www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - storia - 21-04-09 - n. 270

da Accademia delle Scienze dell'URSS, Storia universale vol. X, Teti Editore, Milano, 1975
trascrizione a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
 
25 aprile 1945: L'insurrezione popolare nell'Italia settentrionale
 
Nel febbraio-marzo del 1945, cioè quando ancora le truppe alleate non erano avanzate rispetto alle posizioni occupate durante l'inverno e sul fronte italiano regnava la calma, l'offensiva partigiana nell'Italia settentrionale si sviluppava con nuova forza. La "repubblica sociale" si sfasciava e le diserzioni nell'esercito e nella polizia, la fuga dei funzionari amministrativi assumevano un carattere di massa. Per evitare la mobilitazione nell'esercito fascista, la gioventù si univa ai partigiani. Dalla fine di febbraio, l'industria dell'Italia settentrionale era praticamente paralizzata. I comunisti invitavano gli operai a salvare le fabbriche dalle distruzioni operate dai tedeschi; per questa ragione, gli impianti e le macchine utensili venivano occultati in luoghi sicuri o portati sulle montagne, mentre le brigate operaie organizzavano la difesa all'interno delle imprese e delle fabbriche.
 
Delle 26 divisioni tedesche presenti in Italia, che all'inizio dell'aprile 1945 costituivano il gruppo d'armate "Z" (X e XIV armata e LXXV corpo d'armata), 6 divisioni combattevano contro i partigiani.
 
Alle forze tedesche era opposto il 15° gruppo d'armate alleato (V armata americana e VIII armata inglese) composto da 21 divisioni e da 9 brigate. Le truppe alleate erano, come al solito, perfettamente attrezzate. La superiorità tecnica alleata sul nemico era schiacciante. Il 9 aprile 1945, dalla zona a est di Bologna passarono all'attacco le truppe inglesi. Il 14 aprile a sud-ovest di Bologna iniziò la offensiva delle truppe americane e il 24 gli alleati forzavano il Po.
 
Nell'Italia settentrionale, il movimento partigiano era molto forte. Il 10 aprile la direzione per l'Italia settentrionale del partito comunista fece pervenire a tutte le organizzazioni politiche e formazioni militari partigiane la direttiva n. 16 dedicata all'insurrezione, nella quale si diceva che era arrivata l'ora della riscossa: "... l' offensiva sovietica sull' Oder e l'offensiva anglo-americana in Italia saranno gli atti finali della battaglia vittoriosa. Anche noi dobbiamo scatenare l'attacco definitivo. Non si tratta più solo di intensificare la guerriglia, ma di predisporre e scatenare vere e proprie azioni insurrezionali".
 
A metà aprile le formazioni partigiane italiane al comando di Arrigo Boldrini che avanzavano al fianco delle truppe alleate, in una serie di aspre battaglie liberarono parecchie città.
 
Il 19 aprile i partigiani, comandati dal comunista Barontini, dopo sanguinosi scontri col nemico, liberarono Bologna, che venne definitivamente strappata al nemico il 21 aprile, con l'appoggio delle truppe alleate. La mattina del 24 aprile il Comitato di liberazione nazionale decretò l'inizio dello sciopero generale e dell'insurrezione. La stazione radio di "Milano libera" trasmise questo messaggio: "Il Comitato di liberazione nazionale dell'Alta Italia invita all'insurrezione in tutte le città e le province, per cacciare gli invasori e i loro alleati fascisti, e per porre le basi di una nuova democrazia, che sarà l'espressione della volontà popolare".
 
Il popolo italiano aderì con slancio all'appello. Il 25 aprile i partigiani e gli operai di Milano conquistarono la città. La vittoria fu rapida e totale: il nemico, che sperava di conservare la città come ultimo, importante caposaldo, fu colto alla sprovvista e non poté contare sull' appoggio della guarnigione fascista.
 
