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da Accademia delle Scienze dell'URSS, Storia universale vol. X, Teti Editore, Milano, 1975
A sessanta anni dalla fondazione della Repubblica Popolare Cinese (01/10/1949) - trascrizione a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
 
Cap XV – La Guerra nell'oceano Pacifico - pag. 470-475
 
La guerra del popolo cinese contro gli invasori giapponesi
 
L'INASPRIRSI DELLA REAZIONE IN CINA
 
L'aggressione del Giappone ai possedimenti degli Stati Uniti d'America e dell'Inghilterra nell'oceano Pacifico mutò la posizione internazionale della Cina. Il 9 dicembre 1941, dopo più di 4 anni di "conflitto" cino-giapponese, il governo del Kuo Min Tang dichiarò ufficialmente guerra al Giappone. Il 10 dicembre venne pubblicata una dichiarazione in cui si affermava che la Cina si trovava in stato di guerra anche con la Germania e con l'Italia. Gli Stati Uniti d'America e l'Inghilterra erano interessati allo sviluppo delle azioni militari delle forze armate cinesi contro il Giappone. Ciò poteva in una certa misura indebolire l'offensiva giapponese nell'Asia sud-orientale. I rappresentanti degli Stati Uniti d'America, dell'Inghilterra e del governo del Kuo Min Tang decisero, alla fine di dicembre 1941, nella conferenza di Chungking, d'inviare truppe cinesi in Birmania per aiutare i reparti inglesi. Chiang Kai-shek fu nominato comandante delle truppe alleate in Cina, in Indocina e Birmania.
 
Nel 1942 gli Stati Uniti e l'Inghilterra cominciarono a offrire un serio aiuto finanziario alla Cina. In febbraio venne concesso al governo del Kuo Min Tang un prestito inglese di 50 milioni di sterline e in marzo un prestito americano di 500 milioni di dollari. Contemporaneamente gli Stati Uniti aumentarono le forniture di armi all'esercito del Kuo Min Tang, pensando che esso avrebbe intensificato le azioni militari e avrebbe impegnato così ingenti forze giapponesi.
 
Tuttavia il governo di Chungking non giustificò queste speranze. Nel primo periodo della guerra nell'oceano Pacifico, quando la situazione non era favorevole agli Alleati, l'esercito del Kuo Min Tang restò praticamente inoperoso sul fronte, mentre rappresentanti di Chiang Kai-shek conducevano segretamente trattative con gli aggressori giapponesi.
 
L'attività militare dell'esercito del Kuo Min Tang non si intensificò neppure dopo la svolta radicale verificatasi nel corso della guerra mondiale a favore della coalizione antifascista. I governanti cinesi comprendevano che con il rapporto di forze esistente tra le potenze belligeranti, essi potevano trovarsi nel novero dei vincitori anche senza particolari sforzi militari propri sul fronte di lotta con il Giappone. L'unica cosa che i reazionari cinesi temevano era la vittoria del popolo che, sotto la direzione del Partito comunista cinese, combatteva contro gli occupanti.
 
Il governo perseguitava duramente le forze democratiche del paese. La macchina del terrorismo politico funzionava senza pietà (la polizia segreta, il "servizio speciale" del Kuo Min Tang e le bande di assassini prezzolati). Allo scopo di dare un "fondamento teorico" alla politica di repressione del movimento democratico, delle forze armate popolari e del partito comunista, Chiang Kai-shek scrisse, in collaborazione con Tao Hsi-sheng, passato successivamente in campo giapponese, il libro Il destino della Cina (marzo 1943). In esso si esaltavano gli ordinamenti medievali cinesi e il terrorismo fascista, si affermava che in Cina doveva esistere un solo partito, il Kuo Min Tang, una sola teoria e un solo capo, cioè Chiang Kai-shek. Egli prometteva di risolvere tutte le questioni di politica interna in base a questa "dottrina" nel corso dei prossimi due anni. La reazione cercava di distruggere il partito comunista, di liquidare le zone liberate, di soffocare definitivamente il movimento rivoluzionario.
 
A tal fine gli uomini di Chiang Kai-shek spesso non disdegnarono la collaborazione diretta con gli occupanti giapponesi.
I dirigenti del Kuo Min Tang davano istruzioni segrete ai comandi dei loro reparti, rimasti dopo la ritirata nelle retrovie giapponesi, di passare al nemico e di combattere assieme a esso contro le zone liberate. Nel periodo 1941-1943, 70generali cinesi, con le loro unità, passarono dalla parte degli invasori giapponesi.
 
Soldati e ufficiali appartenenti alle truppe del Kuo Min Tang costituivano il 66% dell'esercito del governo fantoccio di Nanchino. Queste truppe vennero impiegate dal comando giapponese per combattere contro la VIII armata di marcia e la nuova IV armata.
 
