"La Voce del GAMADI", giugno 2003
Questioni della Scienza a cura di A. Martocchia
La ricerca
spaziale e le sue implicazioni
Mi ha fatto grande piacere leggere, sullo scorso numero di questo notiziario de
GAMADI, la notizia riportata da Fabrizio Rossi sul "nuovo attore che sta ora entrando silenziosamente nello
spazio", e cioè la Cina. Si
annuncia tra l'altro che entro tempi brevi
potremmo vedere il primo astronauta cinese nello spazio, e poi la creazione della prima base fissa -cinese-
sulla Luna.
L'avanzamento del livello scientifico e tecnologico del continente-Cina (perché di un continente si
tratta!) rappresenta una grande speranza per tutta l'umanità. Non e' retorica:
se guardiamo al modo in cui i paesi occidentali impiegano le conoscenze acquisite, a come ne difendono il
monopolio - persino nel caso di
medicine essenziali! -, a come ne snaturano il significato e banalizzandone o commercializzandone la portata,
non possiamo che sperare che con
l'avvento sulla scena di grandi paesi e culture millenarie come quella cinese le cose cambino. La Cina non è più
"Terzo Mondo", perché' un paese avanzato ed in continua crescita, nonché una potenza economica in
grado di rivaleggiare ormai con tutte
le "schiacciasassi" occidentali. Speriamo dunque che divenga anche
trainante dal punto di vista scientifico e
culturale, soppiantando questo Occidente oramai moralmente marcio, non
più in grado di fornire speranze e sogni per l'umanità.
Il valore simbolico dei progressi ottenuti nell'ambito delle scienze spaziali e' evidente. E' noto che il cielo e
lo spazio interplanetario sono da sempre, per tutti, motivo di profonde
riflessioni ed ardite fantasie. Quando si parla del cielo, anche in termini
scientifici, c'e' spesso una esigenza esistenziale che affiora, sul destino del
nostro pianeta... Ma a muovere la odierna ricerca spaziale c'e' talvolta assai meno romanticismo, e ben più
interessi concreti - industriali e militari - di quanto non sembri. E questo
nonostante i rigurgiti di superstizione
ed irrazionalità richiamati dalla
tragedia del Columbia ("Nostradamus aveva previsto tutto",
"guarda caso la navetta e' cascata
sulla città di Palestine", ed altri
"segnali celesti" del genere...).
La tragedia della navetta Columbia, disintegratasi a inizio febbraio al rientro
nell'atmosfera, ha richiamato l'attenzione su tutte le missioni di questi
veicoli spaziali, gli Shuttle. Esse
vengono presentate dai media come finalizzate a scopi civili - ad
esempio per la tanto propagandata ricerca medica e farmaceutica. Se questo fosse vero, non si spiegherebbe
come mai gli Usa nello spazio spendono
l'80% del complesso della spesa mondiale ne' come mai, nonostante la tragedia, in Usa
l'investimento per lo spazio sia sempre
in crescita.
Le applicazioni civili in realtà rappresentano solo una faccia, e purtroppo non
la principale, di queste missioni. Anche per la missione finita cosi'
tragicamente si e' vociferato che ci fossero dei compiti di carattere militare.
In generale, dal 1983 i voli degli Shuttle
hanno sempre fatto parte di uno speciale programma del Pentagono, il DoD Space
Shuttle Operations Program, che prevede
il loro impiego a fini militari, ad esempio per mettere in orbita satelliti
militari: per telecomunicazioni, per
fotoricognizioni, con sensori e sistemi spia di vario tipo. Insieme ai satelliti "ufficiali" sono
stati messi in orbita con le navicelle
Shuttle diversi satelliti "classificati", usati dal Pentagono
e dai servizi segreti, dei quali
nessuno sa niente. Tutti questi satelliti militari hanno svolto un ruolo
importante sia nel periodo della Guerra fredda, sia nelle guerre recenti ed in corso. Allo stesso tempo, sono stati
sicuramente effettuati a bordo degli Shuttle esperimenti che, pur essendo
ufficialmente civili, avevano scopi militari.
D'altronde, l'esercito statunitense collabora organicamente con la Nasa
(l'agenzia spaziale USA) scegliendo ad esempio gli astronauti. Tra i progetti in campo, oltre alle famose
"guerre spaziali" (incentrate su sistemi laser di puntamento e di
distruzione di missili e satelliti), c'e' quello di un aereo da guerra
spaziale, l'X-30 National Aerospace Plane,
che dovrebbe essere in grado di entrare e manovrare nello spazio,
distruggere satelliti o colpire obiettivi terrestri, e quindi far ritorno sulla
terra. Il 1 ottobre 2002 il Comando
spaziale, responsabile delle operazioni
militari nello spazio e nella rete computeristica USA, è stato addirittura
incorporato nel Comando strategico
responsabile delle forze nucleari; all'inaugurazione c'era il generale Richard
Myers, poi impegnato attivamente nella
guerra all'Iraq: le bombe sull'Iraq sono state anche guidate dai satelliti
messi in orbita dai "pacifici"
Shuttle della Nasa.
Ovviamente anche l'ESA, l'Agenzia Spaziale Europea, tra i tanti progetti scientifici ne ha in serbo
alcuni veramente di portata
strategico-militare, come il progetto Galileo per un sistema di posizionamento
terrestre (alternativo all'americano Gps) o il lanciatore Ariane (per avere un
accesso indipendente allo spazio). D'altronde: «Non vedo alcuna contraddizione
fra la carta costitutiva dell'Agenzia spaziale europea (Esa), che prevede fini esclusivamente pacifici, e un'eventuale
trasformazione dell'agenzia in
strumento per la politica comune di difesa europea. In fondo per perseguire
fini pacifici talvolta è necessario
anche usare la forza». Parola di Carl Bildt, ex primo ministro svedese che, se
la memoria non m'inganna, ebbe anche qualche ruolo come fallimentare
"mediatore" di carneficine
mediorientali o balcaniche... Si e' espresso cosi' pochi giorni fa, quando e' stato presentato a Roma il «Libro verde» della politica spaziale europea.
Spostando l'attenzione sulle applicazioni militari si cerca anche di contrastare la tendenza al taglio
dei fondi per la ricerca spaziale
europea, dovuto pure ai recenti fallimenti di alcune missioni - oltre al caso del Columbia, anche il
malfunzionamento del razzo europeo
Ariane ha causato grossi problemi ritardando
ad esempio la messa in orbita dei satelliti Rosetta, Mars Express e Venus Express. Aziende come l'Alenia
spazio sono costrette a mandare in
cassa integrazione centinaia di lavoratori, e a sperare per sopravvivere in megacommesse militari
come quelle per il satellite
Cosmo-Skymed...
Tutto questo certo rattrista ma non stupisce. Ed e' ovvio che anche per paesi emergenti come la Cina e la Corea
del Nord la "conquista dello
spazio" sia di interesse strategico. Io credo pero' che l'entrata in campo
di questi "nuovi" popoli e paesi possa in parte restiture allo spazio
interplanetario quel fascino perduto tra "bombe intelligenti" e brame
di dominio globale.
(Fonte: articoli di L.T. Barone e M. Dinucci usciti su "Il Manifesto"
nelle ultime settimane)