www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - linguaggio e comunicazione - 02-04-05

La propaganda atlantica in azione: Il lato oscuro dell'ovest


Case Study: Il caso jugoslavo 1990-2005


There are three kinds of lies:
lies, damned lies and statistics.

 


Ci sono tre tipi di bugie:
bugie, bugie infernali e statistiche

(Mark Twain, Autobiography: 1924)

Premessa.

Continuiamo ancora con l'analisi della propaganda atlantica, andando stavolta nel concreto analizzando il caso specifico della crisi jugoslava. Cercheremo di fare un'analisi e un bilancio storico morale sull'intera attivita' di propaganda diretta e indiretta (stavolta non solo nel caso della fiction bensì riguardante le edizioni di cultura generale dirette alla massa. Per una prima interpretazione della divisione teorica tra propaganda diretta e indiretta rimando in bibliografia, vedi: Teobaldelli: febbraio 2005).

Per quanto attiene alla propaganda diretta sarebbe troppo lungo entrare nel dettaglio (vedi in proposito l'ampia documentazione sul sito del Coordinamento Nazionale Jugoslavia, all'indirizzo http://www.cnj.it) ma cercheremo di darne un sunto storico contemporaneamente ad un sunto storico degli avvenimenti. Cio' si spiega con il fatto che la propaganda diretta agisce parallelamente alle azioni clandestine di terrorismo (covert actions; per una piu' ampia ed esauriente trattazione vedi in bibliografia: Covert Actions Quarterly;). Dunque sara' piu' chiara l'interpretazione degli avvenimenti ed il ruolo giocato dall'Occidente nella crisi. Allo stesso tempo sara' piu' evidente la non-casualita' delle nozioni mistificanti presenti nell'attivita' editoriale di propaganda indiretta.

L'analisi infatti approfondira' poi nella seconda parte la propaganda indiretta e in particolare
a) il caso dei libri nozionistici editi in occidente, e nel caso specifico in Italia, il cui target e' l'uomo medio occidentalis, uomo medio, bisogna dire, il cui livello di cultura e' considerato o fissato dai manager di marketing delle varie case editrici ad un livello piuttosto basso (vedremo poi il perche'  di questa mia considerazione) e
b) di quelli editi in colonie acquisite da poco grazie alla concomitante azione di propaganda diretta e azioni clandestine a cui si sono poi succeduti interventi militari NATO.

In ogni caso analizzando tali libri si capisce subito che lo scopo di tali edizioni non e' sicuramente quello di contribuire ad innalzare tale livello di cultura, anzi sembrerebbe proprio che l'oggetto cultura  sia quanto piu' lontano dal loro campo di interesse.

Analizzeremo un atlante geografico edito nell'agosto del 1998 ed un libro di italiano per stranieri edito nel gennaio 2000, in relazione a nozioni riguardanti la Jugoslavia. Poi il risultato dell'analisi di tali due libri verra' messo in relazione alla propaganda indiretta riguardante un libro edito in Bosnia nel 1997. Il quadro generale che ne risultera' credo bastera' a far luce sulla situazione poco chiara che riguarda il mercato editoriale nozionistico nel mondo occidentale e nelle sue colonie; e ritengo che valga a conferma di come dall'enorme produzione di propaganda diretta (cioe' creazione di news tese a mistificare la realta' e basate su eventi scatenanti legati all'attivita' dei gruppi clandestini di agenti impegnati nella guerra sporca) si sia tempestivamente poi passati alla produzione massiccia di propaganda indiretta sia nell'occidente sia nelle colonie appena acquisite al fine di legittimare la precedente propaganda diretta (e il sacrificio in vite umane subito per raggiungere il fine della propaganda, cioe' lo sganciamento di territori dalla Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia da porre sotto l'ombrello coloniale atlantico) dando alla nuova realta' acquisita una patente di indubbia indiscutibile verita' per mezzo di asserzioni pseudoscientifiche, che sembrano cioe' oggettive all'uomo medio privo della cultura necessaria per giudicarne la veridicita' ma gia' compleramente imbevuto delle falsita' della propaganda diretta trasmesse e strombazzate in tutte le salse attraverso i mass media.

Infine cercheremo brevemente di riflettere sul caso jugoslavo da un punto di vista storico generale e sulle sue implicazioni per la storia contemporanea europea.


Parte 1. AMMAZZA E DIFFAMA: OVVERO DIVIDI ET IMPERA

1. Un breve riassunto storico della crisi Jugoslava.

Vediamo di riassumere brevemente i fatti storici e propagandistici della crisi jugoslava avvenuti tra il 1990 ed il 1995 antecedenti l'edizione dei libri in oggetto. Tale sunto ci servira' a chiarire il ruolo della propaganda diretta nella crisi e di poter giudicare meglio nella seconda parte le asserzioni contenute nei libri nozionistici (propaganda indiretta).

1.1.Slovenia, Croazia e Bosnia, 1991-1995.

Tutto ha inizio in Croazia nel marzo del 1991, quando si verificano degli scontri nei pressi di Plitvice tra un gruppo di croati appartenenti al ministero degli interni croato (MUP) e civili serbi. La situazione nei mesi successivi evolve in un'escalation di aggressioni da parte di formazioni croate del MUP contro civili "serbi", cioe' slavi di fede ortodossa e tutti gli altri civili jugoslavi che non si riconoscono nel fascismo croato, cioe' tra gli altri rom, ungheresi, musulmani, rumeni, russi, slovacchi ecc. ecc. La Propaganda Atlantica infatti usa l'etichetta serbi così da annullare l'esistenza stessa di un solo popolo quello jugoslavo al fine di poter meglio intervenire per separare e sfasciare la Jugoslavia come nazione. Se si delegittima l'esistenza del popolo jugoslavo si delegittima al tempo stesso l'esistenza della nazione jugoslava. D'ora in poi dunque useremo la parola serbi per comprendere il popolo jugoslavo che non si riconosce nelle varie secessioni.

La Croazia organizza la formazione e l'armamento di una Guardia Popolare Croata. La tensione e' così alta che in alcuni villaggi serbi in Croazia e Slavonia si erigono barricate e si procede all'accaparramento di armi. Il 25 giugno Slovenia e Croazia dichiarano l'indipendenza unilateralmente, senza neanche pensare a seguire la formale procedura per la secessione prevista dalla costituzione jugoslava, il che significa che legalmente non esiste il diritto per tale atto. Si organizza una milizia slovena per la difesa che si scontra con l'Esercito Popolare Jugoslavo (d'ora in poi JNA) il 27 giugno. La Slovenia viene subito appoggiata dalla comunita' europea che procede ad un immediato bombardamento mediatico, dove si qualifica l'intervento militare dello JNA come "aggressione dell'esercito serbo" alla Slovenia. La Croazia chiede il ritiro dell'esercito jugoslavo dalle caserme in Croazia e minaccia di intervenire con la Guardia Popolare Croata. Il 28 Giugno la prima missione di pace europea arriva in Jugoslavia. Si intensificano gli interventi contro i serbi in Croazia, i primi combattimenti in Krajina (regione della Croazia allora a maggioranza serba).
In luglio la pressione della comunita' europea ottiene i primi risultati e per amor di pace lo JNA si ritira dalla Slovenia. Prosegue l'escalation in Croazia dove in agosto molti civili serbi iniziano per paura a lasciare le proprie case e a dirigersi come profughi in Bosnia e Serbia. A fine agosto le autorita' croate bloccano le caserme dello JNA arrivando a tagliare acqua e luce. La tensione esplode in scontri armati in diverse localita' tra cui Vukovar in Slavonia. All'inizio di settembre offensiva diplomatica della comunita' europea condotta dall'ex ministro degli esteri inglese Lord Carrington che convoca a Den Haag (Olanda) i leaders delle varie repubbliche della Jugoslavia per discutere della crisi. A Den Haag a tali leaders viene presentata un'unica opzione per risolvere la crisi, cioe' il totale smantellamento della Jugoslavia. Slobodan Miloševi
ć si oppone indignato in difesa della Jugoslavia e abbandona la riunione.

