www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - scienza - 19-01-12 - n. 393

da Aleksandr A. Kusin, Marx e la tecnica, Gabriele Mazzotta Editore, Milano, 1975
trascrizione per www.resistenze.org a cura di Valerio
 
Aleksandr Abramievic Kusin
 
Marx e la tecnica
 
Indice
 
III - Comunismo e tecnica
 
1. La tecnica della produzione capitalistica di fabbrica fondata sull'impiego delle macchine e la necessità della rivoluzione socialista
 
La necessità storica della rivoluzione sociale e del passaggio a una formazione socioeconomica superiore dipende in misura rilevante dal livello di sviluppo della tecnica.
 
Nell'analizzare le caratteristiche della tecnica e della tecnologia della produzione capitalistica meccanizzata, Marx ne scorse il carattere progressista, in quanto essa crea la base materiale di un nuovo mondo «alla stessa guisa che le rivoluzioni geologiche hanno creato la superficie della terra».[1] La produzione meccanizzata attua il dominio dell'uomo sulle forze naturali con l'ausilio delle scienze. Ma per arrivare a questo risultato, scrive Marx, è necessaria la rivoluzione socialista, che sottopone le forze produttive al controllo generale dei popoli.
 
Là produzione capitalistica meccanizzata non solo crea la possibilità di questo passaggio, ma porta inevitabilmente alla rivoluzione socialista e quindi alla liberazione dei lavoratori dall'oppressione del capitale.
 
Il modo di produzione capitalistico in generale conferisce alle condizioni di lavoro e al prodotto del lavoro carattere di autonomia e di estraneità nei confronti del lavoratore. L'impiego capitalistico della tecnica dilata questo carattere fino alla totale opposizione tra lavoratori da un lato e condizioni e prodotto del lavoro dall'altro; perciò esso porta alla «rivolta brutale dell'operaio contro il mezzo di lavoro».[2]
 
Con lo sviluppo della tecnica e della produzione, «con lo svilupparsi dell'accumulazione del capitale» si sviluppa «la lotta delle classi, e quindi la coscienza di se stessi degli operai».[3]
 
Il graduale sviluppo di questo processo era già stato descritto da Marx ed Engels nel Manifesto del Partito Comunista. Inizialmente la lotta viene condotta da alcuni operai, quindi dagli operai di una fabbrica, infine da quelli di un settore produttivo ecc. Nei primi tempi i lavoratori combattono contro i mezzi della produzione, distruggono macchine e incendiano fabbriche, conducono questa lotta con l'intento «di riconquistarsi la tramontata posizione del lavoratore medievale» . Ma con lo sviluppo dell'industria il proletariato cresce numericamente. Viene concentrato in più larga misura. La sua lotta acquista un carattere nazionale e politico.[4] Come già abbiamo detto, Marx dimostrò la connessione tra questo processo da un lato, la tecnologia della produzione meccanizzata e l'espansione dei mezzi di comunicazione da essa determinati dall'altro.
 
Marx riconobbe il legame esistente fra livello di sviluppo delle forze produttive - e di conseguenza della tecnica, che è in primissima linea tra di esse - e la proprietà dei mezzi di produzione. A un determinato grado di sviluppo la proprietà privata dei mezzi di produzione è una naturale e necessaria forma di relazioni.[5]
 
Ma nella grande produzione meccanizzata sorge per la prima volta una tale contraddizione tra mezzi di produzione e rapporti di produzione, fondati sulla proprietà privata, da creare la possibilità dell'eliminazione di quest'ultima.[6]
 
La contraddizione tra forze produttive e proprietà privata dei mezzi di produzione si manifesta nello sviluppo unilaterale della tecnica, in particolare nel fatto che le forze produttive nel loro complesso diventano forze distruttive per la maggioranza degli uomini, e alcune addirittura non possono essere impiegate.[7] Queste considerazioni che Marx fece più di cento anni fa appaiono ancora oggi straordinariamente attuali.
 
