Manuale per una lettura critica della stampa
Gruppo di Apprendistato Collettivo COMUNICAZIONE POPOLARE
SCUOLA POPOLARE DI “PROSPERIDAD” - Madrid
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questo lavoro, per qualunque mezzo, telematico, elettronico, meccanico,
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INDICE
INTRODUZIONE
A) STRUTTURAZIONE DELL’INFORMAZIONE NEL PERIODICO
1. Localizzazione ed estensione della notizia
1.1 Secondo le pagine dove appare
1.2 Secondo la sua ubicazione nella pagina
1.3 Secondo la sua estensione
1.4 Secondo la sezione dove appare
2. Contorno/cornice nella quale è inserita la notizia
3. Fotografie ed altro materiale grafico
4. Strutturazione di una notizia: la “Piramide rovesciata”
4.1 Titoli e trafiletti
4.2 Decontestualizzazione
B) IL LINGUAGGIO
1. Il linguaggio scritto
1.1 Tono/linguaggio orientato
1.2 “Parole magiche”
1.3 Associazioni di parole e fatti
1.4 Eufemismi e tecnicismi
1.5 Espressioni orientate
1.6 Stili narrativi
2. Il linguaggio delle immagini
2.1 Immagini manipolative
2.2 Campagne fotografiche
3. Il linguaggio dei numeri
C) CONTENUTO
DELL’INFORMAZIONE
1. Selezione ed uso delle fonti di informazione
2. Informazione falsa
2.1 Informazione falsa scritta
2.2 Informazione falsa visiva
3. Selezione degli argomenti di informazione
3.1 La non-informazione
3.2 “Informazione-Fulmine”. Notizie che appaiono e scompaiono
3.3 La sovrinformazione
ANNESSO: NOTIZIE PER ORDINE DI COMPARSA
INTRODUZIONE
Oggi giorno l’opinione pubblica costituisce un elemento fondamentale per la
stabilità o l’instabilità del sistema. E in una società mediatica “l’opinione
pubblica si forma giorno dopo giorno mediante il continuo bombardamento dei
mezzi di comunicazione. La verità è ciò che loro ci propongono come verità. Ciò
che non è riportato dalla stampa non esiste, e quello che esiste è solo nella
forma in cui appare in essa”.
L’importanza dei media da luogo, da un lato ad un forte controllo su questi da
parte di chi ha potere, ma, contemporaneamente, alla necessità che questo
controllo passi inosservato per mantenere l’apparenza di libertà di
informazione, imprescindibile perché si possa considerare una società come
democratica. Un terzo aspetto è che la maggior parte dei media siano aziende,
da cui derivano obbiettivi commerciali che vanno ad influire anch’essi sulla
loro linea informativa. Il risultato dell’unione di questi tre obbiettivi è la
configurazione di un sistema di manipolazione ampio e sottile, a volte
contraddittorio, ma che generalmente più che informare pretende imporre una
realtà mediante opinioni e valorazioni presentate come verità indiscutibili.
La raccolta di queste tecniche di disinformazione è frutto di tre anni di
lavoro del Gruppo di Apprendistato Collettivo (GAC) di Comunicazione Popolare,
nell’ambito del progetto educativo e sociale della Scuola Popolare di
“Prosperidad”. Tre anni analizzando in maniera critica numerose notizie di
stampa estratte dai principali periodici nazionali spagnoli, di modo che,
giorno dopo giorno, abbiamo definito ed elaborato criteri e conclusioni che
adesso vi presentiamo sotto la forma di queste tecniche.
Tutte queste sono apparse in maniera chiara e ripetitiva, isolate o combinate
fra loro. Molte di loro possono essere applicate ad altri mezzi, TV o radio,
anche se non alla lettera, perché ogni mezzo di comunicazione possiede i suoi
strumenti di disinformazione dovuti alle proprie caratteristiche differenti
dagli altri.
La soggettività è inevitabile in ogni prodotto culturale per cui, anche
pretendendo dare una visione neutra ed imparziale della realtà, questa non
potrà mai essere totalmente oggettiva. La maniera migliore di avvicinarsi
all’oggettività è mostrando la realtà da differenti punti di vista,
raccogliendo informazione su uno stesso tema a traverso fonti distinte e con
differenti posizioni su di esso.
Dunque è precisamente in questo punto dove risiede un primo e fondamentale
elemento di manipolazione da parte dei media: la sua pretesa di oggettività,
l’inganno di offrirci la loro visione della realtà come se si trattasse della
realtà stessa, e nascondendo sempre gli interessi che difendono. Per fare una
lettura critica dell’informazione, presumibilmente oggettiva, è fondamentale
conoscere gli interessi ai quali rispondono coloro che ti offrono questa
informazione.
La “realtà virtuale” costruita dai media è quindi parziale e obliqua.
Generalmente questi danno copertura e priorità ai punti di vista di coloro che
ostentano i poteri politico ed economico (aziende, grandi partiti politici,
governo, grandi sindacati, ecc.) in cambio la visione, valutazione opinioni e
interessi dei giovani, anziani, lavoratori, malati, studenti, detenuti, donne,
immigrati, impiegati, organizzazioni popolari, …. sono quasi sempre passati
sotto silenzio o emarginati o deformati.
La disinformazione non sempre è sistematica, preparata e disegnata in maniera
cosciente e controllata. La complessità del processo di elaborazione
dell’informazione, ed il vasto campo da dove si può raccogliere fa che molte
volte la disinformazione sia frutto dell’incompetenza del/della giornalista per
non conoscere un argomento, per mancanza di tempo e spazio, per i suoi
pregiudizi o quelli del redattore/trice, per applicare schemi di lavoro troppo
semplicisti o sensazionalisti, ecc. Però non c’è dubbio che in molti altri casi
esistono campagne di disinformazione che rispondono ad interessi economici o
politici chiari, del mezzo di comunicazione o dei gruppi impresariali che lo
finanziano e sostengono.
La maggior parte delle notizie sono distribuite da Agenzie di Stampa
internazionali. Queste al principio selezionano una piccola parte delle
informazioni perché il 90 per cento di esse vengono rifiutate. Vale a dire, che
ciò che viene a nostra conoscenza è solo una piccola frazione di ciò che
succede nel mondo. È necessario per tanto conoscere che criteri di selezione
sono usati per la scelta delle informazioni ed a che interessi possono
rispondere.
Non dimentichiamoci che la maggior parte di queste agenzie sono grandi aziende
nordamericane, europee e giapponesi, che sono di solito strettamente vincolate
ad importanti gruppi finanziari in contatto diretto con i governi dei paesi ai
quali appartengono. Logicamente non hanno interesse a ché si verifichino cambi
sociali, né certamente nel far conoscere notizie e situazioni che manifestino i
pericoli e gli aspetti negativi del sistema o mettano in questione la sua
validità.
Però non solo queste agenzie influiscono nell’informazione (sono solo il primo
filtro) ma lo fanno pure le banche che finanziano i mezzi di comunicazione, le
corporazioni che possiedono questi mezzi, le aziende che hanno azioni o che
sostengono il giornale (radio; TV; ecc.) mediante la pubblicità. E non si tratta
solo di aziende: per esempio lo stesso Stato spagnolo (italiano; ecc.) è colui
che apporta più soldi ai media nazionali, sotto forma di pubblicità (pagata con
denaro pubblico); in questo modo indiretto può “castigare” o “premiare” le voci
avverse o quelle a lui favorevoli.
E alla fine, la stessa linea ideologica dei giornalisti e dei redattori, vale a
dire: anche i loro pregiudizi, il loro corporativismo, eccessiva
specializzazione, fedeltà alla impresa e la loro tendenza alla autocensura
influiscono nell’orientamento dell’informazione.
La disinformazione viene quindi da numerosi filtri e obliquità, senza che
nessuno di questi in particolare, se non tutto il processo sia la causa per cui
l’informazione ci arriva manipolata e deformata, e incluso spesso
coscientemente alterata. Quindi non solo in ciò che si pubblica, ma anche in
come si pubblica sta la disinformazione.
Di quando in quando appaiono notizie critiche e discordanti nei media. Però in
generale non sono che “fessure controllate” che danno credibilità al mezzo
dotandolo di un’apparenza plurale ed indipendente, e che sono abbondantemente
contrastate da un’alluvione di informazioni di segno contrario (che rispondono
ai diversi interessi di potere) o da una presentazione che gli imprime un carattere
lontano ed aneddotico. Inoltre, la maggioranza di queste informazioni
discordanti, realmente critiche, appaiono sotto forma di opinione (colonnisti,
“lettere al direttore, ecc.”), la qual cosa relativizza la sua importanza.
Questo dossier non si incentra sulle cause o origini della disinformazione
(struttura impresariale del processo mediatico, interessi politico-economici,
ecc.) ma sulle forme con cui si attua questa disinformazione sulla stampa,
sotto la apparente oggettività ed esaustività del periodico. Per questo lo
abbiamo sottotitolato “Manuale per una lettura critica della stampa”. Perché
più che inquietudini teoriche, ci guida in questo lavoro un desiderio pratico
di proporre strumenti per l’analisi critica.
Le tecniche di manipolazione che sono qui raccolte sono solo alcune gocce
d’acqua di tutta una corrente che tergiversa la realtà. Però anche così,
consideriamo importante imparare a difenderci dai media, a vedere quello che
c’è dietro la facciata (leggere le notizie “ dal rovescio “) per, alla fine,
pianificarci adesso l’esigenza e la necessità di avere una informazione al
servizio dei nostri interessi, e non contro di essi.
Il presente dossier è strutturato in tre parti. Nella prima ci soffermiamo su
come si organizza e gerarchizza l’informazione in un giornale (sezioni,
estensione, …), il contesto in cui si presenta la notizia e come si ordina
quest’ultima. Nella seconda parte analizziamo il linguaggio scritto,
fotografico e statistico, vale a dire la forma in cui ci presentano la notizia,
lo stile narrativo, l’uso di virgolette, aggettivi, ecc. E nella terza ed
ultima parte del lavoro studiamo il contenuto delle notizie: la loro
precedenza, la loro falsificazione, gli argomenti che trattano, quelli che
vengono esclusi e quelli che vengono esagerati. Segue un annesso con notizie
concrete che illustrano ed esemplificano i punti e le idee esposte.
A) STRUTTURAZIONE
DELL’INFORMAZIONE NEI GIORNALI
1. LOCALIZZAZIONE ED ESTENSIONE DELLA NOTIZIA
Il luogo e lo spazio che occupa una notizia influisce in maniera
fondamentale nella sua percezione da parte del lettore, relativizza la sua
importanza e favorisce il fatto che una determinata informazione possa passare
più o meno inosservata in funzione degli interessi del periodico. Sotto
l’apparenza di stare informando in maniera dettagliata sopra una gran quantità
di fatti di attualità, i media stabiliscono in realtà una gerarchizzazione
interessata degli stessi, secondo la loro localizzazione ed estensione, che
privilegia quindi certe notizie ed emargina e quasi occulta altre.
Si possono considerare varie forme di risaltare o nascondere una notizia che
dipendono dal luogo e dallo spazio che occupa:
1.1 Secondo le pagine dove appare
Le notizie in copertina e nelle prime pagine sono quelle che si leggono
per prime dato che risaltano fra le altre come le più importanti. Influiscono
dunque sopra i lettori dandogli come già selezionati alcuni centri di interesse
a scapito di altri. Nella stessa maniera si può risaltare di più una notizia se
si presenta in una pagina dispari poiché si presta più attenzione a quella (è
più “in vista”). Di fatto, inserire un annuncio in una pagina dispari è sempre
più caro che in una pagina pari, perché risulta più visibile.
1.2 Secondo la sua ubicazione nella pagina
Se è situata, per esempio, negli angoli superiori, sopra tutto quelli a destra,
una notizia salta più agli occhi che in altre posizioni. La composizione finale
della pagina può quindi servire per emarginare certe notizie e risaltare altre.
1.3 Secondo la sua estensione
L’ampiezza di una notizia, vale a dire: il numero di pagine che un periodico le
dedica e quello dei giorni che lo mantiene “di attualità” sono un buon metro
dell’interesse che il periodico vuole dare (e che i lettori diamo) ad un
determinato argomento.
Un esempio che illustra i punti anteriori lo troviamo in El Mundo 27-5-99 (vedi
pag. 38) che dedica la copertina e le due prime pagine interne al processo di
Milosevic da parte del Tribunale de L’Aia (il giorno successivo appare una nota
in prima pagina ed una pagina interna -vedi pag. 39 - così come successivi
commenti al riguardo durante le settimane posteriori). La denuncia, in cambio,
che la Yugoslavia presenta nello stesso tribunale contro la NATO solo si merita
in quello stesso giornale del giorno 3 di Giugno mezza colonna in una pagina
(pari) interna (vedi pag. 40).
