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da Accademia delle Scienze dell'URSS, Storia universale vol. XI, Teti Editore, Milano, 1975
A sessanta anni dalla fondazione della Repubblica Popolare Cinese (01/10/1949) - trascrizione a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
 
Le vittorie decisive delle forze rivoluzionarie e la costituzione della Repubblica Popolare Cinese
 
Nel gennaio del 1948, a Hong Kong, alcuni autorevoli esponenti del Kuomintang, malcontenti della politica di Chiang Kai-shek, avevano creato un Comitato rivoluzionario del Kuomintang, dichiarandosi pronti a battersi con i comunisti per la formazione di un governo democratico di coalizione e per attuare la riforma agraria. Nello stesso tempo si svolgeva a Hong Kong una riunione della Lega democratica, che si dichiarò per l’appoggio alla lotta armata del Partito comunista cinese contro la reazione del Kuomintang e solidale con il programma agrario dei comunisti. Felicitandosi per le dichiarazioni del Comitato rivoluzionario del Kuomintang e della Lega democratica, il partito comunista, nel suo messaggio del Primo Maggio, proponeva a tutti i partiti e raggruppamenti democratici, alle organizzazioni di massa e alle personalità apartitiche, la convocazione di una nuova conferenza politica consultiva, senza la partecipazione dei reazionari. La proposta fu accolta, e nell’agosto del 1948 i rappresentanti dei partiti e dei raggruppamenti politici si recarono nelle zone liberate, per attuare praticamente la collaborazione con i comunisti.
 
A partire dall’autunno del 1948 i ritmi di sviluppo degli avvenimenti rivoluzionari in Cina si accelerarono fortemente. Inizialmente la direzione del partito comunista, basandosi soprattutto su quello che poteva essere lo sviluppo della rivoluzione dal punto di vista militare, aveva calcolato di poter giungere alla vittoria in cinque anni, cioè presso a poco nel 1952. Ma l’ascesa rivoluzionaria di tutto il popolo nelle regioni dominate dal Kuomintang accelerò considerevolmente il crollo del regime di Chiang Kai-shek e consentì all’esercito popolare di liberazione di conseguire vittorie decisive già all’inizio del terzo anno di guerra.
 
Nel settembre-ottobre 1948, a seguito di una grande operazione che si protrasse per 52 giorni, fu annientato quasi mezzo milione di soldati del Kuomintang e liberata completamente tutta la parte nord-orientale del paese. Ne seguì la vittoria non meno esaltante di Huai Hai, conseguita dopo 65 giorni di combattimenti. In questa grandiosa battaglia furono sconfitte 55 divisioni del Kuomintang, comprendenti complessivamente 550 mila uomini. Nel dicembre 1948 e gennaio 1949 si svolse una grande battaglia nella Cina settentrionale, che portò alla liberazione di numerose città, tra cui Pechino la cui guarnigione si arrese senza combattere. Queste tre grandi vittorie delle forze rivoluzionarie spezzarono le reni all’esercito del Kuomintang. Il processo di tracollo del regime del Kuomintang era ormai irreversibile. Il 1° gennaio 1949, in un discorso alla radio, Chiang Kai-shek propose ai comunisti l’avvio di negoziati di pace.
 
Il messaggio di capodanno di Chiang Kai-shek era il riconoscimento della propria sconfitta da parte della reazione del Kuomintang. Il 14 gennaio 1949 il Comitato centrale del partito comunista rispondeva ufficialmente alla proposta di Chiang Kai-shek. Esso si diceva pronto a avviare negoziati con il Kuomintang, alle seguenti condizioni: punizione dei criminali di guerra, abolizione della pseudo Costituzione del 1946, del sistema giuridico del Kuomintang, riorganizzazione di tutte le forze armate reazionarie sulla base di principi democratici, confisca del capitale burocratico, riforma del sistema agrario, annullamento dei trattati ineguali, convocazione di una conferenza politico consultiva senza la partecipazione di elementi reazionari, per la creazione di un governo democratico di coalizione che avrebbe assunto tutti i poteri del governo reazionario del Kuomintang e degli organi locali che ne dipendevano, a tutte le istanze.
 
Nel Kuomintang si accese una lotta attorno a queste condizioni. Il gruppo che stava attorno a Chiang Kai-shek voleva la cessazione immediata e incondizionata delle operazioni militari, dopo di che sarebbero stati avviati i negoziati. Il vicepresidente Li Tsung-jen e un gruppo di generali ritenevano che si dovessero accettare le condizioni poste dai comunisti. Sotto la pressione di questi gruppi Chiang Kai-shek trasmise le funzioni di presidente a Li Tsung-jen, ma conservò di fatto il potere sull’apparato del Kuomintang e, ciò che era ancora più importante, il controllo sulle truppe e sulla distribuzione degli aiuti americani. Egli sperava che i negoziati si trascinassero per le lunghe in modo da dargli la possibilità di mettere assieme nuove divisioni per continuare la lotta. Il nuovo presidente, assumendo ufficialmente le sue funzioni, dichiarò di esser d’accordo per iniziare i negoziati alle condizioni poste dal Partito comunista cinese.
 