A meta' settembre gruppi paramilitari (croati e mercenari stranieri di estrema destra) iniziano offensive militari a Vukovar e Osijek, lo JNA inizia la mobilitazione in Croazia, Slavonia e Erzegovina, e dimostra di essere all'altezza della situazione sbaragliando le milizie fasciste. Allo stesso tempo pero' politicamente la Jugoslavia cerca sin dall'inizio di risolvere diplomaticamente la crisi, di raffreddare gli animi, insomma Milošević e l'élite jugoslava optano per la linea morbida. La propaganda atlantica diretta inizia ad accusare i serbi di nazionalismo mentre quella indiretta inizia ad usare l'aggettivo ex-Jugoslavia ogni qual volta nella notizia si parli di Jugoslavia, nello sport, nella cultura, nello spettacolo ecc.. Insomma la Jugoslavia e' gia' con largo anticipo data per morta.

A fine settembre l'Unione Europea sancisce l'embargo alla vendita di armi in tutto il territorio della Jugoslavia: In ottobre a Dubrovnik cadono alcune granate sparate da non si sa chi, ma i media occidentali parlano di pesanti bombardamenti serbi su Dubrovnik. Pura fantasia, allucinazione o propaganda?
In Bosnia politici croati e musulmani iniziano ad organizzare l'indipendenza della Bosnia. Ai primi di novembre i gruppi paramilitari croati attaccano villaggi serbi nella Slavonia Occidentale e occupano Vukovar.
La Jugoslavia chiede ai caschi blu dell'ONU di venire a verificare la situazione, insomma chiede un intervento super partes, mentre nei media occidentali la responsabilita' totale di quanto accade viene indirizzata al tentativo serbo di creare la Grande Serbia, e a Slobodan Milošević.

Non ottenendo dall'ONU gran che' di concreto lo JNA interviene a Vukovar il 18 novembre, la battaglia si protrae per 86 giorni ed e' molto cruenta, ma alla fine Vukovar torna sotto il controllo jugoslavo, per i croati e i paramilitari fascisti e' disfatta.
A dicembre la Germania riconosce l'indipendenza della Croazia e i serbi di Krajina proclamano l'indipendenza dalla Croazia. Intervento dell'ONU. Il 6/7 gennaio del 1992 una missione diplomatica di osservatori della Comunita' Europea (due elicotteri militari italiani) si accorda per raggiungere per consultazioni Zagabria da cui poi dovrebbe raggiungere Sarajevo. Il 7 gennaio mentre la missione e' in volo arriva l'ammonimento da parte di 2 caccia dell'aviazione jugoslava, di atterrare, la ragione e' che esattamente sotto uno degli elicotteri, così da nasconderlo ai radar, ne vola un altro non autorizzato (infatti volando l'uno esattamente sotto l'altro al radar appare un solo puntino come se fosse uno soltanto); fonti croate e jugoslave asseriscono che esso era pieno di armi, destinate forse ad armare gruppi mercenari in Slavonia o in Bosnia. Secondo il diritto internazionale quando si vola nello spazio aereo altrui e si viene ammoniti si deve rispettare l'ammonimento senza cambiare traiettoria di volo.

Cambiare traiettoria equivale secondo il diritto ad un atto di guerra e il diritto prevede in questo caso la possibilita' dell'abbattimento immediato. Gli elicotteri cambiano traiettoria cercando di raggiungere il confine piu' vicino, quello dell'Ungheria. Secondo le fonti occidentali uno dei due elicotteri viene abbattuto dall'aviazione "serba" (in realta' l'aviazione era un corpo federale, cioe' jugoslava). Fonti croate e jugoslave invece parlano dell'abbattimento di due elicotteri. La stampa europea parla di abbattimento voluto dai serbi a dimostrazione della loro volonta' di guerra. A bordo 5 commissari della comunita' europea, 4 italiani ed un francese. Nessun accenno al carico di armi. Dati e fatti su tale episodio subiscono il solito trattamento di disinformazione assoluta e basta dare una letta alle varie agenzie per rendersi conto del caos informativo sull'evento, e delle enormi contraddizioni tra una notizia e l'altra, caos informativo tipico di ogni Covert Actions  (da ricordare che per tale abbattimento e' in prigione in Italia il maggiore dell'aviazione jugoslava Emir Šišić arrestato in Ungheria ed estradato in Italia; il suo caso rappresenta una estrema violazione del diritto oltre che una vergogna per l'Italia stessa e per il diritto in generale).

Il 15 gennaio del 1992 la Comunita' Europea riconosce Slovenia e Croazia. A fine febbraio politici musulmani e croati in Bosnia dichiarano l'indipendenza della Bosnia, come reazione a marzo viene proclamata la Repubblica Serba di Bosnia. Bruxelles elabora una proposta di pace che prevede una divisione etnica della Bosnia che non soddisfa nessuna delle parti. La divisione etnica infatti separa musulmani e serbi in base a dati statistici provenienti da non si sa quali fonti, e senza considerare le decine di altre etnie, cioe' senza tenere assolutamente in considerazione la multietnicita' della Bosnia.

A Sarajevo intellettuali e scrittori serbi invitano a riconoscere l'assurdita' della situazione perche' la storia della Bosnia e' una storia multietnica da sempre. Le autorita' croate e musulmane di Bosnia iniziano ad organizzare la Difesa Territoriale della Bosnia. Iniziano gli scontri in Bosnia mentre la Comunita' Europea il 6 aprile riconosce l'indipendenza della Bosnia. Il 7 aprile gli Stati Uniti riconoscono l'indipendenza della Slovenia, della Croazia e della Bosnia, che viene riconosciuta anche dalla Croazia. Ai primi di maggio lo JNA si ritira dalla Bosnia. Entra in scena l'esercito bosniaco-musulmano finanziato e armato dall'occidente oltre che da alcuni paesi musulmani conservatori (di destra) quali Turchia e Arabia Saudita. In realta' non e' un vero esercito ma e' costituito da mercenari e gruppi paramilitari. Iniziano attacchi contro civili serbi (cioe' non-musulmani) in tutta la Bosnia.  Particolarmente efferate le operazioni nell'area di Žepa e Srebrenica (Bratunac). I serbi non dispongono ancora di un corpo militare. Nonostante cio' i media occidentali gia' additano la responsabilita' di tutto ai serbi.

Il teatro di guerra vede l'intervento dei caschi blu e in ottobre l'ONU sancisce il divieto di volo in tutta la Bosnia. Il controllo e' assicurato dalla Nato nell'ambito dell'operazione denominata "Deny Flight".
Nel marzo del 1993 il neo-costituito Esercito Croato (anch'esso un misto di formazioni mercenarie e paramilitari con uniformi ed equipaggiamento fornito dalla Germania) attacca i bosniaci musulmani. Intanto comincia l'organizzazione di un Corpo Militare Serbo regolare (le autorita' politiche serbo-bosniache vietano la costituzione nella Repubblica Serba di formazioni paramilitari).

In Maggio l'Onu dichiara 6 aree come zone demilitarizzate il cui controllo passa all'ONU. Ma l'attivita' militare prosegue, mentre gli aerei della NATO si alzano in volo soltanto per reprimere l'esercito serbo-bosniaco che, ancora in via di formazione e numericamente inferiore, viene attaccato e bombardato piu' volte.
Nel maggio del 1994 Croati e musulmani (di bosnia) raggiungono un accordo per il cessate il fuoco. Fino alla fine dell'anno proseguono in diverse occasioni gli interventi NATO contro i serbi di Bosnia indicati intanto da tutti i media occidentali come i nemici della pace in Bosnia.

Compare in Bosnia nei campi di adestramento delle milizie musulmane la figura di Osama Bin Laden al tempo ancora un grande sconosciuto, ma nei media neanche una riga sull'oscuro personaggio (da notare nello stesso tempo la sua presenza in Albania dove gia' si preparava la crisi successiva, quella del Kosovo, pagata finanziariamente grazie ai soldi rubati in precedenza al popolo albanese con l'aiuto delle finanziarie straniere e il consenso del governo albanese di Berisha; operativamente la crisi veniva preparata con l'apertura nel nord vicino al Kosovo di campi di addestramento militare).

A fine dicembre viene firmata una tregua da tutte le parti in causa. Si procede alla demilitarizzazione delle aree protette, che pero' viene effettuata solo in parte dai musulmani che invece lasciano milizie con armi medio-leggere in punti strategici. Allo stesso tempo la Croazia con consiglieri militari americani e tedeschi prepara due offensive in grande stile, quella in Slavonia e quella in Krajina.