1.4 Secondo la sezione in cui appare
Tutto il giornale è suddiviso in sezioni, in base generalmente a due criteri
distinti:
Sezioni di estensione o portata: Opinione, Internazionale, Nazionale,
Regionale, e incluso Locale. Determinano la rilevanza o la portata che ha una
notizia.
Sezioni specializzate: Società, Cultura, Economia, Sport, ecc. Determinano il
carattere o l’interpretazione della notizia.
Questa suddivisione della realtà non è implicita nei fatti, ma dipende dal
criterio soggettivo di ogni periodico. In teoria suddivisione in queste sezioni
si realizza per ordinare l’informazione e facilitare la sua comprensione.
Però, oltre il proposito di organizzare le informazioni, l’assegnazione di una
notizia ad una o un’altra sezione di solito ha un’influenza importante sopra la
sua rilevanza e diffusione, e sopra l’interpretazione che gli si da.
a) Effetti sulla rilevanza e la diffusione
Tutte le sezioni non hanno la stessa importanza né diffusione, ma hanno una
gerarchizzazione. Quanto prima si ponga una sezione, normalmente le sue notizie
saranno più risaltate. L’ordine delle sezioni varia a seconda dei periodici, ma
di solito è: Opinioni, Nazionale, Internazionale, Società, Cultura, Regionale
(diffusione che non oltrepassa la regione corrispondente), Economia.
La collocazione di una notizia in una o un’altra sezione, anche se spesso può
risultare abbastanza ragionevole, altre volte risulta senza dubbio arbitraria e
discutibile. Così la scelta della sezione può avere l’effetto di risaltare
molto o emarginare totalmente un avvenimento.
Per esempio, la sezione delle Opinioni (contiene gli Editoriali ed i colonnisti
ed umoristi più prestigiosi) è, per la sua collocazione, una delle più lette di
qualsiasi testata. Ed il criterio per decidere se un fatto si merita o no di
essere commentato in Opinioni, o come “argomento del giorno” negli Editoriali,
è totalmente arbitrario. Si tratta semplicemente di ciò che il giornale considera
più rilevante.
Nel caso delle altre sezioni, anche se i criteri di collocazione sono di solito
più chiari, ci si può trovare ugualmente un certo grado di arbitrarietà.
Risulta spesso abbastanza arbitrario e interessato il fatto che, per esempio, a
molte dichiarazioni dei politici, estratte dai loro continui “deliri”, bisticci
e strategie, gli si attribuisca importanza nazionale, mentre si relegano quasi
tutte le mobilitazioni sociali importanti a sezioni “più discrete” come
Società, Regionale (che non vengono diffuse al di fuori della regione) o
incluso Economia.
Per esempio, alle dichiarazioni del politico nazionalista basco Arzallus,
estratte da un discorso fatto in una festa regionale, El Paìs del 25/4/00 gli
da una portata Nazionale (ed internazionale, per coloro che leggano questi
periodici fuori da questo stato, vedi pag. 41). Mentre una protesta effettuata
da agricoltori di tutto il paese che si riunirono a Madrid per manifestare il
loro malcontento per il rialzo del prezzo del petrolio, il Diario 16 del 4/5/99
(vedi pag. 42) non la riporta nella sezione Nazionale ma in quella di Madrid,
per cui la diffusione e risonanza di una protesta di carattere nazionale non
supera in questo caso il ristretto ambito regionale.
Da un’altro aspetto, a parte gli effetti sulla diffusione della notizia,
l’aggiudicare un fatto a Nazionale o a Regionale influenza logicamente l’idea
che il lettore si fa sulla sua rilevanza, come qualcosa di aneddotico o
qualcosa che arriva ad interessare tutto il paese.
Però a volte si può verificare un effetto inverso nella relazione fra le
sezioni Internazionale e Nazionale. Nonostante entrambe abbiano la stessa
diffusione, l’inclusione di una notizia in Internazionale può cercare un
effetto di lontananza conveniente (in questioni scomode o delicate). Di modo
che un fatto che ci interessa in maniera importante è presentato come qualcosa
di distante, estraneo alla nostra realtà più immediata e per tanto poco
rilevante. Di solito questo succede in ciò che riguarda le riunioni ed accordi
di organismi internazionali su temi militari (NATO, OCDE), economici (FMI, WTO)
o incluso alimentari (Per esempio, la discussione sugli alimenti transgenici ci
suona come qualcosa che sta succedendo “lì fuori”, quando in realtà è molto
tempo che li stiamo consumando).
b) Effetti sull’interpretazione
Però è soprattutto con la collocazione in “sezioni specializzate” dove il
periodico sta offrendo una chiara interpretazione previa del fatto, quindi
ognuna di queste sezioni apporta un punto di vista proprio. Queste sono a
diffusione nazionale, però in generale risultano più marginali delle “sezioni
di estensione o portata” Nazionale e Internazionale, quindi all’interno della
gerarchizzazione si situano sempre dopo di esse.
Sono inoltre sezioni dirette a un pubblico “più specializzato”, e ciò le rende
ancora più marginali (come la sezione Società, autentico “ripostiglio” in cui
si mescolano notizie di interesse sociale con fatti, scoperte scientifiche, ed
altre curiosità ed aneddoti morbosi) o più ristrette (come la sezione
Economia/Affari, che utilizza persino un gergo proprio pieno di tecnicismi).
Così succede che a certi fatti di interesse generale gli si da meno importanza
collocandoli in sezioni specializzate come Società, o si restringe la sua lettura
ad un “pubblico selezionato” situandoli in Economia.
Per esempio, in “El Paìs” del 30/5/99 (pag. 43) figura nella sezione di
Affari-Economia una pagina intera dedicata alla Turchia sotto il titolo
“Nonostante tutto Expotecnia viaggia a Istambul”. Leggendo l’articolo scopriamo
che non tratta solo dati economici o commerciali, ma che apporta informazioni
molto dettagliate sopra questo paese: situazione politica, relazioni con la
Spagna, problema kurdo, conflitto con il governo basco per l’intenzione di questo
di ospitare il governo kurdo in esilio, ecc. Vale a dire, fatti di chiaro
interesse generale e non esclusivamente commerciale, come suggerisce la sezione
in cui è situata la notizia. Però la sua lettura è rimasta ristretta ad
impresari ed economisti.
Un altro buon esempio è quello di una notizia sulla scoperta che lo Stato
Svedese ha applicato politiche di massiccio “miglioramento razziale” (mediante
la sterilizzazione di persone considerate inferiori, per evitare la loro
riproduzione), durante più di 40 anni e fino a quattro anni fa. Un fatto
tremendamente scandaloso, che il giornale ABC del 29/3/00 (pag. 44) relega alla
fine della sezione Società, insieme ad una notizia sopra un incidente di
sciatori in Austria e morbose informazioni sui riti criminali di una setta
apocalittica africana. La notizia passa così abbastanza inosservata, ed è
interpretata in chiave aneddotica e morbosa.
In generale, l’inclusione di un fatto in una sezione specializzata si suppone
che gli dia un determinato punto di vista, ugualmente specialistico, scartando
altre interpretazioni che potrebbero essere altrettanto o più valide.
Per esempio, l’ABC del 1/6/99 (pag. 45) include nella sezione Economia una
notizia intitolata “Convocato uno sciopero dei minatori per oggi e domani”,
dando a questa un trattamento esclusivamente economico, come corrisponde alla
sezione. Così non vengono trattati gli aspetti umani, sociali e del lavoro
della protesta e della situazione dei minatori.
Riassumendo, uno stesso fatto si può dirigere a gente molto differente, ed
interpretare in maniera molto differente a seconda della sezione specializzata
in cui si includa.
Per terminare, un buon modo per sopradimensionare un fatto e generare molta
attenzione su di esso è includerlo contemporaneamente in più sezioni del
periodico, di modo che arriva a tutti i lettori. Per esempio, ripetendo i
successi economici di un governo simultaneamente in Opinioni, Internazionale,
Nazionale, Economia, Società, ed incluso negli articoli dei supplementi
domenicali. Molti fatti possono essere affrontati ed interpretati da molti
aspetti e punti di vista contemporaneamente, però il periodico lo fa solo
quando gli risultano specialmente interessanti.
2. CONTORNO/CORNICE NELLA QUALE È INSERITA LA
NOTIZIA
La cornice in cui si inserisce la notizia, vale a dire le altre notizie, coi
loro titoli e foto, che la circondano, può influire in maniera importante sulla
sua interpretazione. La maggior parte delle volte la cornice di una notizia è
abbastanza casuale, o risponde alla logica delle sezioni tematiche, dello
spazio disponibile, ecc. Però più spesso di quanto si possa pensare, si
“disegnano” le pagine (selezione e collocamento strategico di notizie, foto,
redazione di titoli, ecc.) perché anche il contorno influisca su una notizia,
rafforzando così il “messaggio” negativo o positivo della stessa, smentendola,
coprendola o, al contrario, risaltandola. Il “disegno” della pagina, nel suo
insieme, può convertirsi in un meccanismo molto sottile di interpretazione
della realtà, provocando l’associazione più o meno cosciente di idee e notizie
che formalmente sono indipendenti e che non sono relazionate esplicitamente.
Un esempio chiaro si vede in El Paìs del 24/12/98 (pag. 46). La copertina
riporta “Barrionuevo e Vera escono oggi dal carcere dopo l’indulto del
Governo”, vale a dire, sono liberati nonostante la loro provata implicazione
nel terrorismo di stato dei GAL (organizzazione illegale, ma tacitamente
consentita, di poliziotti e “guardia civil” spagnoli che si dedicavano a perseguitare
ed uccidere sospetti appartenenti all’ ETA). Questa notizia viene messa giusto
sopra la foto di copertina relativa ad un’altra questione, con la seguente
didascalia: “Ormai non ci sono più detenuti dell’ETA nelle isole Canarie”, e
mostra un’auto della “Guardia Civil” (corpo di polizia simile ai Carabinieri)
vicino ad un aereo militare. Due notizie in colonna, alla destra della pagina,
completano la cornice: la prima, la dimissione di due ministri britannici per
aver nascosto un prestito; la seconda, la condanna per corruzione
dell’ex-vicepresidente Belga.
Questa composizione non è casuale: l’indulto e scarcerazione di due ex-membri
del governo spagnolo per un crimine di terrorismo di stato, ha senza dubbio una
componente scandalosa che si pretende neutralizzare in due maniere. Da una
parte, si vuole affermare che anche col terrorismo dell’ETA si agisce in
maniera benevolente, con l’avvicinamento di alcuni detenuti. Da un altro lato,
si mostra la “normalità” che è la corruzione dei politici incluso in paesi
“democratici da sempre” come Gran Bretagna e Belgio.
Un altro caso di uso manipolativo del contorno è l’abituale collocazione di
notizie sopra occupazioni (sgomberi violenti, processi o manifestazioni
conflittuali) nella sezione Nazionale vicino a notizie sopra Jarrai e la “kale
borroka” (violenze e vandalismi urbani perpetrati dall’ETA) nei Paesi Baschi,
seguendo la tattica del Governo di relazionare entrambi i fenomeni, presentando
al movimento dei centri sociali come infiltrato e contagiato dai protagonisti
della guerriglia urbana basca. Data la mancanza di prove in proposito, si fa
uso di tecniche manipolative come questa.
3. FOTOGRAFIE ED ALTRO MATERIALE GRAFICO
Insieme ai titoli, le foto ed altro materiale grafico (disegni, schemi,
cartine, ecc.) sono gli elementi di una notizia che attraggono maggiormente
l’attenzione su di essa. Senza dubbio, il fatto di aggiungere o meno una foto
ad una notizia, così come la sua grandezza, influisce poderosamente nel
risaltare o sminuire il fatto riportato. Questa è un’altra tecnica che possiede
il periodico per imporre ciò che considera fatti interessanti ed emarginare
quelli che non gli interessano.
Un esempio molto comune di questa attitudine sono le notizie che si riferiscono
all’ultima novità di qualche scandalo politico o qualche dichiarazione
ufficiale, che di solito includono la fotografia del/la ministro/a o politico/a
di turno, spesso fin troppo conosciuto dai cittadini medi, per cui questa foto
non sta adempiendo nessuna funzione informativa né di verifica, ma
semplicemente serve per richiamare l’attenzione e risaltare la notizia in
questione.