I negoziati ebbero inizio a Pechino i1 1° aprile e durarono due settimane. Essi portarono all’elaborazione di un progetto di trattato di pace. La delegazione comunista fece concessioni sul punto che concerneva la punizione dei criminali di guerra, nel senso di prevedere atteggiamenti differenziati nei confronti dei dirigenti del Kuomintang, responsabili in misura diversa dello scatenamento della guerra civile. Il partito comunista acconsentì anche all’inclusione nel futuro governo di coalizione di dirigenti del partito del Kuomintang di “sentimenti patriottici”. Le altre condizioni poste dai comunisti furono tutte incluse nel testo del progetto di trattato per la pacificazione del paese. Ma il governo di Li Tsung-jen, presa visione del progetto di trattato, il 20 aprile 1949 dichiarò di non volerlo sottoscrivere.
 
Il 21 aprile l’esercito popolare di liberazione gli rispose con un’offensiva generale contro le truppe del Kuomintang. Forzato lo Yangtze il 23 aprile esso occupava Nanchino, la capitale del Kuomintang. Nel maggio furono liberate le maggiori città della Cina, quali Hang chou, Shangai, Wuhan e Hengyang. Al sud l’esercito popolare di liberazione era agevolato dal fatto che, all’appello del consiglio militare popolare-rivoluzionario a tutte le autorità locali, militari e civili del Kuomintang a sottoscrivere trattati di carattere locale sulla base delle condizioni fissate a Pechino, una serie di alti dirigenti militari del Kuomintang risposero arrendendosi senza combattere, rendendo così possibile la liberazione pacifica delle province della Hunan, Yunan, Hsikiang e Sin Tsian. Molti di questi dirigenti del Kuomintang ottennero in seguito posti di rilievo nel governo della Repubblica Popolare Cinese. Nel dicembre 1949 tutta la parte continentale della Cina, a eccezione del Tibet, era completamente liberata. I resti dell’esercito del Kuomintang si rifugiarono nell’isola di Formosa. Il regime del Kuomintang era abbattuto.
 
Con il passaggio all’offensiva dell’esercito popolare di liberazione e la liberazione di un sempre maggior numero di città, il partito comunista dovette misurarsi sempre di più con i problemi dei suoi rapporti con i diversi strati della popolazione urbana, e in primo luogo con la classe operaia. È da quel momento che esso si impegnò a rafforzare la propria influenza politica sulla classe operaia, particolarmente instaurando l’unità del movimento sindacale sotto il suo controllo. Nell’agosto 1948 ad Harbin i sindacati delle regioni liberate e l’Associazione cinese del lavoro che operava nelle regioni dominate dal Kuomintang tennero il VI congresso pancinese dei sindacati (il precedente si era tenuto nel 1929), che ricreò la Federazione sindacale pancinese. In questa federazione fu assegnata ai comunisti una funzione dirigente.
 
Alla riunione allargata dell’Ufficio politico del Comitato centrale del partito comunista che si tenne nel settembre 1948, fu sottolineata la necessità di “rafforzare l’attività di amministrazione delle città e dell’industria e di portare gradualmente dalle campagne alle città il centro di gravità del lavoro di partito”. Alla fine del 1948 Mao Tse-tung e Liu Shao-chi, nell’organo dell’Ufficio di informazione dei partiti comunisti “Per una pace stabile, per una democrazia popolare” e in altri documenti del Partito comunista cinese, dichiaravano che il partito si atteneva ai principi del marxismo-leninismo e dell’internazionalismo proletario, della funzione dirigente dell’Unione Sovietica nel fronte antimperialista mondiale, dell’importanza dell’esempio e dell’esperienza dei bolscevichi russi e dell’alleanza con l’URSS per la vittoria della rivoluzione cinese. In un articolo dedicato al 31° anniversario della grande rivoluzione socialista d’Ottobre, Mao Tse-tung scriveva: “Il Partito comunista cinese a stato fondato e si sviluppa sul modello del Partito comunista dell’Unione Sovietica […]. Siamo illuminati dai raggi della rivoluzione d’Ottobre”. Nel dicembre 1948 il Comitato centrale del Partito comunista cinese criticò, “l’ideologia deviazionista di destra” dei quadri del partito nei rapporti con la classe operaia. “I dirigenti intellettuali - rilevava - preferiscono discutere solamente con i capitalisti, gli impiegati e gli studenti. I funzionari di origine contadina cercano di avvicinarsi ai contadini poveri. Per quanto si riferisce agli operai, pochi vi prestano attenzione e la classe operaia rimane dimenticata. Attualmente, mentre stiamo per vincere in tutto il paese, e liberiamo una dopo l’altra le grandi città, il fatto che il partito comunista dimentichi le proprie radici è un fatto scandaloso”. Nel luglio 1948 il Comitato centrale dispose la fondazione dell’Istituto del marxismo-leninismo e della sua filiale nord-orientale, con corsi di diciotto mesi. Accanto a una preparazione di carattere generale, alla quale era dedicato il primo semestre, il programma prevedeva per il secondo semestre lo studio delle tre parti fondamentali del marxismo: economia politica, scienze politiche e filosofia.
 
