www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - antifascismo - 23-07-14 - n. 508

E' morto il compagno partigiano Paolo Finardi componente della Volante Rossa

23/07/2014

Si sono svolti martedi' 22 luglio a Brno i funerali del Partigiano Paolo Finardi - scomparso il 15 u.s.-, componente della Volante Rossa condannato all'ergastolo per l'omicidio di Felice Ghisalberti (responsabile dell'assassinio di Eugenio Curiel). Finardi, fuggito nel 1949 in Cecoslovacchia con l'aiuto del PCI, si era stabilito a Brno. Era stato graziato nel 1978 dal Presidente Sandro Pertini e completamente riabilitato dal Tribunale di Milano nel 2007.

Alle esequie parenti, amici e compagni provenienti anche dall'Italia. Sulla bara, come lui stesso aveva voluto, una bandiera rossa e il libro "Ultimi fuochi di Resistenza", che racconta la sua storia.


da Ultimi fuochi di Resistenza, Massimo Recchioni, Derive Approdi 2009.

[...]

Comunque, aldilà di tutto questo, una cosa sacrosanta ora, a distanza di tanti anni, l'ho capita. Forse l'ho capita già da un pezzo e la voglio dire a chi legge il racconto della mia vita, ma soprattutto a chi cerca di rivisitare la memoria spargendo pennellate qua e là sul dipinto della storia, per cercare di rileggere e quasi di addolcire gli orrori che segnarono diverse generazioni.

Quello che ho capito è che non è possibile esaminare solamente «episodi», ma che va esaminata la storia di un paese nel suo complesso. E cioè che non si può mai staccare una pagina di un libro e su quella sola lettura pensare di capire la trama dell'intero romanzo. Voglio dire che se qualcuno staccasse la pagina che parla di quel brutto giorno di gennaio del '49 e la pubblicasse senza un contesto, ne verrebbe fuori un gruppo di assassini pazzi e disperati.

Ma, se invece di far semplicemente questo, parlasse di tutto ciò che era successo prima, di quanto il popolo italiano fosse stato costretto a subire per oltre vent'anni – e soprattutto di come i responsabili fossero rimasti tutti impuniti – ogni cosa assumerebbe un significato diverso.

In altre parole, come si fa a parlare della storia di Paolo Finardi, come di tante altre storie di quelli come lui, se non si parla anche delle migliaia e migliaia di persone – operai, contadini, intellettuali – condannati dai vari Tribunali speciali fascisti a pene come il carcere, il confino, la tortura e anche la morte? O uccisi anche senza che ci fosse una condanna? E senza riflettere sul fatto che gran parte di quei crimini restò impunita? La storia non è mica un'automobile, mica le si fa la revisione ogni cinque anni.

La mia storia

Questa invece è stata la mia storia, e non è, tra tutte le storie di qui, la più difficile, ma forse neanche la più semplice.

È una storia che, a chi la legge, può sembrare molto avventurosa all'inizio e molto noiosa alla fine. In realtà è molto più facile raccontare le cose più burrascose, perché sono più facili e immediate da capire e da immaginare, e più movimentate da seguire. Ciò non toglie che invece la seconda parte di questa storia, proprio quella che potrebbe sembrare sulla carta più piatta, è stata in realtà la più dura da sopportare. Tanti, troppi anni lontano da tutto e da tutti, dai miei affetti, dal mio Paese, un Paese che ho amato e amo tanto tuttora.

Ci sono persone che sono rimaste e se la sono cavata noc molto meno, me la sarei cavata anch'io con meno, consegnandomi e confessando. Invece ho scelto di stare qui e di subire tutto quello che quella scelta avrebbe comportato, non ultime le umiliazioni di uno straniero in terra straniera.

La mia vita è stata una vita come tante, di persone che reagirono ai tentativi di cancellare la lotta di Liberazione, di persone che rischiarono il presente e il futuro propri e dei propri cari. Di noi partigiani, che una storia che viene continuamente riscritta non esita a bollare come criminali, proprio perché sono sempre meno coloro che possono testimoniare il contrario e spiegarne i motivi.

La verità era e continua a essere da una parte, e non un po' da una parte e un po' dall'altra. C'erano da una parte, quella sbagliata, un regime che condusse il proprio popolo nel baratro, un re che gettò via la dignità del proprio popolo, c'era l'orrore delle leggi razziali e della guerra, dell'occupazione nazista e degli eccidi, la vergogna dei campi dove si sterminavano ebrei, zingari, comunisti, omosessuali, e chiunque cercasse di opporsi. E dalla parte giusta c'erano quelli che si ribellavano a tutto questo, e che avevano scelto di lottare per la democrazia nel proprio paese e in tutta l'Europa.

E, chissà, più di una volta ho pensato che se anche l'Italia avesse provato a fare i conti col suo passato – come per esempio hanno provato a fare i tedeschi – con processi veri e condanne esemplari dei colpevoli, molto probabilmente molti di noi non avrebbero fatto le scelte che hanno fatto. Per quello che riguarda me, sono sicuro che non ci sarebbe stato questo Paolo Finardi se coloro che erano preposti avessero fatto giustizia.

Chissà però se, senza i criminali come me, l'Italia sarebbe diventata un paese libero. Anche se adesso siamo diventati un paese in cui qualsiasi cosa che prima sarebbe stata considerata assurda, inconcepibile, non democratica, in poche parole inimmaginabile oggi è semplicemente diventata pane quotidiano. E pare proprio che nessuno si stupisca più di niente.

O, peggio ancora, succede il contrario. Ci si stupisce se c'è chi non vuole dimenticare la propria storia e le proprie radici. Povera Italia. Povera la nostra Costituzione – che tanto ci era costata – così bella ma ancora così disattesa, inattuata e calpestata.


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