Un buon esempio di quest’ultima cosa lo troviamo nel periodico ABC del 17/5/99
(pag. 47), in una tipica notizia di accuse e corruzioni politiche che vede come
protagonista il primo ministro Spagnolo Aznar, che è accompagnata da una foto
dello stesso Aznar. La foto non aggiunge assolutamente nessuna informazione
ulteriore, dato che il volto di Aznar è sufficientemente conosciuto; e
oltretutto non è nemmeno stata scattata nel momento in cui realizzò queste
accuse, ma si tratta di una foto di archivio. Evidentemente in questo caso
l’unica funzione di questa foto è risaltare la notizia attraendo l’attenzione
dei lettori.
4. STRUTTURAZIONE DI UNA NOTIZIA: LA “PIRAMIDE
ROVESCIATA”
Perché l’informazione data da una notizia sia pienamente comprensibile deve
rispondere per quanto è possibile alle 6 domande basiche:
cosa/chi/come/quando/dove/perché? Le risposte (normalmente nel solito ordine)
dovrebbero apparire nello svolgimento della notizia, ma i media non prestano la
stessa attenzione a tutte.
Questa gerarchizzazione delle domande, per privilegiare quell’informazione che
il media considera più importante, viene determinata per ciò che nel
vocabolario giornalistico si conosce come la tecnica della “piramide
rovesciata”, che è la forma classica di scrivere una notizia (quella che si
insegna nelle facoltà e scuole di giornalismo). La piramide rovesciata
struttura l’informazione nella seguente maniera:
1. Titolo e trafiletto (riassunto in grassetto).
2. Il fatto centrale della notizia.
3. Antecedenti e conseguenze (contestualizzazione).
4. Altri dati complementari (ampliazione del tema e relazione con altri fatti)
Secondo questo schema, la cosa meno rilevante è il contesto (il perché?) nel
quale si produce un fatto e le sue relazioni con altri avvenimenti, dunque ciò
che, seguendo la piramide rovesciata, si suole lasciare in fondo. A causa della
gran quantità di notizie che contiene un giornale, la maggior parte dei lettori
leggono solo titoli e trafiletti, dove ciò che risalta è il che? ed il chi?
Vale a dire, si tende a descrivere il fatto isolato, fuori del contesto e
svincolato da altre realtà relazionate, dato che poca gente è solita arrivare
fino alla fine del testo della notizia (a meno che le interessi in particolar
modo), per cui il contesto ed altri dati complementari sono di solito
condannati a passare abbastanza inosservati.
D’altra parte, quando il/la redattore/trice capo ha problemi di spazio per inquadrare
tutte le notizie nelle pagine, taglia sempre i testi iniziando dalla fine, per
cui, la prima cosa che sparisce da una notizia è la connessione con altri fatti
e la sua contestualizzazione. Questa forma di strutturare e trattare la notizia
rende difficile la piena comprensione di ciò che è accaduto, quindi possiamo
vedere come la stessa logica di redazione di un giornale tende ad emarginare e
sacrificare gli elementi che normalmente permettono di capire più profondamente
la realtà dei fatti: cause e contesto dei fatti, relazione con altri
avvenimenti, ecc.
E per gli stessi motivi tende a risaltare esageratamente le cose più
aneddotiche: il che? immediato (avvenimento isolato), il chi? (personificando
eccessivamente molti fatti, creando personaggi pubblici o di attualità) ed il
come? (i dettagli più spettacolari di come è successo il fatto, ecc.). Questo
si nota molto nelle notizie relative a conflitti sociali, movimenti sociali,
ecc.
4.1 Titoli e trafiletti
I titoli risaltano gli aspetti della notizia che interessa mettere in evidenza.
Insieme alla fotografia, è di solito l’elemento più appariscente di una
notizia, poiché funge da sintesi e richiamo dell’attenzione. Come sintesi (una
frase) non lascia spazio a sfumature, è sempre abbastanza semplicista. Come
richiamo tende a cercare lo scandaloso.
La curiosità è che a volte i titoli e i trafiletti iniziali non corrispondono
al contenuto reale della notizia (il corpo del testo) o con le cose più
importanti di questa, o incluso possono arrivare a falsare la notizia
riportata. Dato che, come già abbiamo commentato, è provato che la maggior
parte dei lettori leggono principalmente i titoli, qualche trafiletto iniziale
(se ci sono), e leggono solo poche notizie complete, l’immagine che si formano
su determinati argomenti dei quali normalmente facciano questa lettura tanto
superficiale può risultare molto deformata. Il fatto che i titoli siano più
manipolativi dei testi ha quindi un’importante effetto di disinformazione.
Quest’ultimo caso è chiaro in El Paìs 17/4/99 (pag. 48). Il titolo della
colonna dice: “Il Pentagono sospetta che Belgrado tenga un arsenale chimico”.
Sorprendentemente, il contenuto della notizia denuncia l’utilizzazione costante
da parte del Pentagono di propaganda e soffiate alla stampa di “sospetti” di
questo tipo (certamente, impossibili da confermare), come un’arma in più per
demonizzare determinate persone o paesi (Milosevic adesso e prima Saddam
Hussein) e giustificare davanti all’opinione pubblica le sue guerre. La stessa
notizia che rende conto della manipolazione informativa sta, essa stessa,
effettuando la stessa manipolazione alla quale si riferisce, per la maggior
parte dei lettori che leggono solo il titolo di una notizia secondaria.
Un altro buon esempio è il titolo della notizia di El Paìs del 13/2/99 (pag.
49), il quale valuta in modo tagliente come fallimento il tentativo di IU
(Izquierda Unida, partito di sinistra Spagnolo) di raccogliere 500.000 firme
per la legge delle 35 ore (“IU fallisce nel suo tentativo di raccogliere
500.000 firme per le 35 ore”). Però leggendo il testo si scopre che il termine
per raccogliere le firme non è ancora scaduto, per cui ancora non si può
affermare in nessun modo che l’iniziativa sia un fallimento. Di fatto, tre mesi
dopo (il 23 Maggio) IU era riuscita a raccogliere fino a 700.000 firme.
4.2 Decontestualizzazione
Anche nel caso in cui una notizia proponga informazione che risponda alle 6
domande, il “perché?” può essere spiegato solo in base alle sue ragioni più
immediate e accessorie, senza permettere al lettore di arrivare a capire la
situazione di partenza che originò il fatto.
Anche se la realtà è molto complessa ed i fatti non si producono in forma
isolata, sulla stampa di solito sono presentati come fatti indipendenti, senza
nessun vincolo con altre questioni ed aspetti della stessa realtà che sono
spesso la loro causa ed origine. Il contesto passato e presente di una notizia
è fondamentale per poter comprendere ed analizzare una realtà e, a partire da
questa analisi, valutare e formarsi una opinione propria su quello che succede.
Nella misura in cui il al lettore manchino elementi coi quali valutare
l’origine e l’ampiezza di un fatto per formarsi una propria opinione in merito,
risulterà più facile al giornale imporre la sua.
La decontestualizzazione può essere di due tipi:
a) Decontestualizzazione storica: Omissione di antecedenti politici, economici,
sociali, internazionali, ecc. che permettano analizzare e comprendere fatti e
situazioni attuali.
b) Notizie-puzzle: Dispersione e frammentazione dei differenti aspetti e
cause/conseguenze di un fatto, di modo che si complica o impedisce la visione
d’insieme e gli effetti che derivano da questo. La frammentazione si può fare
nel tempo (pubblicazione in date distinte) e/o nello spazio (distribuendo nelle
varie sezioni del periodico gli aspetti economici, sociali, internazionali ecc.
di uno stesso fatto), svincolando quindi il fatto dal suo contesto attuale.
Un esempio di come questa struttura piramidale complica la comprensione globale
dei fatti lo troviamo nel Diario del 16/7/99 (pag. 50). La notizia ha come
titolo: “Il presidente dell’Ecuador cede alle proteste ed abbassa il prezzo
della benzina”. I primi quattro paragrafi e parte del quinto (ed ultimo) si
limitano a rispondere alle sei domande di base: in Ecuador (dove?) il
Presidente Jamil Mahuad (chi?), alla fine (quando?) cede alle proteste
riducendo e congelando il prezzo del combustibile (che? come?), col fine
(perché?) di abbassare la tensione sociale e di far finire lo sciopero dei
trasportatori, e le proteste degli indigeni, sindacati ed altri settori
sociali.
Fin qui non fa altro che completare il titolo con dati illustrativi però non
chiarificativi, come la percentuale dell’ultimo aumento del prezzo del
combustibile, il giorno concreto in cui i trasportatori iniziarono lo sciopero,
il tempo che si prevede che duri la congelazione dei prezzi, ecc. però ciò che
si spiega appena è perché gli indigeni stanno assediando la città. Solo alla
fine, nelle quattro ultime linee, per i pazienti e scarsi lettori che leggono
le notizie fino alla fine, introduce la frase “rinuncia a certe manovre
(ajustes) ”, da cui si può dedurre che le proteste non sono solo per il rialzo
del petrolio, ma per tutto un piano di manovre dello stato. Questo probabilmente
era stato imposto da organismi finanziari internazionali (Fondo Monetario
Internazionale, Banca Mondiale, …), ed è probabile che contemplasse tagli alle
spese sociali ed imposizioni agricole ed industriali che, possibilmente,
stessero peggiorando la situazione della popolazione di un paese molto
impoverito.
Però tutto questo, che ci darebbe la chiave per comprendere realmente l’origine
di ciò che sta succedendo in Ecuador, solo possiamo supporlo, poiché in questo
caso il periodico non ha spazio per parlare di quello, almeno mentre stanno
informando sulla “realtà” di un paese in una sezione tanto letta quanto quella
Internazionale. Senza dubbio, alcuni dati che permettono comprendere molto
meglio questi fatti si trovano in El Paìs del 25/7/99 (pag. 54) anche se nel
supplemento Affari, diretto ad impresari e “specialisti” economici. Così il
contrasto politico e popolare viene preso come “un ostacolo alla stabilità
economica del paese” (da tenere in conto per gli oppositori), ed appaiono dati
del contesto che lasciano capire la causa di questa sollevazione popolare, come
gli accordi del paese con il FMI ed il risanamento bancario previsto che avrà
un costo di 2500 milioni di dollari.
Un buon esempio di decontestualizzazione a puzzle lo troviamo in El Paìs
11/11/98 (pag. 52): nella copertina della sezione Economia-lavoro appare la
notizia intitolata “Il governo Brasiliano taglia il 40% dei preventivi per le
spese sociali”. La notizia, piena di numeri e percentuali, scarseggia senza
dubbio della minima contestualizzazione che permetta di capirla.
Principalmente, perché non si menziona in nessun momento la causa di un taglio
così tremendo, vale a dire, gli antecedenti del fatto: Che cosa spinge il
governo Brasiliano a ridurre in maniera così brutale le spese sociali? Si
tratta di una notizia redatta fuori dal suo contesto preciso e per la maggior
parte dei lettori rimane una informazione aneddotica e poco comprensibile.
Quattro mesi dopo, nel medesimo periodico e sezione, El Paìs 09/03/99 (vedi
pag. 53), appare una notizia intitolata “il FMI indurisce le condizioni per
aiutare il Brasile”. Di nuovo si tratta di una notizia molto tecnica, piena di
dati macroeconomici riferiti alla situazione brasiliana ed alle imposizioni del
FMI. In questa occasione la decontestualizzazione si produce al non menzionare
in nessun momento le conseguenze sociali delle dure misure economiche imposte
dal FMI. Per questo il lettore non può apprezzare la trascendenza della
notizia, che rimane una notizia di difficile comprensione.
Adesso, se uniamo le due notizie che si riferiscono ad uno stesso fatto però
separate artificialmente, riusciamo a ricomporre parte del puzzle, e
comprendere meglio ciò che sta succedendo in Brasile. Però sembra che El Paìs
abbia voluto evitare tutto questo, non facendo da un lato nessuna allusione
alla responsabilità del Fondo Monetario Internazionale nei duri tagli sociali
in Brasile, e dall’altro ignorando le conseguenze sociali delle misure imposte
da questo organismo internazionale.
B) IL LINGUAGGIO
1. IL LINGUAGGIO SCRITTO
La redazione della notizia occulta spesso, sotto la facciata della neutralità
ed oggettività, la valutazione del/la giornalista e del media per il quale
lavora. Possiamo distinguere diverse tecniche per far scivolare, mediante il
solo uso dell’espressione scritta, l’opinione dei redattori sopra
l’informazione che ci offrono:
1.1 Tono/linguaggio orientato
L’uso, a seconda dei casi, di un tono trionfalista, peggiorativo o di condanna
tagliente, presentando come indiscutibile la valutazione positiva o negativa di
un fatto a traverso il linguaggio, per togliere ogni dubbio e dibattito in
merito.