La tregua regge dunque fino al maggio del 1995 quando i croati lanciano una pesante offensiva in Slavonia conquistandone larga parte (da notare che l'esercito jugoslavo non accetta lo scontro e sceglie la strategia del ritiro tattico cercando di proteggere l'esodo dei civili verso la Bosnia e la Serbia), e quando i musulmani iniziano a rifornire segretamente di armi le armate nascoste nelle zone demilitarizzate. Addirittura l'esercito musulmano viola il divieto di volo trasportando munizioni alle truppe a Žepa e Srebrenica con ben 8 elicotteri ma nonostante la Deny Flight nessun aereo Nato si alza per reprimere il volo.

A fine maggio inizio giugno i musulmani iniziano operazioni militari nei pressi di Sarajevo, Tuzla, Goražde, Žepa e Srebrenica (aree protette dall'ONU) forti del rifornimento militare occidentale. In particolare vi sono documenti accertanti l'equipaggiamento musulmano di sistemi di comunicazione forniti dagli USA alle milizie musulmane di Naser Orić che cercano di aprire un corridoio tra Tuzla e Srebrenica. Esse si macchiano di crimini cruenti. Vi sono testimonianze di azioni clandestine addirittura contro civili musulmani operate con divise della Repubblica Srpska così da additare le stragi ai serbi. La Nato non interviene in nessuno dei casi.

La Propaganda atlantica nel mondo occidentale parla di 50.000 donne stuprate dai serbi come strategia di pulizia etnica, cioe' di stupro etnico. Mai si e' assistiti nel giornalismo ad una menzogna piu' grande, confermata sul campo pero' da Emma Bonino (Partito Radicale) al tempo commissaria europea che sara' determinante come pedina politica a favore dell'alleanza atlantica (sui rapporti tra il Partito Radicale e le strategie atlantiche vedi il caso rumeno in: Teobaldelli: 2004). Allo stesso modo l'agenzia di PR Ruder & Finn prepara e diffonde la grande truffa mediatica dei campi di concentramento serbi. Le proteste e le denunce serbo-bosniache e jugoslave sono ridicolizzate dai media occidentali e considerate semplicemente come propaganda serba, persino da giornali di sinistra (come l'Unita' ed il Manifesto in Italia).

Il generale serbo-bosniaco Ratko Mladic scrive ai primi di luglio al comando ONU accusando i musulmani di usare la demilitarizzazione delle safe-zone per attacchi terroristici contro civili. In particolare piuttosto efferato e' l'attacco al villaggio di Visnjica (a pochi chilometri da Srebrenica), attacco lanciato da forze armate musulmane provenienti da Srebrenica, a riprova della finta demilitarizzazione dell'enclave (vedi in proposito l'articolo di Stephen Kinzer pubblicato nel giugno 1995 sul N.Y. Times News Service). La dirigenza serbo-bosniaca decide nonostante l'inferiorita' numerica di reagire.

Il presidente serbo bosniaco, il poeta Dr. Radovan Karadžić, prendendo atto della situazione sul terreno, cioe' di aggressione militare, dichiara alla stampa che dunque neanche i serbi di Bosnia hanno piu' l'obbligo di rispettare la tregua perche' l'accordo ormai e' palesemente saltato. Iniziano operazioni militari serbo-bosniache contro le quali piu' volte si alzano in volo gli aerei della Nato. E' guerra totale. Ma nonostante l'inferiorita' numerica l'esercito serbo-bosniaco dimostra una supremazia militare indiscutibile. La supremazia militare serbo-bosniaca non viene scalfita neanche dall'intervento aereo Nato. Alcuni aerei Nato vengono abbattuti dalla sua efficiente contraerea. La Nato dunque decide l'invio di soldati e artiglieria. Nonostante  cio' cadono a fine luglio sotto il controllo serbo-bosniaco le aree di Žepa e di Srebrenica (dove la sconfitta militare per i musulmani e' pesantissima).

Successivamente la Croazia per cercare di contrastare la superiorita' militare serbo-bosniaca invia in Bosnia alcune migliaia di soldati ma senza risultati tangibili e prosegue l'offensiva in Slavonia conquistandola completamente. Contro tali operazioni non si ha nessun intervento Nato ancora.

Il 4 agosto la Croazia scatena l'operazione Tempesta contro la repubblica serba di Krajina. L'esercito serbo di Krajina sceglie anch'esso la strategia del ritiro tattico e informato dell'attacco si ritira due giorni prima verso la Bosnia e la Serbia evitando lo scontro e sperando così in un'operazione incruenta verso i civili da parte dei croati. Invece la furia dei paramilitari fascisti si scatena contro i civili e i loro beni. E' un  massacro e crisi umanitaria. 250mila civili serbi fuggono verso la repubblica serba di Bosnia e verso la Serbia. L'8 agosto aerei croati addirittura bombardano un convoglio di civili in fuga. Nessuna reazione ne' politica ne' diplomatica da parte dell'ONU o della NATO. Il 15 agosto i croati lanciano un'offensiva contro Trebinje (Repubblica Serba di Bosnia). Ancora nessuna reazione da parte della Nato ne' delle strutture politiche occidentali.

Il 28 agosto una granata colpisce un mercato di Sarajevo, nell'area sotto controllo musulmano. Le immagini dell'eccidio rimbalzano in tutti gli schermi televisivi dell'occidente che ne additano la responsabilita'  ai serbo-bosniaci. Parte un'inchiesta balistica di un generale canadese dei caschi blu, ma il 31 agosto prima dei risultati dell'inchiesta (la quale stabilira' che la granata era arrivata dal settore musulmano), la Nato decide l'intervento contro i serbi di Bosnia. 60 aerei Nato provenienti da basi in Italia e da una portaerei americana presente nell'Adriatico bombardano obiettivi serbo-bosniaci. Navi americane lanciano contemporaneamente missili Tomahawk. L'offensiva dura circa due mesi ma i serbi di Bosnia non cedono agli ultimatum (che si ripetono con insistenza) e mantengono le posizioni conquistate. Alla fine la crisi si risolve con la conferenza di Dayton che si conclude con un trattato di pace firmato a Parigi il 14 Dicembre da Izetbegović, Tudjman e Milošević e i rappresentanti del gruppo di contatto.

Gli accordi sanciscono che la Bosnia Erzegovina non e' uno stato indipendente bensì un protettorato dell'ONU, che ne elegge il governatore, in attesa di definizione definitiva e composta da due entita', la Federazione di Bosnia ed Herzegovina a gestione mista croata e musulmana e la Repubblica Serba di Bosnia, cioe' il trattato accetta lo status quo. In aggiunta i serbi di Bosnia hanno accettato il ritiro dell'artiglieria intorno a Sarajevo e una presenza Nato quale presidio a garanzia degli accordi. I croati e musulmani bosniaci invece hanno accettato la convivenza, rinunciato all'indipendenza della Bosnia finche' non se ne decidera' lo status finale, e accettato una cospicua presenza di soldati Nato. Alla conferenza viene anche stabilita da parte Croata una pacifica integrazione e parita' di diritti nei territori a maggioranza serba conquistati dalla Croazia (Slavonia e Krajina).


1.2. Kosovo 1996-1999.

E' da poco finita la crisi in Bosnia che nell'aprile del 1996 una serie di attentati contro civili non albanesi in Kosovo provocano la morte di 5 persone ed il ferimento di altre 4. Il 3 agosto vengono attaccate 3 stazioni di polizia. Il 28 settembre due bombe vengono lanciate contro una caserma dello JNA  e attaccate due stazioni di polizia.

Il 7 agosto del 1997 proclamazione dell'esercito di liberazione del Kosovo (OVK) che rivendica gli attacchi e incita gli albanesi alla lotta. A settembre una nuova serie di attentati e attacchi. In Novembre ci sono i primi scontri armati tra forze di polizia e gruppi di civili albanesi armati dell'OVK. Negli scontri perde la vita un giovane albanese. Iniziano a dicembre manifestazioni di studenti albanesi e scontri con la polizia. Il 7 gennaio del 1998 a Washington una dichiarazione del gruppo di contatto esorta il dialogo tra serbi e albanesi kosovari.

