www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - laicismo - 01-06-09 - n. 276

da http://civilizacionsocialista.blogspot.com/
Traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
   
Fondamentalismo e politica
 
di Juan Manuel Olarieta Alberdi
 
23/05/2009
 
Noi occidentali non conosciamo niente del mondo musulmano e, ciò che è peggio, non ci interessa conoscerlo. La nostra ignoranza è pari al nostro disprezzo per una cultura che consideriamo "inferiore". Tuttavia, essi ci conoscono bene, ci studiano e ridono della nostra ignoranza. Sono di gran lunga superiori a noi. Inoltre, c’è un altro problema: mentre noi siamo scettici, loro sono convinti di quanto dicono. Dopo di che, sono pronti a metterlo in pratica. Noi manchiamo di tutto questo, non abbiamo convinzioni abbastanza salde, siamo paralizzati dall'esitazione.
 
Si è soliti qualificare come "fondamentaliste" le persone fedeli alle proprie idee, che hanno sempre difeso, che fanno parte della loro personalità. Sembra che le idee debbano essere come le mode: transitorie, frivole, superficiali, in modo da permetterci di dire oggi una cosa e domani l'altra. Si deve essere pratici, tecnocratici, muoversi secondo calcoli utilitaristici e non per principi e massime, che esistono soltanto nella religione, nel dogma. La religione sembra essere sempre reazionaria, specialmente se si basa su assiomi. La mancanza di principi, al contrario, sembra essere un simbolo di modernità e di progresso.
 
Ma in realtà, questo nuovo pragmatismo costituisce una religione bella e buona, così in voga in tutti gli ambiti.
 
Guerre di religione
 
In Europa, nel 1648 la "Pace di Westfalia poneva fine a trent'anni di guerre religiose in cui si era cercato di fermare l'avanzata del protestantesimo, accordando ai re il potere di stabilire la religione dei loro rispettivi paesi e imponendo la religione scelta dal re come religione dei suoi sudditi attraverso il principio "cuius regio eius religio".
 
Ma il protestantesimo ha comportato il declino di tutte le religioni in Europa. La sua idea di "sacerdozio universale" fece di ciascun credente un interprete del dogma, dando inizio quindi ad una diaspora di correnti, tendenze, movimenti, ciascuno dei quali dogmatico, ma anti-dogmatici nel loro complesso. Iniziò così la separazione della Chiesa - riformata - dallo Stato - borghese.
 
La teologia non era stata fino ad allora che un succedaneo delle ideologie politiche: dogma quando proveniva dalla classe dominante; eresia quando si trattava della classe dominata. Ogni lotta contro l'eresia non era, di solito, altro che la repressione di un movimento popolare.
 
Così è stato fino a quando la filosofia non si rese indipendente da tutta la sua veste biblica, fenomeno che storicamente coincide con l'avanzata del protestantesimo, che a sua volta non è stato altro che un ritiro della religione nel mondo privato della coscienza, lasciando alle ideologie politiche il loro terreno, quello pubblico.
 
Ma questo terreno venne fertilizzato di scetticismo e di agnosticismo.Tanto nella teologia che nell'ideologia, i protestanti introdussero il dubbio, l'anti-dogmatismo, la continua incertezza. Alla fine, la teoria cedette a vantaggio della pratica, la teologia a favore dell’ingegneria e la scolastica a favore dell'empirismo. Il mondo si divise in due campi: dogmatici e scettici, relativisti e fondamentalisti, fanatici e tolleranti.
 
Ortodossia
 
Il termine "fondamentalista" va a sostituire l'altro termine, anch'esso diffamato, di "ortodosso" e quello anche più vecchio di "settario". Ora quasi più nessuno osa proporre qualcosa in questo campo. Predomina il vuoto ideologico più scioccante, tutto suona come irrealistico e inutile. Da noi si pretende di non essere attori ma spettatori che osservano gli eventi con freddezza, da lontano. Si può commentare, discutere e anche criticare, ma a patto che ciò riguardi cose di altri, in cui non si è coinvolti né si partecipa. E gli eventi devono essere analizzati proprio come il giornalista e il fotografo ci rappresentano la realtà: a distanza, come arbitri imparziali. Si deve rinunciare ad intervenire per poter pensare. Nessuno è in possesso della verità assoluta - si dice - perché è necessario sommare le "mezze verità" di ciascuno per poter decidere. Così la verità si determina per maggioranza e il pragmatismo diventa la filosofia ufficiale di questa "maggioranza".
 
