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La propaganda atlantica indiretta: I film hollywodiani



CASE STUDY: Stalingrado - Verità storica e film di guerra


"Alles, was heute gedacht wird, ist
Nur, damit gut erscheine, was alles gemacht
Wird! Alles, was heute gemacht wird, ist falsch, also ist
alles, was
Heute gedacht
Wird, falsch
Der Zweck, wofür eine Arbeit gemacht wird, ist nicht
                                                            mit jenem Zweck
Identisch, zu dem sie verwertet wird
Die Erkenntnis kann an einem anderen Ort gebraucht
Werden, als wo sie gefunden wurde.

 

"Tutto ciò che oggi si penserà è tale
solo affinché appaia giusto tutto ciò che
verrà fatto! Tutto ciò che oggi verrà fatto è
sbagliato, dunque
è
tutto ciò che
oggi verrà
pensato, falso
Lo scopo per cui un lavoro verrà fatto non è
uguale a quello scopo
per il quale verrà intrapreso
La conoscenza può essere portata in un altro luogo
da quello dove si trova


(Bertolt Brecht, Der Untergang des Egoisten Johann Fatzer)

Premessa
1. Propaganda atlantica, diretta e indiretta
2.  Stalingrado: il fatto storico
3. Stalingrado e il cinema: due film a confronto
4. La propaganda atlantica indiretta come calunnia storica: Jean-Jacques Annaud e il Tibet
Bibliografia

Premessa.

In questo breve saggio continuiamo l'analisi della propaganda atlantica approfondendo l'analisi storico-esplicativa generale, sviluppata in un saggio precedente (Teobaldelli: 2004), e procedendo ad un'analisi concreta di quella parte della propaganda atlantica che più sfugge alla comprensione, quella più subdola legata alla produzione culturale più varia, nell'ambito non delle news, bensì della fiction, primariamente televisiva e cinematografica (ma anche radiofonica).

Prima di procedere direttamente al'analisi concreta sarà bene vedere a livello generale la differenza fra due tipi di propaganda, quella diretta e quella indiretta.


1. Propaganda atlantica, diretta e indiretta.

La propaganda atlantica può essere divisa a scopi analitici in due gruppi principali:

- diretta; elaborazione e trasmissione notizie costruite appositamente per un intervento di diverso livello e corrispondente al grado di presenza nello stato in oggetto e all'obiettivo che si cerca di raggiungere.

ed
- indiretta; elaborazione e trasmissione di fiction culturale ad alto spettro che crei un'opinione di massa media amica; avente cioè i tratti virtuali di giustificazione dell'operato del potere. Tali tratti sono opportunamente scelti dall'ideologia dominante capitalistico-occidentale per autolegittimarsi e per provvedere una visione storico ideologica del mondo che non contrasti con il suo esercizio del potere ma anzi lo favorisca.


Comunque tale divisione è da considerarsi solamente valida a fini scientifici per l'analisi semiotica, poi spiegherò il perché, vediamo prima di esplicitare la differenza fondamentale tra i due gruppi.


1.1. La propaganda atlantica diretta.

La propaganda diretta, è quella che consiste nell'elaborazione/produzione di notizie tendenziose relative ad avvenimenti storici più o meno recenti, cioè contemporanei; essa si avvale solitamente di un supporto diretto sul campo, cioè di strutture clandestine che lavorano nello stato oggetto della propaganda poiché il fine di tale propaganda consiste nell'intervento diretto nel paese in oggetto, intervento che ha gradi diversi a seconda del contesto.
Tale intervento è solitamente all'inizio quello di cominciare a "destabilizzare" il potere nemico creando "problemi sociali" di vario tipi in accordo alle condizioni oggettive realmente esistenti nel paese.

Facciamo un esempio per capirci: se nello stato che si vuole colpire esiste una differenza possibile, che può essere una minoranza linguistica, etnica, religiosa, politica ecc., allora si cerca di avvicinare tale minoranza (i leaders di essa) finanziandola massicciamente e spingendola a rompere la "pace sociale" mettendo in opera azioni di disturbo di vario tipo.
Tali azioni creano le condizioni poi per la propaganda che si avvale delle agenzie di informazioni che attingono le notizie dai gruppi direttamente coinvolti nella azione di disturbo o da espliciti o meno espliciti corrispondenti che casualmente si trovano già sul posto e che confermano quelle verità che si stanno cercando di veicolare. Il flusso di informazioni che conseguentemente si crea con estrema rapidità, poiché in realtà le informazioni da trasmettere sono già pronte prima delle azioni scatenanti, affluisce massicciamente sui media e permette così ai vari commentatori di corte disseminati strategicamente all'interno dei media stessi, di calcare la mano con analisi e commenti che allargano il problema dell'evento sino a far si che la verità stessa dell'evento singolo passi in secondo piano. In primo piano viene posto, con ampio contenuto informativo, il problema della "legittimità del potere" che si sta cercando di destabilizzare.