Prosegue la guerriglia dell'OVK in aree urbane, negli scontri a fuoco si hanno vittime di civili coinvolti involontariamente negli scontri. In marzo il gruppo di contatto inizia la pressione su Belgrado per la risoluzione del problema Kosovo.
In maggio il governo serbo inizia i primi colloqui di pace a Pristina tra le componenti etniche. Presenti serbi, musulmani, rom, turcomanni ed egiziani; non partecipano gli albanesi. Diplomatici americani insistono al colloquio tra serbi e albanesi, neanche una parola sull'esistenza in Kosovo di altri gruppi etnici. Intanto gli studenti albanesi iniziano proteste pacifiche. In piazza portano bandiere dell'Albania e degli USA.

In giugno le agenzie internazionali affermano che l'OVK ha il controllo del 40% del territorio del Kosovo e che nella guerra di "liberazione" hanno perso la vita 200 persone. Pura fantasia e infatti allo stesso tempo ancora proteste albanesi dove si invoca l'intervento della Nato che sarebbe inutile se la situazione fosse quella descritta dalle agenzie. A meta' giugno la Nato esorta la Jugoslavia a ritirare l'esercito dal Kosovo. Nei media occidentali ancora una volta la responsabilita' e' serba e neanche una parola sull'esistenza di altri gruppi etnici in Kosovo, ne' sul fatto che in Kosovo gli insediamenti serbi risalgono al 7° secolo ed esso e' parte della Serbia dal 10° secolo d.c. cpn l‘eccezione del periodo dell’invasione turca. In Kosovo si trovano tra i piu' antichi monasteri della chiesa ortodossa serba ed esso faceva parte della Vecchia Serbia. Per questo e' considerato dai serbi Terra Santa. Esso ha per i serbi un valore simbolico analogo a quello che per noi e' il Vaticano. Molti suoi monasteri godono della protezione UNESCO come capolavori storici dell'umanita' (e alcuni di questi sono stati dati alle fiamme dall'OVK).

Il Kosovo e' sempre stato Serbia con l'eccezione dell'occupazione nazifascista durante la seconda guerra mondiale che l'aveva incluso nella Grande Albania sotto protettorato italiano; ma di tutto cio' neanche una parola, i media occidentali non dicono inoltre che si chiede alla Jugoslavia di ritirarsi da una parte del suo territorio visto che esso e' parte della Jugoslavia. La campagna mediatica e' orchestrata in modo tale che il pubblico in occidente abbia la sensazione che il Kosovo sia albanese e che esso si trovi in uno stato di occupazione militare da parte dei serbi. Una menzogna di dimensioni stratosferiche.

Il 7 agosto la comunita' europea chiede l'intervento della Nato in Kosovo denunciando una catastrofe umanitaria. Nel documento si parla di 600 morti, 5.000 prigionieri e 200.000 profughi. Tutte cifre che risulteranno poi pura fantasia.
La campagna mediatica sale di intensita' mentre l'OVK intensifica la sua attivita' di guerriglia e attentati. A novembre diplomatici americani incontrano esponenti dell'OVK e nei media cominciano le prime dichiarazioni di un possibile intervento Nato per rovesciare il regime di Milošević indicato come la causa principale del problema.

Proseguono intanto attacchi contro civili non albanesi, in prevalenza serbi e rom (tra cui in molti casi si verificano torture, violenze carnali e omicidi; per alcuni di questi e' accusato l'attuale premier kosovaro che pero' riscuote l'entusiasmo dell'attuale responsabile internazionale in Kosovo) ma anche contro albanesi intellettuali, sindacalisti e politici (socialisti) che non si riconoscono nell'OVK e che invitano piuttosto alla calma.

Il 16 gennaio nel villaggio di Račak il famoso avvenimento della montatura di un eccidio di civili albanesi da parte di serbi. I media occidentali immediatamente bombardano l'audience occidentale e mondiale additando i serbi come responsabili. E' l'ennesimo caso di contemporaneo uso delle Covert Actions (in questo caso vengono usati corpi di combattenti dell'OVK uccisi in combattimenti e travestiti da civili; a certificare che si tratta di civili massacrati provvedera' poi il medico finlandese con una relazione piena di lacune) e di propaganda diretta, cioe' immediata diffusione in grande stile delle news riguardanti il caso, dove si da' per certo che la relazione del medico finlandese certifica il massacro; le news sono gia' pronte e dunque flusso informativo (foto, filmati e reports) e' così veloce da poter assicurare nel pubblico l'impressione di assoluta veridicita'. Pensate che in una foto si vede un uomo con un foro di proiettile sulla fronte che ha sulla testa il cappellino bianco che usano portare gli albanesi. E' chiaro che il cappello e' stato posto dopo altrimenti per via dell'impatto del proiettile esso sarebbe semplicemente volato via. Pensate solo che a volte l'impatto di un proiettile e' sufficente a fa volare via il corpo senza le scarpe, immaginate un cappello! Ma si sa, nei media bastano immagini e commenti per impressionare il pubblico senza indurlo tuttavia a riflettere su quel che vede.

Il 6 febbraio a Rambouillet in Francia colloqui di pace tra rappresentanti albanesi Nato e Jugoslavia. Il leader politico albanese kosovaro Rugova (del partito albanese di maggioranza in Kosovo) non e' ammesso a rappresentare gli albanesi kosovari che invece vengono rappresentati da esponenti dell'OVK. Non c'e' discussione ma soltanto un diktat, l'esercito jugoslavo deve ritirarsi dal Kosovo, ad esso subentrera' la Nato. In febbraio si intensificano le operazioni dell'OVK. Molte sue formazioni entrano in Kosovo dall'Albania e dalla Macedonia, ma vengono subite ingaggiate in combattimenti dall'Esercito Popolare Jugoslavo e sgominate. Il 24 marzo la Nato inizia i bombardamenti e i tentativi di penetrare in territorio jugoslavo dal confine albanese e macedone. In avanti vengono mandate le formazioni dell'OVK seguite da formazioni mercenarie e dai marines; tali operazioni sono appoggiate dall'aviazione USA che prepara il campo lanciando bombe da 1 o 2 tonnellate oltre alle famose bombe a grappolo. Nonostante lo sforzo bellico così congegnato, l'Esercito Popolare Jugoslavo regge il molto bene il confronto ed il tentativo NATO-OVK di creare delle teste di ponte per la successiva penetrazione/invasione via terra falliscono tutti.

I bombardamenti intanto colpiscono anche obiettivi civili quali scuole, ponti, e ospedali e un convoglio di civili albanesi in fuga dalla Nato verso Belgrado del quale i media occidentali subito additano le responsabilita' all'aviazione "serba" (notizia smentita dal ritorvamento dei giornalisti occidentali arrivati sul luogo di frammenti di bombe con i simboli USA). I bombardamenti vengono effettuati anche contro l'emittente televisiva RTS a Belgrado, la RTNS di Novi Sad e l'ambasciata cinese a Belgrado con diverse vittime.

Ai primi di giugno la Jugoslavia inizia a dare segni di impazienza e di ammonimento di un'imminente reazione se non si ferma l'aggressione. 5 o 6 aerei dell'aviazione jugoslava sorvolano a bassa quota la puglia senza lanciare bombe ne' attacchi. Successivamente rientrano senza problemi in Jugoslavia. Aerei jugoslavi attaccano una base Nato in Macedonia, e lo JNA invade il nord dell'Albania dove si trovano campi Nato da cui provengono i terroristi dell'OVK, e di conseguenza la Nato e le milizie albanesi sono costrette a retrocedere (fonti non ufficiali).

Sui media occidentali neanche una parola su tutto questo, e si smentisce la notizia del sorvolo sulla puglia confermato pero' da numerosi testimoni diretti intervistati da televisioni italiane.
Il 10 giugno, grazie alla mediazione di garanzia della Russia, Nato e Jugoslavia firmano un accordo che poi sara' ratificato dalla risoluzione 1244 dell'ONU che sancisce essere il Kosovo parte della Serbia ribadendone la sovranita' su esso, ma stabilisce la presenza di garanzia di truppe internazionali in funzione di peace-keeping. Insomma ancora una volta Milosevic e l'elite' jugoslava per amor di pace decidono di fidarsi dell'ONU come organismo super partes.


