da:<vocedelgamadi@yahoogroups.com>
L'articolo che segue appare sull'inserto scientifico de LA VOCE di gennaio 2006
Questioni della Scienza a cura di A. Martocchia
Un ingorgo sulla via di Damasco
Su la Repubblica del 19/11/2005 Claudio Pavone - stimato studioso di storia, già partigiano - così commentava le
esternazioni di taluni personaggi della
vita pubblica che hanno recentemente scoperto di nutrire fede in dio:
«Potrei definire il fenomeno con un´icastica espressione di Stefano Levi della Torre: "Oggi c´è un ingorgo
sulla via di Damasco". La
particolarità di questo ingorgo consiste nel fatto che non si riesce
a capire quanto esso sia provocato da
motivi schiettamente religiosi e quanto
da opportunità politica. È rispettabile che un uomo politico faccia pubblica professione di fede
religiosa, ma lascia qualche sospetto
che queste siano state molto abbondanti dopo le polemiche suscitate dalle sortite del cardinal Ruini».
È il caso di ricordare che, opponendosi alla legalizzazione delle "coppie di fatto" (Pacs) e
partecipando alla campagna referendaria
contro la procreazione assistita, Ruini ha contribuito attivamente
a che l'Italia, su questi diritti
civili fondamentali, rimanga più
indietro di tutti gli altri paesi europei (si pensi ad es. alla legislazione francese o ai recenti
provvedimenti spagnoli sugli stessi
temi).
Su Giuliano Amato, che sostiene che i credenti avrebbero "una marcia
in più" (sic), Pavone usa parole
chiare: «Non sono d´accordo. Nel fondo di
questa affermazione - quali che siano le intenzioni di chi le ha pronunciate - c´è una messa in forse
dell´autonomia della morale, cioè c´è
una gerarchizzazione tra morale e fede religiosa in cui la morale occupa il posto più basso. Come se non si
tenesse conto di quel lungo e difficile
cammino attraverso il quale, spesso con sofferenza e sacrifici, si è arrivati a distinguere tra morale e
religione. Distinzione che costituisce
un cardine della laicità». Ed a questo proposito, Pavone segnala «l´ambiguità
di chi contrappone laicità a laicismo.
Della laicità tutti si dichiarano convinti, salvo poi scaricare sul laicismo la loro sostanziale avversione alla
laicità. (...) La Chiesa è abituata in
Italia a giocare su due tavoli: quello
dell´uso spregiudicato degli spazi che le garantisce lo Stato laico
e quello privilegiato assicurato dal
Concordato e rafforzato da molte leggi
recenti. (...) I prelati italiani sono
circondati e protetti da privilegi,
poteri e immunità di cui gli altri cittadini non godono. È questa situazione che rende i loro
interventi politici un vero vulnus per
lo Stato laico. Sono persuaso che la vera formula laica sia quella della totale riduzione delle organizzazioni
religiose, compresa la Chiesa
cattolica, nell´ambito del diritto comune. (...) Si dice che i gesuiti dell´Ottocento si rivolgessero così
ai liberali: "Esigo da voi la
libertà perché è nei vostri principi, ma ve la nego perché non è nei miei". Oggi nelle gerarchie
ecclesiastiche sembra che stia riprendendo
corpo questa formula».
Con queste argomentazioni Pavone sostiene la necessità di mettere finalmente in discussione il Concordato con
la chiesa cattolica apostolica romana,
voluto da Mussolini e da Craxi. La cosa scandalosa è che, da parte della
politica, queste giuste richieste
trovano come unica sponda quella ambigua ed incoerente dei radicali e di piccoli settori attigui. Di
fronte a queste problematiche
importanti, suonano davvero stonate e fuori luogo persino le parole
di Fausto Bertinotti, intervistato sul
Corriere della Sera del 17 novembre
2005:
«Se esiste forse una propensione neointegralista, il fenomeno non va assolutizzato... [?] Se qualcuno mi
chiedesse: inseriresti il Concordato
nell’agenda delle urgenze? No, non la inserirei, non mi sembra sia tra le priorità dell’Italia.
Stesso discorso per l’Otto per mille...
Per la mia storia personale [?] non toglierei mai un crocifisso da un’aula che lo ospita da anni. Semmai procederei
per aggiunta. [!] (...) I laici
dovrebbero fare autocritica... L’aver rinunciato a porsi il grande quesito di fondo sull’uomo nel nome
del mercato e dell’economia. (...) Il
mondo moderno mostra la sua inferiorità nei confronti di quello classico e cristiano perché non si è
mai chiesto cosa sia l’uomo. Per me la
domanda di fondo resta quella: l’uomo. E
inevitabilmente sfiora la sfera di Dio».
