www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - storia - 05-06-04

Dai Rosemberg a Mumia Abu Amal:

La “democrazia USA” affidata alle cure degli specialisti della repressione dell’F.B.I.

a cura di S. Ricaldone

19 giugno 1953, prigione di Sing Sing (New York). Sono da poco passate le 20.00, Julius Rosemberg prima, sua moglie Ethel subito dopo, vengono uccisi da una scarica elettrica di 2000 volt CC a “nome del popolo americano”.
Straziante l’agonia di Ethel: occorsero 20 interminabili minuti e tre micidiali scariche prima che il suo cuore si fermasse.
Difficile dimenticare quella lunga giornata trascorsa nella vana attesa che il boia fosse fermato. La tragica vendetta degli apparati di potere contro i Rosemberg doveva essere consumata ed avere un grande impatto simbolico: gli Stati Uniti erano pronti a fermare con ogni mezzo il dilagare del comunismo nel mondo.
Gerard A. Jaeger nel suo libro “Les Rosemberg, la chaise életrique pour délit d’opinion” (edition du Felin, 2003, Paris, pagg. 324, euro 20) ci riporta con dovizia di particolari nel terrificante clima shakesperiano dell’America maccartista degli anni ’50.

A Milano erano le due di notte quando a Sing Sing furono chiusi i circuiti della sedia elettrica. Migliaia di persone si accalcavano nelle vie del centro cingendo d’assedio il consolato USA. Giovani, donne, vecchi e bambini attendevano da ore nella vana speranza di un gesto di clemenza.
Poi un gelido cupo silenzio, segnato da molte lacrime e carico di collera, pose fine a quella drammatica notte. La condanna a morte dei Rosemberg emessa nel 1951, la sola mai pronunciata in tempo di pace per spionaggio negli Stati Uniti, aveva sollevato una colossale ondata di protesta da tutti gli angoli del pianeta. Milioni di cittadini, personalità le più diverse, tra le quali Pio XII, la giovane regina d’Inghilterra Elisabetta II, intellettuali del calibro di Aragon e Jean-Paul Sartre, attori famosi come Gerard Philipe e Brigitte Bardot, avevano firmato petizioni.

Lo storico A. Jaeger, nel suo libro uscito in Francia apre un nuovo campo di riflessione su quell’epoca, durante la quale furono messi a punto dal Pentagono i piani per scatenare una guerra contro l’Unione Sovietica.
Julius Rosemberg viene interrogato dall’FBI il 17 luglio 1950, qualche giorno dopo l’inizio della guerra in Corea (25 giugno) e qualche mese dopo il trionfo della rivoluzione in Cina e l’esplosione della prima bomba atomica sovietica.
Una folle campagna repressiva, condotta col pugno di ferro, viene scatenata dalle autorità americane. Essa mira a “ripulire” i centri vitali della politica, della cultura e del mondo scientifico dalla presenza dei comunisti. La commissione presieduta dal senatore Mc Carty usa i suoi poteri contro chiunque manifesti idee anche vagamente di sinistra. Funzionari del Dipartimento di Stato, giornalisti, attori e registi di Holliwood sono inquisiti, perseguitati e in molti casi condannati per attività antiamericane. La caccia alle streghe non risparmia nessuno: Charlie Chaplin, il popolare Charlot di Tempi Moderni, sceglie di abbandonare per sempre gli Stati Uniti.

Mezzo secolo è trascorso, ma ancora oggi la lotta per la riabilitazione dei coniugi Rosemberg non ha sortito alcun effetto. Dubitiamo che le istituzioni di Washington, dopo aver continuato per decenni a combattere le ideee progressiste con i mezzi persuasivi che conosciamo, e a riempire i cimiteri di comunisti (o presunti tali) in Indonesia, Cile, Vietnam, Congo, Nicaragua, Salvador, ecc., possano ora riabilitare i primi due martiri della guerra fredda. Ma i Rosemberg continuano a restare il simbolo dell’onore di coloro che a prezzo della loro vita si sono battuti e si battono per un mondo pacifico e di progresso, ed un’onta incancellabile per le istituzioni degli Stati Uniti che, anziché riconoscere i loro crimini, continuano a commetterne di nuovi.