Le forme della proprietà sono legate alla divisione del lavoro. Lo «sviluppo della forza produttiva si riconduce sempre in ultima istanza al carattere sociale del lavoro posto in opera; alla divisione del lavoro in seno alla società».[8]
 
Dal canto suo la divisione del lavoro dal lato puramente tecnico è legata al livello della tecnica e della tecnologia produttiva.
 
L'attività dei lavoratori perde completamente il suo carattere autonomo nella divisione del lavoro della produzione meccanizzata. La divisione del lavoro aumenta nella stessa misura in cui si accresce l'impiego delle macchine. Aumenta la quantità del lavoro sia per l'aumento delle ore lavorative sia per l'aumento del lavoro fornito a parità di tempo in seguito all'accelerazione del ritmo delle macchine[9] e ad altri fattori di ordine tecnico.
 
La divisione sociale del lavoro si trova in un rapporto di diretta dipendenza rispetto all'«insieme dei diversi valori d'uso o corpi di merce» (cioè rispetto alla varietà delle merci). Essa è la condizione d'esistenza della produzione di merci. Quest'ultima tuttavia non richiede necessariamente la divisione del lavoro.[10]
 
II rapporto tra gli uomini e i mezzi di produzione determina i rapporti di produzione. La contraddizione tra i rapporti di produzione e il carattere delle forze produttive si manifesta nell'allargamento e nell'approfondimento della «contraddizione e del contrasto tra i rapporti di distribuzione [...] e le forze produttive, capacità produttiva […]». «Subentra allora un conflitto fra lo sviluppo materiale della produzione e la sua forma sociale.»[11]Questo conflitto viene risolto dalla rivoluzione sociale, in conseguenza della quale mutano la forma della proprietà dei mezzi di produzione e i rapporti di produzione.
 
La necessita, l'inevitabilità storica e l'obiettiva legge della rivoluzione socialista e del superamento della formazione socioeconomica capitalistica sono la nozione scientifica fondamentale del materialismo dialettico. Marx ed Engels trasformarono il comunismo da pio desiderio in scienza. La grande Rivoluzione Socialista d'Ottobre iniziò l'epoca del passaggio dal capitalismo al socialismo su scala mondiale. Il socialismo divenne il contenuto concreto della vita di milioni di lavoratori.
 
Nel moderno capitalismo, nell'epoca dell'approfondimento della sua crisi e dell'esistenza di due sistemi mondiali, si attuano complessi e contraddittori processi. Molti di questi sono legati in misura rilevante all'attuale rivoluzione economico-tecnica.
 
Il capitalismo si è visto costretto ad accettare la regolazione statale dell'economia e determinate forme di pianificazione della scienza e della tecnica. Il capitalismo monopolistico di Stato continua comunque ad agire nell'interesse dell'arricchimento dei monopoli a spese dei lavoratori. Lo sviluppo della tecnica nelle condizioni dell'attuale rivoluzione economico-tecnica accentua ulteriormente le contraddizioni della società capitalistica.
 
L'automatizzazione porta nella società capitalistica all'aumento della disoccupazione, al cronico sottoimpiego delle capacità produttive e crea una discrepanza ancora più accentuata tra produzione e ripartizione dei beni. La produzione automatizzata ha una prospettiva di sviluppo solo se l'aumento della produzione si accompagna all'aumento del potere d'acquisto della popolazione e quindi a una trasformazione fondamentale del modo capitalistico di distribuzione dei beni materiali.
 
La norma della società socialista, che determina gli obiettivi principali della sua produzione, è l'appagamento dei crescenti bisogni materiali e culturali dei membri della società.
 
Nel comunismo si attua un perfetto adeguamento a questa legge con la ripartizione dei beni materiali secondo i bisogni. Lo sviluppo dell'automazione costituisce l'imprescindibile via per il raggiungimento di questo scopo. In tal modo lo sviluppo della tecnica si trova in perfetto accordo con la tendenza alla trasformazione del modo di distribuzione dei beni materiali tra i membri della società.
 