Un esempio lo troviamo in El Paìs 3/6/99 (pag. 54) nella notizia “Anguita
chiama i sette milioni che dissero no alla NATO”, nella quale il giornalista
introduce una gran quantità di espressioni peggiorative ed ironiche per
ridicolizzare il protagonista della notizia, e per tanto delegittimare i suoi
progetti (vedi sottolineato).
Un’altra maniera più sottile per screditare una cosa mediante il linguaggio è
l’uso delle virgolette. Non per trascrivere una dichiarazione, come vedremo nel
punto Fonti di Informazione, ma per mettere in dubbio un termine od un fatto.
Per esempio, nelle notizie che si riferiscono alle occupazioni di solito
mettono fra virgolette l’espressione Centro Sociale, mentre non accade lo
stesso se si tratta di un centro sociale o culturale del comune. La stessa cosa
avviene con l’espressione Scuola Popolare, che nelle notizie viene messa fra
virgolette mentre non viene fatto lo stesso con le scuole statali o private.
Evidentemente, in questi casi ed in molti altri le virgolette hanno la funzione
di screditare e mettere in dubbio il loro contenuto.
1.2 “Parole magiche”
La creazione ed imposizione di una opinione mediante ciò che abbiamo chiamato
“parole magiche”, vale a dire: termini con una connotazione positiva (sviluppo,
crescita, tecnologia, Europa, moderato, competitività, impiego, flessibilità) o
negativa (primitivo, radicale, illegale, fondamentalista, protezionismo).
Questi sono utilizzati così ripetutamente in certi discorsi o contesti che
finiscono assumendo per conto loro un valore aggiunto, una connotazione che va
oltre il loro semplice significato.
Il risultato pratico è che, una volta generata la “parola magica”, basta
associarla a qualsiasi tema o argomento per impregnarlo dei suoi valori. Così
per presentare la liquidazione del settore pubblico come qualcosa di positivo
basta risaltare (se possibile nei titoli) che questo va a generare più
competitività, più crescita, o che ci avvicinerà di più all’Europa. E per
giustificare e legittimare l’investimento multimilionario dello Stato in
armamenti, basta riferirsi alla quantità di impiego che questo genera. In
cambio, per demonizzare e criminalizzare qualsiasi iniziativa o azione dei
movimenti sociali o popolari che metta in dubbio seriamente il sistema
dominante, si usa ed abusa del termine “radicale”, previamente negativizzato ed
associato a concetti come “fanatico”, “ultrà” o incluso “terrorista”.
1.3 Associazioni di parole e fatti
Alcune parole inoltre sono di solito associate a determinati collettivi o
persone (“giovani radicali” o “giovani violenti”, “radicalismo basco”,
“esercito umanitario”, “integralismo/radicalismo arabo/islamico”…) di modo che una
delle due parole finisce per evocare automaticamente l’altra.
In altri casi la manipolazione si produce nell’associare ripetutamente certi
collettivi con determinati fatti. Il miglior esempio è il caso di fatti
delittuosi che hanno come protagonisti immigrati, nei quali solitamente viene
risaltata (e normalmente nei titoli) la nazionalità o condizione di immigrato/a
degli stessi. Anche se normalmente le notizie non stabiliscono una relazione
diretta ed esplicita fra il fatto di essere immigrato e la delinquenza, si
genera per ripetizione una stretta associazione fra l’immigrazione e fatti
delittuosi o di conflitto, fomentando con ciò allarme sociale, xenofobia e
razzismo.
1.4 Eufemismi e tecnicismi
Hanno l’effetto di banalizzare, ammorbidire o togliere valore alla portata di
un argomento, presentandolo sprovvisto del suo proprio contenuto e significato.
Per esempio, presentando un certo armamento come un prodotto di alta
tecnologia, utilizzando espressioni eufemistiche come “danni collaterali” invece
di civili morti quando si parla di una guerra, “forze dell’ordine” invece di
forze di polizia o forze repressive, “intervento aereo o terrestre” invece di
attacco, bombardamento o invasione, “maltrattamenti o violenza domestica”
invece di aggressione o violenza maschilista o maschile, ecc.
Abbiamo un buon esempio in un articolo di El Mundo del 23/12/97 (vedi pag. 56)
intitolato “Santa Barbara termina la creazione dell’obice più avanzato del
mondo”, che presenta una nuova arma come se si trattasse della pubblicità
dell’ultimo modello di una macchina. La notizia, piena di tecnicismi,
sottolinea le sue qualità e prestazioni tecniche, la sua tecnologia
all’avanguardia, però non dice niente sulla sua capacità distruttiva, il prezzo
che costerà ai paesi che pretendano acquistarlo, in che tipo di guerre e per
quali fini si può utilizzare, ecc.
In altri casi l’uso di un certo linguaggio tecnico, come il gergo giuridico,
amministrativo o di determinate professioni complica, quando non impedisce,
alla maggior parte dei lettori di comprendere il significato di certe notizie
(come abbiamo visto nelle notizie di El Paìs del 11/11/98 e del 9/3/99, pagine
e ).allo stesso tempo, con l’utilizzo di questi termini tecnici-specializzati
si pretende di rivestire l’informazione (con le valutazioni ed opinioni che
incorpora) di autorità e oggettività, appoggiandosi sul carattere di
indiscutibilità che viene attribuito di solito a tutte le cose scientifiche.
1.5 Espressioni orientate
Senza che siano precisamente degli eufemismi, sono “frasi fatte” che tendono a
ripetersi nel linguaggio giornalistico, e che servono per orientare in un certo
senso la descrizione apparentemente oggettiva di certi fatti.
Gli esempi sono innumerevoli, anche se vale la pena di riportarne alcuni:
Per esempio, per giustificare cariche poliziani nel caso di manifestazioni, si
suole utilizzare le seguenti espressioni: “La polizia si vide obbligata a
caricare”, o “Provocarono la carica della polizia”. Così in molti casi si
scarica la responsabilità della violenza su coloro che prendono le botte.
Quando non si verificano cariche, numerose relazioni di manifestazioni
finiscono con espressioni tipo: “Non ci sono stati incidenti”. La formula non è
innocente, perché sembra indicare la cosa come un fatto eccezionale. Vale a
dire che sottolineando che non ci sono stati incidenti si vuol fare capire che
la cosa normale sarebbe stato il contrario, e con ciò si insiste sottilmente
nel conferire un’immagine violenta a certi gruppi o collettivi.
L’espressione: “Fonti ben informate” si suole utilizzare per dare affidabilità
ad informazioni estratte da fonti inconfessabili, sospettose o direttamente per
legittimare rumori o informazione inventata.
Il conflitto basco, tanto contaminato dalla disinformazione, ha “lanciato la
moda” fra i media ufficiali dell’uso di sue espressioni orientate contrapposte:
“violenti” e “democratici”, la prima per inglobare tutte le espressioni del
nazionalismo basco, da ETA a coloro che votano o simpatizzano per il MLNV
(Movimento di Liberazione Nazionale Basco), e la seconda per tutti gli altri,
con il PNV (Partito Nazionalista Basco) gravitando fra le due etichette, a
seconda del momento politico. Un concetto così ampio ed ambiguo come quello di
“violenza”* è attribuito in maniera così ripetitiva, semplicista ed assoluta ad
un movimento (del resto molto variegato e contraddittorio) che la tremenda
campagna mediatica sta riuscendo nel fatto che basti citare l’aggettivo “i
violenti” per identificare tutto il movimento nazionalista basco, convertendolo
in sinonimo di violenza. E tutti i suoi oppositori in sinonimo di “democratici”
o “pacifisti”.
· Non ci dimentichiamo che è lo stato che ha il monopolio della violenza,
contando con migliaia di persone allenate e pagate per esercitarla sotto eufemismi
come “Difesa” o “sicurezza”. I celerini sono pagati tanto per controllare
violentemente come per provocare la violenza; i soldati per risolvere
violentemente i conflitti internazionali a favore di interessi economici o di
potere delle elìtes. La legittimità istituzionale e mediatica per attribuire o
esonerare dall’aggettivo “violento” un collettivo è quindi più che dubbia e
criticabile. In questo caso, sia alcuni settori del MLNV sia alcuni settori
dello Stato utilizzano metodi violenti, fra le altre strategie, per riuscire
nei propri obbiettivi.
1.6 Stili narrativi
Per scrivere certe notizie spesso si utilizzano diversi stili narrativi (epico,
lirico, satirico, pubblicitario), cercando così di generare un sentimento di
consenso o rifiuto verso alcuni fatti che se non fossero narrati in questa
maniera potrebbero suscitare nel lettore impressioni non convenienti.
Un chiaro esempio si trova in “Piccola storia di un aviatore notturno”; notizia
di El Paìs del 30/5/99 (vedi pag. 57), nella quale si utilizza uno stile fra il
poetico e l’epico per descrivere un bombardamento. Il giornalista dà briglia
sciolta alla sua lirica fino a convertire uno scenario di guerra in
un’avventura romantica, cercando di suscitare certe emozioni. Per far ciò non
esita ad utilizzare figure letterarie come metafore o simili adornate con
numerosi aggettivi. Riesce così a sdrammatizzare le dure conseguenze che si
associano a ciò che in realtà è un polemico intervento militare di castigo,
esaltando contemporaneamente fino a livelli “da film” l’operato degli
aggressori aerei.
2. IL LINGUAGGIO DELLE IMMAGINI
Le fotografie di un periodico compiono in teoria basicamente due funzioni:
verificare visivamente l’informazione riportata nel testo, rendendola più
realistica, ed eventualmente aggiungere nuova informazione che completi il
testo. Però in realtà la foto è utilizzata per altre “funzioni nascoste”.
Abbiamo già visto per esempio nel punto 3 del capitolo A che grazie alla loro
visibilità le foto potevano essere utilizzate per risaltare alcune notizie. A
parte questo effetto, possono anche servire per influenzare sottilmente sul
contenuto dell’informazione.
2.1 Immagini manipolative
Un’altra “funzione occulta” della fotografia consiste dunque in cambiare il
senso di una notizia (alleggerendola, rinforzandola, distogliendo l’attenzione,
ecc.), e può arrivare anche a contraddirla. Dato che alla fotografia viene data
un’immagine di oggettività (si riceve come un “frammento della realtà stessa”),
ottiene di solito una credibilità abbastanza acritica da parte del lettore e
impone il suo “messaggio” al contenuto nello stesso testo. Noi lettori non
siamo molto coscienti del fatto che anche la foto si costruisce e disegna come
un’espressione in più col suo proprio linguaggio, secondo piani, illuminazione,
uso di simboli ed altri trattamenti.
Un buon esempio di come alleggerire la durezza di una notizia tramite la foto
lo abbiamo nell’articolo intitolato “Solo la metà dei detenuti
tossicodipendenti riceve il trattamento con il metadone” pubblicato su El Paìs
il 18/03/99 (vedi pag. 58). Per illustrare la notizia di un informe di
Izquierda Unida, che denuncia le terribili condizioni di vita che soffrono i
detenuti in Spagna (isolamento, torture, condizioni sanitarie insufficienti,
ecc.), il periodico ha la sfacciataggine di mostrare un primo piano della
piscina olimpica del carcere di Soto del Real (Madrid). Con ciò tenta
evidentemente di controbattere e smentire la denuncie dell’informe, cercando di
far capire che le condizioni di vita in prigione sono “di lusso” (quando in
realtà la suddetta piscina la può utilizzare solo il personale ed una minoranza
dei detenuti…).
In altri casi la manipolazione proviene direttamente da effetti fotografici (il
già commentato linguaggio fotografico) usati per deformare o aggiustare in
maniera espressiva un’immagine secondo gli interessi del media.
Come esempio di questo tipo di manipolazione abbiamo le foto della notizia
apparsa in La Razòn del 20/5/99 (pag. 59) intitolata “Militanti del PSOE
credono che i cartelli danneggiano i loro candidati”, nella quale si utilizza
chiaramente un obbiettivo fotografico speciale, conosciuto come
“grandangolare”, o l’inquadratura delle foto, per deformare le immagini ed
esagerare così l’effetto visivo dei cartelli del PSOE (Partito Socialista
Spagnolo), appoggiando così l’ipotesi del periodico sopra la campagna di
immagine di questo partito.
Il linguaggio simbolico visivo è anche utilizzato per trasmettere certi
messaggi o significati spesso in maniera abbastanza subliminale.
