www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - storia - 06-05-10 - n. 318

da www.rebelion.org/noticia.php?id=104701
Traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
 
"Per me, la cosa più eloquente è rappresentata da come questa casalinga, dedita alla cucina, a lavare, a stirare, improvvisamente sia uscita fuori da quel buco di cucina, sia uscita in strada e si sia trasformata in un individuo attivo, in un individuo sociale e dietro a lei sono andate altre donne"
 
Intervista a Fanny Edelman, presidente del Partito Comunista, ex brigatista internazionale
 
di Verónica Engler
 
25/04/2010
 
Con 99 anni e 9 pronipoti, Edelman può raccontare una vita unica: genitori russi immigrati, l'apprendimento della militanza, la vita intera nel partito, la guerra civile spagnola e la scoperta del programma di genere come facente parte dei diritti umani.
 
Come avvenne il suo ingresso in Soccorso Rosso (un servizio sociale internazionale organizzato dalla Internazionale comunista nel 1922)? Come è stata la sua esperienza in questa organizzazione?
 
Io vengo da una famiglia modesta, mio padre e mia madre erano russi. Erano in questo paese come tanti altri immigrati e seguivano con molta attenzione gli eventi della Russia. Il primo contatto che ebbi con l’organizzazione fu in occasione della grande campagna di aiuti agli affamati del Volga, nei primi anni della rivoluzione russa. Io ero testimone e partecipe delle differenze sociali nel nostro paese. Fu una bella donna russa che mi introdusse in Soccorso Rosso, mi invitò a partecipare fornendo aiuto alle famiglie dei prigionieri politici e sociali negli anni '30, durante la dittatura di Uriburu e successivamente di Justo. Ed io mi nutrii di questa esperienza straordinaria con i prigionieri politici e sociali, che, allora, erano fondamentalmente anarchici e comunisti. In Soccorso Rosso feci un'esperienza solidale che mi riempì la vita e che tutt’ora non mi abbandona mai. Quando la solidarietà ha un senso reale, nobile, generoso ed umanistico, continua ad arricchire e a migliorare la nostra condizione umana. Ho trascorso molti anni in Soccorso Rosso, ho partecipato attivamente alla solidarietà con la Repubblica spagnola aggredita dal franchismo, sono andata in Spagna unendomi al Soccorso Rosso spagnolo, che faceva una attività straordinaria e raccoglieva la solidarietà da tutto il mondo. Poi sono tornata nel mio paese. Portavamo solidarietà ai combattenti in esilio (dalla Spagna dopo l'instaurazione della dittatura franchista) che arrivarono sulle nostre coste; rafforzavamo la solidarietà con il Vietnam, costituendo il movimento di aiuto al Vietnam; abbiamo manifestato solidarietà con la Rivoluzione cubana, che mi ha commosso e mi ha arricchito profondamente grazie ai cambiamenti e alla profonda trasformazione della vita di quel popolo. Grazie a Soccorso Rosso, il sentimento di solidarietà è parte della mia vita.
 
Come si svolgeva la vostra vita quotidiana in Spagna durante la guerra civile, mentre si organizzava la campagna d’inverno, guidata da Antonio Machado per raccogliere cappotti, cibo e medicine per i combattenti?
 
Eravamo in stretto contatto con i vari comandanti, che ci informavano sulle necessità di ogni posto dove si combatteva. E' stato un rapporto costante, necessario per rispondere ai settori in combattimento che avevano più bisogno. E’ così si svolgeva la nostra vita quotidiana. Come si concentrava la solidarietà mondiale in Francia, così si trasferiva in Spagna, avevamo un catalogo delle necessità e degli elementi utili per affrontare il bisogno. Inoltre ci occupavamo dei bambini dei combattenti che avevano perso la vita. Abbiamo organizzato asili infantili ai quali hanno contribuito, notevolmente, i combattenti internazionalisti che si trovavano in Spagna.
 
E’ stata una delusione la sconfitta della Repubblica?
 
No, non potevo essere delusa come militante perché sapevo perfettamente che non avevamo perso la Repubblica per colpa dei combattenti. La Repubblica si perse per due ragioni: per una politica di non intervento delle grandi potenze, specialmente Francia ed Inghilterra e per il tradimento di uno dei membri dello Stato maggiore dell'esercito repubblicano, il colonello Segismundo Casado. C'era inoltre una gran differenza nella quantità di armi: la Repubblica ebbe solo l'aiuto del Messico e dell'Unione Sovietica; l’esercito di Franco aveva Hitler e Mussolini, armati fino ai denti. Queste furono le ragioni di quella grossa tragedia che fu la perdita della Repubblica. Sentimmo un dolore ed un'amarezza enormi, ma non ci sentimmo vinti.
 
Nella sua biografia appaiono numerosi ritratti di attiviste da tutto il mondo e ognuno di questi profili si presenta con un alone romantico e umanista. Come vede ora il tema della passione e della solidarietà al tempo dei militari?
 
