www.resistenze.org - cultura e memoria resistente - storia - 10.06.02

CROAZIA 1941-1944: UNA CATTOLICISSIMA MACELLERIA

Il nazista Pavelic e l'arcivescovo Stepinac, alleati di genocidio
di Karlheinz Deschner

Il testo che segue è la traduzione letterale di quello  presentato da Karlheinz Deschner il 26/12/1993 in occasione  dell'ultima puntata della sua serie televisiva sulla politica dei Papi nel XX secolo. Questa serie è stata trasmessa  in Germania da Kanal 4, sulle frequenze di RTL. Il testo e' stato ripreso dalla rivista marxista tedesca "Konkret" (n.3-1994, pg.47) e tradotto in italiano a cura del Coord. Romano per la Jugoslavia.

Il Papato di Roma - divenuto grande attraverso la  guerra e l'inganno, attraverso la guerra e l'inganno conservatosi tale - ha sostenuto nel XX secolo il  sorgere di tutti gli Stati fascisti con determinazione, ma più degli altri ha favorito proprio  il peggior regime criminale: quello di Ante Pavelic in Jugoslavia.
Questo ex-avvocato zagrebino, che negli anni '30  addestrò le sue bande soprattutto in Italia, fece uccidere nel 1934 a Marsiglia il re Alessandro di  Jugoslavia in un attentato che costò la vita anche al ministro degli Esteri francese. Due anni più tardi  celebrò con un libello le glorie di Hitler, "il più grande ed il migliore dei figli della Germania", e ritornò  in Jugoslavia nel 1941, rifornito da Mussolini con armi e denari, al seguito dell'occupante tedesco. Da despota  assoluto Pavelic si pose nella cosiddetta Croazia Indipendente a capo di tre milioni di Croati  cattolici, due milioni di Serbi ortodossi, mezzo milione di Musulmani bosniaci nonchè numerosi  gruppi etnici minori. Nel mese di maggio cedette quasi la metà del suo paese con annessi e connessi  ai suoi vicini, soprattutto all'Italia, dove con particolare calore fu accolto e benedetto da Pio XII  in udienza privata (benchè già condannato a morte in contumacia per il doppio omicidio di  Marsiglia sia dalla Francia che dalla Jugoslavia). Il grande complice dei fascisti si accommiatò da lui  e dalla sua suite in modo amichevole e con i migliori auguri, letteralmente, di "buon lavoro".
Cosμ ebbe inizio una crociata cattolica che non ha  nulla da invidiare ai peggiori massacri del Medioevo, ma piuttosto li supera. Duecentonovantanove  chiese serbo-ortodosse della "Croazia Indipendente" furono saccheggiate, annientate,  molte trasformate persino in magazzini, gabinetti pubblici, stalle.  Duecentoquarantamila Serbi ortodossi furono costretti  a convertirsi al cattolicesimo e circa settecentocinquantamila furono assassinati. Furono  fucilati a mucchi, colpiti con la scure, gettati nei fiumi, nelle foibe, nel mare. Venivano massacrati  nelle cosiddette "Case del Signore", ad esempio duemila persone solo nella chiesa di Glina. Da vivi  venivano loro strappati gli occhi, oppure si tagliavano le orecchie ed il naso, da vivi li si  seppelliva, erano sgozzati, decapitati o crocifissi. Gli Italiani fotografarono un sicario di Pavelic che  portava al collo due collane fatte con lingue ed occhi di esseri umani.
Anche cinque vescovi ed almeno 300 preti dei Serbi  furono macellati, taluni in maniera ripugnante, come il pope Branko Dobrosavljevic, al quale furono  strappati la barba ed i capelli, sollevata la pelle, estratti gli occhi, mentre il suo figlioletto era  fatto letteralmente a pezzi dinanzi a lui. L'ottantenne Metropolita di Sarajevo, Petar Simonic, fu sgozzato.  Ciononostante l'arcivescovo cattolico della città di Oden scrisse parole in lode di Pavelic, "il duce  adorato", e nel suo foglio diocesano inneggiò ai metodi rivoluzionari, "al servizio della Verità, della  Giustizia e dell'Onore".  Le macellerie cattoliche nella "Grande Croazia" furono  cosμ terribili che scioccarono persino gli stessi fascisti italiani; anche alti comandi tedeschi  protestarono, diplomatici, generali, persino il servizio di sicurezza delle SS ed il ministro degli Esteri nazista  Von Ribbentrop. A più riprese, di fronte alle "macellazioni" di Serbi, truppe tedesche intervennero  contro i loro stessi alleati croati.