Nell'estate del 1943, la cricca del Kuo Min Tang diede l'ordine di una nuova offensiva contro la zona di frontiera Shensi-Kansu-Ninghsia, allo scopo di liquidare questo bastione libero del popolo cinese. Nel settore venne concentrato un esercito di 600.000 uomini ben armati. Il 7 luglio 1943, nel sesto anniversario dell'inizio della guerra contro gli invasori giapponesi le truppe del Kuo Min Tang, dopo un intenso bombardamento di artiglieria, penetrarono nella zona di frontiera. Ma i reparti dell'VIII armata sferrarono un forte contrattacco e le costrinsero a retrocedere sulle posizioni di partenza.
 
Le forze democratiche del paese condannarono la politica reazionaria e proditoria del governo del Kuo Min Tang. Esse espressero la certezza che la grande causa della liberazione del popolo cinese non si sarebbe arrestata a mezza strada.
 
IL CONSOLIDAMENTO DELLE ZONE LIBERATE
 
Perseguendo la politica della offensiva "pacifica" contro il governo del Kuo Min Tang, i militaristi giapponesi continuarono nel 1942-1943 a estendere le operazioni contro le zone liberate e le armate popolari. A esse parteciparono 1.100.000 soldati dell'esercito giapponese e delle truppe del governo di Wang Ching-wei. Gli occupanti compirono molte "campagne di annientamento" cercando di isolare, accerchiare, distruggere le forze partigiane. Nel 1943 le armate e la popolazione della zona liberata Hopeh-Shantung-Honan dovettero respingere 10 "campagne di annientamento" del nemico, alle quali parteciparono 84.000soldati.
 
Alla fine dell'estate 1943l'VIII armata di marcia e la nuova IV armata, assieme ai reparti partigiani e alla milizia popolare delle zone liberate, passavano all'offensiva. In quest'anno le forze armate popolari uccisero, ferirono o fecero prigionieri un grande numero di soldati e ufficiali nemici, conquistando un ingente bottino di guerra.
 
Si alleggerì così la situazione economica delle zone liberate. Alla fine del 1943 si sviluppò un movimento per la creazione di cooperative contadine. L'anno successivo le brigate di mutua assistenza nel lavoro agricolo organizzavano il 20% dei contadini delle zone liberate. Aumentò il raccolto del grano. Nella zona di frontiera, a esempio, la produzione di generi alimentari aumentò nel 1944 del 60% rispetto al 1937.
 
Il miglioramento della situazione militare ed economica delle zone liberate permise alle forze armate popolari di condurre operazioni offensive, e nel 1944 1'VIII e la nuova IV armata con altre truppe antigiapponesi operarono con successo nella Cina del nord, dove liberarono dai nemici un territorio con una popolazione di oltre 10 milioni di persone, e nella Cina centrale e meridionale.
 
Fino alla primavera 1945, in un anno di combattimenti, le forze armate popolari distrussero notevoli forze del nemico, catturarono 146.000 fucili e liberarono 50 centri distrettuali. Si estese il territorio delle zone liberate e la loro popolazione raggiunse i 95 milioni di persone. Benché nella primavera 1945 gli effettivi dell'esercito regolare delle zone liberate fossero saliti a 900.000 uomini e la milizia popolare ne contasse 2 milioni, le forze popolari non erano certo ancora in grado di dare inizio alla battaglia decisiva contro le truppe giapponesi per la liberazione delle grandi città e per il possesso delle linee ferroviarie.
 
L'OFFENSIVA GIAPPONESE SUL FRONTE DEL KUO MIN TANG
 
All'inizio del 1944 le comunicazioni marittime del Giappone erano seriamente danneggiate. Per compensare la caduta dei trasporti marittimi, che colpiva le possibilità militari del paese, il governo nipponico ritenne necessario stabilire una linea di comunicazione attraverso il continente dalla Cina nord-orientale fino a Singapore. Per questo motivo, l'esercito giapponese, dopo una lunga inattività, iniziava nel marzo 1944 un'offensiva sul fronte del Kuo Min Tang. Il comando giapponese mise in azione 13 divisioni. L'esercito del Kuo Min Tang, benché fosse numericamente superiore di 3-4 volte alle forze del nemico, era fortemente demoralizzato. I suoi reparti più efficienti (circa 600.000 uomini) erano impegnati nell'assedio della zona di frontiera e di altre basi popolari. Al primo attacco delle truppe giapponesi nella provincia di Honan, il fronte del Kuo Min Tang cominciò a sfaldarsi come un castello di carte. L'esercito si diede alla fuga. L'offensiva giapponese continuò fino all'inizio del 1945, e, anche se non incontrò una seria resistenza, si svolse piuttosto lentamente a causa delle difficoltà dei trasporti.
 
