosi nient'altro che un nuovo comitato d'affari delle banche, delle multinazionali e dell'imperialismo, come tutti quelli che l'hanno preceduto. Continua a calpestare - "non democraticamente" perche non eletto da nessuno - lo stesso art.11 della Costituzione sostenendo le guerre di aggressione a cui l'Italia,  insieme ai predoni della Nato, partecipa.

Oggi l'imperialismo ha bisogno di istituzioni più snelle e Renzi e il suo partito, il PD, insieme alle destre, hanno il compito di smantellare e riscrivere la Costituzione in senso autoritario, imponendo un ordinamento fondato sul governo individuale e personale di un "capo" e cancellando quei principi democratici (peraltro mai attuati completamente). Cambiano i governi nell'alternanza fra centrodestra e centrosinistra, ma gli interessi di classe che difendono sono sempre gli stessi.

Mentre all'Anpi vengono tagliati i fondi per la propria esistenza, si assiste al crescendo di produzioni editoriali e televisive "spazzatura" che riscrivono la storia, equiparando i partigiani ai repubblichini. Si organizzano in pompa magna giornate sulle "foibe" e si lasciano proliferare tranquillamente gruppi fascisti che, forti della copertura governativa e istituzionale, aprono sedi in ogni dove.

Oggi l'antifascismo va difeso combattendo anche il revisionismo di quella "sinistra" che, per dimostrare di essere nuova e buona, equipara e mette sullo stesso piano nazismo e comunismo, dimenticando e rovesciando la verità storica: sono stati i paesi che hanno resistito al nazifascismo come l'Urss che, con l'Armata Rossa e pagando con le vite di 20 milioni dei suoi cittadini, hanno determinato la caduta del nazismo.

L'Italia, membro della NATO, è costellata dalla presenza sul proprio territorio delle basi Usa e Nato, vere e proprie centrali di addestramento per l'eversione fascista, supporto dei servizi di sicurezza e spionaggio, basi logistiche per le guerre e depositi di micidiali armi di distruzione di massa.

Il fascismo non è un incidente della storia. È lo strumento che la borghesia capitalista usa per opprimere e schiacciare la classe operaia e le masse popolari quando non è più in grado di mantenere il proprio potere col sistema democratico-borghese.

Il 25 aprile non è solo un giorno di festa. Per noi comunisti ricordare la Resistenza significa ricordare la lotta armata dei partigiani che si sono sacrificati per liberare l'Italia dalla dittatura di Mussolini e dall'aggressore nazista, con l'aspirazione di liberarci da ogni forma di sfruttamento ed oppressione.

La Resistenza continua quindi per portare a compimento le aspirazioni di classe che l'hanno animata nella lotta contro il capitalismo e i suoi governi.

Ci battiamo per la cacciata delle basi Usa e Nato e per il ritiro delle truppe straniere dall'Iraq, dall'Afganistan e da tutti gli scenari di guerra; combattiamo contro la nascita del nuovo polo imperialista europeo e la sua Costituzione reazionaria.

La classe operaia non può liberarsi dalle sue catene finché altri lavoratori rimangono schiavi e un "popolo" non può essere libero se opprime altri popoli.

Nazionalismo e guerra: a 100 anni dalla prima guerra mondiale la storia insegna

Proprio quest'anno ricorre l'anniversario della prima guerra mondiale. Sono passati 100 anni da quando con il pretesto dell'attentato che uccise l'arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono d'Austria-Ungheria, e sua moglie Sofia durante una visita ufficiale nell'attuale capitale bosniaca a Sarajevo si scatenò il primo conflitto mondiale.

Una guerra che coinvolse 28 paesi in un conflitto come non si era mai visto prima per dimensioni, armi che vennero usate e l'altissimo numero di morti (8 milioni le vittime e 20 milioni i feriti).

