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Gli eroi e la Lega nazionale di football negli USA

Zoltan Zigedy | mltoday.com
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

21/08/2017

La moneta corrente più svalutata negli Stati Uniti è l'assegnazione della patente di "eroe". In tempi caratterizzati dalla pervasività della corruzione, dall'affievolirsi della morale e della dignità, gli opinionisti inseguono atti di bontà non comune da annunciare come eroici, araldi che possano colorare e ispirare il quadro di questa sordida epoca.

La soglia è stata così abbassata che fare semplicemente quello che fai o che potresti fare, guadagna la patente di eroe: un vigile del fuoco salva un cane e diventa un eroe per i media; un cane salva un vigile del fuoco e anche lui diventa un eroe.

Davvero?

In tempi più eroici, lo standard per lo status di eroe era ben più alto.

Un eroe dovrebbe essere colui che leva la sua voce per coloro che non sono ascoltati; un eroe dovrebbe essere chi accantona l'interesse personale per affrontare il sopruso.

Pensavo a questo quando ho visto l'immagine di una giovane coppia afroamericana che piangeva la perdita di Heather Heyer, vittima di un brutale attacco a Charlottesville, in Virginia. Manifestava in un corteo antirazzista quando le strappavano la vita. Lei non è forse un eroe, secondo qualsiasi standard?

Mi ricordo di un'altra giovane donna, Rachel Corrie, uccisa in Israele, mentre protestava per ottenere giustizia per i palestinesi. Non è un eroe? Non dobbiamo tenere cara la sua memoria e raccontare del suo eroismo?

Sulla misura probabilmente di altri standard, avrei annoverato anche Colin Kaepernick degno della statura di eroe. Se non ha dato la sua vita per la causa della giustizia razziale, ha rischiato la sua carriera nel calcio professionale per compiere un atto contro il razzismo istituzionale - in particolare la persistente violenza poliziesca contro i neri - davanti milioni di persone. Nell'ambito dell'élite della Lega Nazionale di Football, Kaepernick ha fatto un passo avanti rispetto all'asticella molto bassa della decenza dei neandertaliani che possiedono e gestiscono lo sport che cattura gli istinti peggiori della vita pubblica negli Stati Uniti. Se gli spettacoli brutali e sanguinari delle arene sono diventati simbolo della Roma decadente, sicuramente i riti domenicali di violenza con il loro accompagnamento di isteria di massa negli stadi celebrano la decadenza della vita pubblica nel nostro impero statunitense.

Poiché Kaepernick ha deciso di rinunciare al volgare rituale pre-partita intriso di patriottismo idiota e di schifosa conformità domenicale, gli si è abbattuta contro l'ira degli adulti-bambini "sportivi" che possiedono l'NFL e le sue squadre. Questo gruppo di uomini d'affari bianchi privilegiati godono dei benefici finanziari di uno sport costruito sulle emozioni ancestrali dell'aggressione e del dominio. I direttori creativi in ambito sportivo hanno compreso il valore della connessione della violenza smodata con una dose eguale di cieca fedeltà verso un collettivo interamente artificiale: una "squadra", formata di componenti disparate. Hanno replicato con successo il secolare legame tra il sacrificio rituale e l'ottusa lealtà verso un insieme di simboli sconnessi. Sdegnando il rituale della Lega nazionale di football e, nella mente di molti, la promessa simbolica di una imponderata lealtà ai calciatori nazionali, Kaepernick e una manciata di altri giocatori afro-americani hanno allentato la colla emotiva che tiene insieme l'intero sordido artificio.

Il gesto antirazzista di Kaepernick ha colpito il vincolo più vulnerabile nella catena che tiene insieme la NFL, il culto esplicito di cieca e inflessibile fedeltà alla squadra e al paese: l'inno nazionale. Kaepernick ha scelto di protestare contro la violenza della polizia nei confronti della popolazione nera rifiutando la consuetudine di lunga data di stare in piedi mentre viene eseguito l'inno nazionale.