L'odierna rivoluzione economico-tecnica è il processo che prepara i mezzi tecnici per il passaggio dalla produzione meccanizzata di fabbrica alla produzione automatizzata complessa. Questo passaggio può realizzarsi compiutamente solo nei paesi socialisti. La produzione automatizzata complessa è il modo di produzione tecnologico della società comunista sviluppata. Le sue caratteristiche fondamentali furono scoperte scientificamente da Marx.
 
2. La produzione nella società comunista
 
Marx studiò la tecnica e la tecnologia della produzione della manifattura e della produzione meccanizzata, che già esistevano ai suoi tempi. Per quanto riguarda la tecnica e la tecnologia della produzione futura, era ovviamente difficile nel XIX secolo farsene una rappresentazione adeguata. Ciononostante, in base all'analisi della storia della tecnica, dei modi di produzione tecnologici che si avvicendano, delle caratteristiche tecniche della produzione meccanizzata e delle sue conseguenze sociali, egli determinò in via teorica la specificità della produzione nella società comunista.
 
Probabilmente a molti contemporanei di Marx la realizzazione di questi parametri doveva apparire come qualcosa di contradditorio o addirittura di impossibile. Al contrario oggi, nel periodo della rivoluzione tecnico-scientifica, la sua previsione appare estremamente intelligibile e realistica.
 
Le prospettive fomite dallo sviluppo delle macchine cibernetiche, dell'elettronica, delle applicazioni chimiche nell'industria, dell'impiego dell'elettricità nelle macchine operatrici, dei nastri trasportatori automatici, dei reparti e delle fabbriche automatizzate ecc., non solo forniscono un'immagine della futura produzione complessa automatizzata della società comunista sviluppata, ma permettono anche di pronosticare lo sviluppo della tecnica in queste direzioni.
 
L'alto livello dello sviluppo industriale e quindi anche della relativa tecnica è contrassegnato nel comunismo soprattutto da questo fatto, che «non [...] il guadagno, ma il guadagnare»[12] diventa lo scopo principale della produzione. Gli impianti, che vengono ammortizzati solo dopo un lungo periodo, vengono realizzati secondo una pianificazione condotta sulla base di calcoli esatti. In regime capitalistico gli impianti vengono realizzati grazie al «funzionamento» del capitale monetario, e ai «travestimenti delle transazioni che per suo mezzo si introducono», ma proprio per questo «possono e devono [...] intervenire costantemente grandi perturbamenti».[13]
 
L'inevitabilità sociale, tecnica e tecnologica, dell'abbandono della produzione meccanizzata a vantaggio di una successiva è stata descritta da Marx nell'Ideologia tedesca, nei manoscritti preparatori a Il Capitale e in altre opere.
 
La tecnologia della produzione meccanizzata con la sua divisione del lavoro ripartisce gli individui secondo un criterio puramente tecnico, come già accennato, e li contrappone gli uni agli altri. Nella produzione meccanizzata delle fabbriche gli operai vengono ripartiti tra le macchine specializzate. La massa dei lavoratori, che non formano un gruppo aggregato, opera nei vari reparti della fabbrica. Essi lavorano qui a macchine simili, uniti solo dalla semplice cooperazione. Si creano sostanziali differenze tra operai specializzati, operai qualificati, manovali, nonché il gruppo numericamente piccolo degli operai preposti alla manutenzione (meccanici ecc). Tutta «questa divisione del lavoro è puramente tecnica».[14] Ma gli operai vengono separati non solo attraverso questa divisione del lavoro, ma anche grazie alla concorrenza con le macchine e tra di loro. Quest'ultimo fenomeno è legato alla creazione di uno stabile esercito di lavoratori di riserva per l'industria nel capitalismo.
 