L'esercito del Kuo Min Tang subì enormi perdite in armi e munizioni. Durante la precipitosa ritirata, molti reparti del Kuo Min Tang si arresero senza combattere. Nella Cina centrale e meridionale passò nelle mani del nemico un vasto territorio, con una popolazione di 60 milioni di persone, che comprendeva i punti strategici di Chengchow, Lojang, Changsha, Kweelin e altri.
 
I giapponesi occuparono 10 basi aeree americane e 36 aeroporti. Il compito principale dell'offensiva, cioè il possesso della linea di comunicazione continentale dal nord-est della Cina alle frontiere della Birmania e del Vietnam, fu realizzato. L'esercito giapponese aveva la reale possibilità di occupare la capitale del Kuo Min Tang, Chungking, ma la situazione militare-politica del Giappone, peggiorata bruscamente all'inizio del 1945, rese inutile l'avanzata all'interno della Cina. II comando giapponese non riuscì a utilizzare praticamente neppure la linea continentale di comunicazione.
 
Le sconfitte dell'esercito del Kuo Min Tang nel periodo della vittoriosa offensiva dell'armata rossa e di tutte le altre forze della coalizione anti-hitleriana, delle riuscite azioni militari dell'VIII e della nuova IV armata nelle zone liberate, resero particolarmente evidente l'instabilità del regime di Chiang Kai-shek.
 
Le retrovie dell'esercito del Kuo Min Tang erano malsicure. L'economia rimaneva estremamente arretrata. La sua base era rappresentata da una agricoltura semifeudale, in cui si praticava uno spietato sfruttamento dei contadini da parte dei grandi proprietari e degli usurai.
Nelle zone del Kuo Min Tang si otteneva meno di un decimo della produzione prebellica del paese.
 
Le classi dirigenti della Cina, la grossa borghesia commerciale e i grandi proprietari fondiari avevano inasprito negli anni di guerra la loro oppressione. L'alta burocrazia derubava sfacciatamente il popolo. Innanzi tutto si trattava delle quattro famiglie Chiang, Sung, Kung e Ch'en capeggiate da Chiang Kai-shek e dai suoi ministri Sung Tze-wen e Kung Hsiang-hsi, nonché dai fratelli Ch'en Kuo-fu e Ch'en Li-fu. Già negli anni 30 queste quattro famiglie avevano assunto il controllo sulle finanze e sul commercio, e alla fine della guerra con il Giappone detenevano il monopolio di tutte le sfere dell'attività economica del paese. La Banca di Stato, da essi controllata, stampando in quantità illimitata cartamoneta, depredava nel modo più sfacciato il popolo. Le quattro famiglie erano proprietarie dei principali settori dell'industria. Acquistando la terra dai contadini impoveriti, incatenandoli con debiti, le quattro famiglie si trasformarono anche in grossi proprietari fondiari e usurai del paese.
 
La cricca di Chiang Kai-shek era odiata dal popolo. Le masse popolari del paese chiedevano la sostituzione della dittatura del Kuo Min Tang con un governo democratico di coalizione formato dai rappresentanti di tutte le forze antigiapponesi.
 
Nel settembre 1944, questa richiesta venne avanzata dal partito comunista e alcuni giorni dopo trovò l'appoggio della lega democratica, che rispecchiava gli interessi della borghesia nazionale, degli intellettuali a essa collegati e della piccola borghesia delle città. In molte città si svolsero manifestazioni e comizi con la parola d'ordine della creazione di un governo democratico di coalizione. Il potere del Kuo Min Tang era scosso da una seria crisi politica.
 
LA POLITICA AMERICANA IN CINA NELL'ULTIMA TAPPA DELLA GUERRA DEL PACIFICO
 
Il capitale monopolistico americano era favorevole al mantenimento del regime del Kuo Min Tang, perché esso corrispondeva nel modo migliore agli interessi degli Stati Uniti. I gruppi dirigenti americani temevano il rafforzarsi dell'esercito popolare-rivoluzionario in Cina, ed erano pronti a fare di tutto per non permettere l'apparizione in Estremo Oriente, ai confini dell'Unione Sovietica, di una Cina democratica.
 
Nell'estate 1944 giunse in Cina il vice presidente degli Stati Uniti d'America, Wallace, per discutere con Chiang Kai-shek la situazione militare dell'esercito del Kuo Min Tang.
 
Per sollevare il prestigio politico del gruppo di Nanchino, egli insisté per una "riorganizzazione" del governo cinese. Durante il suo soggiorno nella capitale di guerra del Kuo Min Tang, Wallace manifestò un particolare interesse allo sviluppo dell'economia cinese. Egli esaminò i metodi e le condizioni concrete di sfruttamento del vasto mercato cinese e della subordinazione dell'economia cinese agli interessi dei monopoli americani. Dopo il ritorno in America, il vice presidente, in un discorso alla radio del 9 luglio 1944, sottolineò le enormi possibilità che offriva il commercio con la Cina per gli uomini d'affari americani.
 