Il cancro del nazionalismo, il patriottismo, alimentato dalla borghesia in ogni paese portò i partiti socialisti a sostenere le loro borghesie e i loro padroni a cominciare dai socialisti francesi e tedeschi che votarono i crediti di guerra, sostenendo lo sforzo bellico dei rispettivi governi. Contro la politica di collaborazione di classe, Lenin e i bolscevichi, sostennero la necessità dell'unità internazionale dei proletari per trasformare la guerra, in rivoluzione, perche la guerra imperialista, è una guerra per la spartizione del bottino tra capitalisti, e non dobbiamo dimenticare che l'unica guerra giusta e quella degli operai contro i capitalisti; la guerra dei lavoratori e degli oppressi contro i loro oppressori.

Contro i nazionalismi e la concorrenza fra proletari bisogna valorizzare e riprendere in mano il 1° maggio.

La classe operaia nel capitalismo è una classe internazionale sfruttata e il 1° maggio ricorda che i proletari non hanno patria.

Il 1° maggio, nel corso degli anni, è stato trasformato da giornata di lotta nella giornata di "festa" dei lavoratori e la repubblica – borghese - nata dalla Resistenza al conflitto di classe preferisce la santificazione del lavoro. Lavoro che è ormai diventato per milioni di proletari - nella crisi - un mito, una chimera irraggiungibile, mentre per altri la giornata lavorativa si è allungata a dismisura, costringendoli a fare straordinari spesso non pagati per racimolare un salario che gli permetta di sopravvivere.

Noi invece non dimentichiamo che il 1° maggio è una giornata nata sul sangue proletario e non dimentichiamo che nasce come momento di lotta internazionale di tutti i lavoratori, senza distinzione di nazionalità, colore della pelle, religioni, barriere geografiche, per affermare i propri diritti e per migliorare la propria condizione.
 

"Otto ore di lavoro, otto di svago, otto per dormire" fu la parola d'ordine. Si aprì così la strada a rivendicazioni generali e alla ricerca di un giorno, il 1° Maggio appunto, in cui tutti i lavoratori potessero incontrarsi per esercitare una forma di lotta e per affermare la propria autonomia e indipendenza. Il congresso dell'Associazione internazionale dei lavoratori - la Prima Internazionale - riunito a Ginevra nel settembre 1866, decise la rivendicazione di lottare per "otto ore come limite legale dell'attività lavorativa".

Sono passati 148 anni, ma la situazione da allora per certi versi è peggiorata.
 

I padroni, il governo e i sindacati collaborazionisti, come già per il 25 aprile, festeggiano la collaborazione e pacificazione tra sfruttati e sfruttatori.

L'internazionalismo, l'emancipazione dallo sfruttamento capitalista, la lotta contro la guerra imperialista e la difesa della pace – che da sempre hanno caratterizzato le manifestazioni del 1° maggio in Italia e nel mondo - devono essere ripresi in mano dai  rivoluzionari.

Per aumentare i loro profitti, i capitalisti spostano le produzioni dove la manodopera costa meno, dove minori o assenti sono i "diritti" per i lavoratori e, mettendo in concorrenza la classe operaia di un paese contro l'altra, ottengono il maggior sfruttamento.

La loro "pace" è la guerra preventiva e la collaborazione tra lavoratori e padroni per combattere i concorrenti. Il loro potere, la loro ricchezza si fonda sul nostro sfruttamento e sulla nostra miseria.

In questa situazione ogni lavoratore che lotta, che non si sottomette pacificamente alla logica del profitto, che si oppone agli interessi capitalisti, ogni popolo che si ribella alla penetrazione imperialista, è fatto passare per terrorista.

Oggi, nella crisi mondiale, ci si può difendere solo con l'unità internazionale dei lavoratori. Riconoscersi come sfruttati, membri di una sola classe internazionale, con interessi contrapposti a quelli dei capitalisti, organizzarsi in partito politico è il primo passo per  affermare che i comunisti dichiarano pubblicamente che il loro programma è: abolizione dello sfruttamento, della proprietà privata e del capitale.

Viva il 25 Aprile. Ora e sempre Resistenza

I proletari non hanno patria

 Viva il 1° maggio giornata di solidarietà rivoluzionaria dei lavoratori di tutto il mondo

(*) Centro di Iniziativa Proletaria "G: Tagarelli"; da "nuova unità",RIVISTA COMUNISTA DI POLITICA E CULTURA, aprile 2014

Mail: cip.mi@tiscali.it - web: ciptagarelli.jimdo.com         


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