1.3. Un bilancio alla luce della situazione post-crisi: 1995-2005.

Dunque alla luce dei fatti visti non attraverso le lenti distorte della propaganda atlantica, appare chiaro fondamentalmente il ruolo attivo giocato dall'occidente, in particolare  dall'alleanza atlantica attraverso l'uso delle covert actions, cioe' dei mercenari nazifascisti. Il fascismo utilizzato dal punto strettamente logistico e' quello gia' utilizzato dallo Stay Behind in Europa (vedi: Blum: 1995) collegato alle componenti presenti come residuo storico nella Jugoslavia, nelle sue due varianti di fascismo croato e musulmano che pagato profumatamente inizia a rompere la pace sociale ed e' determinante ogni qual volta nei media si voglia dare un'accelerazione alla crisi inscenando eccidi della parte avversa e promuovendo così l'intervento militare atlantico con il consenso dell'audience.

Altro fatto chiaro e' l'assoluta mancanza di fondamento all'accusa contro i serbi. Basti guardare che ad oggi ancora nella Repubblica Srpska, in Montenegro ed in Serbia vivono pacificamente croati, musulmani e albanesi oltre a tutte le altre etnie che costituivano il popolo jugoslavo. Dunque il dato di fatto e' che attraverso la montatura propagandistica e l'intervento militare prima sporco poi diretto della Nato si e' proceduto ad una guerra contro la Jugoslavia che oggi si trova ridotta geograficamente nei territori della Repubblica Srpska, del Montenegro e della Serbia. A riprova e in aggiunta basti vedere l'intervento immediato del capitalismo occidentale nella sua corsa (e persino rivalita') all'accaparramento delle risorse naturali e industriali della Jugoslavia nei territori ad essa sottratti, e come in molti casi vi siano pesanti indizi di privatizzazioni eseguite in maniera poco legale.

In tutti i territori della Jugoslavia finiti sotto l'ombrello coloniale Nato l'economia e' stata completamente sottomessa al capitale straniero, le fabbriche in gran parte privatizzate e ristrutturate, ristutturazione che nel linguaggio capitalistico post guerra fredda, alla ricerca del massimo profitto senza piu' gli impicci di una qualsiasi prospettiva sociale, prevede sempre il licenziamento di buona parte della manodopera e abbassamento degli standard qualitativi; i politici devono anch'essi sottostare ai diktat euroatlantici dai quali soltanto hanno ricevuto la loro legittimita' (e parcelle consistenti in molti casi), ed insomma la situazione democratica complessiva e' di fatto nettamente inferiore a quelli che erano gli standard jugoslavi precedenti.

Inoltre in tutti questi territori attraverso il finanziamento massiccio a partiti politici e associazioni non-governative si e' iniziata una campagna di guerra clandestina attraverso la propaganda diretta e indiretta (con l'acquisto di larga parte dei media e l'apertura di case editrici) che ha messo l'elite jugoslava all'angolo, l'idea stessa di Jugoslavia e di multietnicita' e' scomparsa e si sono dall'alto accentuate mostruosamente le differenze linguistiche cercando di creare dal "serbo-croato" sulla base delle varianti locali addirittura tre lingue, il serbo, il croato ed il bosniaco (da notare che ultimamente anche in Montenegro le tendenze separatiste stimolate dall'Ovest stanno cercando di differenziare il montenegrino dal serbo nell'illusione di aggiungere un altro pezzettino di Jugoslavia nell'area coloniale atlantica). Nei territori a maggioranza serba in Croazia non sono stati rispettati gli accordi di Dayton e data l'assenza di diritto per i serbi e' cominciato un lento esodo degli stessi verso la Serbia e Montenegro, tanto che ad oggi la percentuale stimata di serbi in Croazia e' di circa il 4,5%.

Tutti coloro che si sono opposti culturalmente, politicamente e/o militarmente all'aggressione sono calunniati e diffamati quotidianamente, e le loro famiglie minacciate e perseguitate (così come si sono susseguiti pestaggi ed assassini di matrice ignota contro testimoni scomodi). E' il caso del poeta Dr. Radovan Karadžić e del generale Ratko Mladić calunniati da quasi tutti i media e visti come criminali di guerra; e' il caso degli ufficiali dello JNA, vittoriosi contro le milizie mercenarie a Vukovar e a Trebinje oggi alla sbarra all'AIA; e' il caso di quei soldati responsabili della difesa del paese nella crisi del 1999, i generali Pavković, Lazarević, Djordjević e Lukić, così come di molti altri militari e politici jugoslavi, tutti loro messi sullo stesso piano degli aggressori filoatlantici, dei mercenari nazifascisti, dei mujaedin di Al Quaida e delle milizie neo-naziste dell'OVK.

Nella Repubblica Serba di Bosnia la SFOR e l'OSCE hanno iniziato sin dal 1996 una campagna mediatica e propagandistica tesa a delegittimare la leadership serba. A Srebrenica per esempio nelle elezioni del 1998 sono stati registrati 3.500 elettori che non erano di Srebrenica ma della Bosnia Musulmana, il tutto con l'appoggio documentale dell'OSCE e con la protezione sul campo dei militari SFOR.

In Jugoslavia il governo filo-atlantico di Djindjic e' riuscito violando la costituzione a consegnare Slobodan Milošević ed altri ricercati al tribunale dell'inquisizione dell'AIA (e chiamarlo "Tribunale" e' veramente un insulto alla nozione stessa di diritto), e ha sancito poi nel marzo del 2003 la fine ufficiale della Jugoslavia che oggi si chiama Serbia e Montenegro. Il suo omicidio e' interpretato in molti ambienti come una manovra della CIA con doppio scopo: per liberarsene per via della sua vicinanza politica alla Germania (gia' rea al tempo di non voler partecipare all'invasione dell'Iraq e di non voler seguire ubbidiente i dettami USA) ed imporre al tempo stesso una repressione piu' veloce di tutte quelle componenti politiche, sindacali e culturali della societa' jugoslava ancora vive che ostacolavano il processo di sottomissione all'alleanza atlantica.
Immediatamente dell'omicidio sono stati accusati membri delle forze speciali jugoslave (i berretti rossi) le quali il governo filoatlantico ha poi subito provveduto a sciogliere. Inoltre e' stata operata una repressione con l'arresto di migliaia di persone in tutti i campi.

Non sarebbe la prima volta che la CIA procede a liberarsi di qualcuno che pure collabora con l'agenzia, al fine di dare una svolta di ferro al paese in oggetto (o a intervenire in esso, vedi in proposito l'ampia documentazione storica fornita dallo scrittore statunitense Willam Blum in Blum:1995) e togliere così di mezzo ostacoli consistenti all'imperialismo capitalista, quali ad esempio il corpo dei berretti rossi, un elite'  militare efficiente e professionale di tutto rispetto e dunque sul campo assai temibile.

Inquietante anche l'uso politico del Tribunale dell'AIA: allorquando le elezioni presidenziali jugoslave nel 2003 hanno sancito per due volte la supremazia elettorale del leader radicale Šešelj e' arrivata anche per lui una convocazione all'AIA (e attualmente egli si trova da due anni rinchiuso nel carcere olandese in attesa di conoscere la documentazione che ha sostanziato i capi di accusa, documentazione non ancora consegnatagli e forse inesistente, il che dimostra se ce ne fosse ancora bisogno l'assoluta parzialita' dell'inquisizione messa su all'AIA degna di un teatrino da bassifondi e quanto di piu' lontano da cio' che solitamente si suol definire diritto o addirittura diritto internazionale: alle proteste recenti di Šešelj che con lucidita' ha spiegato di recente la sua situazione durante l'udienza, il Tribunale ha risposto cambiandogli la cella e mettendolo in una senza finestra e senza bagno).

Ancora piu' chiara e' la doppiezza della alleanza atlantica nel caso del Kosovo dove ad oggi la popolazione non-albanese vive in veri e propri lager (soprattutto serbi e rom contro i quali si sono scatenate le peggiori efferatezze), dove non esiste diritto, dove dal 1999 ad oggi gli episodi di violenza gratuita contro civili non albanesi si sono susseguiti ininterrottamente; nel marzo scorso nonostante il peacekeeping della NATO (sola responsabile della situazione visto che la Russia ha abbandonato la provincia dichiarandosi non disposta a rendersi complice di una situazione di assoluta non legalita' sul piano internazionale) gli esponenti dell'OVK hanno proceduto ad una efferata campagnia di sterminio e distruzione contro civili non albanesi e chiese e monasteri ortodossi.