Un esempio storico che ha evidenziato ampiamente il meccanismo della propaganda atlantica diretta è quello della guerra civile scatenata in Jugoslavia. Attraverso il finanziamento dei gruppi separatisti cattolici in Croazia, in Slavonia e in Bosnia, e quelli musulmani in Bosnia e in Serbia (Kosovo ma non solo), si è proceduto ad orchestrare una campagna mediatica di gigantesche proporzioni che ha preparato le condizioni per la totale deligittimazione del potere jugoslavo indentificato dalla propaganda come "serbo". Basti pensare che manifestazioni popolari organizzate dai separatisti si presentarono spesso per le strade con cartelli dove vi erano slogan scritti in lingua inglese. Infatti il target mediatico era quello di creare nel mondo occidentale (soprattutto di lingua inglese, america e paesi del Commonwealth, anche se le scritte in inglese rendevano così più facile la lettura in tutta l'Europa dove l'inglese si studia nelle scuole pubbliche sin dal dopoguerra) le condizioni per un rigetto emotivo verso il potere socialista jugoslavo, così da facilitare poi l'intervento militare diretto che intanto veniva preparato dietro le quinte attraverso la vendita clandestina di armi e l'addestramento militare a gruppi paramilitari costituiti da giovani del luogo e da mercenari provenienti dall'estero e reclutati attraverso le famigerate "compagnie di sventura" (così venivano chiamate già nel 16° secolo le compagnie di mercenari), quali ad esempio la Halliburton & Co. o la DynCorp .


1.2. La Propaganda atlantica indiretta.

È quella che consiste nel controllo pressoché totale dei media, ma non solo per quel che riguarda le informazioni attinenti alla realtà quotidiana, all'attualità, bensì essa riguarda la cultura in senso generale. L'obiettivo è cioè quello di rafforzare nella maggioranza dell'audience un'immagine rassicurante della società occidentale quale il migliore dei mondi possibili così da impedire il formarsi di gruppi di opinione contrari che possano mettere in dubbio il potere, la società si autorappresenta e si autolegittima con caratteri di razionalità scientifica, mentre in realtà rappresenta soltanto una astrazione di sè stessa, un'idea incompiuta perché irreale. Ecco il carattere metafisico della auto-immagine di sè che ha il pensiero occidentale (vedi in proposito il mio: Teobaldelli: 1999).

Gli ingredienti fondamentali sono, come acutamente ha notato lo scrittore francese Armand Mattelart (vedi Mattelart: 1979, 1991), quelli collegati all'ideologia del progresso nella sua versione contemporanea che ne fa una ideologia della comunicazione. La società occidentale si auto-rappresenta nella maggioranza delle trasmissioni di qualunque tipo, come la società più giusta, più avanzata tecnologicamente e con il grado di benessere più diffuso, e lo fa spesso in maniera non esplicita raffigurando semplicemente una realtà virtuale costruita in studio che nel suo rassomigliare a quella reale conferisce a quest'ultima tratti razionali che provengono dall'astrazione più che dalla verificazione di tali caratteri.

Il settore economico della propaganda martella incessantemente con numeri e formule astratte che danno all'uomo medio una impressione di scientificità e di verità indiscutibile ai parametri messi in onda dalla propaganda. In tal modo riesce addirittura quasi impossibile mettere in dubbio criticamente quello che sembra evidente e oggettivo, nei media che bombardano quotidianamente la massa divenuta semplicemente un target. E le ragioni del potere riscrivono da capo ogni giorno senza pausa, la realtà quotidiana e storica, senza voler spiegare rischiando di annoiare l'audience, ma soltanto raffigurando e mostrando che è così. Ecco che il mezzo televisivo è sicuramente il mezzo su cui la propaganda fa più affidamento grazie al fatto che le immagini veicolano con sè una forte impressione di verità che non ha quasi bisogno di spiegazioni razionali. Ad esempio il cormorano sporco di petrolio che ci fu mostrato durante la prima guerra del golfo, e che era il risultato della cattiveria del dittatore Saddam, era in realtà un cormorano della Patagonia, e le immagini erano di repertorio ma mostrate in quel contesto non davano adito a repliche, Saddam è un dittatore maligno da combattere! Ma questa che è la propaganda diretta si scopre più facilmente all'analista, più difficile è l'analisi di quella indiretta. Prendiamo ad esempio la pubblicità. Essa nel cercare di promuovere i prodotti destinati per la maggior parte all'uso quotidiano, raffigura la realtà quotidiana nella quale si mostra l'utilità del prodotto in oggetto.

Eppure se si guarda criticamente a quello che essa mostra si comprende subito che la realtà raffigurata non è quella reale. La maggior parte degli interni sono lussuosissimi, le auto usate nuovissime  e full optional, i vestiti bellissimi e nuovissimi, gli attori belli, sani e felici, insomma come a dire che l'occidente è proprio così. La ricchezza, il lusso, lo sfarzo, sono i caratteri reali dell'occidente, ma chi vive nell'occidente sa che non è cosi. Basterebbe farsi un giro ai quartieri spagnoli o al quartiere Sanità di Napoli,  nella periferia di Milano o Parigi, o aggirarsi nei sobborghi di Londra e Liverpool o New York per capire che molte sono le persone in occidente i cui standard di vita quotidiana sono molto lontani da quelli raffigurati dalla pubblicità e sono fatti di povertà, degrado, umiliazione e abbruttimento. Ugualmente può dirsi degli standard umani, ad esempio la bellezza. Vedendo i serial statunitensi si è portati a pensare che negli Stati Uniti gli standard di bellezza siano molto ampi. Poi basta recarvisi una sola volta per notare che l'obesità ad esempio ha negli Stati Uniti il carattere di una malattia epidemica, è cioè così altamente diffusa che è impossibile non notarla.

