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da: <vocedelgamadi@yahoogroups.com

L'articolo che segue appare sul numero di giugno 2005 de LA VOCE del G.A.MA.DI.

Questioni della Scienza - a cura di A. Martocchia

Il papa teologo e il "Relativismo culturale"

Per giorni e settimane siamo stati sommersi da commenti e previsioni sulla politica del nuovo papa. Un argomento su cui si sono soffermati molti commentatori, con toni spesso molto rispettosi, e a volte anche servili, è l'anatema lanciato dal papa contro il cosiddetto "Relativismo culturale". Ne ha parlato tra gli altri l'ex rivoluzionario pentito Adriano Sofri dalle colonne della "Repubblica" del 26 aprile, nel suo solito stile insopportabilmente logorroico inconcludente e narcisistico, e l'ex intellettuale comunista Mario Tronti, oggi collaboratore del Centro per la Riforma dello Stato, in un intervista al "Manifesto" del 29 aprile dai toni estremamente moderati e possibilisti verso la cultura cattolica.

Sofri, tra dotte citazioni del Vangelo, interminabili giri di parole, e richiami al padre del socialismo revisionista, Eduard Bernstein, sembra optare per una generica tolleranza culturale che eviti la contrapposizione tra due visioni fortemente caratterizzate del mondo, "opposte e insieme simmetriche e forse alleabili, l'assolutezza cattolica e quella materialistica".

Tronti dichiara che il sentimento religioso, coi suoi valori, potrebbe avere il risvolto positivo di frenare l'eccessiva tendenza dell'umanità verso il consumo di nuovi prodotti generati dalla troppo rapida innovazione tecnologica.  Dichiara anche che "una fede forte" – come quella voluta da Ratzinger – "è tutt'altro che una fede violenta" e definisce la "critica al relativismo" fatta dal papa come "una critica del pensiero debole, quello che sostiene che non ci sono fatti ma solo interpretazioni".

Vogliamo partire proprio da quest'ultima definizione di Tronti, che riteniamo sostanzialmente corretta, per ricordare che anche noi materialisti dialettici  siamo contrari al "pensiero debole": riteniamo che esistano al di fuori di noi, e indipendentemente da noi, una realtà e delle verità oggettive, che non sono frutto, cioè, solo della nostra mente, e delle nostre interpretazioni di vaghe sensazioni. Sotto questo aspetto, una cosa giusta l'ha detta anche Sofri quando ha ricordato che anche chi non ha fede e non crede in Verità Assolute può "riconoscere un verità come oggettiva – per esempio che la terra esistesse anche prima della presenza umana".

Pensiamo che l'umanità, attraverso il ragionamento e la pratica del lavoro che trasforma la natura che ci circonda e ce la fa conoscere, possa avere una visione sempre più approfondita, anche se incompleta, della realtà. Il materialista dialettico sa che non esistono Verità valide dovunque e immutabili, perché la realtà è in continua trasformazione, ed anche le nostre conoscenze sono in continua evoluzione, ma che attraverso gli studi e gli esperimenti dello scienziato, o il lavoro del contadino che getta il seme e ha imparato che l'anno seguente nascerà il grano, si può progressivamente giungere a capire sempre meglio il mondo incredibilmente complesso che ci circonda e le sue leggi. In questo sforzo titanico l'uomo è solo con la sua intelligenza e la sua capacità di lavoro, doti che ha in comune anche con gli animali, anche se in misura diversa.

Non esistono Verità Rivelate o interventi provvidenziali. Qui bisogna essere estremamente chiari: o si crede che un dio, figlio di una donna vergine, facente parte di una triade divina, sia venuto a salvare l'umanità, sia morto e sia risuscitato il terzo giorno, e che in un ostia di cereali ci sia il suo sangue e la sua carne, e che le sue immagini, e le immagini della madre vergine, e gli uomini da lui eletti a santi possano compiere miracoli, o non ci si crede e si fa appello alla ragione come dai tempi dell'illuminismo, e ancor prima  del razionalismo greco antico.

Naturalmente, non possiamo dar credito nemmeno a qualsiasi altro sistema dogmatico, anche di natura non religiosa, come quello di Platone che pensava esistessero modelli della realtà fissi e immutabili (le "idee"), o quello di Parmenide che riteneva che ciò che esiste deve essere eterno e immutabile, o anche quello del grande Kant, che riteneva che le categorie della nostra mente, come lo spazio e il tempo, avessero un valore assoluto, non capendo che esse possono mutare con l'evolversi delle nostre conoscenze e che la nostra stessa mente si trasforma continuamente essendo un prodotto dell'evoluzione della specie.

Come ben sapevano non solo Engels o Lenin, ma anche grandi poeti materialisti come Lucrezio o Leopardi, l'uomo fa parte della natura, ma ha imparato a distinguersi da essa e a penetrarne la realtà oggettiva con le sue sole forze intellettuali e materiali.

(a cura di V. Brandi)