Ancora in Kosovo dal Natale scorso diversi villaggi non albanesi si sono ritrovati senza luce ne' acqua con motivazioni assurde (pensate che la temperatura e' arrivata a -30), e che persino i convogli umanitari con legna che partono dalla Serbia vengono bloccati; in piu' l'autorita' multinazionale insiste in provocazioni politiche anti-serbe come quella di procedere a dichiarare vietate le targhe serbe in Kosovo violandone la sovranita'; o quella di partecipare a commemorazioni di monumenti in onore defunti terroristi dell'OVK; il tutto con il tacito consenso della alleanza atlantica; e ancora in Kosovo gli USA hanno costruito l'enorme base militare di Camp Bondsteel violando tutti gli accordi nonche' la sovranita' della Serbia ribadita dalla risoluzione ONU 1244, e dove persino la popolazione albanese deve fare i conti con una situazione economica disastrosa visto che la maggioranza delle attivita' produttive (tra le quali la famosa miniera di Trepča) sono state occupate dalla NATO ed e' in vista di privatizzazioni che ne formalizzino e legalizzino il passaggio di mano.
Il resto dell'economia e' affidata alla gestione mafiosa dei signori della guerra dell'OVK e consiste in traffico di droga, prostituzione e traffico d'armi e di donne.

Insomma attraverso la propaganda e la guerra clandestina e' stata fatta scoppiare la crisi jugoslava indicandola e disegnandola come guerra civile così da far apparire estranei al conflitto i paesi occidentali e poter intervenire militarmente, usando a tal fine anche l'ONU, e presentando così l'intervento in veste di super partes. Invece l'intervento dell'alleanza atlantica alla luce dei fatti e' definibile soltanto come aggressione prima mascherata e poi diretta e non come intervento imparziale. D'altro canto dai fatti emerge che nonostante la superiorita' militare jugoslava l'elite' politica con a capo il Presidente Slobodan Milošević ha cercato, con una tattica che ricorda un po' quella di Stalin durante il nazifascismo, di tenere piu' possibile lontana l'ipotesi di una guerra totale, operando un ritiro strategico e cedendo territori ma salvaguardando le vite civili; si e' cercato poi al tempo stesso di risolvere nel migliore dei modi possibili e diplomaticamente la crisi.

Milošević e la sua dirigenza hanno optato (anche se tentennando) per la fiducia nel ruolo super partes degli organismi internazionali come l'ONU che invece purtroppo sono stati tutto fuorche' imparziali; questo perche' in realta' la strategia atlantica gia' prevedeva il loro uso parziale, basato sulla reazione alle falsita' elaborate dalla propria propaganda sul terreno per mezzo della guerra clandestina; queste diffuse poi nel villaggio globale attraverso le superfici patinate dei media, così da scatenare reazioni emotive che spingessero verso l'intervento veloce prima dell'avvio e/o della fine delle inchieste internazionali. A tal fine si e' poi costituita una struttura mascherata da Tribunale, quella dell'AIA, dove sullo stesso piano sono stati messi gli esecutori mercenari della strategia clandestina, e politici e ufficiali della Jugoslavia che hanno operato seriamente e professionalmente in difesa del proprio popolo e del proprio paese. Il Tribunale mascherato dalla propaganda come internazionale ha invece sin dall'inizio operato parzialmente; e mentre i pochi mercenari croati e bosniaci aspettavano le sorti del processo "rinchiusi" in lussuose ville sul mare del Nord, tutta l'elite' Jugoslava si e' trovata rinchiusa nel carcere di Scheveningen.


Il bilancio dunque che si trae dai fatti e' che tutto il caso jugoslavo altro non e' stato che il risultato di una aggressione atlantica alla Jugoslavia e rappresenta ad oggi soltanto un'infamia per tutto il mondo occidentale (e per l'Europa in particolare) che drogato dalla propaganda e' stato passivo a guardare il massacro mentre la sua elite' politica e militare procedeva senza scrupoli alla mattanza del popolo jugoslavo.


Parte 2. PROPAGANDA VS. CULTURA GENERALE: ECCO IL VELO DI MAYA


2. La Propaganda indiretta: il caso dei libri nozionistici.

Ma vediamo ora come la propaganda si muove a mistificare la realta' anche in maniera indiretta attraverso edizioni nozionistiche dirette al grande pubblico. Questa parte della propaganda atlantica getta una luce sinistra sullo stato della democrazia in Europa e pone allo storico delle questioni che nell'epilogo cerchero' brevemente di riassumere.
Analizzeremo in rapporto a nozioni riguardante la Jugoslavia l'Atlante Geografico del Mondo edito nell'agosto del 1998 del Gruppo Editoriale  Giunti (Firenze) ed un manuale pratico per stranierititolato Parlo Italiano - Provo, e' facile edito nel gennaio 2000 da Demetra Editore (Verona) ed un libro di Lingua Bosniaca (Bosanski Jezik) per stranieriedito in Bosnia nel 1997 dalla BEMUST (Zenica).


2.1. Atlante Geografico del Mondo ... a immagine dell'Occidente.

L'atlante geografico in oggetto titolato Atlante Geografico del Mondo e' stato edito nel 1998 e dunque dopo le crisi che come abbiamo visto ha lasciato irrisolto lo status della Bosnia affidata ad un protettorato dell'ONU ancora in corso e prima della crisi in Kosovo e della fine della Jugoslavia sancita dalla nascita dello Stato di Serbia e Montenegro.
Alle pagine 164-175 troviamo le schede degli stati in ordine alfabetico. I dati forniti che ci colpiscono sono quelli relativi alla lingua e alla religione.

Sfogliamo ed ecco comparire dagli stati a pag. 165 la Bosnia-Erzegovina.
Si legge testualmente:

Lingua: serbo-croato
Religione: musulmana, cristiana.

Dunque si usa l'etichetta della linguistica contemporanea che definiva la lingua jugoslava come serbo-croato. Scompare pero' la divisione religiosa fra cattolici e ortodossi, inclusi nella stessa etichetta cristiana, etichetta che si suole usare per definire quelle comunita' che fanno riferimento al cristianesimo in Africa.

A pag. 167 troviamo invece la Croazia. Ecco i dati:

Lingua: croato
Religione: cattolica, ortodossa.

Qui la lingua viene definita come croato e non si fa alcun acceno ai serbi nonostante si indichi la presenza della religione ortodossa.

A pag. 169 troviamo la Jugoslavia. Ecco i dati:

Lingua: serbo-croato, sloveno, macedone.
Religione: ortodossa, cattolica, musulmana.

Nessun acceno alla lingua ungherese e rom, ne' a quella rumena e albanese, eppure minoranze linguistiche cospicue, si indica invece la presenza dello sloveno e del macedone che dopo l'indipendenza della Slovenia e della Macedonia sono minoranze veramente di piccole proporzioni. Ne' si fa accenno alla religione evangelista pure presente in buona parte soprattutto nella minoranza slovacca..

A pag. 170 troviamo la Macedonia. Ecco i dati:

Lingua: macedone, albanese.
Religione: Ortodossa

Nessun accenno alla minoranza serba di lingua serbo-croato. E alla presenza della lingua albanese non si indica la concomitante presenza della religione musulmana (e' vero tral'altro che nell'etnia albanese e' presente un cospicuo numero di religione ortodossa persino nella stessa Albania ma nella scheda Albania a pag. 164 la sola religione indicata e' quella musulmana).

A pag. 173 troviamo la Slovenia. Ecco i dati:

Lingua: Sloveno
Religione: Cattolica.

Anche qui nonostante la presenza croata e serba (nonche' di bosniaci) non si indica il serbo-croato ne' la religione ortodossa.

Ad un confronto fra di loro le schede dunque risultano ancora piu' sconcertanti e piuttosto contradditorie. Ad esempio nonostante la presenza serba in Croazia non si fa riferimento alla lingua che come croato, e nonostante la Bosnia Erzegovina non sia ancora a tutti gli effetti uno stato si indica come tale indicando in esso la lingua come serbo-croato ma non indicando la religione ufficiale dei croati cioe' cattolica, ne' quella dei serbi, cioe' ortodossa. In Jugoslavia, Bosnia Erzegovina e Croazia spariscono la lingua rom e ungherese pure presenti, ed in Jugoslavia la lingua albanese.