Un'altra caratteristica della propaganda indiretta è quella che tratteremo qui, cioè il rapporto con la storia, la quale appunto viene continuamente riscritta subdolamente in maniera indiretta nelle varie fictions.
Ultimamente tale uso storico della propaganda si sta addirittura dedicando alla storia presente. Tutto ciò in maniera subdola, cioè indirettamente.

Facciamo un esempio. In un film poliziesco ambientato a New York, ad un certo punto i trafficanti di droga devono essere rincorsi fin nel loro covo lontano che guarda caso si trova non negli States ma a Cuba. Ecco che la polizia appronta un piano per intervenire all'interno dell'isola per catturare con gran spiegamento di uomini e mezzi i narcotrafficanti nonostante gli sforzi di proteggerli dei cattivi comunisti.

In tal modo subdolamente si dà per scontato che Cuba sia abitualmente dedita al narcotraffico (calunnia che la propaganda atlantica da decenni persegue, vedi in proposito l'interessante analisi di Alfredo Prieto Gonzales sulla conéxion Cubana nella stampa statunitense: cfr. A. P. Gonzales: 1990) e inoltre che per il rispetto delle leggi degli Stati Uniti si debba intervenire superando persino le frontiere nazionali in altri stati, magari "Stati Canaglia" (un pò come dire che la legge degli Stati Uniti è al di sopra delle leggi degli altri stati nazionali, basta pensare all'affare Noriega e Panama per capire come questa idea abbia permesso e permetta così l'intervento militare diretto contro altre nazioni coperto come intervento di "polizia internazionale" e legittimato dai media senza problemi).


1.3. La Propaganda diretta e indiretta: il velo di Maya dell'occidente.

Ecco perché la distinzione che abbiamo fatto tra propaganda diretta e indiretta ha finalità solamente analitiche, perché in realtà esse sono solo due facce della stessa medaglia e cioè la Propaganda come sistema di giustificazione e legittimazione del potere capitalista nel suo essere sfruttamento quotidiano dove opera senza problemi perché detiene il potere (propaganda indiretta) e nel suo intervenire per conquistare accesso alle risorse umane e naturali dove non detiene il potere (propaganda diretta).
L'intero sistema delle comunicazioni di massa è dunque sottoposto ad intervento propagandistico incentrato sull'obiettivo di auto-legittimare il modello sociale del potere capitalista occidentale e basato sull'onnipotenza finanziaria del potere capitalista che attraverso enormi flussi di denaro si ramifica e controlla giornali, radio, televisioni, produzioni e distribuzioni cinematografiche.

Certo ci sono le produzioni indipendenti, il giornalismo indipendente, ma tali fenomeni sono marginalizzati perché privi del capitale che li supporta, che li sostiene per raggiungere quei canali distributivi di massa che invece sono monopolizzati dalle grandi produzioni.
Un esempio lampante è quello delle major hollywodiane che obbligano i gestori dei cinema che desiderano proiettare i film da queste prodotti, a trasmettere film delle major nella quota maggioritaria dell'80/85% della propria proiezione totale, pena il non trasmetterne affatto. Così i gestori sono obbligati o a trasmettere solamente i film delle major oppure ad affidarsi al mercato considerato più insicuro del film indipendente, più insicuro perché non usufruisce di quella promozione generalizzata ad alto costo (trailers nelle principali tivù, recensioni nei giornali e riviste, ecc.) propria delle major hollywodiane (da notare poi che tale situazione è vista da molti come una delle ragioni della crisi odierna del cinema).

In tal modo il modello maggioritario di rappresentazione è quello auto-legittimantesi dell'ideologia dominante, cioè il capitalismo. Esso reiterato ad libitum su giornali, televisioni, teatri e cinema, è come un enorme velo di Maya che copre la realtà quotidiana di una coltre patinata che nasconde agli occhi dell'uomo medio, reso solo e passivo di fronte al teleschermo, le ingiustizie sociali, la povertà, la degradazione, la corruzione, il controllo sociale, la repressione del dissenso, la protesta, insomma tutti quei risvolti reali che costituiscono il compromesso sociale nelle società capitaliste.
Tuttavia la propaganda si smaschera nelle sue pretese di verità rispetto al reale allorquando la si pone, tramite un'accurata analisi semiotica, in rapporto al reale che essa pretende di rappresentare.

Ma vediamo di analizzare un caso concreto così da renderci conto meglio di come la propaganda lavori nel caso della fiction. Prenderò in esame due film di guerra che hanno come sfondo lo stesso avvenimento storico, e cioè la famosa battaglia di Stalingrado che decise, a giudizio unanime di tutti gli storici, le sorti stesse della seconda guerra mondiale e condusse alla vittoria contro il nazi-fascimo.


