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L'Anti-Dühring. Nel bicentenario della nascita di Engels

Víctor Manuel Martínez * | elmachete.mx
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

26/02/2021

L'Anti-Dühring è forse l'opera più nota di Engels, e non si tratta di una fama immeritata. Costituisce infatti una sintesi dell'arma più potente lasciataci in eredità da Marx - il materialismo dialettico. Pur servendosi di questo strumento nelle sue analisi, e citandone in più occasioni il metodo o elementi di esso in linea generale, di fatto Marx non sintetizzò concretamente la sua metodologia. A colmare questa lacuna fu lo stesso Engels; per inciso, non era questo il suo proposito iniziale, né intese farlo per puro compiacimento o mosso da un «impulso interiore» - bensì, come afferma egli stesso nella prefazione, spinto da una necessità che si andava manifestando verso la fine degli anni Ottanta dell'Ottocento. Una minaccia stava infatti insidiando il movimento socialista in Europa, e in Germania in particolare. L'accademico Dühring, facendosi vanto della propria spacconeria, aveva affermato di aver elaborato una nuova filosofia rivoluzionaria - un nuovo socialismo destinato a trasformare i rapporti politici ed economici esistenti. Fu per insistenza di Liebknecht che Engels si risolse a misurarsi con la «gatta da pelare» della filosofia di Dühring. E di certo si rivelò essere una «faccenda non solo molto spiacevole, ma anche molto grossa», poiché tale filosofia non costituiva un semplice sistema di idee riguardo ai rapporti di produzione - Dühring si era in realtà addentrato nel territorio delle scienze naturali. Per dimostrare la fallacia della sua filosofia, Engels dovette ricorrere alla scienza, alle nuove scoperte contemporanee. Non era un compito facile.

I
Filosofia

Questa sezione è oro colato. In nessuno scritto precedente la radiografia del materialismo dialettico appare altrettanto nitida. In questa sezione Engels illustra i fondamenti della filosofia marxista, analizzandone le basi stesse. Apprendiamo così che tre sono le leggi che governano il comportamento della natura1 - e quindi della realtà: l'unità e il conflitto degli opposti, la conversione della quantità in qualità e la negazione della negazione.

Riguardo all'unità e conflitto degli opposti, già Marx, nella Miseria della filosofia, aveva affermato che senza contraddizione non vi è movimento. Quest'opera ci mostra come la realtà sia contraddittoria, ma anche come le sue contraddizioni siano legate da una stretta relazione. Affermare che la realtà è contraddittoria perché esistono il bianco e il nero, l'alto e il basso, il nulla e il tutto, l'elettrone e il protone - tutti elementi dalle proprietà contraddittorie - significa tracciare una caricatura della dialettica, poiché in tal modo viene messa in luce soltanto l'esistenza di tali contraddizioni, ma non la loro interrelazione; inoltre, esse non vengono studiate come parte di un tutto, come componenti dei fenomeni che imprimono una direzione alla realtà.

Affermare che la causa si contrappone all'effetto è limitarsi a riconoscere un dato che rimane sterile per le scienze; tuttavia, riconoscere che in natura esistono fenomeni che sono a un tempo causa ed effetto, e che inoltre senza uno di questi due aspetti un dato fenomeno non può semplicemente prodursi, rappresenta già un risultato importante del materialismo dialettico. Prendiamo l'infinito come esempio per illustrare le contraddizioni. L'infinito si manifesta nel finito. Un intervallo finito - tra lo zero e l'uno, diciamo - contiene un'infinità di numeri, così come infiniti sono i numeri contenuti nell'intervallo tra meno infinito e infinito (si vedano gli studi matematici sull'infinito di Cantor). L'esistenza dell'universo, definito come tutto ciò che appartiene alla realtà oggettiva, è infinita - la materia e l'energia non sono state create né distrutte, ma si sono soltanto trasformate - e tuttavia, tale infinità si manifesta in modalità temporali definite e finite, quali le esistenze delle vite delle galassie, delle stelle, delle specie viventi, della storia umana e via dicendo.