La foto che accompagna l’articolo di El Mundo del 25/4/00 (pag. 60) intitolato:
“PP e PSOE giudicano razziste le parole di Arzallus” approfitta di un piano
fotografico preso per caso durante un discorso di Arzallus (Presidente del
Partito Nazionalista Basco; PNV) per attribuirgli un’immagine che si avvicina
alla simbologia fascista. Infatti, nella foto il leader nazionalista basco
appare alzando il braccio in un momento del suo discorso, gesto che ricorda il
classico saluto fascista, che evidentemente Arzallus non ha mai avuto
intenzione di fare. Senza dubbio, El Mundo decise di scegliere, e nostro parere
non a caso, questa foto piena di fortuito simbolismo, fra le tante foto che
aveva dello stesso discorso.
In alcuni casi, quando al giornale scarseggiano fotografie, pubblica disegni
per sostituirle (abitudine comune in ABC e El Mundo), con totale libertà per
ricreare ed inventare la realtà a piacere.
2.2 Campagne fotografiche
Un altro fenomeno che ha come principale elemento il linguaggio fotografico è quello
che abbiamo denominato “campagne fotografiche”, che consiste nel trattamento
fotografico che danno i media alle notizie relazionate con determinate
tematiche specialmente sensibili.
Si può osservare, per esempio, una gran uniformità nell’illustrazione
fotografica che si dà alle notizie sui paesi arabi (con sufficiente
indipendenza dell’argomento trattato); si tratta in maggioranza di foto che
esprimono violenza e fanatismo che hanno come principali protagonisti masse di
persone o donne col velo. In questo caso si mette in relazione, per ripetizione
( per questo lo chiamiamo “campagna”, perché si va tessendo giorno per giorno)
la cultura araba e la religione musulmana (che tendono ulteriormente a
confondere e mescolare, quando ci sono molti musulmani che non sono arabi, ed
arabi che non sono musulmani), con la violenze e l’irrazionalità.
Qualcosa di simile, anche se più complicato e sottile, succede con molte
immagini che si riferiscono al conflitto nei Paesi Baschi (quante volte si
mostra la polizia che carica contro i manifestanti, e quante volte “giovani
radicali” incappucciati ed in azione?). Se ci si attiene alle fotografie si ha
l’impressione che nel Paese Basco non ci siano mai cariche di polizia né
repressione.
Una campagna più puntuale ma che ebbe un’impressionante copertura fotografica
fu il trattamento visuale dato alle diverse vittime dell’ultimo conflitto in
Jugoslavia, così come agli eserciti implicati: i soldati della NATO apparivano
di frequente in emotivi addii alle loro famiglie o circondati da bambini
kosovari, i guerriglieri albanesi dell’UCK apparivano feriti o morti, ed i
soldati serbi erano sempre ritratti con un aspetto specialmente feroce e
crudele.
3. IL LINGUAGGIO DEI NUMERI
Sono molte le notizie che includono diagrammi o grafici statistici, e ciò le
dota dell’oggettività che si suole attribuire alla scienza della statistica.
Anche se a volte questi grafici risultano confusi o poco comprensibili per la
loro complessità, non importa molto dato che l’effetto di sicurezza e credibilità
non dipende tanto dalla comprensione ma dal suo essere Statistica, Scienza.
Altre volte la notizia stessa sono i dati, le cifre, che la fanno acquisire un
aspetto incontestabile, categorico, occultando o mascherando la rigorosità
dello studio e la sua credibilità. La Statistica è una scienza i cui risultati
finali dipendono dal processo di raccolta dei dati e dal modello che viene
scelto. In qualsiasi analisi statistica, il fatto di selezionare una
popolazione o un’altra, un modello od un altro, cambia in modo significativo i
risultati. Per tanto succede abitualmente che venga invertito il processo di
studio, vale a dire: partire da alcune conclusioni o risultati finali
previamente decisi in funzione degli interessi del periodico o di altre istituzioni,
e costruire un modello che li giustifichi. Non è un caso che, ad esempio, il
Gruppo Prisa, proprietario di El Paìs oltre che di altri mezzi di comunicazione
(anche di As, di Cinco Dìas, la Cadena Ser, Antena 3 Radio, Canal +, ecc.), sia
pure il proprietario della famosa azienda di statistica Demoscopia.
Un esempio che mette in dubbio la “credibilità” di certi studi è la disparità
di risultati che mostrano la Inchiesta della Popolazione Attiva (EPA) da un
lato e la Contabilità Nazionale da un altro rispetto allo stesso dato: il
lavoro. Sotto ogni inchiesta esistono alcuni interessi, per esempio la
pubblicazione di alcuni dati o altri sopra la intenzione di voto nei processi
preelettorali mobilita o meno i votanti di uno o un altro partito. Un’altra forma
di manipolazione statistica è ritardare la pubblicazione degli indicatori
economici. (Se si vuole ampliare l’informazione sopra la manipolazione delle
statistiche vedere El Paìs del 9/4/00 (pag. 61), reportage che non a caso fu
pubblicato nella specializzata sezione dell’Economia, che non a caso poca gente
legge.
Però oltre la occultazione o trattamento interessato dei dati, la manipolazione
si può dare anche mediante l’interpretazione degli stessi, risaltando gli
aspetti positivi di alcuni risultati senza contare i negativi. Per esempio,
risaltare la diminuzione della crescita dei morti in incidenti di lavoro è una
manovra per dare un aspetto ottimista ad una tremenda realtà, vale a dire, che
gli incidenti di lavoro continuano ad aumentare, anche se a minor ritmo. O le
trionfaliste campagne del governo sulla riduzione della disoccupazione, che
nasconde che si sta ottenendo grazie all’aumento della precarietà del lavoro,
al peggioramento delle condizioni di lavoro, ed al togliere progressivamente ai
lavoratori i loro diritti.
Un buon esempio concreto di un uso disinformativo e manipolante delle
statistiche lo troviamo nella seguente notizia di El Paìs del 26/5/00 (vedi
pag. 62). In piena campagna allarmista iniziata con l’approvazione della Legge
sull’immigrazione per giustificare una politica restrittiva e repressiva verso
l’immigrazione, El Paìs presenta con il titolo “La cifra degli immigrati
inclusi nella legge sull’immigrazione supera tutte le previsioni” alcuni dati
statistici con tre tipi di cifre: numero di persone prese in considerazione
(che hanno chiesto semplicemente informazioni), numero di coloro che hanno
sollecitato la regolarizzazione e numero di casi risolti (non indica se
positivamente, cioè che hanno ottenuto la regolarizzazione, o negativamente,
che gli è stata negata).
Un’analisi non tendenziosa delle cifre, non afferma assolutamente che queste
sono superiori alle aspettative, ma tutto il contrario: le previsioni di 80.000
o 100.000 si riferiscono al numero di stranieri regolarizzati, ed alla metà del
periodo il numero di casi risolti non arriva a 43.000 e, come dice il testo
della notizia, la maggior parte positivamente ma non tutti, vale a dire che al
momento il numero di stranieri regolarizzati non arriva a 40.000 persone, meno
della metà delle previsioni più pessimiste.
Senza dubbio, invece di comparare le cifre adeguate (previsione di
regolarizzazioni con la quantità di coloro che la hanno realmente ottenuta),
ricorre alle cifre logicamente molto maggiori: numero di coloro che hanno
sollecitato la regolarizzazione, o incluso di chi semplicemente ha chiesto
informazioni. Questo errore è troppo elementare per essere involontario, per
cui sembra che voglia creare allarme sociale con la sensazione di che per colpa
della legge gli immigrati ci stanno invadendo, giustificando così la riforma
della legge, che era prevista anche prima di che entrasse in vigore.
C) CONTENUTO
DELL’INFORMAZIONE
1. SELEZIONE ED USO DELLE FONTI DI
INFORMAZIONE
Nel linguaggio giornalistico si intendono per fonti di informazione gli
elementi che forniscono al giornalista l’informazione con cui costruisce la
notizia. Questi possono essere:
-persone (implicati, testimoni, esperti)
-istituzioni (politiche, giuridiche, poliziesche, impresariali, agenzie di
stampa, ecc.)
-documenti (inchieste, informi, studi, altri mezzi di comunicazione, ecc.)
A volte una notizia scarseggia di fonti di informazione quindi è, nella sua
totalità, il prodotto dell’osservazione diretta dei fatti da parte del
giornalista. Però ciò non è molto comune, per questo il ruolo delle fonti di
informazione risulta fondamentale.
In teoria si suppone che il giornalista debba cercare quelle fonti che gli
possono fornire un’informazione più abbondante, disinteressata e contrastata,
per cui normalmente dovrebbe ricorrere ad una grande varietà di fonti. Però la
realtà è che la scelta di queste risponde spesso ad una strategia di
manipolazione informativa, nel senso che dando eco a certe fonti ed ignorando
altre, il media riesce a trasmettere il suo proprio punto di vista ed opinione
senza perdere l’apparenza di oggettività. Il mezzo si presenta così come un
mero ed asettico trasmettitore di informazioni, quando in realtà tende a
scegliere come fonti quelle persone, istituzioni o documenti che sa che possono
favorire i suoi interessi o con le quali vuole mantenere buone relazioni.
Da questo l’importanza dei Dipartimenti di Pubbliche Relazioni o Gabinetti
Stampa, non solo di istituzioni ed organismi ufficiali, ma anche di grandi
imprese e “personaggi pubblici”, il cui principale obbiettivo consiste in
convertirsi in fonti di informazione assidua dei media. Altre volte vengono
contrattate Agenzie di Pubbliche Relazioni, perché gestiscano l’informazione su
un certo fatto.
Per esempio, nel 1991 il governo del Kuwait contrattò per 10,8 milioni di
dollari una delle agenzie di pubbliche relazioni più prestigiose, la
nordamericana Hill & Knowlton, con l’obbiettivo di convincere l’opinione
pubblica nordamericana ed europea di intervenire nel golfo Persico.
I dipartimenti o gabinetti sono composti da esperti in comunicazione
(giornalisti, pubblicitari, psicologi, sociologi, ecc.) che si incaricano di
elaborare strategie e prodotti informativi molto completi e di alta qualità
(notizie già redatte, reportage, foto, registrazioni, dichiarazioni, ecc.),
disegnati per favorire gli interessi dell’istituzione o impresa in un
determinato fatto che la riguarda. Offrendo questi “prodotti” ai giornalisti
dei distinti mezzi di comunicazione diventano fonti privilegiate di informazione.
Questo fu il lavoro, per esempio, del gabinetto stampa della NATO durante
l’ultimo conflitto in Yugoslavia, dato che monopolizzava buona parte
dell’informazione sulla guerra. Così che la maggior parte dell’informazione
diffusa dai mezzi sui bombardamenti fu previamente filtrata dalla NATO. Le
altre fonti di informazione durante questo conflitto furono principalmente i
Governi Alleati ed i partiti politici favorevoli all’attacco; e raramente si
dava voce a chi si opponeva ad esso.
Esistono molti altri esempi di quest’uso manipolativo delle fonti di
informazione: l’informazione che riguarda l’ETA la fornisce quasi sempre il
Ministero degli Interni, l’informazione sulle carceri le stesse Istituzioni
Penitenziarie, molto raramente gli stessi detenuti o i loro familiari (eccetto
quando il detenuto è un personaggio famoso), le notizie sulle occupazioni
(specialmente quando c’è uno sgombero) si nutrono dell’informazione della
polizia o di rappresentanti municipali, lasciando alle dichiarazioni degli stessi
occupanti uno spazio aneddotico (sempre che glielo concedano).
A volte le informazioni procedenti dalle “fonti di informazione privilegiate”
(cioè, in pratica, quelle che convengono al media), riportano citazioni dirette
fra virgolette di dichiarazioni pubbliche o documenti, per cui gli viene data
una voce e una diffusione massiccia, propagando alla lettera i loro progetti ed
il loro linguaggio.
Un buon esempio dell’uso interessato delle fonti di informazione, così come
dell’abuso delle virgolette lo abbiamo nella notizia “Almunia felicita Aznar
per l’esito del Governo nel negoziato con la NATO” di El Paìs del 23/12/97
(vedi pag. 63). Le due principali fonti di informazione scelte per questa
notizia sono i due leader delle forze politiche più favorevoli alla NATO. Di
fatto, tutto il testo è una continua e compiacente trasmissione dei loro
discorsi, in gran parte letteralmente grazie all’abbondanza di frasi fra
virgolette. Nonostante la appariscente protesta organizzata dagli oppositori
alla piena integrazione nella Organizzazione Atlantica, questi sono appena
presi in considerazione come fonte di informazione. In questo modo, diffondendo
letteralmente le dichiarazioni e progetti di coloro che sono a favore della
piena integrazione, ed emarginando quelli che sono contro, il periodico si
schiera senza perdere l’apparenza di oggettività.