I dati delle schede risaltano ancora piu' contradditori se paragonati poi con una rappresentazione grafica del mondo denominata Aree di tensione alle pagine 150 -151.
La mappa del mondo e' arricchita in basso da quattro riquadri specifici in funzione di zoom a determinate aree geografiche di tensione. Nella prima troviamo Croazia, Bosnia e Jugoslavia. Sotto il riquadro dal titolo piuttosto ambiguo Aree di controllo etnico, vi sono quattro quadratini colorati che rispettivamente indicano:

1 verde -> Bosniaci
2. giallo -> Croati
3. arancione -> Serbi
4. viola -> albanesi

Guardando il riquadro troviamo in Croazia una cospicua presenza di arancione, cioe' di aree a "controllo etnico" serbo. Eppure come abbiamo visto nella scheda Croazia nessun accenno ai serbi. In Bosnia Erzegovina troviamo che nella maggior parte della Repubblica Srpska si trovano bosniaci mentre nella parte musulmano-croata solo croati. Nella Jugoslavia troviamo un enigma: l'area e' divisa in due sottoaree Serbia e Montenegro. Nell'area Montenegro e' completamente assente il colore arancione dei serbi e non v'e' alcun colore per i montenegrini. Eppure molti serbi vivono lì così come molti montenegrini vivono in Serbia. Né v'e' quello dei croati e dei bosniaci pure presenti in minoranza nel nord; c'e' pero il colore degli albanesi in una piccolissima zona nel  sud tra l'Adriatico ed il lago di Scutari. Allo stesso modo l'area corrispondente al nord della Vojvodina (nord della Serbia) dove vivono accanto a serbi, ungheresi, rom, croati, slovacchi, rumeni, russi ecc. non v'e' alcun colore. Nella parte corrispondente al Kosovo ecco il colore degli albanesi che sconfina anche nella regione settentrionale della Macedonia. Eppure sia nella scheda della Jugoslavia sia in quella della Macedonia e' assente il riferimento alla lingua albanese.
La Slovenia invece, al pari del Montenegro, non presenta alcun colore.

Insomma e' difficile veramente interpretare tale riquadro soprattutto se poi se ne cerca una chiave di lettura nelle schede degli stati dove come abbiamo visto vi sono contraddizioni e lacune veramente vistose.


2.2. Schede e cartografie dell'Atlante: stile 20.000 leghe sotto i mari?

Ma ecco l'enigma non e' finito e tre rappresentazioni grafiche successive ci danno forse ancora piu' filo da torcere.

Alle pagine 154-155 la carta indica il mondo separato in colori che rappresentano la Speranza di vita alla nascita espressa come media dal valore minimo di 45-50 a quello massimo di oltre 75 anni. Notiamo subito che Slovenia, Croazia e Bosnia Erzegovina è del colore che indica in 70-75 anni la media di vita in questi paesi. Invece la Jugoslavia e' indicata con il colore che stabilisce la media a 45-50 anni. La differenza e' sorprendente. Pensate che con lo stesso colore si rappresenta lo Yemen, l'Etiopia e il Mozambico, paesi dove esistono carestie epidemiche dovute al clima. In aggiunta vediamo che in Macedonia la speranza di vita e' invece stimata in 65-70 anni come l'Albania. Allora come si spiega che in Serbia e Montenegro la gente vive in media 25-30 anni meno che in Croazia, Slovenia e Bosnia Erzegovina, e 20-25 anni meno che in Macedonia ed Albania? Eppure l'area geografica e' la stessa. Che sia dovuto all'uranio impoverito buttato dall'alleanza atlantica e' da escludere poiche' l'edizione e' del 98' e a quel tempo contaminate da uranio e da altre sostanze chimico-batteriologiche dovute ai bombardamenti atlantici risulta essere solo la Bosnia- Erzegovina che presenta un'ottima media. E allora? Forse e' una questione economica o di mancanza di cibo?

Alle pagine 156-157 la carta Prodotto interno lordo forse ci chiarisce il problema Jugoslavo. Infatti la Jugoslavia e' indicata dalla media di 2.500-5.000 dollari USA per abitante mentre Slovenia e Croazia di 5.000-10.000 dollari. Ma la situazione si complica se si guarda alla Bosnia-Erzegovia indicata in 500-1.000 dollari. In Bosnia-Erzegovina vivono fino a 75 anni di media senza soldi? Bisognerebbe proprio chiedergli come fanno. Ad aggravare la confusione ecco che la Macedonia e' indicata con la stessa cifra della Jugoslavia (mentre l'Albania gode della stessa media di Slovenia e Croazia. Eppure tutti in Europa sanno che i 2/3 della popolazione albanese e' emigrata e lavora all'estero. Dunque quel terzo rimasto rimasto riesce a produrre così bene?).

Sperando di risolvere la situazione passiamo alla carta successiva alle pagine 158-159, quella indicata come Alimentazione. Qui abbiamo la media di calorie pro-capite al giorno. La carta ci getta nella piu' completa confusione, poiche' indica tale media con il colore di piu' di 3500 comune a Francia, Belgio Olanda, Italia, Slovenia, Croazia, Bosnia-Erzegovina, Jugoslavia e Macedonia.
'Dunque in tali paesi l'alimentazione e' ottima, pero' in Bosnia-Erzegovina essa non dipende in alcun modo dallo stato dell'economia, mentre in Jugoslavia essa non e' sufficiente a garantire una buona media di vita? Insomma il quadro proveniente dalle carte dalle schede e dai dati statistici e' tutt'altro che coerente.

A questo punto e' lecito chiedersi: in base a quali dati sono state elaborate le schede degli stati e quelle delle aree di tensione? Chi ha curato e per chi l'edizione di questo atlante? Chi ha fornito le cartografie e i dati statistici? Forse Jules Verne? O forse qualche commissario europeo o qualche diplomatico americano che, finita la crisi, e' rimasto senza lavoro e collabora con editori di atlanti? O i dati piuttosto provengono da qualche agenzia privata di servizi cartografici e statistici in forte odore (o meglio puzza) di finanziamento CIA?

Sicuramente possiamo affermare che tali carte, schede e dati sono e rappresentano dati che non hanno riscontro nella situazione oggettiva. Pero' chi ha seguito nell'evolversi la crisi jugoslava sa che tali lacune e contraddizioni sono straordinariamente simili alle statistiche di divisione etnica presentate dall'alleanza atlantica ogni volta che si e' cercati di fare una trattativa diplomatica, ossia per cercare di dare un'immagine quanto piu' frammentata della nazione jugoslava. Insomma sono dati sospettosamente analoghi a quelli forniti nella sua propaganda dall'aggressore della Jugoslavia e sicuramente poco a che fare hanno con cio' che si suol definire scienza geografica. 


2.3. Italiano per stranieri (delle colonie occidentali) e lingua bosniaca (per stranieri non-jugoslavi): ovvero ancora propaganda.

Vediamo ora come anche in edizioni che sembrano avere poco a che fare con un'attivita' di propaganda si possa invece intravederne l'opera.
Il libro di italiano per stranieri che analizziamo si presenta come un manuale pratico per stranierititolato Parlo Italiano - Provo, e' facile, l'edizione e' del gennaio del 2000, cioe' pochi mesi dopo la fine della crisi in Kosovo sancita dalla risoluzione 1244 che come abbiamo visto ribadisce essere il Kosovo parte della Serbia (e quindi della Jugoslavia).
Ecco che alla pagina 12 troviamo una tabella che ci dice come ci si presenta parlando del proprio paese e della propria nazionalita'. La tabella e' divisa in due colonne, la prima ha per titolo Provenienza / Luogo di Nascita la seconda Nazionalita'. Troviamo ad esempio nella prima colonna Marocco e nella seconda marocchino/a. A fine colonna ecco i dati che ci interessano:


Kosovo
Serbia
Croazia


kosovaro/a
serbo/a
croato/a

 

Pensate che il Kosovo e' indicato come fosse una nazione e kosovaro una nazionalita'. Allo stesso modo Serbia e serbo/a, mentre appare chiaro che da un punto di vista oggettivo in entrambi i casi avrebbero dovuto scrivere Jugoslavia  jugoslavo/a.