Per quanto concerne la conversione della quantità in qualità, Engels dimostra che gli aumenti o le diminuzioni quantitative in natura conducono a mutamenti nella materia che ne alterano la qualità. Il suo celebre esempio è quello dell'aumento della temperatura dell'acqua allo stato liquido che conduce alla sua evaporazione, cioè al suo passaggio dallo stato liquido a quello gassoso, che determina un cambiamento delle sue proprietà fisiche e chimiche. Vi è poi l'aggiunta dei radicali alchilici nelle catene degli idrocarburi: gli idrocarburi a quattro atomi di carbonio sono gas, quelli che ne contengono da cinque a sedici sono liquidi, e quelli contenenti diciassette o più atomi di carbonio sono solidi. Ancora oggi la scienza continua a sorprenderci con esempi di questo tipo. Per esempio, se si modifica la lunghezza d'onda dello spettro elettromagnetico, le sue proprietà mutano: la luce visibile, le onde radio o i raggi X presentano infatti proprietà differenti.

La negazione della negazione ci insegna che nulla è eterno, che un dato stato ne nega un altro in qualunque momento. L'infanzia è la negazione dello stato embrionale, l'adolescenza è la negazione dell'infanzia, la maturità è la negazione dell'adolescenza, la vecchiaia è la negazione della maturità - e infine la morte è la negazione della vita stessa (benché la morte possa sopraggiungere in qualsiasi fase della vita). Il nuovo, cioè, nega il vecchio, per divenire a sua volta vecchio dopo un certo periodo ed essere sopraffatto da un'ulteriore, nuova negazione. Negare, spiega Engels, non significa semplicemente dire «no», bensì comprendere che la negazione dialettica è una necessità che interviene in una fase di qualcosa, una costruzione della realtà. Per seguire il suo corso, la realtà deve negare se stessa, lasciare spazio al nuovo e distruggere il vecchio.

In tal modo, Engels fa crollare le concezioni metafisiche e antiscientifiche di Dühring. Il presunto «primo impulso» non è che l'apertura di uno spiraglio alle concezioni cosmologiche di natura religiosa. Applicando in modo corretto e scientifico la legge della conservazione dell'energia, Engels ha modo di dimostrare che l'universo (concepito come la realtà al di fuori della nostra mente) è infinito, non è stato creato e non sarà distrutto. Il movimento è insito nella materia: una materia statica è un concetto falso, così come lo è l'idea di un inizio statico dell'universo. Il materialismo dialettico si manifesta qui in tutto il suo splendore. Sono le contraddizioni della materia, le sue negazioni, a innescare lo sviluppo.

Preziose sono inoltre le categorie della dialettica in cui si manifestano queste tre leggi - ma per il momento non mi soffermerò oltre, in questa sede, sull'analisi della filosofia dell'Anti-Dühring.

II
Economia politica

A prima vista, il materialismo dialettico può apparire estraneo all'economia politica. Si può avere l'impressione che si applichi alla sola filosofia, e non all'economia. In realtà non è così. Il materialismo dialettico può essere applicato all'economia politica così come alla filosofia e perfino alla scienza.

La teoria della violenza costituiva uno dei capisaldi della concezione sociale di Dühring. Secondo tale concezione, la comparsa delle classi era dovuta all'esercizio della violenza da parte di un settore di una comunità ai danni di un altro settore (violenza interna); e la diseguaglianza tra le nazioni era dovuta alla violenza di una nazione ai danni di un'altra (violenza esterna). Si tratta di una spiegazione alquanto superficiale, apparentemente scontata ma tutt'altro che convincente per la ragione. Viene così dimostrata la miopia dell'analisi di Dühring, che si limita agli aspetti superficiali della realtà senza indagarne le cause. Per spiegare un fenomeno è necessario coglierne l'essenza, e per fare ciò è necessario esaminare e studiare anzitutto il fenomeno stesso. Ma Dühring non passa mai dal fenomeno all'essenza.