2.  Stalingrado: il fatto storico.

Il caso della battaglia di Stalingrado è di portata storica immensa, dato che quella battaglia decise il capovolgersi degli eventi bellici in maniera catastrofica per l'impero nazista e i suoi lacché determinandone la sconfitta.
Il 22 giugno del 1941 Hitler scatena l'operazione "Barbarossa" attaccando a sorpresa la Russia. In settembre cade la capitale dell'Ucraina Kiev e già in Novembre la Wehrmacht si trova nei pressi di Mosca (dopo aver operato stragi immani tra la popolazione civile in Ucraina). Qui arriva la prima battuta di arresto e tutto l'inverno e la primavera successiva l'esercito tedesco non riesce ad avanzare ma anzi deve fare i conti con la contro-offensiva sovietica. Ecco che al fine di tagliare i rifornimenti caucasici  e la via di comunicazione fluviale del Volga all'Armata Rossa Hitler decide di allargare il fronte sud-orientale in direzione di Stalingrado e del basso Caucaso (da ricordare il contributo anche dell'Armir = Armata italiana in russia benedetta nella sua crociata contro i comunisti dal Vaticano).
Il 25 luglio cade Rostov chiave d'ingresso al Caucaso e l'esercito tedesco si lancia contro il basso Volga, mentre l'aviazione inizia pesanti bombardamenti su Stalingrado; alla fine di agosto la città è sotto i bombardamenti della Luftwaffe e sotto i cannoneggiamenti dell'artiglieria pesante, mentre la Wehrmacht prepara l'assalto alla città. Il motto di resistenza viene espresso nella famosa frase "il Volga ha una sola riva" a significare che mai ai tedeschi poteva essere permesso l'attraversamento del fiume.

Il 16 settembre del 1942 inizia il barbaro assalto alla città che nei piani strategici dell'armata rossa deve resistere ad ogni costo finché non sono terminati i preparativi di una potente controffensiva più a Nord. Stalingrado deve resistere o sarà la fine. La popolazione civile e l'armata rossa si impegnano dunque in una strenua resistenza ingaggiando una battaglia cruenta e sanguinosa che ha luogo strada per strada, casa per casa e che si protae dal 16 settembre del 1942 al 31 gennaio del 1943 e che vede la città completamente distrutta e la popolazione civile decimata per tre/quarti. Ma la resistenza eroica della città ha permesso alla controffensiva lanciata il 19 Novembre a sud di Mosca di tagliare le direttrici di comunicazione e rifornimento delle forze nazi-fasciste e di avanzare vittoriosamente verso l'Ucraina (Kiev ed Odessa) chiudendo così in un assedio mortale le divisioni naziste impegnate a Stalingrado (la stessa sorte tocca all'Armir che viene totalmente sbaragliata e totalmente distrutta).


3. Stalingrado e il cinema: due film a confronto.

Veniamo ora all'analisi dei due film che hanno come sfondo tematico la battaglia di Stalingrado.


3.1. Stalingrad (1993) di Joseph Vilsmaier.

Il primo è del 1993 e si intitola appunto Stalingrado del regista Joseph Vilsmaier. È la storia di un gruppo di soldati tedeschi che fanno parte della divisione di assalto alla città di Stalingrado e che vivono l'iniziale esaltazione e la finale disperazione dell'evento bellico. Il film tematizza il sentimento di amicizia e cameratismo del soldato e la totale incomprensione dell'assurdità della guerra. L'esercito sovietico non è tematizzato se non come nemico quasi invisibile e che si presenta principalmente attraverso la morte durante i combattimenti dei propri camerati. La totalità della storia è vissuta all'interno del gruppo di soldati tedeschi e dell''esercito tedesco quasi come a voler rappresentare l'assoluta non-conoscenza delle ragioni per cui si combatte da esercito aggressore e l'assoluta non-conoscenza dell'Altro, del nemico che si sta cercando di combattere e di annientare. E anche i dialoghi vertono in maggior parte su questo tema principale, cioè sull'assoluta incomprensione di quella immane tragedia. È un film che tematizzando la battaglia di Stalingrado cerca di riflettere su questa umana e purtroppo ricorrente tragedia che è  la guerra come aggressione di un potere avido e ingordo, il quale neanche i propri soldati che ne eseguono gli ordini riescono a comprendere, e le cui immani bugie e costruzioni propagandistiche si infrangono nell'assurdità della barbarie dell'uomo che aggredisce e uccide l'altro uomo.

Il taglio del film è dunque prettamente psicologico, evidenzia il conflitto interiore dell'uomo singolo come individuo che si ritrova per colpa di un destino incomprensibile ad essere schiacciato sul terreno della storia dove è stato gettato e calato da un ente astratto e impersonale, il potere che lo ha usato per i propri fini meschini. Il film finisce infatti tragicamente con la sconfitta dell'esercito tedesco e la morte tragica dei soldati. Il film non ha pretese di essere un film storico, non si mostra alcun dettaglio nè delle barbarie operate dai nazisti, nè di dare giudizi storico-morali, esso non pretende di fare la morale su questo fatto storico contingente che fu il nazifascismo, non c'è nel film alcuna condanna esplicita del nazifascismo, bensì Stalingrad è semplicemente neint'altro che un film che prende a pretesto un fatto storico come esempio per esprimere attraverso l'espressione artistica cinematografica una assoluta condanna della guerra come fatto umano universale. Poteva essere ambientato in un altro contesto, in una qualsiasi altra battaglia in una qualsiasi altra guerra. Stalingrad è un film che cerca di riflettere a fondo sul dramma psicologico e individuale dell'uomo che si ritrova senza cognizione di causa ad uccidere altri uomini come lui in una guerra che egli non ha nè deciso nè voluto.