Lo sviluppo della tecnica e l'impiego di metodi scientifici nella produzione portano alla concentrazione umana nelle città industriali.[15] La concentrazione dei lavoratori promuove la loro unità nella lotta di classe, la crescita della loro coscienza, il sorgere della loro organizzazione di classe. Ma questi sono già fattori di ordine non più tecnico, ma sociale. Il potere isolante della tecnica della produzione meccanizzata resta tuttavia inalterato nell'ambito del capitalismo. La tecnica, le macchine, per le quali gli uomini non sono che «appendici viventi», «appaiono come completamente indipendenti e staccate dagli individui, come un mondo a parte accanto agli individui».[16] Alle forze produttive la tecnica congiunge solo il lavoro. Ma nelle condizioni della produzione meccanizzata il lavoro si suddivide in due parti: in lavoro diretto (vivo) e lavoro accumulato (macchine, tecnica); quest'ultimo, nelle condizioni del modo di produzione capitalistico, non appartiene agli individui, ma è loro contrapposto come proprietà privata.[17] In questo modo la produzione capitalistica riproduce continuamente la divisione tra forza-lavoro e condizioni di lavoro e quindi, al tempo stesso, le condizioni dello sfruttamento capitalistico.[18]
 
Per mutare la condizione dell'uomo che lavora è necessario quindi innanzitutto superare lo stadio della proprietà privata dei mezzi di produzione. Solo in questo modo può essere eliminata la contraddizione tra lavoro in atto e lavoro accumulato. La rivoluzione socialista, necessaria a questo scopo, non muta tuttavia automaticamente e direttamente la divisione del lavoro, la tecnologia produttiva e tutte le caratteristiche della produzione derivanti dalla tecnica cioè le conseguenze del lavoro nella produzione e della vita in generale che derivano dalla tecnica esistente e sono indipendenti dai rapporti di proprietà.
 
Marx sviluppò ulteriormente questo problema e stabilì in via teorica che in futuro, mentre scompariranno i difetti della produzione meccanizzata, verranno meno sia il frazionamento degli individui imposto dalla tecnica sia la contrapposizione concorrenziale di un uomo all'altro. Tutto questo deve scomparire e scomparirà dal lavoro grazie alla comunità degli scopi e degli interessi e a nuovi rapporti tira gli uomini. Per arrivare a questo risultato si richiedono sia i rapporti di produzione socialisti sia fondamentali progressi della tecnica. Essi consentono e richiedono che agli individui venga dato un contenuto reale e vivo, che nella produzione meccanizzata capitalistica era andato perduto, in quanto sono divenuti «individui astratti» (merce, forza-lavoro), i quali tuttavia - in queste condizioni - «proprio per questo e solo per questo sono messi in condizione di entrare come individui in collegamento tra loro»[19] e - questo vale per i lavoratori - di formarsi come classe.
 
Da un punto di vista sociale e tecnologico, tutti i modi di produzione presocialisti erano caratterizzati dal fatto che gli individui restavano «sussunti sotto la divisione del lavoro e sotto il loro proprio strumento di produzione»,[20] il quale tuttavia, sebbene si fosse sviluppato lungo tutto l'arco dello sviluppo, restava limitato. Questa limitatezza dello strumento determinava il ristretto ambito dell'attività autonoma degli individui e delle relazioni tra di Loro.[21]
 
Nel nuovo tipo di produzione che succede alla produzione meccanizzata, la massa degli individui non si trova subordinata a un unico strumento produttivo, ma «una massa di strumenti di produzione deve venire sussunta sotto ciascun individuo, e la proprietà sotto tutti».[22] E, prosegue Marx più oltre, «soltanto a questo stadio la manifestazione personale coincide con la vita materiale, ciò che corrisponde allo sviluppo degli individui in individui completi e alla eliminazione di ogni residuo naturale; vi corrispondono poi la trasformazione delle relazioni fin qui condizionate nelle relazioni degli individui in quanto tali» ; a questo punto «sono diventati accidentali l'isolamento degli individui stessi e il particolare guadagno di ciascuno».[23]
 