Engels dimostra che l'esercizio della violenza da parte di un settore sociale ai danni di un altro, e da parte di una nazione o di una comunità ai danni di un'altra, ha basi economiche. Un settore sociale, per poter dominare su un altro settore appartenente alla sua comunità, deve sì mantenerlo soggiogato con la forza (come nella spiegazione dühringhiana); ma per soggiogarlo ha bisogno di armi, e per disporre di armi ha bisogno di produrre, e la produzione a sua volta richiede forza lavoro e mezzi di produzione; e il modo in cui tale settore sociale può accumulare e concentrare la produzione (anche di armi e di potere) dipende dal livello di sviluppo delle forze di produzione. Lo stesso avviene quando una comunità desidera imporsi su un'altra: lo fa mediante la violenza, è vero, ma tale violenza ha basi materiali, economiche e sociali. Il potere non è che una relazione sociale che poggia su basi economiche.

La ricchezza non è il potere economico sulle persone e sulle cose: è il dominio sulle cose che permette di dominare sull'uomo. Questa geniale intuizione di Engels ci permette di comprendere sul piano storico che il dominio della natura ha reso possibile il dominio sull'uomo, e che perché ciò avvenga è necessario che le forze di produzione raggiungano un determinato livello. La spiegazione di Dühring tende a concludere che il capitalismo ha un lato buono (il dominio sulle cose) e un lato cattivo (il dominio sugli uomini): il lato produttivo del capitalismo sarebbe cioè buono, mentre la sua distribuzione sarebbe pura malvagità.

Veniamo quindi al concetto di valore. Afferma Dühring: «Il valore è la valutazione che le cose e le prestazioni economiche trovano nello scambio». Questa valutazione corrisponde «al prezzo o a qualsiasi altro termine equivalente, per esempio al salario». Ciò non contribuisce affatto a una definizione corretta del valore. Stando a questa definizione, il valore coincide con il prezzo - ma questo non spiega nulla, limitandosi a presentarlo come un semplice numero nell'ambito del mercato. Più avanti, per spiegare il contenuto del valore, Dühring menziona il lavoro necessario per superare le «resistenze» della natura a trasformarsi in merce, così come l'esazione del tributo attuata mediante la violenza (che riconduce al suo esempio dell'uomo con il pugnale in mano che si impadronisce con la forza delle risorse naturali).

L'approccio metafisico di Dühring non colloca il valore nel contesto dello sviluppo delle forze di produzione; non spiega perché il lavoro che un artigiano mette nella sua merce sia meno produttivo di quello di uomo provvisto di macchinari, che produce con la medesima quantità di lavoro una quantità venti volte superiore della stessa merce; e non offre nemmeno una spiegazione della modificazione subita dal valore in tale situazione. Non spiega perché la forza lavoro trasforma il lavoro in merce (spiegazione che viene invece offerta da Marx con i suoi concetti di lavoro concreto e astratto); non dice nemmeno in quali circostanze il valore coincida o meno con il prezzo; e via discorrendo. Soltanto il marxismo offre risposte a questi interrogativi senza cadere in tautologie o errori - ma il tema è assai ampio e lo rimando a un'altra occasione.

III
Socialismo

Veniamo alla sezione sul socialismo, in cui Engels ci offre numerosi insegnamenti. L'idea errata secondo cui le crisi di sovrapproduzione non sarebbero che semplici interruzioni del potere d'acquisto delle masse non offre alcuna informazione utile a comprendere le crisi del capitalismo - giacché il sottoconsumo, spiega Engels, è un fenomeno insito nelle fasi economiche caratterizzate da contraddizioni di classe. Le classi dominanti accumulano ricchezza a spese delle classi oppresse: si tratta di una relazione dialettica che si manifesta nella diseguaglianza e nella lotta di classe. Marx dimostra che le crisi di sovrapproduzione rientrano nella natura sociale della produzione capitalista. Il capitalismo ha ormai raggiunto un livello di sviluppo delle sue forze produttive tale da consentirgli di produrre al di là della capacità d'acquisto delle masse proletarie e contadine e perfino al di là delle sue stesse necessità - il che provoca un eccesso di accumulazione di valore d'uso nei magazzini dei capitalisti. Il sottoconsumo delle masse dunque, per quanto importante per l'analisi delle crisi capitaliste, è ben lungi dallo spiegarne in se stesso le cause.