Ma qualcuno potrebbe obiettare che cio' ha poca importanza, d'altronde non e' un libro di Geografia.

Pensate voi se andaste all'estero e trovaste una tabella analoga dove parlano di Padania padano/a, Toscania toscano/a, Sicilia siciliano/a, ecc. come nazioni e nazionalita'. Che cosa pensereste?

E perche' mettere poi un esempio così controverso? Avrebbero potuto benissimo al posto di kosovaro mettere che ne so, Filippine filippino/a  - e -  Senegal senegalese visto che ce ne sono tanti in Italia e nella tabella mancano entrambi. Il sospetto molto marcato e' invece che tale distinzione serva a rafforzare ancora di piu' il recente martellamento della propaganda atlantica che ha insistito per tutta la durata della crisi sulla distinzione Serbia Kosovo come se si parlassero di due stati diversi, il secondo occupato dal primo.

Allo stesso modo troviamo un analogo sospetto nel libro di Lingua Bosniaca (Bosanski Jezik) per stranieri edito nel 1997 in Bosnia-Erzegovina, cioe' dopo gli accordi di Dayton che sanciscono l'esistenza della Bosnia-Erzegovina come una federazione di due entita', la croata-musulmana e la Repubblica Srpska, e prima della dissoluzione della Jugoslavia.
Beh, sfogliando tutto il libro non troverete neanche un breve accenno alla Jugoslavia. La parola Jugoslavija non c'e'. Così come Srbjia (serbia), srpski (serbo - lingua, il), srbin (serbo, uomo), srpkinja (serba, donna), e nessun riferimento ai Rom. Insomma nonostante la presenza in Bosnia della Repubblica Serba a  maggioranza serba accanto alla federazione Bosnia ed Erzegovina, nonche' della popolazione Rom molto cospicua in Bosnia, il libro non ne parla affatto, non un accenno alla multietnicita' che l'ha sempre caratterizzata, così come non si parla affatto della Jugoslavia, che pure ha costituito piu' di 45 anni della storia recente della Bosnia.

Insomma che anche questa lacuna sia casuale sembra assai poco credibile.


3. Il caso jugoslavo: l'infamia estrema dell'occidente.

Concludendo possiamo dire che ci sono pochi dubbi sul ruolo attivo di aggressione clandestina alla Jugoslavia operato dall'alleanza atlantica.

Piuttosto mancano alcuni dettagli per un quadro totale, dettagli che difficilmente emergeranno finche' l'incarico di far luce su quanto successo sara' nelle mani del tribunale dell'AIA, il quale piu' che ad un tribunale assomiglia molto piu' ad una Gang Massonica (ed il sospetto che dietro tutto questo ci sia qualche tipo di loggia e' piu' che fondato: vedi in proposito l'intervista di Jürgen Elsässer a Smilja Avramov sulla Commissione Trilaterale e il Gruppo Bilderberg,  intervista pubblicata di recente sulla mailing list del CNJ; sempre sulla lista inoltre informazioni sui rapporti tra il Giudice inquisitore Carla Del Ponte e la Mafia Kosovara in Svizzera); esso infatti e' palesemente dalla stessa parte dell'aggressore nonostante cerchi di darsi un'aspetto imparziale che la possa far rassomigliare (senza riuscirvi) ad un organismo giuridico. Basti pensare che il Tribunale ha cercato sin dall'inizio di nominare d'ufficio gli avvocati per gli imputati (serbi) violando un diritto fondamentale dell'imputato in ogni tribunale che voglia definirsi giusto, cioe' quello di poter scegliere il proprio difensore.

Qualche giorno fa lo stesso metodo e' stato applicato nel caso dei due generali della Repubblica Srpska Mileti
ć e Gvero che si sono consegnati al Tribunale. Ad entrambi e' stato assegnato un avvocato d'ufficio nonostante entrambi avessero propri avvocati gia' da tempo in contatto con le strutture del Tribunale dell'Aia. Il giudice ha pero' spiegato agli imputati che presto potranno avere un proprio difensore, ma la ragione di tale comportamento resta ignota. In questo suo operare il Tribunale dell'AIA assomiglia piuttosto piu' ad un tribunale politico che ad uno giuridico, insomma il suo procedere ricorda nello stile il tristemente noto "Tribunale Speciale" dell'epoca fascista o tribunali analoghi in analoghe situazioni (Cile, Peru', Argentina durante le varie dittature fasciste) dove il diritto e' piu' che carente.

Dicevamo dunque che il Tribunale sia una struttura parziale e politica appare fuor di dubbio. I dubbi invece riguardano piuttosto il mondo occidentale e soprattutto l'Europa democratica in prima persona (dato che gli USA ormai sono palesemente non definibili come paese dove si rispetta la democrazia).

Ad esempio, una delle prime questioni e': le strutture politiche occidentali,  i governi e parlamenti nazionali ed europeo, erano al corrente della strategia di guerra clandestina operata dalle strutture militari e di sicurezza (Pentagono  e Cia in testa, con la collaborazione fedele dei servizi segreti e militari del Vaticano, dell'Italia, della Germania, dell'Olanda ecc)?
Dal punto di vista europeo piu' generale poi la risposta a tale domanda potrebbe servire a rispondere ad un'altra e piu' inquietante domanda che ci ripromettiamo di affrontare in un prossimo saggio, e cioe': e' forse in Europa la democrazia parlamentare soltanto una facciata? E in realta' l'organizzazione di una rete clandestina di servizi e gruppi segreti, in stretta collaborazione con ambienti militari e segreti a direzione statunitense, cioe' l'esistenza dello STAY BEHIND,  non rappresenta una estrema lesione della sovranita' nazionale.?

In tal caso ad esempio se alcuni politici di governo sapevano e il rispettivo parlamento no, credo che una domanda ulteriore sia: non dovrebbero allora rispondere di fronte al proprio popolo di lesione/tradimento della Costituzione?
Credo che far luce sul caso jugoslavo servirebbe anche a far luce sulla reale situazione dello stato della democrazia in Europa e a gettare fondamenta piu' solide sul futuro di questa unione che per adesso e' stata solo economica e criminale.
Inoltre dato che in ogni diritto civile esiste il reato di calunnia o diffamazione, reato che prevede in alcuni casi anche pene piuttosto severe, che succedera' se un giorno la Jugoslavia iniziera' a procedere legalmente per avere giustizia e/o a reclamare per essere risarcita da questa lunga e sanguinosa opera di diffamazione e di aggressione?

Personalmente ritengo che finche' non si fara' luce attraverso un'organismo veramente imparziale di tutto cio' che e' avvenuto in Jugoslavia dal 1990 ad oggi, e finche' gli eventuali responsabili non saranno giudicati e i danni alle reali vittime risarciti, il caso jugoslavo continuera' a rappresentare soltanto un'infamia estrema per l'Occidente e per l'Europa in particolare, che nel momento in cui procede al rafforzamento dell'Unione ha la faccia tosta di chiedere a Serbia e Montenegro come requisito fondamentale per l'Entrata nella Comunita' Europea la piena collaborazione con il Tribunale dell'AIA.

Insomma si chiede alla vittima di collaborare con il carnefice?

Complimenti, ma che bella Europa ... io piuttosto andrei sulla Luna!

P. Teobaldelli

BIBLIOGRAFIA

BLUM, W.,
1995    Killing Hope, U.S. Military and CIA Interventions since World War II, Common Courage Press, Monroe, Maine.

COORDINAMENTO NAZIONALE JUGOSLAVIA
Sito dell'Associazione Nazionale Jugoslavia all'indirizzo: http://www.cnj.it - sul sito trovate il link alla mailing-list dell'associazione ricca di notizie e documentazioni sul caso jugoslavo e non solo.

COVERT ACTIONS QUARTERLY
Magazine edito in Canada, Toronto, ha per oggetto le azioni clandestine della CIA e di tutti i gruppi che da essa promanano (le famigerate Death Squads) in tutto il mondo.

TEOBALDELLI, P.,
2004, La Propaganda Atlantica Contemporanea, in: Resistenze, Centro Cultura e Documentazione Popolare.
2005, La Propaganda Atlantica Indiretta: i film hollywoodiani, in: Resistenze, Centro Cultura e Documentazione Popolare, febbraio.