Nel secolo scorso Marx dirigeva la sua attenzione al ruolo della scienza nella produzione capitalistica, al suo sfruttamento da parte del capitale. La storia delle scienze della natura, il loro legame con la produzione e l'analisi del ruolo da esse svolto nella produzione meccanizzata, gli permisero anche di enunciare alcune tesi sull'economia nella produzione della società comunista: il comunismo «è la verace soluzione del contrasto dell'uomo con la natura e con l'uomo; la verace soluzione del conflitto fra esistenza ed essenza, fra oggettivazione e affermazione soggettiva, fra libertà e necessità, fra individuo e genere».[24]
 
II futuro processo produttivo, afferma Marx, diverrà scuola di disciplina, in rapporto all'uomo in via di evoluzione, «esercizio, scienza sperimentale, scienza materialmente creativa e oggettivantesi, se considerato in relazione all'uomo divenuto, nel cui cervello esiste il sapere accumulato della società».[25] In altri termini: il lavoro dell'uomo sarà fondato sulla scienza, che pervaderà l'attività produttiva di ogni individuo. Tuttavia nel processo produttivo diretto, se lo si considera non dal punto di vista globale sociale, ma dal punto di vista della tecnologia, cioè in quanto ciclo produttivo nel corso del quale viene fabbricato questo o quel prodotto, si compirà un processo contraddittorio: la scienza è separata dal lavoro umano diretto e diventa interamente forza produttiva.
 
Questo processo è stato descritto da Marx nei termini seguenti: nella misura in cui si sviluppa la grande industria, la produzione dei valori materiali viene a dipendere meno dal lavoro impiegato che dalle macchine e dai meccanismi, la cui forza produttiva dipende dal livello generale della scienza, dal grado di sviluppo della tecnologia e dall'applicazione della scienza nella produzione. L'uomo è solo sorvegliante e regolatore del processo produttivo. Perciò ora l'uomo non frappone fra sé e l'oggetto di lavoro un oggetto della natura modificato, ma pone tra sé e la natura, di cui si appropria, il processo naturale da lui trasformato in processo industriale. Egli si situa accanto al processo produttivo, invece di esserne l'agente principale.[26]
 
«In questa trasformazione», scrive Marx, «non è né il lavoro immediato, eseguito dall'uomo stesso, né il tempo che egli lavora, ma l'appropriazione della sua produttività generale, la sua comprensione della natura e il dominio su di essa attraverso la sua esistenza di corpo sociale - in una parola, è lo sviluppo dell'individuo sociale che si presenta come il grande pilone di sostegno della produzione e della ricchezza.»[27]
 
Per caratterizzare il grado entro cui la scienza si è trasformata in forza produttiva diretta e fino a che punto le condizioni dello stesso processo della vita sociale sono state assoggettate e rivoluzionate, Marx considerò il livello di sviluppo del capitale fisso.[28] Applicò questo criterio nel 1845-'46 e nel 1857-'58, In L'ideologia tedesca (1845-'46), Marx ed Engels delinearono la condizione fondamentale e la caratteristica fondamentale della produzione nella società comunista: «Una massa di strumenti produttivi [dovrà] essere sottoposta ad ogni individuo.» Nei Manoscritti del 1857-'58 Marx fornisce una spiegazione tecnico-tecnologica di questa tesi. La condizione summenzionata può essere soddisfatta solo se nel processo produttivo diretto ogni singolo mezzo di lavoro in generale non è sottoposto ad alcun individuo. Allora il processo produttivo creato dalla società, che si compie la diretta pari senza la diretta partecipazione dell'individuo, diventa un processo tale per cui la massa dei mezzi di produzione appare sottoposta al tempo stesso a tutti e a ciascuno.
 
