www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - storia - 21-04-10 - n. 315

Lenin e la rivoluzione russa
 
di Aldo Calcidese
In occasione del 140° anniversario della nascita di Vladimir Ilic Uljanov (22 aprile 1870)
 
“Gorki ricorda: quando a un operaio di Sormovo, che aveva conosciuto Vladimir Ilic, domandarono qual’era, secondo lui, la caratteristica di Lenin che più rimaneva nella memoria, rispose, dopo averci pensato: La semplicità. Era semplice come la verità.”
(B.Polevoi – N.Zukov , Nuestro Lenin, ed. in spagnolo, Ed. Progresso, Mosca, p.53)
 
“Ma che ha fatto, chi è, donde è venuto, questo che fra gli uomini è il più umano?’’
 (V.Majakovskij – Lenin)
 
E’ praticamente impossibile sintetizzare in un articolo tutta l’immensa opera teorica e pratica di Lenin. E’ però utile far conoscere, soprattutto ai giovani, alcuni aspetti della vita di Lenin, che dimostrano non solo il grande genio politico del massimo dirigente della rivoluzione d’Ottobre ma anche la sua grande umanità.
 
Vladimir Ilic Uljanov (detto Lenin) nacque il 22 aprile 1870 nella città di Sinbirsk. All’inizio di dicembre del 1887 fu espulso dall’università e arrestato.
 
Lenin racconterà alcuni anni dopo la conversazione sostenuta con l’ufficiale di polizia che lo condusse al carcere.
 “Perché si agita, giovane, se davanti a lei si alza un muro?”
Lenin gli rispose: “Un muro sì, ma marcio. Basta dargli una spinta perché crolli”.
Così intraprese Lenin, a 17 anni, la via della lotta rivoluzionaria contro l’autocrazia zarista.
 
Quando scoppiò la I Guerra Mondiale, quasi tutti i partiti socialisti europei entrarono a far parte di governi guerrafondai (come in Francia, Inghilterra e in Belgio), o votarono i crediti di guerra (Germania). I bolscevichi furono gli unici che – agli appelli alla “difesa della patria” opposero l’appello a “trasformare la guerra imperialista in guerra civile”, rivolgendo le armi contro le proprie classi dominanti.
 
In Russia, nel febbraio 1917, rispondendo all’appello del Partito Bolscevico, gli operai di Pietrogrado organizzarono uno sciopero generale politico al quale parteciparono più di 200.000 lavoratori.
 
Il governo zarista fece ricorso alle truppe per schiacciare la rivolta, ma i soldati passarono dalla parte degli insorti. Il dominio dell’autocrazia era terminato, la rivoluzione democratico-borghese aveva trionfato.
 
Dalla Svizzera, Lenin seguiva da vicino lo sviluppo degli avvenimenti.Egli sottolineò che si era compiuta solo la prima parte della rivoluzione – quella che aveva dato il potere alla borghesia – e che non si poteva avere fiducia nel governo provvisorio.
Non bisognava lasciare che la borghesia si consolidasse nel potere, ma lottare con tutte le energie per il passaggio del potere nelle mani dei Soviet.
 
Lenin riuscì ad organizzare il ritorno in patria di un gruppo di bolscevichi ed egli stesso - dopo un esilio di quasi 10 anni – giunse, il 3 aprile 1917, a Pietrogrado, di notte.
Di fronte a una grande massa accorsa alla stazione per riceverlo, Lenin si diresse agli operai, soldati e marinai esortandoli a lottare per la rivoluzione, per il potere dei Soviet.
 
Tutto il potere ai Soviet!
 
Il 4 aprile Lenin partecipò a una riunione dei bolscevichi, durante la quale lanciò la parola d’ordine: “Nessun appoggio al governo provvisorio. Tutto il potere ai Soviet!”
Il governo provvisorio di Kerenski continuava la guerra, lanciava enormi contingenti di soldati al fronte, ordinò l’arresto di Lenin. Per decisione del Comitato Centrale del partito, Vladimiri Ilic visse per più di tre mesi in completa clandestinità e diresse dalla clandestinità i lavori del VI Congresso del partito a fine luglio 1917, a Pietrogrado.
 
A metà settembre Lenin, che si era rifugiato in Finlandia, inviò due lettere al Comitato Centrale e ai Comitati del partito di Pietrogrado e Mosca, nelle quali esponeva la necessità dell’immediata preparazione pratica della rivoluzione.
Il 7 ottobre Lenin giungeva a Pietrogrado per dirigere personalmente l’insurrezione. Il 10 ottobre il Comitato Centrale del partito approvò la storica decisione relativa all’insurrezione armata.
 
