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Guerre "buone" e "cattive"e la lotta della memoria contro l'oblio

John Pilger | johnpilger.com
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

12/02/2014

Cinquant'anni fa, l'opera di E.P. Thompson 'The Making of the English Working Class' (La formazione della classe operaia inglese, NdT) sottrasse lo studio della storia ai potenti. Re e regine, proprietari terrieri, industriali, politici e imperialisti possedevano gran parte della memoria pubblica. Nel 1980, "A People's History of the United States" ( Una storia popolare degli Stati Uniti, NdT) di Howard Zinn dimostrò anche che le libertà e i diritti di cui godiamo precariamente – libera espressione, libera associazione, the jury system, i diritti delle minoranze – erano conquiste della gente comune, non regali delle elites.

Gli storici, come i giornalisti, svolgono il loro ruolo più onorevole quando spezzano i miti. "The Open Veins of Latin America" (Le vene aperte dell'America Latina, NdT) di Eduardo Galeano (1971) ha raggiunto questo scopo per gli abitanti di un continente la cui memoria storica è stata colonizzata e mutata dal predominio degli Stati Uniti.

La "buona" guerra mondiale del 1939-45 fornisce un bagno etico senza fondo nel quale le conquiste "in tempo di pace" dell'occidente sono purificate. La demistificazione dell'indagine storica si trova in mezzo. "1939: the countdown to war" (2009) (1939: il conto alla rovescia verso la guerra, NdT) di Richard Overy è una spiegazione devastante del perchè quel cataclisma non era inevitabile.

Abbiamo bisogno di tali "liberatori di cortina fumogena" ora più che mai. I potenti vorrebbero farci credere che autori del calibro di Thompson, Zinn e Galeano non siano più necessari: che noi viviamo, come scrive il magazine Time, "in un eterno presente", nel quale la riflessione è limitata a Facebook e la narrativa storica è riservata ad Hollywood . Questo è un trucco sulla fiducia. In "1984", George Orwell scrisse: "Chi controlla il passato controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato."

Il popolo di Corea lo capisce molto bene. Il massacro sulla loro penisola dopo la Seconda Guerra mondiale è conosciuto come la "guerra dimenticata", la cui importanza per tutta l'umanità è stata a lungo repressa nelle storie militari della guerra fredda come il bene contro il male.

Ho appena letto "The Korean War: A History by Bruce Cumings" (2010), professore di storia presso l'Università di Chicago. Ho visto la prima volta Cumings intervistato nello straordinario film di Regis Tremblay, "The Ghosts of  Jeju", che documenta la rivolta del popolo dell'isola sudcoreana di Jeju nel 1948 e la campagna degli isolani di oggi per fermare la costruzione di una base con missili americani puntati provocatoriamente verso la Cina.

Come la maggior parte dei Coreani, gli agricoltori e le famiglie dei pescatori hanno protestato per la divisione insensata della loro nazione tra nord e sud nel 1945 – una linea tracciata lungo il 38° Parallelo da un ufficiale americano, Dean Rusk, che ha "consultato una mappa intorno alla mezzanotte del giorno dopo che abbiamo cancellato Nagasaki con una bomba atomica," scrisse Cumings. Il mito di una "buona" Corea (del sud) ed una "cattiva" Corea (del nord) fu inventato.

In realtà, la Corea, del nord e del sud, ha una notevole storia di resistenza popolare al feudalesimo e all'occupazione straniera, in particolare al Giappone nel 20° secolo. Quando gli americani sconfissero il Giappone nel 1945, occuparono la Corea e spesso bollarono quelli che avevano resistito ai Giapponesi come "comunisti". Sull'isola di Jeju, ben 60.000 persone sono state massacrate da milizie supportate, dirette e, in alcuni casi, comandate da ufficiali americani.

Questa ed altre atrocità non riportate erano un preludio "dimenticato" alla Guerra di Corea (1950-53) nella quale furono uccise più persone che giapponesi durante tutta la Seconda Guerra mondiale. Cumings dà un riscontro sorprendente del grado di distruzione delle città del nord: Pyongyang 75 percento, Sariwon 95 percento, Sinanju 100 percento. Grandi dighe nel nord sono state bombardate per scatenare tsunami interni. Armi "anti-uomo", come il Napalm, vennero testate sui civili. L'eccellente indagine di Cumings ci aiuta a comprendere perchè la Corea del Nord di oggi sembra così strana: un anacronismo sostenuto da una duratura mentalità di assedio.

"La macchina senza ostacoli del bombardamento incendiario visitò il Nord per tre anni" scrive, "producendo un deserto ed un popolo di superstiti talpe che avevano imparato ad amare il riparo delle grotte, le montagne, le gallerie e le ridotte, un mondo sotterraneo che divenne la base per ricostruire un paese e un ricordo per la costruzione di un odio feroce tra i ranghi della popolazione. La loro verità non è fredda, antiquaria, inefficace conoscenza." Cumings cita Virginia Wolf su come il trauma di questo tipo di guerra "conferisce memoria".

Il leader della guerriglia Kim Il Sung aveva cominciato a combattere i militaristi giapponesi nel 1932. Ogni caratteristica assegnata al regime da lui fondato - "comunista, stato canaglia, malvagio nemico" – deriva da una spietata, brutale, eroica resistenza: prima al Giappone, poi agli Stati Uniti, che minacciavano di bombardare le macerie che avevano lasciato i primi bombardieri. Cumings denuncia come propaganda la nozione che Kim Il Sung, leader della Corea "cattiva", fosse un fantoccio di Mosca. In contrasto, il regime che Washington ha inventato nel sud, la Corea "buona", venne gestita in gran parte da coloro che avevano collaborato con il Giappone e con gli Stati Uniti.

La Guerra di Corea ha una caratteristica non riconosciuta. Fu tra le rovine fumanti della penisola che gli Stati Uniti la trasformarono in quello che Cumings chiama "un arcipelago dell'impero". Quando l'Unione Sovietica è collassata negli anni '90, era come se l'intero pianeta fosse stato dichiarato americano – o qualcosa del genere.

Ma adesso c'è la Cina. La base attualmente in fase di costruzione sull'isola Cheju si troverà di fronte alla metropoli cinese di Shanghai, lontano meno di 300 miglia, e cuore industriale dell'unico paese il cui potere economico è probabile che supererà quello degli Stati Uniti. "La Cina," dice il presidente Obama in un documento informativo trapelato, "è la nostra minaccia strategica più velocemente emergente". Entro il 2020, quasi i due terzi di tutte le forze navali statunitensi in tutto il mondo saranno trasferite nella regione Asia-Pacifico. In un arco che si estende dall'Australia al Giappone e oltre, la Cina sarà circondata da missili americani e aerei armati di testate nucleari. Cadrà "nell'oblio" di tutti noi anche questa minaccia?

Questo articolo è apparso dapprima su New Statesman, UK


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