Un altro buon esempio di selezione parziale, e pertanto manipolativa, delle
fonti di informazione è la notizia intitolata: “I grandi magazzini hanno
venduto nel 1998 il 9 % in più ed hanno creato 15.000 posti di lavoro”
pubblicata in El Paìs del 10/06/99 (vedi pag. 64). L’articolo è una esaustiva
sequenza di dati economici ed impresariali procedenti nella loro totalità da un
informe della ANGED (Associazione Nazionale di Grandi Imprese di
Distribuzione), sicuramente confezionato e distribuito dalla sua agenzia di
Pubbliche Relazioni, che presenta la sua grande crescita aziendale con un tono
assolutamente trionfalista, ricorrendo, come no, all’“argomento magico” della
creazione di nuovi impieghi. Al non ricorrere a nessun’altra fonte di
informazione (piccoli commerci, lavoratori del ramo, sindacati, associazioni di
consumatori) il periodico realizza pubblicità gratuita a queste multinazionali.
Non si dice niente, per esempio, dei posti di lavoro che distruggono i grandi
magazzini, che è sempre molto superiore a quello che creano (chiusura di
innumerevoli piccoli commerci, che sono i maggiori creatori di posti di
lavoro), delle condizioni di contrattazione e di lavoro degli impiegati,
dell’impatto urbanistico che causano, delle condizioni di acquisto che
impongono ai loro fornitori, ecc.
Anche se il periodico non mente (non c’è dubbio che tutti questi dati e molti
di più vengono raccolti nell’informe dell’ANGED), al ricorrere ad una sola
fonte di informazione e dandogli diffusione di massa in forma acritica e
compiacente, sta manipolando e distorcendo la visione della realtà dei grandi
magazzini e del loro impatto socioeconomico.
2. INFORMAZIONE FALSA
Si intende per “informazione falsa” quella che è stata deliberatamente
inventata per costruire e trasmettere una realtà differente da quella che
conoscono i giornalisti o le loro fonti di informazione. Falsare o inventare
l’informazione è una tecnica manipolativa meno abituale delle altre che abbiamo
visto fino ad ora per una semplice regione: è molto rischioso, poiché nel caso
in cui si scoprissero le manipolazioni il prestigio e la credibilità del mezzo
di comunicazione ne uscirebbero molto compromessi. Inventare informazione è
troppo grossolano e rischioso quando esistono molti altri mezzi, come quelli
visti fino ad ora, più sottili e sicuri per manipolare senza mentire
letteralmente.
Però questo non significa che non si faccia, soprattutto quando si vuole
influire in forma immediata ed irreversibile nell’opinione pubblica (perché,
per esempio, appoggi con urgenza lo scoppio o il mantenimento di una guerra, o
qualche manovra politica). Le smentite, se vengono fatte, possono arrivare in
seguito, quando ormai è troppo tardi. A parte i loro effetti immediati, le
bugie medianiche hanno un altro grande vantaggio: sono molto difficili da
verificare per noi lettori, poiché non abbiamo i mezzi per farlo la maggior
parte delle volte. Per questo è molto complicato dare esempi concreti e dettagliati
di informazione falsificata. Solo una piccola parte dei casi di falsificazione
di notizie vengono resi pubblici (abbiamo raccolto per questo dossier alcuni
degli scarsi esempi che sono stati diffusi negli ultimi anni).
Un’altra caratteristica dell’informazione falsa è che risulta difficile sapere
la sua provenienza, che può essere dalla fonte di informazione (governo,
esercito, aziende, agenzie di stampa, polizia, ecc.) o direttamente dal mezzo
di comunicazione.
In ogni modo, anche nel caso di un’informazione inventata dalla fonte, il media
è di solito complice attivamente o passivamente, poiché suo compito sarebbe
quello di verificare e contrastare ogni informazione prima di diffonderla.
2.1 Informazione falsa scritta
È la più facile da realizzare, poiché ad un giornalista bastano alcuni minuti
per inventarsi qualsiasi cosa. L’informazione scritta risulta senza dubbio meno
credibile ed impattante di altri tipi di informazione.
L’informazione falsa può consistere nell’invenzione di un’intera notizia. Per
esempio, nell’ultimo conflitto nei Balcani l’agenzia stampa della NATO diffuse
verso la fine di marzo del 1999 la falsa notizia che erano spariti numerosi
intellettuali albano-kosovari, facendo credere che erano stati giustiziati dai
serbi. La stampa dette un ampio eco alla notizia, senza verificarla,
proponendola come una prova in più della perversità dei Serbi. Mesi dopo (una
volta terminato il conflitto, come succede sempre) si seppe che questi
intellettuali non erano mai spariti, che era una notizia falsa (vedi El Mundo
19/6/99, pag. 65).
Un altro esempio più vicino, nel quale le notizia falsa procede ugualmente
dalla fonte di informazione (in questo caso si tratta della polizia di
Barcellona) ed i media la diffondono senza nessun tipo di verifica o riprova,
fu la notizia intitolata: “Una giovane resta paralizzata dopo essere picchiata
da delle teste rasate” (vedi El Paìs del 29/3/00, pag.66). Poco dopo si scoprì
che si trattava di un’invenzione della polizia (vedi El Paìs 31/3/00, pag. 67),
sicuramente per alimentare il clima di allarme sociale ed insicurezza
cittadina, e giustificare così la sua attività.
Un’altra falsatura dell’informazione consiste nell’inventare dati e fatti
dentro una notizia, per orientarla secondo determinati interessi. Questa
falsificazione è molto più comune, poiché non risulta così rischiosa né
scandalosa come inventarsi una notizia intera (come abbiamo visto negli esempi
anteriori), così quando gli interessa molti media adottano il detto “diffama,
che qualcosa resta”. Per ciò spesso ricorrono a certe tecniche, come inventarsi
fonti di informazione inesistenti (con la tipica formula di “secondo fonti ben
informate”) per mettere in bocche anonime accuse false o tendenziose.
Un buon esempio di questo è la campagna di diffamazione che nel 1991 scatenò il
giornale ABC contro la Scuola Popolare di Prosperidad (Madrid). La scuola
svolgeva le sue attività in un locale di proprietà dell’Arcivescovato di
Madrid, che nel 1943 affittò al Comune di Madrid, che a sua volta lo cedette
nel 1982 alla scuola perché vi svolgesse le sue attività educative. Però nel
1990 il Comune ruppe unilateralmente il contratto d’affitto con l’Arcivescovato
dando via libera a questo perché recuperasse il locale, espellendo la Scuola.
Il caso fu sottomesso a processo nel 1991, e l’Arcivescovato ricevette tutto
l’appoggio da parte dell’ABC, che iniziò una tremenda campagna di diffamazione
contro la Scuola. Un articolo di quell’epoca ci può servire come esempio di
falsa informazione, poiché è pieno di invenzioni, esagerazioni ed inesattezze.
Il titolo è: -Manifestazioni organizzate da comunisti per evitare lo sfratto de
“La Prospe”-, datato 28/6/91 (pag. 68). Per prima cosa, attribuiscono
l’organizzazione della manifestazione a “comunisti”, e più concretamente alla
presidente dell’Associazione Popolare Gisela Meyer, membro di Izquierda Unida.
In realtà la manifestazione fu organizzata dalla stessa Scuola “La Prospe”,
senza che in ciò avesse niente a che fare Gisela Meyer ed IU. Nella scuola
hanno sempre confluito una gran quantità di correnti ideologiche, da comunisti
ad anarchici, ecologisti, femministe, però soprattutto numerose persone che
preferiscono non essere etichettate. La Scuola è indipendente da qualsiasi
partito o sindacato, per cui il semplicista e cospiratorio titolo dell’ABC è
falso.
Fra i molto spropositi che contiene l’articolo (uso di virgolette, vocabolario
peggiorativo e criminalizzante, ecc.) risaltano parecchie altre falsità. Come
quella che “i partecipanti de La Prospe abbiano lanciato minacce” (terzo
paragrafo); il riferirsi a questi come “ persone che si identificano come
educatori, maestri ed assistenti sociali” mettendolo in dubbio quando molti
effettivamente lo sono, e in ogni caso la Scuola Popolare è riconosciuta come
tale dal Ministero dell’Educazione. La rotonda affermazione (sempre nel terzo
paragrafo) che “la maggioranza dei vicini applaude la decisione municipale (di
chiedere lo sfratto) e dubitano della bontà delle attività impartite ne La
Prospe” è igualmente falsa, poiché il sentimento comune nel quartiere di
Prosperidad è l’appoggio di numerosi vicini (nelle manifestazioni ed attività)
e l’indifferenza di molti altri. L’affermazione che la maggioranza del vicinato
applaude la chiusura della Scuola è dunque falsa, tanto quanto la testimonianza
che segue del supposto vicino. Questa è piena di menzogne: mette in dubbio che
si realizzi educazione di adulti, qualifica la partecipazione delle gente come
scarsa (in quell’epoca frequentavano il locale circa 250 persone), afferma che
i partecipanti nelle proteste non sono gente del quartiere ma gente “reclutata”
dai “capetti” della Scuola (un collettivo come La Prospe non ha capi né recluta
nessuno; non è un’organizzazione paramilitare né un partito). Anche supponendo
che quell’anonimo testimone fosse reale, e non inventato come sembra (poiché
riassume, dalla bocca di un “vicino”, le tipiche accuse propinate da ABC nella
sua particolare campagna), il semplice fatto di diffonderle letteralmente e
senza verificarle contribuisce a falsificare l’informazione.
Nell’ultimo paragrafo, sotto il titoletto “Replica”, ABC risponde ad una
lettera di protesta inviata giustamente da membri de La Prospe per protestare
per le falsità scritte in un articolo anteriore. In sua difesa il periodico afferma
di possedere prove di tutto ciò che ha scritto, nuova bugia da aggiungere al
cumulo di falsità dell’articolo.
Questa è solo una piccola parte di tutta una campagna “informativa” piena di
menzogne e di dati falsi, inventati o tergiversati, che scatenò il quotidiano
ABC per danneggiare La Prospe e difendere gli interessi dell’Arcivescovato di
Madrid.
In generale, le notizie scritte totalmente inventate procedono dalla stessa
fonte di informazione. Ed il media si trasforma in complice delle stesse quando
(sia per interessi di potere, per clientelismo, per sensazionalismo, ecc.) le
pubblica senza verificarle. Nel caso in cui si scopra la falsità, la
responsabilità si divide fra ciò che crea la notizia e ciò che la diffonde.
In cambio la falsatura parziale dell’informazione, molto più comune e difficile
da verificare, è spesso prodotto dello stesso periodico, il quale, partendo da
un fatto reale, lo deforma ed adultera in funzione dei suoi interessi.
2.2 Informazione falsa visiva
Disegnare informazione visiva falsa è tecnicamente più complicato e suppone un
rischio maggiore che realizzare falsa informazione scritta. Però risulta più
credibile, poiché l’informazione visiva viene presa di solito come immagine
della realtà stessa.
Si può generare falsa informazione visiva in varie forme:
A) Immagini inventate. Foto che sono state direttamente messe in scena.
Per esempio, verso la metà del 1999 la stampa spagnola diffuse una foto di un
gruppo di zapatisti che consegnavano le armi a rappresentanti del governo
messicano affermando che: “14 ribelli zapatisti disertano l’EZLN” (vedi El Paìs
31/3/99, pag. 69). Posteriormente si scoprì che era tutto una messa in scena, e
che gli incappucciati che apparivano nella foto non erano zapatisti, ma gente
mascherata che fingeva una falsa consegna di armi, come riporta la notizia di
El Paìs del 2/4/99 (pag.70) (molto più piccola della prima e senza foto). Si
può dire che la manipolazione partì dal governo messicano (manipolazione
esercitata dalla fonte) e non dalla stampa, però risulta molto difficile
credere che la sua diffusione sia stata realizzata senza la connivenza di
quest’ultima. In ogni modo, è sorprendente che non si siano scomodati a
verificare quest’informazione con l’EZLN.
B) Immagini manipolate. Foto che anche se hanno a che fare con il fatto sono
state manipolate per cambiare il loro significato ed implicazione.
A volte viene fatto semplicemente tagliando la foto in maniera che cambi il suo
significato. Vale a dire, manipolando l’inquadratura.
Come varie foto apparse durante la guerra dei Balcani, la cui inquadratura fu
convenientemente manipolato per associare ripetutamente i gesti di Milosevic
con saluti fascisti. Per esempio, nella foto apparsa in El Paìs del 28/5/99
(vedi pag. 71) si vede Milosevic con un braccio in alto e la mano stesa, e
l’altro braccio non si vede (lo hanno tagliato dall’inquadratura). Si tratta di
una foto di archivio (per cui scelta arbitrariamente dal periodico) e che
appare in copertina. Posteriormente, dopo la denuncia di vari lettori, lo
stesso quotidiano ammise che quella foto era stata tagliata e che
nell’originale si vedeva coi due bracci stesi salutando l’atterraggio di un
aereo, cosa che gli dà un senso completamente differente.