3.2. Enemy at the Gates (2001) di Jean-Jacques Annaud.

Il secondo film che analizzeremo è  molto recente, del 2001, una produzione televisiva, Enemy at the Gates, cioè "Il nemico ai cancelli", di Jean-Jacques Annaud. La storia è quella di un soldato sovietico, russo, e precisamente di un cecchino, bravissimo, che combatte per le case e le vie di Stalingrado una guerra appunto da cecchino, quasi individuale, solo, con il fucile, si apposta punta e spara contro i tedeschi. Ad un certo punto il partito comunista decide di usarlo per la sua propaganda e il soldato diviene una mitica figura di eroe all'interno della pubblicistica comunista. Di lui scrive un giovane e ambizioso giornalista. In questo film è al contrario l'esercito tedesco a non essere tematizzato, lo è veramente ma solo in parte. Ad esempio in una delle prime scene, il primo battesimo del fuoco del cecchino, si vede un gruppo di tre quattro ufficiali tedeschi che in tutta tranquillità e disarmati, si accingono a pulirsi e a radersi, e vengono freddati dal cecchino. Per la maggior parte del film è invece l'esercito sovietico ad essere tematizzato. Il film mostra la paura della guerra dei soldati russi, che vengono spinti a forza contro i tedeschi dai comunisti. In una scena si vede addirittura che alcuni soldati tentano di tornare indietro perché presi dal panico della guerra e alcuni dirigenti comunisti iniziano a sparare loro contro così da costringerli a ritornare verso il nemico.

Allo stesso modo si mostra esplicitamente che il cecchino viene usato e strumentalizzato dalla propaganda del partito comunista. Ad un certo punto uno di questi giornali finisce sulla scrivania del comando nazista che decide di mandare il suo cecchino migliore per uccidere il cecchino comunista. Così arriva a Stalingrado un ufficiale dell'elite nazista, un cecchino professionista e nel film si capisce molto bene che è molto più bravo del cecchino russo che ai primi incontri con questi, inizia ad avere paura. Intanto il giornalista cerca di sedurre la ragazza del cecchino sovietico, e di spingerla anche fuori dal partito. Si capisce che il giornalista è molto critico nei confronti del comunismo. Ad un certo punto però comprende che non riesce ad avere lei che ama il cecchino, sa che ha perso la sua battaglia, e così dopo un acceso discorso anticomunista al cecchino russo, in una situazione in cui i due sono in un edificio con di fronte il terribile e perfetto cecchino tedesco appostato e pronto a sparare, il giovane giornalista si scorge e il cecchino tedesco spara convinto di uccidere il cecchino russo uccidendo invece il giornalista, mentre così il cecchino russo ha la chance di ovviare alla sua inferiorità e di uccidere il nazista vincendo la sua battaglia.

Enemy at the Gates è dunque chiaramente un film che tematizza la battaglia di Stalingrado come un evento storico nel quale i cattivi e antidemocratici comunisti vincono sui tedeschi grazie a metodi meschini e vili (l'uso dei cecchini)e grazie all'autoritarismo e alla mistificazione propagandistica senza l'appoggio del popolo, il quale piuttosto appare subire più la violenza dittatoriale dei comunisti che quella dell'assalto nazista alla città.
Ora bisogna dire che il film, considerato da un punto di vista estetico, è di scarsa qualità artistica. I dialoghi sono artificiali, il taglio psicologico piuttosto piatto così come la tematizzazione della guerra è pressoché inesistente ed il dramma più forte che si avverte per tutta la durata del film non è l'invasione nazista della città bensì il suo essere ostaggio della dittatura comunista.


3.3. I film e la storia da un punto di vista estetico: arte vs. propaganda.

Ora il problema del rapporto dell'arte con la storia può dare adito a numerose e interminabili discussioni. Cercherò dunque brevemente e in maniera divulgativa di esprimere il mio punto di vista. La storia come analisi e interpretazione degli eventi umani cade nel dominio della scienza in quanto essa ha a che fare con il concetto di vero/falso. In tal senso ad esempio un documentario può essere visto come forma espressiva scientifica. Il suo rapporto con la verità/falsità del fatto storico di cui tratta può essere preso a giudizio del suo valore come documentario, come esercizio storico di analisi.

L'arte al contrario non deve necessariamente rispondere ai criteri vero/falso, essa non è  scienza, bensì appunto arte, espressione estetica, e può benissimo saltare le barriere della realtà storica presente o passata, così come il genere fantascientifico salta persino le leggi della biologia, della fisica o della chimica. Cosìad esempio il film El Viaje di Fernando Solanas (1989) mostra ad un certo punto una Buenos Aires le cui vie sono completamente invase dall'acqua, e dove gli abitanti si spostano da un punto all'altro con le barche. L'acqua è spiegata nel film come arrivata dal Cile con l'alta mare del 1973, metafora della strategia repressiva fascista inaugurata in quel lontano settembre del 1973 in Cile con il colpo di stato di Pinochet contro Salvador Allende e che poi come una marea si estese in quasi tutto il sudamerica lasciando dietro di sè una lunga striscia di sangue.