Il 25 ottobre, il Comitato Militare Rivoluzionario del Soviet dei deputati operai e soldati di Pietrogrado pubblicò il messaggio “Ai cittadini della Russia”, in cui si annunciava che il governo provvisorio era stato rovesciato e il potere era passato nelle mani dei Soviet.
 
Il 26 Lenin pronunciò un discorso.
“Quando Lenin apparve alla tribuna – ricorda Andrei Andreev, delegato al Congresso – tutta la sala si alzò in piedi e avanzò verso la tribuna. Vladimiri Ilic rimase per lungo tempo senza poter iniziare il suo discorso a causa degli interminabili applausi e delle grida di Viva Lenin”.
 
Si lanciavano in aria berretti di soldati, operai e marinai. Luccicavano i fucili sollevati in alto. Così, in piedi, il Congresso ascoltò la relazione di Lenin sulla pace, nella quale il capo della rivoluzione propose che si approvasse un messaggio ai popoli e ai governi di tutti i paesi belligeranti con la proposta di firmare immediatamente un armistizio.
 
Lenin lesse il Decreto sulla Terra, che aboliva per sempre e senza indennizzo la proprietà dei latifondisti e trasferiva ai contadini più di 150 milioni di ettari.
 
La costruzione del nuovo sistema iniziava in una situazione molto difficile. Continuava la guerra, che stava portando il paese alla rovina. I numerosi nemici del potere sovietico non stavano con le mani in mano. Si susseguivano i complotti e gli atti di sabotaggio. Inoltre Kamenev, Zinoviev e Rykov appoggiavano la richiesta di menscevichi e socialisti rivoluzionari di creare un governo formato da diversi partiti. Infine, Kamenev e Zinoviev si dimisero dal governo. Lenin li definì “crumiri della rivoluzione”.
 
La pace separata
 
Lenin propose di concludere una pace separata con la Germania, dal momento che i governi degli altri paesi avevano rifiutato di avviare negoziati di pace.
Il governo tedesco presentò richieste territoriali molto pesanti.
Lenin propose di firmare la pace. Indicò che il paese aveva bisogno di una tregua. Si schierarono contro la conclusione della pace i socialisti rivoluzionari, i menscevichi, Trotski e i cosiddetti “comunisti di sinistra”, Bucharin, Bùbnov ed altri.
I “comunisti di sinistra” esigevano la cessazione dei negoziati di pace e facevano appello alla “guerra rivoluzionaria” contro la Germania, anche se mancavano le forze per condurre una tale guerra.
 
Vladimiri Ilic intervenne sulla stampa contro “i comunisti di sinistra” e Trotski, mettendo in ridicolo “le frasi rivoluzionarie” e mettendo in evidenza i pericoli che nascondevano.
Qualificò come “avventurismo” le proposte dei “comunisti di sinistra” e definì “mostruosa” la loro condotta quando arrivarono ad affermare che si poteva sacrificare il potere sovietico sull’altare della rivoluzione mondiale. Sottolineò che proprio il mantenimento della Repubblica dei Soviet e il suo consolidamento rappresentavano il maggiore sostegno al movimento mondiale di emancipazione dei lavoratori.
 
I disegni di Alioscia Kalionov
 
Elisavela Drabkina – che fu segretaria del dirigente bolscevico Sverdlov – racconta in un suo libro di memorie che nell’anno 1917, prima della rivoluzione, si occupava di un gruppo di bambini di famiglie molto povere.
 
“Cominciò a piovere. Feci riparare i ragazzi sotto la tettoia e li misi a disegnare. Due fogli, disegnati da un bambino di nome Alioscia Kalionon, mi colpirono. Vi si ripeteva più volte lo stesso motivo: in basso macchie squillanti di colore che facevano pensare ad uccelli favolosi e in alto, uguale per tutti i disegni, un quadrato azzurro-sporco, geometricamente esatto, sospeso nell’aria. Sapevo che le macchie rappresentavano dei fiori, me lo aveva detto Alioscia. Ma come mai questi fiori erano così strani? E cosa significava quel misterioso quadrato?
Decisi di consigliarmi con Nadejda Konstantinovna (la moglie di Lenin) – Vallo a trovare, mi disse.
 
Giunsi ad una vecchia casa malandata di sei piani. Mi trovai di fronte una stanza angusta con una sola finestra. Sul letto, sotto una lacera coperta di stracci, dormivano tre bambini in tenera età. Guardando fuori dalla finestra vidi in alto quello stesso quadrato di cielo azzurro-sporco che Alioscia aveva raffigurato nei suoi disegni. Il ragazzo non era mai uscito dal suo quartiere. Non aveva mai visto i fiori. La madre faceva la lavandaia. Lavorava dal mattino alla sera per sfamare le sue quattro creature.
Raccontai tutto ciò a Nadejda Konstantinova. Sulle sue guance rotolarono grosse lacrime silenziose. Il giorno dopo mi fece sapere che in serata avrei dovuto recarmi da Vladimiri Ilic.
 