Però è sempre più frequente la manipolazione si realizzata mediante nuove
tecniche digitali.
Così nella copertina dell’ABC del 7/7/88 (pag. 72) si vede una foto delle feste
di San Fermìn dove numerose bandiere del Paìs Vasco portate dal pubblico furono
manipolate con il computer per convertirle in bandiere in identificabili, ed
appoggiare così il senso del titolo.
C) Immagini fuori contesto. In alcune occasioni si trovano foto che non sono
inventate né manipolate, però sono totalmente e deliberatamente fuori contesto.
Un esempio celebre che apparve in tutta la stampa mondiale durante la Guerra
del Golfo è la foto del cormorano moribondo macchiato di petrolio presentata
dai giornali come prova dei supposti versamenti di greggio che stava
realizzando il malvagio ed “eco-terrorista” Saddam Hussein per ostacolare
l’invasione “alleata”. In seguito si seppe non solo che quasi tutti i
versamenti in mare furono frutto dei bombardamenti nordamericani di petroliere
irachene, ma che inoltre la famosa foto del cormorano era stata fatta anni
addietro in un disastro ecologico dopo l’affondamento di una petroliera nel Mar
del Nord. In questo caso, l’immagine era tanto deliberatamente fuori contesto
che si può considerare quasi come un esempio di immagine inventata per
l’occasione.
3 SELEZIONE DEGLI ARGOMENTI DI INFORMAZIONE
3.1 La non-informazione
a) Non-informazione assoluta
In tutti i paesi c’è una lista di “argomenti riservati”, e come tali censurati
e chiusi all’informazione in generale. In Spagna fino a poco tempo fa la Guinea
Equatoriale era inclusa in questa lista. Sull’utilizzo di fondi riservati, non
solo non si può informare, ma nemmeno possono essere controllati dal
Parlamento. Questioni classificate come di Difesa Nazionale, attività e
documenti dei servizi segreti, ecc.
Logicamente, la serie di argomenti soggetti ad una censura quasi totale non
sono molti, poiché lo Stato potrebbe essere facilmente accusato di mancanza di
democrazia. Come commentavamo nel caso della falsa informazione, ci sono
maniere più sottili per disinformare. Però i pochi argomenti vietati
all’informazione generale sono totalmente fuori da qualsiasi controllo
pubblico, poiché non viene mai ammessa l’esistenza di una censura, e non
risulta facile accorgersi di quali sono gli argomenti la cui conoscenza ci è
proibita per decisione politica.
b) Non-informazione relativa
Oltre a questi argomenti riservati, ci sono molti altri che, pur non essendo
soggetti a censura possono essere sicuramente inclusi in questo capitolo sulla
non informazione. Ci riferiamo a fatti o realtà sulle quali, anche se a volte
viene pubblicato qualcosa in merito (poiché, come già detto, la loro censura
totale risulterebbe grossolana e facilmente criticabile), le notizie che ci
arrivano sono così scarse ed incomplete (il minimo perché non si possa dire che
si stanno occultando totalmente) che in nessun modo si può dire che ci stiano
informando realmente.
Il fenomeno della non informazione relativa ha molte cose in comune a quello
della sovrinformazione, che analizzeremo più avanti. Nella stessa forma che
l’offerta di qualsiasi prodotto, per quanto sia inutile, se si è capaci di
diffonderlo, finisce per generare una richiesta e rimpiazzare quella di altri
prodotti più necessari, l’offerta informativa che riceviamo finisce ugualmente
per modellare la richiesta del “prodotto informativo”, generando interesse per
questioni che realmente sono poco rilevanti o per niente, ed in cambio
insensibilizzando ed annullando ogni preoccupazione per altre che incidono in
maniera importante in uno o molti aspetti della nostra vita.
Per esempio, molto probabilmente la gente ammetterà che i problemi relazionati
con l’alimentazione e la salute (qualità degli alimenti, manipolazione genetica
degli stessi, prezzo dei prodotti alimentari, organizzazione del lavoro
agricolo, i suoi costi e la creazione/soppressione di posti di lavoro) sono
molto più importanti e vitali di ciò che riguarda l’industria cinematografica e
la sua propaganda. Senza dubbio l’attenzione che genera nei media una consegna
dei premi Oscar è infinitamente maggiore di quella creata da una riunione in
cui si decidono e si profilano i criteri ed i controlli per la manipolazione
genetica degli alimenti, la loro produzione e distribuzione (es. nel vertice
dell’Organizzazione Mondiale per il Commercio, o WTO).
In questo squilibrio di interessi avrà una motivazione l’ampia attenzione mesi
prima della consegna degli oscar di tutti i mezzi informativi e, al contrario,
lo scarso o nullo interesse che questi mezzi danno ai vertici delle
organizzazioni come il WTO, che sono presentate come riunioni di tipo “tecnico”
e per tanto abbastanza estranee ai cittadini “normali”.
In ugual maniera, è molto maggiore l’attenzione prestata (dai media, e di
conseguenza dal pubblico) a qualsiasi dettaglio, per piccolo che sia, della
vita quotidiana di personaggi famosi, che quella diretta alle inumane
condizioni di vita che i detenuti devono sopportare quotidianamente nelle
carceri spagnole.
Dato che si finisce per assumere che “ciò che non si vede sui giornali o in
televisione non esiste”, l’assenza sistematica di informazione su un tema, fa
sì che non solo non si rivendichi il diritto a conoscerlo, ma che nemmeno
sentiamo la necessità di farlo perché non siamo coscienti che esiste.
Segue una raccolta (non esaustiva) di argomenti propri della non informazione,
vale a dire tradizionalmente “dimenticati” nonostante la loro importanza:
A scala nazionale:
- Fra gli argomenti importanti, per la loro vicinanza ai nostri interessi ed
alla nostra vita, risalta tutto ciò che è relativo ai movimenti sociali.
Associazioni e collettivi che nascono precisamente per difendere e rivendicare
le questioni più vitali e vicine (associazioni di vicini, movimento dei centri
sociali, movimento femminista, collettivi per la difesa dei diritti dei
detenuti, contro le torture ed abusi di potere, ecc.) difficilmente trovano uno
spazio informativo, mentre riceviamo ripetuta ed ampia informazione sulle
questioni interne dei partiti politici (che in teoria devono occuparsi di tutte
queste questioni), sui loro bisticci e problemi interni.
- Situazione nelle carceri. Caratteristiche della popolazione reclusa,
condizioni, tipo di misure disciplinarie. In Spagna perché fosse fatto un breve
riferimento a questa questione, nel febbraio del 2000 dovettero fare lo
sciopero della fame molti detenuti in celle di isolamento e varie persone del
Coordinamento di appoggio. Altri argomenti carcerari sono ugualmente ignorati:
condizioni di vita nei riformatori giovanili, nei manicomi, in case di riposo…
- Imbrogli economici: in questioni economiche statali e municipali, non si
informa sui modi di aggiudicare opere e servizi, sulla distribuzione (le entità
beneficiarie) di sovvenzioni ed aiuti pubblici. Quando per interessi politici
si ventila qualche imbroglio in qualche quotidiano le notizie e le critiche si
centrano usualmente nella politica coinvolta, non prestando quasi attenzione
all’altro accusato: generalmente qualche azienda o banca. Nemmeno vengono
diffusi troppo certi indulti concessi dal governo (generalmente per reati
chiamati “delitti da colletto bianco”, vale a dire: evasioni massicce di
imposte, grandi frodi, ecc.).
- Commercio di armi, esportazioni di armi (destinatari, benefici, ecc.),
seguito delle aziende belliche.
- Destino finale degli aiuti per lo sviluppo, aziende che intervengono, forma
di assegnazione
- E molti altri argomenti che nemmeno sospettiamo…..
A scala internazionale:
- Situazione del mondo indigeno in America Latina. (Guatemala, Chiapas,
Brasile, Cile, ecc.)
- L’Africa è un continente totalmente dimenticato dall’informazione, eccetto
quando succedono grandi catastrofi naturali o selvagge guerre fratricide
(incomprensibili perché non gli viene data la contestualizzazione adeguata).
- Situazione dei diritti umani nei “paesi alleati” alle grandi potenze occidentali
(Turchia ed il conflitto kurdo, la situazione della donna in Kuwait od in
Arabia Saudita, complicità del governo o dell’esercito nella sanguinosa
repressione della popolazione civile in Brasile, Colombia, Guatemala, Messico,
Algeria, Thailandia, ed un lungo eccetera.)
- Le implicazioni di governi, multinazionali e banche in alcuni dei commerci
internazionali più torbidi e fruttiferi: commercio di armi, droga, ecc.
- Politiche economiche imposte da certi organismi internazionali (FMI, BM,
GATT, OMC, G8, ecc.), soprattutto in ciò che riguarda le conseguenze sociali ed
umane delle loro decisioni. Chi controlla questi organismi? Chi ed in funzione
di quali criteri decide le politiche da applicare?
3.2 “Informazione-fulmine”. Notizie che
appaiono e scompaiono
È un fenomeno comune nel panorama informativo la repentina apparizione di
numerose notizie relazionate con uno stesso argomento o con certi fatti (anche
se questi esistevano già molto tempo prima, e non erano mai stati riportati
come notizia). Durante un certo periodo di tempo il pubblico è bombardato da
tutti i media con notizie, reportage, interviste, ecc. sopra un certo
argomento, passando in primo piano nell’attualità informativa. Quando
all’improvviso inizia a diminuire il flusso di notizie, arrivando a sparire
completamente anche se la situazione in causa non è ancora finita o non è
ancora stata risolta.
Si capisce che in molti casi questo fenomeno non è casuale, ma risponde agli
interessi del mezzo informativo o delle fonti informative non rese pubbliche,
spesso difficili da verificare.
a) Apparizione
Come nel caso dell’informazione falsa (vedi capitolo), nelle
“informazioni-fulmine” risulta spesso ugualmente complicato distinguere se la
causa della loro comparsa è direttamente attribuibile allo stesso mezzo di
comunicazione o procede dalle loro fonti di informazione, che utilizzano il
mezzo come diffusore. Come sappiamo, le principali fonti di informazione dei
media, a parte i giornalisti, sono le agenzie di stampa internazionali (anche
aziende multinazionali) e i dipartimenti di stampa o di pubbliche relazioni di
istituzioni statali e delle grandi imprese (vedi capitolo Fonti di
informazione). Quando una istituzione o un’impresa è molto interessata nel
rendere pubblici certi fatti secondo il suo punto di vista, gli basta nutrire i
media con informazione di gran qualità ed interesse perché questi abbiano
un’eco.
b) Propagazione
La propagazione di “notizie fulmine” da parte di tutti i media non sempre vuol
dire che tutti abbiano gli identici interessi. Spesso viene dato ciò che
potremmo denominare “contagio dell’attualità”, vale a dire: se uno o più media
concedono molta attenzione ad un fatto, riuscendo ad attrarre l’attenzione del
pubblico, il resto dei media dovranno informare ugualmente dello stesso per non
restare indietro e perdere la capacità di “offrire attualità”. Per tanto la
propagazione spesso si deve a ragioni commerciali, di competitività
informativa.
c) Scomparsa
Una volta che la diffusione massiccia di un fatto abbia soddisfatto gli
interessi occulti a cui si doveva la sua comparsa (togliere prestigio o persino
far cadere un governo, scatenamento di una guerra, ecc.), l’informazione al
rispetto suole sparire con la stessa rapidità con la quale apparve, anche se la
situazione o i fatti ancora non si sono risolti. In altri casi la sparizione si
deve semplicemente ad un fenomeno di saturazione del pubblico, stufo di
ascoltare o leggere sempre la stessa informazione sopra la stessa cosa. Così
anche argomenti tremendamente drammatici (come la violenza contro le donne, le
mattanze in Algeria, gli incidenti di lavoro), finiscono per banalizzarsi e si
convertono in “una parte in più del paesaggio informativo” quotidiano, e
smettono di avere rilevanza o interesse per il pubblico. In tal caso il media
tende a farle sparire (anche se la realtà sulla quale si informa non sparisce),
almeno per un periodo di tempo.