Il pragmatismo non è altro che la religione della democrazia borghese: è vero solo ciò che è utile, ciò che funziona nel mondo reale. E’ l'unica filosofia che ha avuto origine negli Stati Uniti, il suo unico contributo culturale al mondo (a parte il jazz), ed è stata elaborata dai pii protestanti. E’ come la "filosofia della prassi", ma senza filosofia. Si tratta di un relativismo assoluto: non si può essere credenti o atei, dobbiamo essere agnostici. Inoltre, è caratterizzata dalla predestinazione: a quale scopo tentare di cambiare un mondo che è "condannato" ad essere come è, cioè capitalista?
 
Fu il calvinismo che ruppe con la teocrazia medievale, separò la Chiesa - presbiteriana - dallo Stato - borghese - sulla base di due chiavi. La chiesa - protestante - manca di organizzazione e gerarchia: è solo dottrina e dogma. Lo Stato - capitalista - è solo organizzazione e gerarchia: nessuna dottrina e dogma. Questo Stato borghese calvinista non soltanto ammette tutte le credenze, le opinioni e le ideologie, ma, inoltre, è "neutrale" davanti ad esse, tollerante, aperto e non interventista: aconfessionale nella sfera religiosa, neutrale nella sfera ideologica e astensionista nella sfera economica.
 
La democrazia calvinista non consiste, pertanto, in altro che nel ridurre i problemi da qualitativi in quantitativi, ricorrendo alla "opinione maggioritaria" come criterio di veridicità. Ciascuno deve smettere di difendere la propria tesi per sottomettersi a quella degli altri. Ma perfino qualcosa di tanto semplice come questo racchiude una contraddizione insanabile: possono sommarsi solo quantità omogenee. Per poter sommare, la "maggioranza" deve eliminare la pluralità, la diversità e l'eterogeneità.
 
Contrariamente alla credenza popolare, pluralismo e democrazia sono termini opposti. Gli operai non possono votare con i loro padroni, i carcerieri con i loro carcerati, gli alunni con i loro professori, gli insubordinati con i loro generali, i boia con le loro vittime. Per potere votare bisogna avere gli stessi interessi, le stesse necessità: bisogna appartenere allo stesso gruppo, allo stesso corpo sociale. Non ci possono essere interessi comuni tra classi, gruppi e collettivi opposti e che si fronteggiano.
 
La costruzione dello Stato borghese viene portata a termine sulla base di una uniformità alla quale si da il nome di "nazione", che altro non è se non la borghesia come classe e dalla quale si escludono tutti gli altri gruppi sociali, perfino mediante lo sterminio. La concezione borghese della nazione come unità, uniformità e omogeneità non esclude solo, ovviamente, il proletariato, ma è anche quella che dà appunto luogo alle diverse "questioni nazionali", all'oppressione delle nazioni minori che comincia a prodursi già nelle stesse origini del capitalismo. Così è accaduto negli Stati Uniti con gli indiani o in Spagna con i mori. Si perseguiva una omologazione culturale, religiosa, sociale e nazionale.
 
Il diluvio universale
 
La teologia non era altro che una divinizzazione della politica, e viceversa. Da sempre le analisi politiche e teologiche sono state caratterizzate da un aspetto dialettico: ci sono il cielo e l’inferno, i borghesi e i proletari, i buoni e i cattivi, i reazionari e i rivoluzionari, la virtù e il peccato. È inconcepibile pretendere di analizzare qualunque fenomeno sociale senza comprendere l'antagonismo che lo avvolge. Calvino spedì Serveto al rogo, ma questi avrebbe fatto la stessa cosa nei confronti di Calvino: l'unità o la trinità di dio non potevano risolverla altrimenti, non c’erano votazioni, "maggioranze", "democrazie" né parlamenti. Se i cistercensi fecero dello Stato - feudale - il "braccio armato" della Chiesa - romana -, i luterani invertirono i termini: i sacerdoti non erano altro che funzionari dello Stato, il suo "braccio ideologico", idea, questa, che alla fine si impose.
 
Furono i protestanti, dunque, che convertirono i ministri di dio in ministri del governo borghese. In questa Spagna "democratica", allo stesso modo che negli Stati Uniti, esiste il clero castrenseuno degli esempi del fatto che anche noi abbiamo i nostri "mullah", i nostri "ayatollah" e le nostre "guerre sante". Non è forse la regina d'Inghilterra anche il capo della Chiesa del suo paese? Non ci dicono i mezzi di comunicazione che quella dell'Ulster è una guerra tra cattolici e protestanti? Tutte le costituzioni monarchiche europee hanno dichiarato "sacra" la persona del re, inviolabile e irresponsabile. Non è poi tanto lontana l'immagine del Papa che benedice i cannoni che Mussolini inviava a conquistare l’Abissina. Proprie lingue nazionali furono sviluppate contro il latino papista: la predicazione nel linguaggio popolare vernacolare è un'idea di base dei protestanti. Lutero e Calvino sono rispettivamente considerati tra i forgiatori delle lingue tedesca e francese. "La traduzione che Lutero fece della Bibbia - scrisse Hegel - è stata di valore incalcolabile per il popolo tedesco. Questo ha ricevuto con essa un libro nazionale, come non lo possiede nazione alcuna del mondo cattolico. Le nazioni cattoliche hanno un'infinità di libretti di orazioni, ma non un libro fondamentale per l'indottrinamento del popolo".
 