A lungo si sono cercate, da una parte e dall’altra,  le prove dell’innocenza o della colpevolezza  di questa coppia di comunisti ebrei, i cui genitori, all’inizio del secolo, erano sfuggiti ai pogrom antisemiti in Polonia sperando di vivere liberi nel Nuovo mondo.
Colpevoli o innocenti, di che cosa? L’opera di Gerard A. Jaeger ha il merito essenziale di dimostrare che il porsi questa domanda «erano spie oppure no» ci porta in un vicolo cieco poiché occulta le vere motivazioni della loro condanna.

Sebbene lo si sappia da lungo tempo, l’apertura degli archivi dell’FBI, permette allo storico di spiegare che i coniugi Rosemberg non erano assolutamente in grado di vendere i segreti della fabbricazione delle armi nucleari. Questi archivi hanno rivelato inoltre che otto giorni prima del processo, il giudice Irwing Kaufman ed il capo dell’FBI, Edgard Hoover, avevano già deciso di infliggere la pena di morte nel corso di un incontro al ministero della giustizia. Greenglass, il fratello di Ethel, anch’esso accusato di complicità, ha riconosciuto anni dopo in una intervista televisiva, di aver mentito sui ruoli di suo cognato e di sua sorella in cambio dell’assoluzione di sua moglie e di una pena più clemente per se stesso.

Il libro di Jaeger dimostra con documenti inoppugnabili che i coniugi Rosemberg furono messi a morte per un reato comunemente definito delitto d’opinione e praticamente cancellato dai moderni codici dei paesi democratici. Dunque, il vero interrogativo deve essere posto, secondo l’autore, sul fatto se fosse lecito, o meglio ancora, eticamente doveroso, negli anni della seconda guerra mondiale, informare l’URSS dei progressi tecnologici e militari, una pratica assolutamente logica e normale tra scienziati e tecnici di paesi alleati, che condividendo le loro scoperte potevano far avanzare più celermente le ricerche, acquisendo vantaggi sul nemico comune.

Ma la storia della bomba atomica americana è stata raccontata senza pudore dalle autorità di Washington e sembra uscita dal copione di qualche scadente “noir” holliwoodiano.

A metà degli anni trenta, la comunità scientifica europea ed americana stava approfondendo gli studi sulla fissione nucleare. All’indomani della presa del potere in Germania da parte dei nazisti, aumenta l’inquietudine  del mondo scientifico. Alcuni pensano che Hitler si accinga a fabbricare un’arma nuova neanche lontanamente paragonabile a quelle fino ad allora conosciute. Alcuni scienziati tedeschi si rifugiano in Gran Bretagna e negli Stati Uniti.

Albert Einstein ed altri grandi fisici come Robert Oppenheimer e l’inglese di origine tedesca Klaus Fuchs, erano molto reticenti all’idea di creare uno strumento di distruzione finale di cui solo loro potevano percepire le conseguenze distruttive. Tuttavia, benché poco convinti che i nazisti fossero sul punto di costruire l’arma nucleare – la storia ha rivelato in seguito quanto fosse falsa quella ipotesi – questi scienziati accettarono di collaborare nella corsa alla bomba. Il progetto “Manhattan” fu lanciato dal governo americano a Los Alamos nel 1941. per molti ricercatori era logicamente scontata la possibilità di scambiare le loro conoscenze scientifiche con quelle dei loro colleghi sovietici, il cui paese, aggredito dalla Germania nazista, era alleato di Stati Uniti e Gran Bretagna.
Molti di loro erano, poi contrari che una sola potenza – nella fattispecie gli Stati Uniti – diventasse titolare esclusiva della bomba. Nelle mani di un solo paese, questa “esclusiva” avrebbe rappresentato un pericolo mortale per l’umanità.

