di Tiziano Tussi
Oggi, 8 aprile, Il Papa è stato finalmente sepolto in Vaticano. Finirà tra poco
quindi l’assedio che milioni di persone hanno costruito attorno e dentro Roma.
Da circa dieci giorni la città è sotto assedio. Prima l’agonia poi la morte ed
ora il funerale. Un intero mondo si è riversato in pochissime ore sulla
capitale d’Italia. Tutti i giornali del pianeta ne hanno scritto, tutte le reti
televisive nazionali, ben sette, ne sono state piene ad ogni ora del giorno nei
momenti dell‘agonia e della morte. L’Italia laica è sparita sotto una coltre di
fede mediatica ed esposta alla luce delle telecamere internazionali. Non è mai
stata maggioritaria in questo paese cattolico ma in questi giorni è assolutamente
scomparsa. Per i nostri commentatori televisivi e per la carta stampata tutti
stavano piangendo il Papa, tutti lo stavano ricordando, fedeli e non fedeli.
Giovanni Paolo II° è già chiamato “il Grande”, che vuole essere un apripista
per la santificazione già acclamata dalla folla ai funerali. Lo si vuole santo
perché…già, perché? Sui giornali e nelle interviste al volo delle persone che a
Roma stazionavano da tempo evidenziavano, così come i giornalisti scrivevano
contemporaneamente, una grande sfoggio di retorica superficiale: “E’ stato
grande”; “Mi ha aiutato”; “Un grande Papa”; “Ha viaggiato molto”; “Ha amato i
giovani” ecc. Tutti dati di fatto.
Ma se ne possono ricordare anche altri: l’apparizione sul balcone, a Santiago
del Cile, con Pinochet nel 1987; il dito puntato contro Ernesto Cardenal, prete
sandinista, nel 1983; il soffocamento
della Teologia della liberazione; l’aiuto dato a Solidarnosc per la caduta del
regime comunista in Polonia; il riconoscimento dell’indipendenza della Croazia
e della Slovenia, che ha aperto di fatto il periodo della guerra civile in
Jugoslavia; la proposta dell’ingerenza umanitaria per la Somalia, il Kossovo;
la vicinanza ed il supporto dato alle operazioni bancarie dello Ior del vescovo
Marcinkus, in pratica la banca del Vaticano, che hanno portato a correlati di
distorsioni, di corruzione, di omicidi di banchieri. Insomma un papa
reazionario che ha fatto il suo buon lavoro di reazionario.
Una pochezza teologica ed una staticità teoretica nell’approccio a molte
questioni: la lotta all’AIDS, il rifiuto ad oltranza di ogni caso in cui si
potrebbe anche prefigurare un aborto terapeutico; la questione
dell’inseminazione artificiale che dalla chiesa viene comunque vista sempre e
solo nell’ottica di non disperdere il seme e della procreazione a tutti i
costi; la tiepidezza nel sanzionare i comportamenti dei preti pedofili negli
USA. Insomma un grande Papa. Se la grandezza consiste nel rafforzamento della
chiesa in quanto istituzione forse ci siamo.
Ma la Chiesa non dovrebbe anche essere veicolo dell’uomo verso Dio? Non
dovrebbe favorire una compenetrazione dei poveri, di tutti gli emarginati,
creature privilegiate da Cristo, verso la risoluzione dei propri problemi oltre
che alla destra del Padre, ora, anche qui, in questa vita? Oppure ci dobbiamo
sempre accontentare di una vita di stenti e di ristrettezze per sperare in una
vita vera domani, o dopodomani, alla morte, nel regno dei cieli? Mentre qui
solo astinenza, castità e povertà? Mentre i ricchi del mondo, le banche del Vaticano,
si rimpinguano di soldi e potenza? Insomma si deve anche ora attendere un altro
Lutero, un altro Calvino, un altro Valdo od un Giordano Bruno che vengano per
ricordarci che il paradiso e l’infermo si possono costruire ed abitare anche su
questa terra?
Ecco il Papa polacco per queste questioni che stiamo rammentando, non è stato un grande papa.
In pubblicazione sul quindicinale brasiliano Inverta
- www.inverta.com.br