Dunque i dettagli storici, o reali possono nell'arte benissimo essere superati, cambiati e stravolti per privilegiare l'espressione artistica. Tale stravolgimento però risponde a criteri artistici, ha cioè nel processo di formazione dell'opera d'arte la sua ragion d'essere.
Ad esempio nel film di Vilsmaier che vuole essere un film sulla guerra in senso universale vi sono effetti speciali dei combattimenti che rimandano all'immaginario dei film di guerra contemporanei, scene molto simili a "Good morning, Vietnam", "Apocalyps Now" , e certo che non si sia utilizzato alcun criterio realistico nel realizzare le scene di combattimento di una battaglia avvenuta nella seconda guerra mondiale non ne inficia in alcun modo il risultato artistico finale. Ma che dire del film di Jean-Jacques Annaud? Se la sua intenzionalità artistica era quella di mostrare in un contesto di guerra la battaglia fra due singoli individui, cioè il cecchino russo contro quello tedesco, che giustificazione artistica si può dare allo stravolgimento della realtà storica di Stalingrado per cui si trasforma una eroica resistenza popolare russa alle truppe nazifasciste in una rappresentazione filmica dove la popolazione si trova a dover scegliere se morire sotto il fuoco dei tedeschi o sotto quello dei comunisti?

Per quale scopo artistico si trasforma un evento eroico in un evento vile e meschino se non per pura e semplice intenzionale volontà di calunnia?

Possiamo dunque affermare facilmente e tranquillamente che mentre il primo è un film che rientra nella categoria di film come espressione artistica umana, e un buon film, il secondo si evidenzia come pura e semplice propaganda anticomunista, e definirlo un buon film proprio non si può.
Stalingrad è un buon film, buoni gli scenari, di buon livello il taglio psicologico e i dialoghi e gli attori, così come di buon livello l'intenzionalità umana e artistica tesa a raffigurare e a criticare artisticamente questa grande tragedia umana che è la guerra.
Enemy at the Gates è un film pessimo. Artisticamente di basso valore, pessimi i dialoghi, sebbene buona sia la recitazione degli attori, ma la pessima regia di basso livello artistico purtroppo ne fa un film veramente sgradevole e noioso, e il suo raffigurare la realtà storica di Stalingrado come un evento dove i cattivi sono i dirigenti del partito comunista, come una tragedia derivante dallo Stalinismo, ne fanno un volgare film di propaganda anticomunista che rappresenta di fatto soltanto un vero e proprio insulto alla città di Stalingrado e alla memoria storica collettiva e quanto di più lontano dall'arte.


4. La propaganda atlantica indiretta come calunnia storica: Jean-Jacques Annaud e il Tibet.

Ora bisognerebbe riflettere sul fatto che questo film altro non fa che infangare la memoria storica sia della battaglia di Stalingrado sia dell'intera lotta di difesa e liberazione di cui l'Unione Sovietica si rese protagonista nella seconda guerra mondiale pagando con 20 milioni di morti il suo sacrificio. Tale infame rappresentazione filmica della battaglia che fu l'evento chiave della lotta contro l'orrore nazifascista della seconda guerra mondiale non può essere considerato come un semplice episodio casuale di un regista di basso livello culturale che a corto totalmente di elementari nozioni di storia, rappresenta l'evento storico in maniera errata con la complicità di una produzione distratta ed ignorante. Purtroppo non è così.
Vediamo dunque ora come si può senza dubbio affermare che il regista Jean-Jacques Annaud è in realtà in forte odore di essere nel libro paga della propaganda atlantica e come l'analisi dei suoi film siano, qualora serva, una indubbia e ulteriore prova dell'esistenza di tale strategia propagandistica atlantica basata sulla calunnia.

In un film precedente del 1997, un film non per la televisione bensì una grande produzione cinematografica, "Seven Years in Tibet" (Sette anni in Tibet) con Brad Pitt quale protagonista, il regista Annaud si occupa questa volta della vita dello scalatore austriaco Heinrich Harrar. Il film non è stato girato in Tibet bensì nelle Ande.
Harrar nel 1939 si trova in India per scalare delle vette. Scoppia la seconda guerra mondiale ed egli si rifugia dunque in Tibet dove incontra Dalai Lama e diventa suo amico. Ora bisogna dire a rigor del vero che, sebbene nel film non si capisca, Heinrich Harrar era sì uno scalatore austriaco ma c'è un piccolo particolare in più, era infatti un fedele sostenitore del nazismo. Nel film si vede chiaramente che il Tibet non è cinese e che corre il pericolo di cadere nell'orrore del comunismo cinese. Insomma ancora una volta troviamo nel film di Annaud gli stessi ingredienti: un nazista come eroe, un anticomunismo viscerale, e la totale mistificazione storica. Il Tibet infatti che fa parte della Cina da tre secoli, ha iniziato ad essere un problema allorquando nell'immediato dopoguerra, nel 1950, gli Stati Uniti hanno iniziato a reclutare oppositori del comunismo trovandone parecchi esuli dal Tibet in Nepal ed in India, la maggior parte dei quali ex membri della guardia del Dalai Lama, signore di tipo feudale che prima dell'avvento del comunismo non aveva problemi con la sovranità cinese in Tibet e che poi si era dato all'esilio avversando quei cambiamenti sociali che il comunismo aveva promosso in Tibet e che erano visti dai Signori quali il Dalai Lama, come una vera e propria tragedia. Immaginate ad esempio che nel Tibet precedente alla vittoria maoista la schiavitù era largamente diffusa ed i contadini erano come i servi della gleba del nostro feudalesimo, non potevano cioè lasciare la terre del signore dove abitavano, bensì erano costretti a lavorarle per tutta la vita, di padre in figlio. Quando la rivoluzione cinese ha il sopravvento e i primi cambiamenti sociali, la riforma agraria principalmente, sconvolgono l'ordine verticale dei signori del Tibet, il Dalai Lama inaugura la sua personale guerra contro il comunismo ma è costretto all'esilio. Egli è un perfetto sconosciuto finché nel 1950 gli Stati Uniti non decidono di usare il Tibet in funzione anticinese appoggiandone attraverso il Dalai Lama una rivendicazione di indipendenza.
Nel 1943 però, quando il Tibet è piuttosto minacciato dal nazifascismo, si legge nel rapporto sulle relazioni estere del governo degli Stati Uniti:

"Il Governo degli Stati Uniti ha bene in mente il fatto che il Governo Cinese da tempo rivendica la sua sovranità sul Tibet e che nella costituzione cinese esso figura nella lista delle aree che costituiscono la Repubblica della Cina. Questo Governo non ha mai sollevato alcuna questione su tale rivendicazione (Blum: 1995, cit. p. 25)"

Ecco però che nel 1950, dopo la vittoria comunista sui nazionalisti di Chang Kai-Shek,  la politica estera statunitense cambia ed il Dalai Lama ad il Tibet assurgono agli onori della stampa mondiale grazie alla propaganda atlantica.
E ancora ecco che nella nuova strategia di propaganda indiretta il nostro Jean-Jacques Annaud fa di un personaggio nazista un eroe fornendogli il volto di un divo di Hollywood e rilanciando la causa del Tibet e del Dalai Lama. Che per un filonazista come Annaud la schiavitù e la servitù non siano un problema non ci sorprende di certo, ci sorprende invece che riesca a trovare ingenti somme di denaro per produrre film di basso valore artistico con interpreti di grido quali Brad Pitt. Film tesi a mistificare la storia socialista e comunista esaltando personaggi di indubbio valore morale.


4.2. La propaganda nella strategia atlantica: la puzza di fascismo diventa globale.

Si deve concludere che talI film sono il risultato di una pura ed intenzionale strategia di diffamare, sporcare, infamare e cancellare dall'orizzonte della storia futura un movimento di idee, di ideali, di lotte eroiche individuali e popolari che è la storia del socialismo e del comunismo, strategia che negli anni 80' ha riguardato l'operazione di pulizia e oblio della sconfitta del Vietnam, attraverso Rambo, e che grazie al successo da questa ottenuta è stata poi estesa alla riscrittura della storia del movimento operaio e contadino, del socialismo e del comunismo.
Allo stesso modo come ogni volta che il capitalismo atlantico si appresta ad intervenire militarmente in qualche paese opera una campagna di diffamazione e calunnia attraverso la propaganda diretta, così tale film rientra in quella che è una strategia indiretta di propaganda che metta al riparo dal possibile dissenso, una strategia di fabbricazione del consenso che purtroppo il capitalismo atlantico ha ereditato da quella perfetta macchina del consenso che fu la propaganda nazifascista che aveva pressoché annullato il pericolo di un rivolgimento socialista in Europa. Tale distruzione alla radice del dissenso fu realizzato così bene che l'elite capitalista occidentale ne fu completamente affascinata. E a ben vedere è questa una delle ragioni principali del salvataggio e traduzione dell'elite nazifascista nel centro e sud america, dove essa provvedè nelle scuole militari atlantiche ad insegnare e a tramandare le stesse metodologie in ambito atlantico, a militari USA così come a tutte le elite centro e sudamericane che poi furono utilizzate per sanguinose dittature militari fasciste quando ancora una volta il pericolo rosso si manifestò nel centro e sudamerica, e ai numerosissimi militanti neofascisti europei che contribuirono allo Stay Behind in Europa.

Ecco che questo uso del fascismo contro il comunismo ripropone al mondo intero una situazione analoga a quella degli anni 30, l'uso capitalista del fascismo contro il pericolo del comunismo (e per l'imperialismo) è sempre più in voga, e l'odore di fascismo, anzi la puzza, torna a farsi globale.