Nel settembre 1944, su incarico di Roosevelt, giunsero a Chungking il capo della direzione per gli affari della produzione bellica Nelson e il generale Hurley. In seguito alla attività di questa missione, nella quale erano anche i rappresentanti dei monopoli carboniferi e petroliferi, gli Stati Uniti d'America conclusero nel 1945, con il governo del Kuo Min Tang, una serie di trattati estremamente svantaggiosi per la Cina. Il generale Hurley, un milionario dell'Oklahoma, rappresentante straordinario personale del presidente, aveva l'incarico di occuparsi della "sistemazione" delle questioni di politica interna della Cina. Tramite Hurley, agivano quei circoli imperialisti americani, che già allora chiedevano apertamente la "liquidazione del pericolo comunista" in Cina.
 
Nel novembre 1944, Chiang Kai-shek apportò alcune modifiche alla composizione del governo di Chungking. Ministro della guerra venne nominato uno dei più stretti collaboratori di Chiang Kai-shek nelle "campagne anticomuniste", il generale Ch'en Ch'eng, che aveva stretti legami con gli americani. Ministro degli interni venne nominato il reazionario Chiang Li-sheng. Una tale "riorganizzazione" del governo di Chiang Kai-shek significava una più rapida fascistizzazione della direzione militare-politica del Kuo Min Tang, allo scopo di scatenare la guerra civile.
 
I capi del Kuo Min Tang rifiutarono categoricamente di creare un governo di coalizione, come chiedevano il partito comunista e tutte le organizzazioni democratiche cinesi.
 
Hurley, nominato nel novembre 1944 ambasciatore americano in Cina, chiese un più intenso aiuto di armi per il governo di Chiang Kai-shek, sostenendo che solo questo governo era in grado di risolvere il "problema comunista" in Cina. Nel luglio 1945, le truppe del Kuo Min Tang, dotate di armi americane, cominciarono l'offensiva contro la zona libera Shensi-Kansu-Ninghsia. La reazione cinese, con l'aiuto degli imperialisti americani, voleva strappare dalle mani del popolo la vittoria nella guerra di liberazione.
 
IL PROGRAMMA DI LOTTA PER LA DEMOCRATIZZAZIONE DEL PAESE
 
Nel momento in cui la seconda guerra mondiale si avviava rapidamente alla fine e la situazione politica in Cina si inaspriva sempre di più, si riunì nello Yenan, nell'aprile 1945, il VII congresso del Partito comunista di Cina. Il congresso formulò il programma generale del movimento rivoluzionario che comprendeva l'obiettivo della liquidazione della dittatura reazionaria del Kuo Min Tang e dell'instaurazione di un regime democratico fondato sull'alleanza di tutte le forze patriottiche in un unico fronte sotto la guida della classe operaia.
 
Quale programma concreto immediato del tempo di guerra, le risoluzioni del VII congresso del partito comunista prevedevano: la mobilitazione di tutte le forze per la definitiva sconfitta degli aggressori giapponesi; la creazione di un governo democratico provvisorio di coalizione; lo svolgimento di libere elezioni dopo la fine della guerra; la convocazione di un'Assemblea costituente che doveva esprimere un governo di coalizione; la garanzia delle libertà di parola, di stampa, di pensiero, di fede religiosa, di riunione, di organizzazione sindacale; il miglioramento delle condizioni di vita degli operai e degli impiegati; la riduzione dell'affitto per la terra, nonché l'avvio della riforma agraria, affinché "ogni aratore ricevesse il proprio campo".
 
Nel campo della politica estera il VII congresso del Partito comunista cinese espresse il pieno consenso alle decisioni delle conferenze di Mosca, di Teheran e di Jalta.
Il Partito comunista cinese chiese al governo del Kuo Min Tang di abbandonare il suo atteggiamento ostile nei confronti dell'Unione Sovietica e di migliorare immediatamente le relazioni cino-sovietiche.
 
"Dopo che nel 1937 è iniziata la guerra contro gli invasori giapponesi - disse il presidente del Partito comunista cinese, Mao Tse-tung, nel suo rapporto al congresso - la Unione Sovietica è stata veramente la prima a correre in aiuto della Cina nella sua lotta contro l'aggressore. Il popolo cinese esprime la propria riconoscenza al governo e al popolo sovietico per tutto questo aiuto". Il programma d'azione tracciato dal VII congresso del Partito comunista cinese rispondeva agli interessi del popolo cinese, contribuiva alla mobilitazione delle forze armate popolari per la cacciata degli invasori.