In altre parole, il soddisfacimento della condizione enunciata significa il passaggio dalla produzione della fabbrica attuata attraverso le macchine e con le «appendici viventi», alla produzione automatizzata complessa, con reparti e fabbriche automatizzate e con individui che si pongono accanto al processo produttivo e non ne sono l'agente principale. In questa produzione «il lavoro immediato e la sua quantità scompaiono come principio determinante della produzione - della creazione di valori d'uso - e vengono ridotti sia quantitativamente a una proporzione esigua sia qualitativamente a momento certamente indispensabile, ma subalterno, rispetto al lavoro scientifico generale, all'applicazione tecnologica delle scienze naturali ...»[29]
 
Questo significa che nella produzione complessivamente automatizzata l'uomo non prende parte ai concreti processi produttivi tecnologici. Egli abbandona i reparti della fabbrica una volta che ha delegato alle macchine, ai calcolatori elettronici ecc. le funzioni logiche legate al lavoro mentale (il controllo del prodotto nel corso della fabbricazione, la sistematizzazione degli oggetti in base a certi contrassegni, la scelta e l'attuazione dei regimi di lavoro ottimali, il loro rapido cambiamento in dipendenza di questi e quei fattori, la ricerca e l'eliminazione di guasti ecc.)
 
Ma questo non significa che l'uomo non prenda affatto parte alla produzione. Egli deve concepire i processi produttivi, rimetterli in funzione, programmare il lavoro delle catene automatiche, dei reparti e degli stabilimenti automatizzati, attendere alle apparecchiature elettroniche che determinano il corso della produzione ecc. Per tutto questo non solo si rende necessario lavoro umano vivo, ma anche in una certa misura lavoro manuale. La società comunista, basata sulla produzione altamente organizzata e sulla tecnica altamente sviluppata, muta il carattere del lavoro, ma non dispensa in alcun modo i membri della società dalla necessità di lavorare.
 
Per quanto in una produzione di questo tipo sarà inevitabile anche una quantità di lavoro diretto, esso diverrà solo un momento subordinato nei confronti del lavoro scientifico generale, dell'applicazione tecnologica delle scienze naturali.
 
Il ruolo che spettava al lavoro diretto viene assunto, afferma Marx, per un verso dall'applicazione delle scienze naturali, per l'altro dalla «... produttività generale derivante dall'articolazione sociale nella produzione complessiva», forza «che si presenta come dono naturale del lavoro sociale».[30] In tal modo l'universale e effettivo «sviluppo degli individui […] sotto forma di costante eliminazione del loro limite, che è avvertito come limite», diventerà necessario e sarà perciò anche realizzato. [31]
 
In una produzione di questo tipo la «macchina» avrà caratteristiche diverse. Le macchine saranno «organi del cervello umano creati dalla mano umana, capacità scientifica oggettivata», organi del dominio della volontà umana sulla natura ovvero organi per la realizzazione di questa volontà nella natura.[32]
 
Nella misura in cui il processo della trasformazione della scienza in una forza produttiva diretta inizia già nella produzione meccanizzata, queste definizioni entro certi limiti si possono applicare anche ai mezzi tecnici di questa produzione. Ma le macchine assumeranno completamente le funzioni del cervello umano solo quando le eserciteranno nel processo produttivo diretto.
 
Già in L'ideologia tedesca Marx ed Engels dimostravano che il passaggio al nuovo modo di produzione sarà possibile solo grazie alla rivoluzione socialista. La produzione - s'intende una produzione a livello generale dello Stato e non singoli elementi di questa produzione - in cui l'uomo si colloca accanto al processo produttivo senza uscirne, in cui la creazione della ricchezza oggettiva non dipende dalla quantità di lavoro umano impiegato, ma dalla tecnica e dall'impiego della scienza; una produzione del genere non può essere fondata sul valore di scambio. Non può servire «solo al soddisfacimento dei bisogni più elementari» delle masse lavoratrici. Non può rivestire una forma socioeconomica antagonistica.[33]
 
In un simile modo di produzione il fondamento non è costituito dal lavoro diretto dell'uomo contenuto nel processo produttivo e nemmeno dal tempo di lavoro dell'uomo, ma, piuttosto, dallo sviluppo dell'individuo sociale, dall'appropriazione «della forza produttiva generale, dalla sua comprensione della natura e dal dominio sulla stessa attuato attraverso il suo esistere come corpo della società».
 