Esistono esempi molto chiari di “informazioni fulmine”:
Quello del terrorismo di stato dei GAL, ampiamente diffuso in principio dal
periodico El Mundo, ed in seguito per “contagio di attualità” dal resto dei
media, anni dopo del verificarsi dei fatti. L’origine di questi improvvisi
bombardamenti risponde ad interessi politici ed impresariali, più o meno
chiari, però per niente manifesti (i media fingono sempre neutralità). El Mundo
iniziò una feroce campagna di accuse contro il governo “socialista” scatenando
e dando eco alla maggior parte dei casi di corruzione. Curiosamente dalla
caduta del governo del PSOE questo quotidiano ha dimenticato notevolmente il
caso GAL, che a stento ritorna di attualità nell’insieme dei media (anche se
restano molti processi da terminare).
Un altro esempio è la dittatura di Suharto in Indonesia; appoggiata dagli Stati
Uniti e tremendamente sanguinosa, che continuava da anni ad assassinare
migliaia di oppositori politici (comunisti, indipendentisti di Timor, ecc.)
davanti al silenzio unanime e complice dei media occidentali. Di improvviso,
circa due anni fa, iniziano ad apparire sulla stampa articoli e reportage
denunciando il carattere tirannico e mafioso del regime indonesiano. Mesi dopo
scoppiarono in Indonesia rivolte studentesche, ampiamente coperte dei media, e
seguite dalle “dimissioni” di Suharto. Subito dopo essere stato sostituito da
Habibi, uno dei suoi uomini di fiducia, d’improvviso l’Indonesia torna a
sparire dalle notizie di attualità. Che è stato di Suharto? E delle proteste
studentesche? Qual è la politica del nuovo governo? E c’è stato qualche
cambiamento realmente democratico? In questo caso, possibilmente l’origine
dell’”informazione fulmine” si deve cercare nei governi occidentali che
controllano la situazione politica indonesiana (Stati Uniti o Australia); o
magari nelle compagnie petrolifere che controllano la tremenda produzione di
greggio di questo paese. Gli uni o gli altri sono probabilmente i responsabili
della rapida diffusione e della brusca sparizione dell’informazione
sull’Indonesia.
Come un esempio significativo di repentina scomparsa interessata di
un’informazione risalta l’insieme di notizie sulla sollevazione zapatista in
Messico. La spettacolarità e novità della sollevazione assicurò la sua
massiccia diffusione all’inizio del 1994, però l’attenzione dei media si
ridusse improvvisamente in maniera drastica in coincidenza con la visita del
presidente messicano in Spagna. Adesso, quando la repressione dell’esercito
messicano è forse maggiore, si parla appena degli zapatisti.
3.3 La sovrinformazione
Nell’altro estremo della non-informazione o carenza informativa di determinati
temi troviamo il processo di “sovrinformazione” di altri. Entrambi, come facce
di una stessa moneta, costituiscono una forma di disinformare. Numerosi esperti
di comunicazione, come Ignacio Ramonet, centrano gran parte delle loro critiche
ai media su questo fenomeno della sovrinformazione.
La sovrinformazione si manifesta in due forme differenti:
a) Sovrinformazione di alcuni aspetti di un argomento
informare in modo molto abbondante sopra certi aspetti di un argomento è una
forma di emarginare altri aspetti, speso più importanti, polemici o
chiarificatori. Non è che non si informi sopra questi ultimi aspetti, ma gli
viene dedicato così poco spazio comparato a quello che si dedica agli altri
aspetti che passano praticamente inosservati agli occhi del pubblico in
generale.
Allo stesso tempo si diffonde la sensazione di essere esageratamente informati
sopra un fatto, col il quale i media stanno compiendo la loro funzione, quando
in realtà ci forniscono aneddoti ma scarseggiamo di chiavi per comprenderlo.
Questo è il tipo di sovrinformazione più comune.
Di solito si materializza con una valanga ripetitiva di certe informazioni,
dati ed immagini (spesso seguendo una linea sensazionalista, di
notizia-spettacolo) senza entrare realmente nel fondo della questione.
Come abbiamo commentato, paradossalmente l’eccesso di informazione su di un
tema suole produrre un effetto simile al non informare realmente sullo stesso.
Per iniziare, un gran volume di informazione costante obbliga a leggere
superficialmente, vale a dire, principalmente i titoli ed alcun trafiletto. E
come abbiamo visto nella sezione dedicata a questi elementi, sono spesso i più
manipolativi dentro una notizia. Il lettore, non essendo capace di assimilare
tanta informazione, in gran parte deliberatamente superflua ed inutile, termina
per saturarsi dell’argomento trattato. Questo può portare a che finisca per
ignorarlo (se si oltrepassa una certa soglia di sovrinformazione) o, più
comunemente, che accetti senza nessuno spirito critico la versione dei fatti
con la quale lo bombardano.
Abbonda per esempio l’informazione sopra gli attentati dell’ETA ed il loro
intorno, e le dichiarazioni in merito di personaggi pubblici, però si informa a
mala pena sul contesto politico e sociale nei Paesi Baschi, sulla storia
recente del nazionalismo basco o sulla strategia poliziesca repressiva.
Centinaia di pagine di giornale, di ore di televisione e di radio, di
dibattiti, discorsi ed articoli dedicati ogni giorno al conflitto basco, e
senza dubbio la maggior parte della gente ignora quasi tutto sullo stesso.
Quale miglior esempio di sovrinformazione disinformativa?
Un altro esempio più concreto ed illustrativo è estratto dal contesto della
Guerra del Golfo: in una inchiesta realizzata a Denver (Stati Uniti) nel
febbraio del 91 (in piena guerra) l’81 per cento degli interrogati era capace
di rispondere quanti missili Patriot avevano lanciato “gli alleati” contro gli
Scud iracheni il giorno anteriore, però solo il 2 per cento sapeva che una
delle principali ragioni per cui l’Iraq aveva invaso il Kuwait alcuni mesi
prima erano le manovre delle autorità kuwaitiane per abbassare il prezzo del
petrolio (esempio preso dal libro”Occhio ai media!” di Michel Collon). La
sovrinformazione si basa spesso sull’informare molto (e superficialmente) sul
“come?” (nel caso anteriore, come si sta sviluppando la guerra) ed informare
appena sul “perché?” (perché si iniziò realmente questa guerra) e sul contesto
del fatto.
b) Sovrinformazione su temi banali
Alcuni argomenti aneddotici e banali sono oggetto di grande attenzione da parte
dei media, presentandoli come di grande importanza. L’effetto è quello di
distrarre l’attenzione pubblica da altri fatti e realtà molto più importanti
per la vita delle persone e della società. Si distoglie l’attenzione da questi
argomenti e si dirige verso altri meno conflittuali, in ogni caso meno
compromettenti per i poteri dominanti: matrimoni reali, calcio, scandali
amorosi del tipo del caso Lewinsky o sulla vita e morte di Lady D, ecc. con
l’auge della telespazzatura (programmi rosa, Reality-show, ecc.) questi
argomenti banali ed aneddotici hanno guadagnato un protagonismo insolito,
invadendo anche le copertine dei giornali e gli spazi televisivi di
informazione generale.
Col tema della sovrinformazione ha molto a che vedere la tremenda
concentrazione mediatica attuale, vale a dire che sempre più mezzi di
comunicazione stanno in mano a sempre meno persone. Così una azienda
multimediatica è capace di diffondere uno stesso fatto, o una stessa versione
dello stesso, da una grande diversità di mezzi di comunicazione, dando vita per
conto suo ad una autentica campagna di sovrinformazione interessata. Come già
affermava uno dei primi teorici (e pratici) della comunicazione sociale,
Göbbels (responsabile della propaganda nazista nella dittatura di Hitler): “La
più grande bugia ripetuta cento volte si trasforma in una grande verità”. La
ripetizione asfissiante di una informazione genera credibilità, ed ancor più se
si realizza da una grande quantità e varietà di media. Quindi il recettore
tende a credere ad una versione dei fatti, o a dar maggiore importanza ad un
argomento banale, quanto più numerosi e diversi siano gli informatori che
coincidono nel dare la stessa versione, ignorando che in realtà tutti possono
appartenere alla stessa azienda.
Per esempio, il gruppo mediatico spagnolo Prisa può attualmente diffondere un
fatto od una versione dello stesso simultaneamente mediante le notizie dei
quotidiani El Paìs e Cinco Dìas, le radio Cadena SER e Antena 3Radio ed il
canale TV Canal Plus; mediante studi dell’agenzia di statistica Demoscopia e
mediante monografici dei suoi editoriali Alfaguara, Aguilar, Santillana e
Taurus. Poi la sovrinformazione può estendersi ad altri gruppi mediatici
mediante il “contagio di attualità”.
Il fenomeno della sovrinformazione può rispondere a varie cause, a seconda dei
casi e delle circostanze. Spesso la sovrinformazione di un tema banale o degli
aspetti banali di un argomento risponde ad interessi politici, che hanno la
loro origine nei gruppi di potere e di pressione e che contano con la
collaborazione attiva dei mezzi di comunicazione. Non ci dimentichiamo che
questi sono imprese spesso controllate da entità bancarie od altre
multinazionali strettamente relazionate con i circoli del potere.
A questi interessi politici di solito si sommano gli interessi commerciali, di
modo che spesso risulta complicato distinguere le cause reali di una campagna
di sovrinformazione. Per esempio, la diffusione di fatti banali però propizi al
sensazionalismo ed alla morbosità (che includano sesso, violenza, gente famosa,
ecc.) ottiene sempre un notevole aumento degli ascolti o dell’acquisto della
stampa. D’altra parte, la dura competizione commerciale fra aziende medianiche
suole portare al “contagio di attualità”, vale a dire che se un’azienda riesce
a rendere di attualità un argomento, il resto delle aziende in competizione
dovrà ugualmente considerarlo, per non perdere ascolti. In questo modo, il
bombardamento informativo che ci propina un gruppo aziendale si moltiplica
quando la diretta concorrenza “segue la corrente per non rimanere indietro”.
Anche se ogni impresa da una versione propria dei fatti, d’accordo coi suoi
interessi (ma a volte possono coincidere anche questi), in ogni caso tutti i
media parlano costantemente delle stesse cose. I fatti sono ormai rabbiosa
attualità, e la sovrinformazione è servita.
Un buon esempio di come dietro una stessa notizia ci possano essere tanto
interessi politici come commerciali fu il Caso Lewinsky: le relazioni sessuali
adultere di un Presidente di Governo (sesso, personaggio famoso) sono diffuse
per ragioni politiche (da parte dell’opposizione Repubblicana, per infangarne
l’immagine) con tale intensità che persino i media alleati (pro-Democratici) si
vedono obbligati a trattare il tema (contagio di attualità). Nello stato
spagnolo, senza dubbio, la tremenda diffusione di un caso che riguarda
principalmente la politica interna americana non si spiega tanto con gli
interessi politici, quanto con quelli commerciali: dovuto all’alto contenuto
morboso del fatto.
Un altro caso più vicino fu quello di tre ragazze sequestrate, violentate ed
assassinate ad Alcàsser verso la fine del 1992. un fatto senza dubbio
terribile, però non molto più di altre migliaia che ogni anno succedono in
Spagna e che non raggiungono una grande diffusione. Il triplice crimine di
Alcàsser fu senza dubbio così intensamente diffuso e sfruttato dai media, che
in solo una settimana il fenomeno raggiunse quote di allarme sociale. Il fatto
si produsse proprio quando i Reality Shows iniziavano a guadagnare grande
popolarità nella televisione spagnola, per cui l’origine di questa quasi
isterica campagna di sovrinformazione fu basicamente commerciale: questo tipo
di programmi trovò in un caso così morboso (violenza e sesso) il suo “battesimo
del fuoco” col quale raggiunsero una quota di ascolti impressionante.
Però subito dopo il fatto fu ripreso dagli spazi di informazione generale
(stampa quotidiana e telegiornali), in uno spiegamento di “giallismo”
giornalistico senza precedenti. Possibilmente per ragioni commerciali: per
sfruttare al massimo l’audience che i Reality-Shows erano riusciti a generare.
Però anche per ragioni politiche, poiché l’allarme sociale fu tale che il
governo del PSOE, con in testa il Ministro degli Interni Corcuera, ne
approfittò per agire contro la magistratura (accusandola di essere troppo
permissiva con i criminali) ed introdurre, con l’appoggio di un’opinione
pubblica molto sensibilizzata, modificazioni che indurirono la politica di
permessi penitenziari del nuovo codice penale in progetto.
Anche se secondo molti giudici tali modificazioni (che appoggiavano la linea di
Corcuera e della sua criticata Legge di Sicurezza Cittadina: “Legge Corcuera”)
violavano lo Stato di Diritto, il PSOE si appoggiò sull’”allarme sociale” per
introdurle.