4.3. La propaganda atlantica: un urgente problema morale e storico.

Dunque la strategia propagandistica ormai da 15 anni ha invaso persino la fiction, così come già avevano fatto l'Istituto Luce fascista e Il ministero della Propaganda nazista, ma stavolta con dimensioni globali.
Ecco i film sulla Bosnia che contemporanei alla guerra civile jugoslava già indicano nei "serbi" i cattivi che si macchiano del sangue di centinaia di migliaia di vite umane ammassate in fosse comuni che poi la storia vera mai ritroverà. Ecco ancora film con arabi terroristi, iracheni o siriani o palestinesi che minacciano l'occidente democratico, e cattivi russi che massacrano i poveri ceceni. Ecco Operazioni di Polizia Statunitense lanciarsi in operazioni militari all'interno dell'isola di Cuba. Ecco la fabbricazione del consenso che procede all'operazione di Calunnia della Storia passata e di quella contemporanea attraverso la diffamazione di tutti gli oppositori dell'imperialismo capitalista mentre contemporaneamente si susseguono senza sosta operazioni clandestine, atti di terrorismo, assassinii, sabotaggi, e interventi militari, bombardamenti di popolazioni civili inermi, e indiscriminata e avida rapina delle risorse. E la fiction giorno per giorno fabbrica un mondo virtuale che legittima e giustifica l'orrore.
Scrive il filosofo Pareyson a proposito del rapporto arte e comunicazione:

"La comunicabilità dell'arte ha un'efficacia così vasta e profonda, che la sola frequentazione delle opere vale a istituire un gusto, ch'è un modo di vedere e apprezzare, ma anche un modo di pensare e sentire [...] e che una visione della vita partecipata dall'arte acquista una potenza attrattiva e diffusiva mille volte maggiore che con qualsiasi altra forma di comunicazione (Pareyson: 1974, cit. p. 282, corsivo mio)"

E il nazifascismo capì proprio questo, che la propaganda che aveva inaugurato la prima guerra totale, il primo conflitto mondiale, come sistema di creazione delle news non era sufficiente per tutta quella parte della popolazione che non attingeva alle news del potere ma aveva propri canali, come ad esempio gli organi di stampa del partito socialista e comunista; e così si va alla radice e si colonizza persino la creazione artistica creandone un surrogato legato e finalizzato al gioco del potere, che permetta così di utilizzare delle masse a proprio piacimento, così come già nell'epoca dell'assolutismo.
Scrive già il Leopardi criticando l'uso e la manipolazione della storia da parte del potere nelle mani di una piccola classe di persone:

"Ma ora che il potere è ridotto in pochissimi, si vedono gli avvenimenti e non si sanno i motivi, e il mondo è come quelle macchine che si muovono per molle occulte, o quelle statue fatte camminare da persone nascostevi dentro [...] Dal che si può vedere quanto sia scemata l'utilità della storia (Leopardi: 1997)"

Ed il potere oligarchico antipopolare e oppressivo si spinge oltre e con il nazifascismo invade persino l'arte, una delle attività umane che più di tutte ha a che fare con la libertà, libertà di espressione appunto. Ecco colonizzata la radio ed il cinema che diventava allora un grande mezzo di comunicazione. Ecco che il sistema crea dall'alto gli artisti da propinare alle masse, mentre quelli veri si riducono con la violenza al silenzio.
Ed il capitalismo contemporaneo ugualmente riduce al silenzio quegli artisti che essendo veri sono troppo liberi, lo fa con la violenza del capitale al quale si deve per forza accedere per "entrare nel mercato", e gettona invece abbondantemente infami clerici come Jean-Jacques Annaud. E nella contemporaneità si ha un mezzo più potente a disposizione, la televisione, e canali di distribuzione globali che diffondono la calunnia storica passata e presente nel villaggio globale raggiungendo masse di milioni e milioni di persone, e contribuendo ogni giorno a formare, o meglio a de-formare coscienze in erba, aggredendole sin dall'età prescolare.

Hans Fallada, uno scrittore tedesco che ha vissuto il nazismo, racconta in una delle tre storie del libro "Ognuno muore solo", la vicenda di un uomo che tenta di rompere il velo della propaganda con una sua personale battaglia. Egli scrive frasi contro il Nazismo in bella calligrafia con penna stilografica su delle cartoline, le quali poi egli accuratamente lascia in luoghi pubblici,  sul pianerottolo di un condominio, nella toilette di un locale, nella speranza di poter così iniziare ad incrinare la spessa e densa coltre di menzogne del regime, finché non viene scoperto dalla perfetta macchina repressiva nazista, e arrestato finisce deportato in un lager.
Come quest'uomo, penso che nella nostra coscienza ognuno di noi debba cominciare a chiedersi quali mezzi possano essere adottati per evitare questa estrema e barbara colonizzazione delle coscienze, per difendere i propri cari, i propri figli dal cadere vittime di tale gigantesca mistificazione del reale. Ognuno di noi deve iniziare, credo, a pensare a come difendersi dalla propaganda atlantica che rappresenta oggi un urgente problema morale e storico che non si può ignorare, soprattutto per la immane pericolosità ad esso intrinseca: Si deve cercare di rompere la verticalità comunicativa della propaganda, ricominciando a comunicare trasversalmente, con gli altri vicini a noi

La Cina dopo aver visto il film sul Tibet ha classificato Jean-Jacques Annaud come persona non grata e lo ha incluso nella lista delle persone che non possono ottenere il visto di ingresso in Cina. Personalmente non faccio che immaginare di vedere Jean-Jacques Annaud proprio a Stalingrado (oggi Volgograd), e dibattere di persona con il pubblico dopo la visione del suo film su Stalingrado, magari di fronte ad una platea di veterani e di civili sopravvissuti a quella eroica e cruenta battaglia. Penso che dopo un tale dibattito forse sarebbe completamente inutile negargli il visto per la Russia.


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2004    La Propaganda Atlantica Contemporanea, in: Resistenze, Centro Cultura e Documentazione Popolare.