In una simile produzione il lavoro nella sua forma immediata cessa «di essere la grande fonte della ricchezza, il tempo di lavoro cessa e deve cessare di essere la sua misura, e quindi il valore di scambio deve cessare di essere la misura del valore d'uso. Il pluslavoro della massa ha cessato di essere la condizione dello sviluppo della ricchezza generale, così come il non-lavoro dei pochi ha cessato di essere condizione dello sviluppo delle forze generali della mente umana.»[34]
 
In altri termini, la produzione complessivamente automatizzata è incompatibile con le essenziali e determinanti categorie economiche della produzione capitalistica e perciò è assolutamente impossibile nelle condizioni del capitalismo.
 
Contemporaneamente, in base alla legge generale ugualmente scoperta da Marx, secondo cui gli elementi della nuova società sorgono già nel seno della precedente, gli elementi tecnici della produzione complessivamente automatizzata della società comunista, l'inizio della trasformazione della scienza in una forma produttiva diretta, l'automatizzazione dei processi produttivi ecc. sorgono e si sviluppano già nella produzione meccanizzata all'interno dei rapporti di produzione capitalistici. Questa legge ha molta importanza per apprezzare lo stato odierno e lo sviluppo della tecnica produttiva nei paesi capitalisti.
 
Poiché l'inevitabilità, condizionata dalle forze produttive, del passaggio dalla produzione meccanizzata alla produzione complessivamente automatizzata è determinata in primo luogo dalla necessità del cambiamento della divisione del lavoro esistente nella produzione meccanizzata di fabbrica, questa questione assume grande interesse anche per la produzione complessivamente automatizzata.
 
Già nell'ambito della produzione capitalistica nelle fabbriche meccanizzate, la presenza di un esercito di riserva di disoccupati e la costante ansia dei lavoratori di non cadere nei loro ranghi stimolano l'acquisizione di una «maggior versatilità possibile» della forza-lavoro. La legge generale dello sviluppo sociale enunciata, alla cui «normale realizzazione i rapporti devono adattarsi», pone dal punto di vista della produzione il problema di «sostituire a [...] una miserabile popolazione operaia, tenuta in riserva […] la disponibilità assoluta dell'uomo per il variare delle esigenze del lavoro; sostituire all'uomo parziale, mero veicolo di una funzione sociale di dettaglio, l'individuo totalmente sviluppato, per il quale differenti funzioni sociali sono modi di attività che si danno il cambio l'uno con l'altro».[35] Ma, aggiunge Marx, la forma capitalistica di produzione e i corrispondenti rapporti economici si trovano in contraddizione con i fattori che sollecitano l'eliminazione della divisione del lavoro esistente.
 
Dalle affermazioni di Marx sui «modi di attività interscambiabili» non si deve assolutamente trarre la conclusione che nella produzione comunista ogni uomo cambierà ininterrottamente la forma di attività. In primo luogo, nel caso dei modi di attività dell'individuo, abbiamo a che fare con funzioni sociali. In secondo luogo Marx parla dell'inevitabilità e della necessità dell'eliminazione della divisione del lavoro in rapporto alla tecnologia della produzione meccanizzata, al sistema delle macchine e ai lavoratori in quanto appendici viventi di queste macchine. Naturalmente è questa, non la divisione del lavoro derivante dal mestiere, che mutila l'uomo.
 
Nella produzione complessivamente automatizzata, gli individui che creano gli stabilimenti automatizzati dovranno regolare e sorvegliare il loro lavoro, avranno sempre a che fare con la produzione nel suo complesso e dovranno quindi prendere parte all'intera lavorazione del prodotto. Al tempo stesso i prodotti fabbricati rivestiranno verosimilmente scarsa importanza per i creatori degli impianti automatici. In tal modo non ci sarà divisione del lavoro nel senso dei mestieri attuali degli operai (tornitori, fresatori, fabbri ecc.) e nemmeno nel senso dei mestieri secondo i rami d'industria, ma secondo la fine struttura in essi presente.
 