Inevitabilmente un corno. Bertinotti palesa con queste parole la sua pochezza culturale, la sua superficialità
grossolana ed una clamorosa mancanza di basi teoriche - cosa
imperdonabile per uno che dovrebbe
guidare un partito comunista, e proprio oggi che c'è un bisogno drammatico di rigore concettuale e
filosofico, nella sinistra in generale
e per i comunisti in particolare. Le conclusioni di Bertinotti sono inaccettabili non solo per i materialisti
dialettici, ma per i progressisti in
generale: il mondo moderno non è affatto inferiore a quello classico e cristiano. Certo, il mondo moderno presenta
problemi nuovi ed inediti, ma con
l'avvento del mondo moderno sono state
finalmente affrontate ed in larga misura risolte numerose
problematiche che l'umanità aveva
trascinato con se nei secoli e nei millenni -
diritti individuali e collettivi, liberazione dal bisogno, dalla
fatica e dalla malattia, eccetera.
Confrontiamo le parole di Bertinotti con quelle di Lidia Cirillo, femminista storica, responsabile dei
"Quaderni Viola", intervistata da
Elisabetta Borioni sull'ultimo numero de L'Ernesto (4/2005):
«La Chiesa agita lo spauracchio del mercato per rendere la sua critica più accettabile, ma non è il mercato che la
Chiesa non vuole. Non vuole l'aborto,
il divorzio, la contraccezione, l'omosessualità, la laicità. (...) Nella riproposizione della problematica
dell'aborto c'è anche l'inquietudine
maschile di fronte all'autodeterminazione della donna: tu puoi disporre, puoi decidere che cosa
fare dell'embrione, del feto che è il
prodotto anche del mio seme. La Chiesa rappresenta gli interessi specifici di una potente
burocrazia, ma è anche in sintonia con
consapevoli o inconsce inquietudini maschili, perché assolve un ruolo di conservazione di ciò che vi è di
più arcaico nei rapporti umani».
In questo senso, certamente, la "sfera dell'uomo sfiora la sfera di Dio": l'uomo inteso come maschio, come
autorità e come conservazione di un
ordine arcaico - non certo l'uomo inteso come ragione, come critica e come cambiamento. E, sulla
"conversione" di tanti esponenti politici a santa madre chiesa - come Giuliano Amato e Giuliano Ferrara che
oggi sposano le posizioni clericali -
Lidia Cirillo giustamente afferma:
«Già l'ascesa del movimento operaio agli inizi del Novecento aveva prodotto in Italia come reazione un accordo
tra liberali e cattolici. I liberali
rinunciavano al loro anticlericalismo, alla laicità, alla libertà in cambio del sostegno elettorale
della Chiesa cattolica. I precedenti
sono anche più lontani, nell'alleanza tra borghesia liberale, Chiesa e resti delle classi di origine feudale. È il movimenti operaio nei suoi momenti migliori
a raccogliere gli ideali del liberalismo
(laicità, diritti individuali, libertà sessuale...). Insomma il liberismo non può mai essere liberale».
Questo curioso revival della morale cattolica in settori ex-laici, se fosse in buona fede, potrebbe derivare da
una incontrollabile "paura del
relativismo", soprattutto rispetto alle applicazioni della scienza. Ma l'intervistatrice, Elisabetta Borioni, fa
giustamente notare che «il marxismo si
discosta in effetti dal 'relativismo laicista' (...) anche perché si presenta come una filosofia,
certamente laica, ma non 'relativista',
nel senso che il pensiero debole attribuisce al termine. Da questo punto di vista Ludovico Geymonat
ha parlato di 'rifiuto del relativismo
da parte della gnoseologia materialistico-dialettica', la quale 'non si limita ad affermare che ogni
nostra conoscenza - in particolare ogni
conoscenza scientifica - è relativa e quindi
perennemente modificabile. Accanto a questa tesi ne ammette pure un'altra, non meno fondamentale: che le
nostre conoscenze ci pongono in gradi
di raggiungere effettivamente la realtà, sia pure senza riuscire mai ad esaurirla, cosicché ha senso parlare
di conoscenze più vere di altre'. Per
questo il marxismo si oppone al relativismo del pensiero debole in nome di un 'pensiero forte', anche
se non dogmatico e mai definitivo».
E Lidia Cirillo chiarisce ulteriormente: «Anche la scienza è collocata nella storia, subisce le trasformazioni
legate all'ambiente, al contesto; di
volta in volta acquisisce delle porzioni di realtà anch'essa relativa, ma con il margine di oggettività
verificabile nell'applicazione
pratica». Oggi esiste un problema relativo al
«divario tra la crescita esponenziale di ciò che la scienza e la tecnica possono e la lentezza o lo stallo o
la regressione della crescita culturale
e psicologica dell'umanità... Ricerca e tecnica sfuggono oggi a ogni controllo da parte della società nel
suo complesso, eppure non sono mai
state così subalterne... I costi della
ricerca più avanzata sono ormai tali, che solo potenti gruppi
economici possono garantirne la
promozione. L'immagine di una tecnica e di una
ricerca fuori controllo è perciò falsa; la loro attuale anarchia è solo il riflesso del modo di produzione che ne ha
il controllo».
La lista [vocedelgamadi] e' di supporto a "La Voce",
notiziario del Gruppo Atei Materialisti Dialettici (GAMADI):
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