Quando entrai, Vladimiri Ilic stava scrivendo. Tirai fuori i disegni di Alioscia. Lenin li esaminò. –Ecco – esclamò con rabbia, indicando la tappezzeria di seta rosa e il soffitto di marmo - perché la mantenuta dello zar vivesse in questo lusso, Alioscia è stato privato dell’infanzia. Preso un foglio di carta, annotò quanto andava fatto per i miei ragazzi: assolutamente (sottolineò questa parola due volte) portarli almeno una volta fuori città, al Giardino d’Estate, procurare dei giocattoli e delle palle; esaminare con gli abitanti del quartiere la possibilità di installare delle aiuole e di piantare dei fiori nel campo giochi.
 
Pochi giorni dopo si verificarono i fatti del 3 e del 5 luglio. Vladimir Ilic fu costretto a nascondersi per sottrarsi all’arresto.
 
Ero certa che Vladimir Ilic, avendo ben altre cose cui pensare, si fosse dimenticato di quello che voleva fare per i miei ragazzi. Quale non fu la mia meraviglia quando verso la fine di luglio Nadejda Konstantinovna mi disse che la domenica seguente avrei dovuto radunare i bambini per andare con loro a Mustamiaki. Alla stazione di Finlandia ci attendeva un vagone vuoto, che i compagni ferrovieri avevano messo a nostra disposizione. Fu agganciato al primo treno in partenza….
 
E tutto grazie a Vladimir Ilic! Pensate, in una situazione come la sua, solo, in una capanna sperduta, sapendo che da un momento all’altro poteva essere preso e massacrato, lavorando dalla mattina alla sera ai suoi libri, ad articoli e opuscoli, dominato dal pensiero del destino della Russia e del movimento operaio internazionale, si preoccupava di regalare a una cinquantina di bambini proletari una giornata di felicità!”
(Elisavela Drabkina, I disegni di Alioscia Kalionov, in Racconti su Lenin, Ed. Progress, Mosca, pp.89-95)
 
L’ottimismo rivoluzionario
 
“Nei duri giorni del luglio 1917, Ordzonikidze visitò Lenin, che si nascondeva nel fienile di una capanna dall’altro lato del fiume Razliv. Lenin ascoltò attentamente la relazione su ciò che stava accadendo a Pietrogrado. Le notizie non erano per niente buone.
Però egli non aveva un aspetto abbattuto né sconcertato. Stava seduto su un ceppo e faceva domande. Dopodiché si alzò e disse con voce ferma:
 
- I Soviet menscevichi si sono screditati; due settimane fa avrebbero potuto prendere il potere senza problemi. Adesso non sono più organi di potere. Ora il potere si può prendere soltanto per mezzo di un’insurrezione armata, che non si farà aspettare molto. L’insurrezione scoppierà in settembre o, al più tardi, in ottobre -
 
Ascoltai tutto ciò con grande attenzione, mi produsse un’impressione notevole. Ci avevano appena fatto a pezzi e lui prevedeva un’insurrezione vittoriosa nel giro di uno o due mesi.. Sì, Lenin non perdeva l’animo nei momenti difficili. Al contrario, le difficoltà gli infondevano un’incontenibile energia.
Questa energia di Lenin, che irradiava ottimismo, era talmente contagiosa che non poteva fare a meno di influire anche su coloro che erano molto lontani dal bolscevismo.
 
Quando il disordine e la fame erano maggiori, Herbert Wells entrò nel dispaccio di Lenin.
Il celebre scrittore inglese veniva da un viaggio attraverso la Russia ed era in preda al panico. La Russia, stravolta dalla rivoluzione, gli sembrò una nave che stava affondando.
Lenin lo ricevette affabilmente e cordialmente, rispose con calma e con sincerità a tutte le domande di Wells e poi, lasciandosi trascinare sempre più dall’entusiasmo, cominciò ad esporgli il piano per l’elettrificazione della Russia.
 
Lo scrittore, che aveva creato tante novelle fantastiche, era sorpreso. Come? Fuori dalla finestra si estendeva l’immenso paese che, come gli era sembrato, si trovava sommerso nel caos.
Era avvolto dalla fame, dal freddo e dalle tenebre, le ferrovie erano disorganizzate, le locomotive si ossidavano nei binari morti, e il celebre capo dei bolscevichi gli parlava, chissà perché, di elettrificazione, di trattori e di una nuova industria, l’industria comunista.
 