Che i proprietari avessero capito questa relazione tra patriottismo a basso costo e devozione alla squadra è stato dimostrato dal tardivo sfruttamento della morte in combattimento di Pat Tillman. Chiunque fosse impegnato nell'industria della Lega football avrebbe probabilmente notato che per quante bandiere venissero agitate, per quanto venisse glorificata la guerra ed esaltato il patriottismo nei giochi di calcio, c'era una scarsità di volontari provenienti dai ranghi della NFL durante le numerose guerre degli ultimi due decenni. I proprietari, gli amministratori, gli sportivi, i giocatori e tirapiedi raramente sono stati ispirati dal desiderio di arruolare e offrire i loro propri figli. Così, quando Pat Tillman voltò la schiena al suo contratto miliardario da giocatore per unirsi all'esercito, la NFL approfittò di associare la narrativa sui guerrieri con l'effettivo sacrificio di un membro della loro tosta comunità. Tillman venne celebrato in lungo e in largo, stadio dopo stadio, come modello della Lega. E quando venne ucciso in Afghanistan, gli omaggi e gli onori crebbero ancora di più.

L'intera NFL glorificò l'eroismo di Tillman. Ma quando si venne a sapere che la morte del soldato fu causata da fuoco amico e quando sua madre rivelò che Tillman era diventato apertamente critico alla guerra, la Lega football decise che Tillman non era il tipo di eroe che avrebbe beneficiato dei suoi interessi. Di conseguenza, la NFL è rimasta senza "eroi" nelle guerre ininterrotte degli Stati Uniti. Tillman è diventato il nostro eroe e non il loro.

Non solo i proprietari della Lega si sono rivelati polli anziché falchi, ma sono anche rapaci predatori capitalisti. Fanno fruttare la straordinaria popolarità di una entità economica che garantisce profitti crescenti e asset di valore, ma assolutamente senza rischio, uno status ancora migliore di quello di cui godono i colossi bancari. Poiché le squadre sono franchigie concesse dalla nobiltà della NFL, gran parte del valore reale dell'attivo risiede nelle infrastrutture, negli stadi, che sono ampiamente pagati con fondi pubblici, non dai patron delle squadre o dai biglietti dei tifosi, ma dalla generalità pubblica. Fino al 2015, la NFL era un'associazione senza scopo di lucro che non pagava tasse, anche se le squadre pagano imposte sui loro profitti.

Incredibilmente, un'industria con il 70% dei giocatori neri rifiuta l'ingaggio di un giocatore afro-americano, esperto e competente, perché utilizza un momento pre-partita per attirare l'attenzione sulle ingiustizie contro i neri. Naturalmente, questa risposta vergognosa sorprende ben poco dato che l'arrogante proprietà bianca ha una lunga tradizione di insensibilità razziale, se non di evidente razzismo. Molto tempo dopo che gli stereotipi più brutti sono stati banditi, la proprietà ha pensato che i quarterbacks neri non erano sufficientemente intelligenti per guidare una squadra professionale. Allenatori e dirigenti afro-americani erano quasi inesistenti fino a che la Lega non fosse indotta ad adottare la "regola Rooney", che obbligava le squadre ad intervistare candidati neri per posizioni di allenatori aperte.

Naturalmente, i proprietari vedono i giocatori poco più che una merce ad alto prezzo. Poiché i risvolti gravi, debilitanti e spesso mortali della violenza del calcio sono di pubblico dominio, i proprietari fanno di tutto per sopprimere i fatti.

Mentre Colin Kaepernick è nella lista nera dei giocatori della NFL, altri hanno assunto la causa della giustizia per gli afroamericani. Richard Sherman è stato esplicito e il suo compagno di squadra Michael Bennett ha seguito l'esempio di Kaepernick rimanendo seduto durante il rito dell'inno nazionale. Bennett ha richiamato i giocatori bianchi a partecipare alla protesta. Molti compagni di squadra hanno dimostrato il sostegno alla sua azione, anche se nessuno è rimasto seduto. Speriamo che qualcuno mostrerà un po' di coraggio e si unirà alla protesta, specialmente alcuni dell'elite bianca di superpagati quarterbacks che abitualmente si identificano con i proprietari. Farebbe la differenza.

Invito tutti a firmare la petizione circolata da MoveOn.org che richiede un boicottaggio della NFL a sostegno di Colin Kaepernick. Con un declino di interesse registrato lo scorso anno, la NFL è sensibile al calo della tifoseria.


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