Tanto basti per quanto riguarda la produzione capitalista. La società socialista dühringhiana è tanto interessante quanto utopistica. In essa gli interessi dell'individuo concordano con quelli dello Stato sino a divenire tutt'uno con essi:

«il singolo è sottoposto ad una costrizione assoluta di fronte allo Stato», ma questa costrizione può giustificarsi solo nella misura in cui essa «serve veramente alla giustizia naturale». Per questo fine ci saranno «un'attività legislativa e un'attività giudiziaria», ma esse «debbono restare nella collettività»; inoltre ci sarà una lega difensiva che si estrinseca nell'«essere riuniti nell'esercizio o in una sezione esecutiva appartenente al servizio di sicurezza interna»

In questa scopiazzatura del Contratto sociale di Rousseau vediamo come in una società gli interessi dell'individuo (quale individuo? Dühring non lo spiega) siano, o dovrebbero essere, in sintonia con gli interessi dello Stato - mentre è sotto gli occhi di tutti come la realtà sia ben diversa. Per cominciare, lo Stato non è affatto questo organismo in grado di mantenere l'armonia e la conciliazione tra classi contrapposte; per quanto si sforzi di farlo, mediante l'indottrinamento o ricorrendo alla violenza, non riesce a sradicare gli interessi contrapposti esistenti in una società divisa in classi. I progetti dello Stato borghese non si armonizzano con gli interessi del proletario, e se quest'ultimo si oppone, lo Stato lo tiene a bada «con le buone o con le cattive». È per questo che lo Stato non potrà mai svolgere una funzione di conciliazione tra le classi, poiché perfino nel socialismo lo Stato continua a svolgere un ruolo repressivo nei riguardi di coloro che aspirano a ripristinare il regime di sfruttamento capitalista. La differenza rispetto allo Stato borghese è che lo Stato socialista favorisce la maggioranza a scapito della minoranza, e che una volta che tale minoranza sarà sconfitta lo Stato socialista non avrà più ragione di esistere e si estinguerà.

Lo Stato proletario, cioè socialista, non è un fine, bensì un mezzo per raggiungere l'obiettivo: la società comunista. Ecco un aspetto che la miopia di Dühring non è in grado di cogliere. Dopo averci inflitto infiniti sproloqui sugli interessi statali e individuali, Dühring pretende che la sua società socialista elimini la religione con un semplice tratto di penna. E assegna al sesso femminile il compito di educare i bambini, togliendo tale responsabilità agli uomini, poiché a suo avviso l'educazione dei figli sino ai quattordici anni spetta alla donna; ed è soltanto se l'adolescente non obbedisce all'autorità della madre che il padre è chiamato a intervenire. Si direbbe quasi che per Dühring la mancanza di attenzione da parte del padre per quattordici anni abbia un peso maggiore dell'autorità materna. Dühring arriva così a una società freddamente calcolata e strutturata da lui stesso. Questo scienziato pretende di imporre alle scuole un futuribile piano di studi in cui zoologia e botanica non saranno che semplici distrazioni per gli studenti, a causa del loro elevato contenuto descrittivo. A quanto pare, Dühring aspira a risparmiare fatica e discussioni agli uomini della sua società, definendone l'organizzazione sociale con formule da libro di testo.

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Questo articolo, così come i precedenti inseriti nella serie «Verso il bicentenario della nascita di Engels», non ha certo la pretesa di trattare il tema in modo esauriente, né di riassumerne le analisi. Ho voluto semplicemente riprenderne alcune, mettendo in evidenza aspetti fondamentali del marxismo. A mio avviso, l'Anti-Dühring riveste sul piano filosofico un'importanza pari a quella del Capitale per l'economia politica. In esso si combinano in modo mirabile il materialismo dialettico, l'economia politica e il socialismo, in una forma migliore di quella di molti altri scritti precedenti. Si tratta di un'opera matura che ogni marxista dovrebbe leggere almeno un paio di volte per la sua formazione, e che ci offre senz'altro degli insegnamenti utili per guidare il movimento operaio prima e dopo la rivoluzione.

Note:

*) Víctor Manuel Martínez, membro della Sezione Ideologia del Comitato Centrale del PCM

1Benché il materialismo dialettico si serva di queste tre leggi anche per studiare la società, questo non rientra nel tema di questo capitolo, a differenza delle scienze naturali.


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