Alla vigilia dell'insurrezione, per cercar di impedire l'attacco dei partigiani, Mussolini si incontrò con i rappresentanti del Comitato di liberazione nazionale, ma quando seppe che i nazisti, a sua insaputa, da lungo tempo conducevano le trattative per la capitolazione con il comando alleato, scomparve dal palazzo del cardinale Schuster, dove avveniva l'incontro, e insieme ai principali esponenti fascisti cercò di mettersi in salvo.
 
Poco prima del confine svizzero, però, la colonna dei fascisti in fuga fu fermata dai partigiani e il "duce", travestito da soldato tedesco, venne riconosciuto e arrestato.
 
Il 28 aprile, per ordine del CLN e del comando del Corpo volontari della libertà, Mussolini e altri dirigenti fascisti furono fucilati.
 
A Torino lo sciopero generale iniziò il 18 aprile e si trasformò ben presto in insurrezione contro i tedeschi, che volevano liquidare il movimento prima dell'arrivo delle formazioni partigiane. I nazisti misero in azione i carri armati e l'artiglieria, ma non riuscirono nel loro intento: i partigiani costrinsero la guarnigione tedesca a lasciare la città e sconfissero immediatamente la resistenza dei fascisti. Il 26 aprile anche il comando nazifascista di Genova sottoscrisse la resa incondizionata della guarnigione, che, a nome del CLN della città, venne accettata dall'operaio comunista Remo Scappini. Costringendo i tedeschi alla resa, i partigiani salvarono dalla distruzione il più importante porto d'Italia.
 
Lunga e aspra fu la lotta nelle città e nelle strade della provincia di Venezia, dove si trovavano numerose colonne tedesche che volevano arrivare a qualunque costo ai valichi alpini per l'Austria. In alcune località le ostilità si conclusero con la piena vittoria dei partigiani solo il 29 aprile.
 
L'insurrezione nell'Italia settentrionale ebbe un carattere di massa. L'attacco decisivo delle forze partigiane fu ovunque appoggiato dalla popolazione: 125 città e centri abitati furono liberati prima dell'arrivo degli Alleati.
 
Quando il 29 aprile venne firmato l'atto ufficiale della capitolazione tedesca in Italia, molte divisioni nemiche stavano ancora combattendo contro i partigiani. Le truppe alleate in movimento verso l'Italia settentrionale entrarono in città ove, da alcuni giorni o da qualche settimana, il potere si .trovava nelle mani dei patrioti.
 
L'offensiva alleata nell'Italia settentrionale avvenne dunque mentre si sviluppava l'insurrezione popolare e la lotta appassionata delle forze della resistenza. Dopo aver riconosciuto la capitolazione delle truppe tedesche, le divisioni anglo-americane continuarono l'avanzata verso il nord.
 
Il 2 maggio esse entrarono in Trieste, dove erano già giunti i partigiani italiani e reparti dell'esercito popolare jugoslavo, e il 4 si congiunsero sul passo del Brennero con parte della VII armata americana. La guerra in territorio italiano era finita.
 
Lo stesso giorno il comandante in capo alleato delle forze del Mediterraneo, maresciallo Alexander, annunciava in un ordine del giorno straordinario: "I resti di quello che fu un orgoglioso esercito, quasi un milione di uomini con i loro armamenti ed equipaggiamenti e accessori, hanno consegnato le armi. Le forze combattenti agli ordini del comandante in capo Von Vietinghoff comprendono oltre agli eserciti dell'Italia settentrionale, le forze germaniche del Tirolo, del Voralberg, di Salisburgo e le unità della Carinzia e della Stiria. Tutte queste forze combattenti agli ordini del comandante in capo si sono arrese incondizionatamente. La firma ha avuto luogo nell'ufficio del generale Morgan alla presenza di ufficiali britannici, americani e sovietici. Questo è il primo esempio di capitolazione incondizionata di un intero esercito tedesco. Essa è dovuta al convergere di due elementi di rottura di ogni possibile resistenza: l'insurrezione di un popolo intero, organizzata dagli organi militari e politici del Comitato di liberazione nazionale, e l'assalto trionfale delle armate alleate".