Mentre l’esercito popolare di liberazione stava sgominando le truppe del Kuomintang il Partito comunista cinese si stava occupando della preparazione politica alla formazione del nuovo governo.
 
Gli organi del potere popolare nelle zone liberate erano, per il loro carattere di classe, una varietà della dittatura democratico-rivoluzionaria. In essi la maggioranza era costituita da rappresentanti dei contadini, ma ne facevano parte anche rappresentanti degli operai, della piccola borghesia urbana e della borghesia nazionale. La direzione assoluta in questi organi, in tutte le loro istanze, era nelle mani del partito comunista, fondamentalmente di contadini passati per il servizio militare. Nelle città, il potere era diretto dai comitati di controllo militare, nominati dai comandanti locali dell’esercito popolare di liberazione. A questi erano soggetti anche i comitati cittadini del partito e l’amministrazione delle città. Sotto la loro direzione venivano acquisite le proprietà confiscate, veniva attuata la riorganizzazione dell’apparato amministrativo, si avviava la produzione, si conduceva la lotta contro gli agenti del Kuomintang e contro quanti violavano l’ordine pubblico. I comitati di controllo militare dirigevano il lavoro preparatorio per la convocazione delle conferenze dei rappresentanti di tutte le categorie della popolazione, che era la forma transitoria delle assemblee dei rappresentanti del popolo.
 
La riunione del Comitato centrale del partito comunista che ebbe luogo dal 5 al 13 marzo 1949 nel villaggio di Si Bai Po, nella provincia di Hopei, confermò le decisioni di settembre dell’Ufficio politico, relative al trasferimento del centro di gravità del lavoro di partito dalle campagne nelle città, e chiamò il partito ad appoggiarsi nel suo lavoro nelle città soprattutto alla classe operaia. Esso pose il compito della trasformazione della Cina in un paese socialista, indicando le diverse fasi del periodo transitorio. La struttura statale della futura Repubblica Popolare Cinese veniva caratterizzata come una “dittatura democratica del popolo”, diretta dalla classe operaia e basata sull’alleanza degli operai e dei contadini. Il Comitato centrale approvò anche quanto deciso circa l’alleanza con l’URSS. Esso fu incaricato di accelerate la preparazione della costituzione della Repubblica Popolare Cinese. Le decisioni di questa riunione del Comitato centrale ebbero una grande importanza dal punto di vista di principio, in quanto davano al partito indicazioni pratiche per la trasformazione della rivoluzione democratico borghese in rivoluzione socialista.
 
Il 21 settembre 1949 a Pechino si era aperta la Conferenza politica consultiva popolare. Vi presero parte i rappresentanti di tutti i partiti e gruppi democratici. La maggioranza dei delegati rappresentava il partito comunista, che diresse, anche tutto il lavoro della conferenza. Furono approvati lo status della conferenza stessa, in quanto organizzazione del fronte unico, una legge sull’organizzazione del governo centrale della Repubblica Popolare Cinese e un programma generale, che avrebbe dovuto servire da legge fondamentale della Repubblica Popolare Cinese fino all’approvazione della Costituzione. Il 30 settembre, ultimo giorno dei lavori, la conferenza elesse il governo popolare centrale della Repubblica Popolare Cinese, diretto da Mao Tse-tung, e decise di fissare la capitale della repubblica a Pechino. Il 1° ottobre 1949 veniva proclamata solennemente la costituzione della Repubblica Popolare Cinese.
 
Il giorno dopo questa proclamazione, il nuovo Stato fu riconosciuto dall’Unione Sovietica, e successivamente da tutti gli altri Stati socialisti.
 
La vittoria della rivoluzione cinese aveva aperto una nuova epoca nella storia secolare dei popoli della Cina. Essa aveva creato le premesse per il rafforzamento dell’indipendenza del paese e il completamento delle trasformazioni democratico-borghesi, per il passaggio della Cina alle vie di sviluppo socialista, per la trasformazione di un paese agrario e arretrato in uno Stato progredito, economicamente sviluppato. Uno dei fattori decisivi della vittoria della rivoluzione cinese fu l’aiuto politico, diplomatico, economico e militare del partito comunista sovietico e dell’Unione Sovietica, prestato sulla base dei principi dell’internazionalismo proletario alle forze rivoluzionarie della Cina, dirette dal partito comunista.
 
L’importanza mondiale della rivoluzione cinese sta nel fatto che essa allargò fortemente la falla del sistema coloniale dell’imperialismo in Asia ed ebbe un’influenza profonda sullo sviluppo del movimento di liberazione nazionale e democratico- popolare antimperialista in tutto il continente asiatico. Affermando il proprio obiettivo di edificare il socialismo, la Repubblica Popolare Cinese entrava a far parte del sistema socialista mondiale.