Il ruolo religioso fu sempre quello di reclamare e imporre la sottomissione alle classi subalterne. I maggiori pericoli per la religione sono sempre derivati dalle rivoluzioni, dalle insurrezioni popolari, perché dimostravano il fallimento e l'inefficacia della funzione sacerdotale, il divorzio tra il popolo e il pulpito.
 
La guerra santa
 
Come in tutte le epoche storiche di cambiamento accelerato, i popoli si avvicinano alle ideologie che servono per orientare e giustificare la loro protesta. E se nei paesi di influenza protestante quell'ideologia riveste un'apparenza laica, in altri, come i musulmani, riveste apparenze religiose, islamiste.
 
La teologia islamica - come tutte le teologie - è capace di far corrispondere le risorse necessarie per infondere coraggio alla lotta dei musulmani oppressi, umiliati e vilipesi, allo stesso modo in cui la Bibbia servì nella rivoluzione inglese del XVII secolo tanto agli episcopaliani dell'arcivescovo Laud, quanto ai presbiteriani del reverendo Knox o ai puritani di Thomas Cartwright.
 
La polemica sulla "guerra santa", non è altro che una vecchia discussione in termini teologici che perfino Lenin utilizzò per riferirsi alla Prima Guerra Mondiale come guerra "ingiusta", cioè, "imperialista". Il problema consiste nel discutere precisamente se sia o no "santa", cioè giusta e progressista. La truppa che Cromwell reclutava nelle taverne per fare la rivoluzione in Inghilterra, finì per trasformarsi in quel "esercito dei santi", che fu chiamato anche "ironsides" (fianchi di ferro), perché non si arrendevano mai: oggi li chiamerebbero fanatici e fondamentalisti, ma furono gli artefici dell'Inghilterra moderna.
 
Il carattere bellicoso della teologia spunta da tutti i pori. Il vangelo di Matteo (26,51) come quello di Luca (22,47) raccontano che quando arrivarono a prendere Gesù in preghiera nell'orto degli Olivi, alcuni seguaci cercarono di impedirlo sguainando le loro spade, fino al punto che arrivarono a tagliare l'orecchio di un aiutante del Sommo Sacerdote (Giovanni 18,10). Non c'è dubbio, dunque, che i 12 apostoli non erano altro che un'organizzazione che il telegiornale qualificherebbe come "terrorista" e "fondamentalista". Allora portavano le spade come oggi trasporterebbero fucili d’assalto. In un altro passo, il vangelo di Luca (22,36) racconta come Gesù raccomandava ai suoi seguaci che vendessero tutto e comprassero armi, perché si apprestavano ad essere perseguitati e dovevano difendersi.
 
Le guerre di religione del XVII secolo furono l'espressione più chiara del tentativo di risolvere i problemi politici a cannonate: "L'esistenza dei protestanti - ricorriamo un'altra volta a Hegel - non poteva assicurarsi da nessuna parte senza lotta, perché si trattava non della coscienza come tale, bensì del potere politico e della proprietà privata che i protestanti avevano preso contro i diritti della Chiesa e che questa reclamava".
 
L'intellettuale tollerante dei nostri giorni non ha idee proprie e, pertanto, non è disposto a lottare per esse, a sacrificarsi. Il fondamentalista è convinto e, a dispetto della sofferenza della tortura e del carcere, non cede. Al contrario, la stessa pratica, lo stesso scontro delle sue idee con la realtà e con l’antagonista, o gliele fanno cambiare o gliele confermano ogni volta con maggiore pienezza. Lo scettico calvinista non vuole verificare le sue idee: dice di non essere il messia e di non voler imporre la sua forma di pensiero agli altri, non può contrastare il suo pensiero, in tal modo è sempre erratico. Per contro, il fondamentalista finisce per trasformare in scienza le sue convinzioni: solo i fondamentalisti hanno trionfato nella storia perché solo essi sono stati disposti a lottare, a battersi nella "guerra santa". Diceva Hegel che "il pensiero si è trasformato in violenza lì dove il positivo che aveva di fronte era violenza". Il fatto è che quell'abisso che ci hanno descritto tra idee (qualsiasi) e violenza, semplicemente non esiste.