È curioso ricordare che mentre i fisici del progetto Manhattan erano sottoposti da parte dell’F.B.I. a misure di sorveglianza paranoiche per impedire che le informazioni arrivassero ad un paese alleato, si era invece molto tolleranti verso chi trafficava con il nemico nazista.
Fu proprio in quel periodo che il nonno dell’attuale presidente degli Stati Uniti, Prescott Bush, membro del consiglio di amministrazione di una banca, fu colto per due volte con le mani nel sacco in operazioni di finanziamento commerciale a favore della Germania nazista. Spia, intesa col nemico, deficit di patriottismo? No, per carità, nulla del genere, era solo un banchiere e come tale insospettabile.

Ricorda lo storico Jaeger come la macchina industriale americana, alimentata dagli orrori della guerra in Europa, lucrasse da una situazione molto vantaggiosa sfornando armi di ogni tipo e tonnellaggio giungendo al massimo della sua potenza (e dei suoi profitti). In cambio i russi immolavano milioni di morti sui capi di battaglia dell’est.

Come numerosi altri americani antifascisti, Julius Rosemberg, ha probabilmente organizzato, alla luce del sole, una rete di sostegno all’Unione Sovietica. Era il minimo che si potesse fare in quei giorni tremendi in cui l’esercito hitleriano era dilagato fin sulle rive del Volga e sulle cime più alte del Caucaso. Ma già dall’inizio dell’assedio di Stalingrado, nel momento in cui la resistenza sovietica comincia a seminare il dubbio (in alcuni, anche il panico) che l’Armata rossa potesse ricacciare i tedeschi fino a Berlino, i servizi americani di sicurezza cominciano a tenere d’occhio i comunisti: vengono tallonati, spiati, registrati su liste.

Il corso degli eventi storici ci propone talvolta delle strane similitudini. I comunisti europei che militarono nella mitica struttura di intelligence chiamata Orchestra Rossa, operante nei paesi occupati dai nazisti, furono in gran parte catturati, torturati e massacrati dalla Gestapo, poi riconosciuti come eroi e decorati dopo la liberazione. Ethel e Julius Rosemberg, benché combattenti per la stessa causa, furono messi a morte, non accidentalmente ma deliberatamente, da quello che oggi viene chiamato “fuoco amico”. E poi ricoperti d’infamia.

Cinquant’anni dopo la memoria di questi due valorosi militanti comunisti americani, condannati a morte per un delitto di opinione alla fine di un processo truccato da false prove, è tutt’ora vivente e, purtroppo, di bruciante attualità. Milioni di persone si mobilitano negli USA e nel mondo contro le centuplicate minacce alla pace, alla libertà e ai diritti democratici, messe in atto dagli stessi centri di potere che misero a morte i Rosemberg.

Mumia Abu Amal è da 21 anni nel braccio della morte in attesa di essere giustiziato. La sua storia è molto simile a quella dei Rosemberg. È stato accusato con prove false dall’FBI di aver ucciso il poliziotto Daniel Faulkner. Nemmeno la confessione del vero assassino, Arnold Beverly, che ha ammesso di aver ucciso Faulkner per ordine della mafia, è servita ad istruire una revisione del processo. Mumia rimane dunque in attesa del boia.

La sua vera colpa è di essere stato militante delle Black Phanters, come i Rosemberg lo furono del partito comunista, una colpa che certi tribunali americani, d’intesa con l’FBI, difficilmente perdonano.

Anche per Mumia c’è stata una grande mobilitazione, ma finora senza esito. La protesta più significativa, per il suo impatto simbolico, è stata la decisione del sindaco socialista di Parigi, Bertrand Delanoe, di concedere la cittadinanza onoraria della capitale francese a Mumia, consegnata solennemente il 13 ottobre scorso all’Hotel de Ville, nelle mani di Angela Davis, rappresentante storica ed ex dirigente delle Pantere nere.

Cosa aspetta il sindaco Veltroni a seguire l’esempio del suo collega di Parigi?