E questo regime - che ebbe per simboli e strumenti  di guerra "la Bibbia e la bomba" - fu un regime assolutamente cattolico, strettamente legato alla  Chiesa Cattolica Romana, dal primo momento e sino alla fine. Il suo dittatore Ante Pavelic, che era  tanto spesso in viaggio tra il quartier generale del Führer e la Berghof hitleriana quanto in Vaticano,  fu definito dal primate croato Stepinac "un croato devoto", e dal papa Pio XII (nel 1943!) "un cattolico  praticante". In centinaia di foto egli appare fra vescovi, preti, suore, frati. Fu un religioso ad  educare i suoi figli. Aveva un suo confessore e nel suo palazzo c'era una cappella privata. Tanti religiosi  appartenevano al suo partito, quello degli ustasa, che usava termini come dio, religione, papa, chiesa,  continuamente. Vescovi e preti sedevano nel Sabor, il parlamento ustasa. Religiosi fungevano  da ufficiali della guardia del corpo di Pavelic. I cappellani ustasa giuravano ubbidienza dinanzi a  due candele, un crocifisso, un pugnale ed una pistola. I Gesuiti, ma più ancora i Francescani,  comandavano bande armate ed organizzavano massacri: "Abbasso i Serbi!". Essi dichiaravano  giunta "l'ora del revolver e del fucile"; affermavano "non essere più peccato uccidere un bambino di  sette anni, se questo infrange la legge degli ustasa". "Ammazzare tutti i Serbi nel tempo più breve  possibile": questo fu indicato più volte come "il nostro programma" dal francescano Simic, un vicario militare  degli ustasa. Francescani erano anche i boia dei campi di concentramento. Essi sparavano, nella  "Croazia Indipendente", in quello "Stato cristiano e cattolico", la "Croazia di Dio e di Maria", "Regno  di Cristo", come vagheggiava la stampa cattolica del paese, che encomiava anche Adolf Hitler  definendolo "crociato di Dio". Il campo di concentramento di Jasenovac ebbe per un periodo  il francescano Filipovic-Majstorovic per comandante, che fece ivi liquidare 40.000 esseri  umani in quattro mesi. Il seminarista francescano Brzien ha decapitato qui, nella notte del 29 agosto  1942, 1360 persone con una mannaia.  Non per caso il primate del paradiso dei gangsters  cattolici, arcivescovo Stepinac, ringraziò il clero croato "ed in primo luogo i Francescani" quando  nel maggio 1943, in Vaticano, sottolineò le conquiste degli ustasa. E naturalmente il primate, entusiasta  degli ustasa, vicario militare degli ustasa, membro del parlamento degli ustasa, era bene informato di  tutto quanto accadeva in questo criminale eldorado di preti, come d'altronde Sua Santità lo stesso  Pio XII, che in quel tempo concedeva una udienza dopo l'altra ai Croati, a ministri ustasa, a diplomatici  ustasa, e che alla fine del 1942 si rivolse alla Gioventù Ustasa (sulle cui uniformi campeggiava  la grande "U" con la bomba che esplode all'interno) con un: "Viva i Croati!". I Serbi morirono allora,  circa 750.000, per ripeterlo, spesso in seguito a torture atroci, in misura del 10-15% della  popolazione della Grande Croazia - tutto ciò esaurientemente documentato e descritto nel mio  libro La politica dei papi nel XX secolo [Die Politik der Paepste im XX Jahrhundert, Rohwohl 1993; si veda pure "L'Arcivescovo del genocidio", di M.A. Rivelli, ediz. Kaos 1999]. E se non si sa nulla su questo  bagno di sangue da incubo non si può comprendere  ciò che laggiù avviene oggi, avvenimenti per i quali lo stesso ministro degli Esteri dei nostri  alleati Stati Uniti attribuisce una responsabilità specifica ai tedeschi, ovvero al governo Kohl-Genscher.
Più coinvolto ancora è solo il Vaticano, che già a suo tempo attraverso papa Pio XII non solo  c'entrava, ma era cosμ impigliato nel peggiore degli orrori dell'era fascista che, come già scrissi  trent'anni fa, "non ci sarebbe da stupirsi, conoscendo la tattica della Chiesa romana, se lo facesse santo".  Comunque sia: il Vaticano ha contribuito in maniera  determinante alla instaurazione di interi regimi fascisti degli anni venti, trenta e quaranta. Con i  suoi vescovi ha sostenuto tutti gli Stati fascisti sistematicamente sin dal loro inizio. E' stato il  decisivo sostenitore di Mussolini, Hitler, Franco, Pavelic; in tal modo la Chiesa romano-cattolica si  è resa anche corresponsabile della morte di circa sessanta milioni di persone, e nondimeno della morte  di milioni di cattolici. Non è un qualche secolo del Medioevo, bensμ è il ventesimo, per lo meno dal  punto di vista quantitativo, il più efferato nella storia della chiesa.

POSTILLA:
In occasione del primo viaggio in Croazia di  Giovanni Paolo II, il quotidiano italiano la Repubblica  taceva su tutto quanto sopra raccontato, pero' scriveva:  "...Ma il contatto con la folla fa bene a Giovanni Paolo II. I fedeli lo applaudono ripetutamente. Specie quando  ricorda il cardinale Stepinac, imprigionato da Tito per  i suoi rapporti con il regime di Ante Pavelic, ma sempre rimasto nel cuore dei Croati come un'icona del  nazionalismo. Woityla, che sabato sera ha pregato sulla  sua tomba, gli rende omaggio, però pensa soprattutto  al futuro..." (la Repubblica, 12/9/1994). Tre anni dopo, lo stesso papa proclamava beato il nazista Stepinac, con una pomposa cerimonia alla quale partecipava pure Franjo  Tudjman, regista della cacciata di tutta la popolazione serba delle Krajne nella versione di fine secolo della  "Croazia indipendente".