Nella produzione complessivamente automatizzata sembra che il lavoratore riunisca di nuovo le funzioni produttive separate, su una base tecnica assolutamente nuova. Il prodotto del lavoro, pur restando sociale e appartenente a tutti, non diviene il prodotto di un lavoratore complessivo, ma il prodotto diretto del produttore «individuale». Si ristabilisce così l'interesse dell'uomo, in quanto padrone e modellatore del suo mestiere, al lavoro, che era andato perduto nella manifattura e in particolare nella produzione meccanizzata di fabbrica, e liquida tutte le conseguenze derivanti dalla perdita di questo interesse descritte da Marx.
 
Se vogliamo riassumere il pensiero di Marx sul posto dell'uomo nella produzione secondo i vari modi tecnologici di produzione - considerando solo l'aspetto tecnico della questione -, otteniamo il seguente schema sulla trasformazione del sistema Uomo-Tecnica nel corso della storia:
 
1. Semplice produzione artigianale - ogni singolo lavoratore impiega singoli strumenti di lavoro.
2. Manifattura - l'operaio complessivo impiega singoli strumenti di lavoro.
3. Produzione meccanizzata - l'operaio complessivo impiega strumenti di lavoro complessivi (il sistema delle macchine), per cui ogni singolo operaio funge solo da accessorio di una singola macchina.
4. Produzione complessa automatizzata - ogni singolo lavoratore impiega strumenti di lavoro complessivi.
 

 

[1] K. Marx, I risultati futuri della dominazione britannica in india, in K. Marx e F. Engels, India Cina Russia, cit., p. 91.
[2] K. Marx, Il Capitale, I, cit., p. 476.
[3] Ibid., p. 715.
[4] K Marx e F. Engels, Manifesto del Partito Comunista, cit., p. 111.
[5] K. Marx e F. Engels, L'ideologia tedesca, cit., p. 328.
[6] Ibid., p. 54.
[7] Ibid., pp. 50 sg.
[8] K. Marx, Il Capitale, III, cit., p. 114.
[9] K. Marx e F. Engels, Manifesto del Partito Comunista, cit., p. 109
[10] K. Marx, Il Capitale, I, cit., p. 74.
[11] K. Marx, Il Capitale, III, cit., p. 1002.
[12] K. Marx, Introduzione a Per la critica dell'economia politica, cit., p. 174.
[13] K. Marx, Il Capitate, II, cit., p. 331.
[14] K. Marx, Il Capitate, I, cit., p. 465.
[15] Marx e F. Engels, Werke, cit., Bd. 8, p. 544.
[16] K. Marx e F. Engels, L'ideologia tedesca, cit., p. 63.
[17] Ibid., p. 62.
[18] K. Marx, Il Capitale, cit., p. 633.
[19] K. Marx e F. Engels, L'ideologia tedesca, cit., p. 63.
[20] Ibid., p. 64.
[21] Loc. cit.
[22] Loc. cit.
[23] Ibid., p. 65
[24] K. Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844, in K. Marx, Opere filosofiche giovanili, Roma, Editori Riuniti, 1950, p. 258.
[25] K. Marx, Lineamenti fondamentali della critica dell'economia politica II, cit., p. 410.
[26] Ibid., pp. 400 sg.
[27] Ibid., p. 401.
[28] Ibid., pp. 398 sg.
[29] Ibid., p. 394.
[30] Loc. cit.
[31] Ibid., p. 253.
[32] Ibid., p. 403.
[33] Ibid., p. 401.
[34] Loc. cit.
[35] K. Marx, Il Capitale, I, cit., pp. 534 sg.
 

 



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