Ricordando questa conversazione, Wells scrisse poi nel suo libro ‘’RUSSIA IN THE SHADOWS (RUSSIA NELLE TENEBRE) che ci si poteva immaginare l’elettrificazione della Russia, della quale gli aveva parlato Lenin, solo con una superfantasia.
Wells riconobbe, malgrado tutto, che - Lenin parlò con tale ardore che, mentre lo ascoltavo, quasi credetti nella possibilità di ciò -.
 (B.Polevoi – N.Zukov, op.cit., pp.79-82)
 
Il piano fu compiuto in tempi abbastanza brevi. E quando Wells tornò a visitare la Russia, nel 1934, potè vederlo con i propri occhi.
 
Pane per i lavoratoti tedeschi
 
Un altro episodio significativo si verificò nell’autunno del 1918, quando – informati delle terribili condizioni in cui si trovavano i lavoratori tedeschi – Lenin e i dirigenti bolscevichi decisero di intervenire. Racconta Elisaveta Drabkina:
 
“Quando si svilupparono gli avvenimenti in Germania, Lenin, non ancora ristabilito dalla ferita, viveva fuori dalla città. Il 1° ottobre inviò una nota a Sverdlov nella quale proponeva di convocare una sessione congiunta del CEC di tutta la Russia, il Soviet di Mosca e le organizzazioni operaie, al fine di adottare misure pratiche per aiutare il proletariato tedesco.
 
Ilic non ottenne il permesso di partecipare alla riunione, perché si prendevano cura rigorosamente della sua salute. Inviò una lettera nella quale esortava gli operai e i contadini a mettere in tensione tutte le forze per aiutare i lavoratori tedeschi, a raddoppiare gli sforzi per raccogliere grano e creare una riserva destinata ad aiutare gli operai tedeschi.
Il popolo, tormentato dalla guerra, dalla disorganizzazione, dalla fame, dall’intervento e dalle sollevazioni controrivoluzionarie, decise senza esitare di dividere il pane con il popolo tedesco.
 
- Il nostro dovere consiste nell’aiutare gli operai tedeschi, con il pezzo di pane che forse dovremo strappare al kulak con il fucile – disse in una riunione un operaio della fabbrica Dux.
- Divideremo con voi l’ultimo pezzo di pane, fratelli proletari tedeschi – dichiarò il Soviet di Pietrogrado.
 
Attraverso le campagne russe, coperte dalle prime nevi, si trascinavano i convogli dei contadini con sacchi di cereali.
Non mancarono naturalmente quelli che allora dicevano – Noi stessi siamo affamati. Non abbiamo pane da portare alla bocca e i bolscevichi mandano l’ultimo pane che ci resta ai tedeschi!
Ebbi occasione di ascoltare tali giudizi durante una riunione nella fabbrica Giraud. Ma in quel momento salì alla tribuna un’operaia anziana.
 
- Io, donne, parlo come madre. Anche se una madre soffre la fame darà da mangiare ai propri figli. E la nostra Russia è ora la madre di tutte le rivoluzioni! Forse che il popolo russo cesserà di preoccuparsi di tutta la sua famiglia per pensare solo alla sua pancia? -
 
Si formavano riserve di farina e di cereali. Il popolo raccoglieva pane nero di segale e lo seccava, trasformandolo in gallette.
Pane duro e nero! Lo traevano in piccole porzioni ai comitati distrettuali del partito e del Komsomol, ai sindacati e ai comitati di fabbrica.
Quello era il pane, il pane sacro che la Russia affamata inviava ai lavoratori di Germania.”
(Elisaveta Drabkina, Pan duro y negro, ed. in spagnolo, ed. Progress, Mosca, pp.230-233)
 
Va ricordato che i socialdemocratici tedeschi – che in quel momento erano al governo in Germania – rifiutarono l’aiuto dei lavoratori sovietici.
 
Il giorno dei funerali di Lenin tutto il mondo potè constatare quale fosse il legame che si era instaurato fra i popoli sovietici e il grande rivoluzionario. Majakovskij così descrisse quella giornata:
 
“Lungo la Tverskàia, la Dimìtrovka impalata la gente attende muta.
Nel Diciassette in fila a malincuore stavano le ragazze per il pane.
Ma a questa fredda, spaventosa coda
con bambini e malati tutti vanno.
Alla città si affianca la campagna.
Suona ora adulto ora infantile il pianto.
Sfila il lavoro come a una parata, della vita di lui vivo bilancio.
Il pugno dell’Europa invano è alzato.
Li assorderemo! Indietro! Chi si arrischia?
La morte stessa del compagno Lenin è un organizzatore comunista.
Lenin vivo ci chiama e rifulge innanzi agli occhi:
in fila, proletari, pronti all’estremo assalto!’’
(V.Majakovskij – Lenin)
 
 
Aldo Calcidese - pubblicato anche su Nuova Unità, aprile 2010
 

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