In primo luogo dobbiamo prendere in considerazione la realtà dei fatti : noi stavamo subendo un genocidio che distrusse non solo la vita di migliaia di ragazzi e ragazze, di lavoratori e di giovani. Ma costrinse anche le persone a ritirarsi, chiudersi in sé stesse, davanti a simili mostruosità. Tuttavia, l’avvenimento più eloquente per me è stato come Azucena Villaflor (ndr una delle fondatrici delle Madri di Plaza de Mayo) la casalinga, dedita alla cucina, a lavare, a stirare, improvvisamente sia uscita fuori da quel buco di cucina, sia uscita in strada e si sia trasformata in un individuo attivo, in un individuo sociale e dietro a lei sono andate altre donne. Per me Madri (di Plaza de Mayo), Nonne (di Plaza de Mayo) e tutte quelle donne che partecipano a quel tipo di organizzazioni di solidarietà, mettono in rilievo non solo un amore profondo per i propri figli, ma anche la capacità della donna di occupare un posto che gli corrisponde nella società. E' vero che c'è stato un periodo in cui le nostre forze sono venute un po’ a mancare. Ma anche se io non sono più in grado di andare in piazza, ho visto che il 24 marzo era pieno di giovani che ancora non erano nati, quando ci fu il colpo di stato del 1976. Perché tanti giovani, chi li ha mobilitati? E 'una moda? No. E' un divertimento? No. Si tratta di un profondo sentimento di rifiuto di un pezzo nero della nostra storia. Sono molto affezionata ai giovani, li rispetto e mi infastidisce quando i quotidiani, che hanno un'influenza così profonda nella soggettività ideologica della società, li maltrattano dicendo che sono ladri, senza tener conto che, semplicemente, questo è il risultato della mancanza di opportunità, povertà, fame, emarginazione. Quella è la nostra gioventù? E' dolorosamente una parte, ma la nostra gioventù è anche una gioventù che studia, che lavora che balla e per me è stato molto significativa quella presenza in piazza. Inoltre, questi grandi mezzi di comunicazione sono reazionari che di più non si può, difendono gli interessi dei ricchi e dei potenti, questi media distorcono la realtà, soprattutto banalizzano le donne, le donne vengono a rappresentare un elemento sessuale. La vita quotidiana delle persone che aspirano a cose migliori, viene assorbita dalla soggettività ed allora spariscono i valori per lasciare spazio alla banalità.
 
Lei ha conosciuto donne coraggiose di differenti paesi, combattenti, operaie, contadine, dirigenti sindacali. In che maniera quei contatti hanno modificato la sua militanza e la relazione con i suoi compagni e le sue compagne?
 
Ero ricca perché vivevo esperienze nuove. Arrivare dalla Mongolia e trovarsi nella riunione di un’organizzazione di donne arabe che stavano discutendo i loro problemi o andare in Tanzania al congresso delle donne africane. O scoprire in India quel mondo di contraddizioni tanto profonde, con un'organizzazione di donne meravigliose che lottano contro la poligamia, contro la fame, contro le privazioni, insegnando a leggere e a scrivere sotto ad un albero, disegnando le lettere con un rametto sulla sabbia del suolo. O andare in Angola e scoprire una piccola stanza con una lampada che illuminava appena, dove c'erano dai bambini di sette anni fino a uomini e donne di sessanta, che stavano imparando a leggere e scrivere. Ho potuto vedere quanta saggezza e capacità di trasformare la loro vita hanno le donne del popolo. Mi sono nutrita di tutte le cose nuove che scoprivo… di quello che significò per me il salto straordinario delle donne cubane, grazie alla rivoluzione, di quella Cuba che oggi è sotto il torchio del gran capitale internazionale. Mi sono nutrita di Gusta Fusikova moglie di Julius Fucik, il grande scrittore (assassinato dalla Gestapo) di “Scritto sotto la forca”, che ha dedicato la sua vita alla lotta per la pace o di Marie Claude Vaillant Couturier, il primo segretario della Federazione Democratica Internazionale di Donne (Fedim), testimone al tribunale di Norimberga, che denunciò i crimini dei nazisti nei campi di concentramento. Tutto ciò ha trasformato i miei sentimenti, la mia coscienza, mi aiuta tutt’ora e mi arricchisce enormemente.
 
Come è stata la tua esperienza nella Fedim (di cui ha svolto il segretariato dal 1972 e il 1978)?
 
E 'stato un bagno di luce (ride) ... che ha confermato, se mai fosse stato necessario, le mie convinzioni politiche. Era raro che dormissi due giorni di seguito nel mio letto (a Berlino), perché un giorno dovevo andare in Egitto e dopo in Angola o in Nepal e il giorno dopo ancora, in Giappone. E sono stata anche in tutti quei paesi che si chiamavano società socialiste, che davano molto alle donne, le elevavano dalla loro condizione, benché debba dire, molto francamente, che la liberazione totale della donna è un lungo processo, non passa giorno che trionfa un nuovo potere, democratico o rivoluzionario, ci sono secoli di machismo, secoli di patriarcato negli uomini e nelle donne. Per me, l'emancipazione delle donne è profondamente legata alla lotta di classe, alla trasformazione della realtà sociale, al cambiamento profondo nella coscienza delle persone. E io non dimenticherò mai una frase di Marx che diceva che il popolo pensa in termini generali come la classe dirigente. Questo è da sconfiggere, ma cambiare la soggettività dell'essere umano è un lungo processo che, ovviamente, io non vedrò, ma in cui confido profondamente.
 
Che inquietudini la mobilitarono per essere una delle fondatrici dell'Unione delle Donne dell'Argentina (UMA)?
 
In Argentina mettiamo in piedi un movimento di solidarietà molto forte con la Spagna repubblicana e costituiamo per la prima volta nello stato, un'organizzazione nazionale che venne chiamata Comitato di Donne Argentine per gli Orfani Spagnoli e che ebbe grandi ripercussioni a livello internazionale. Quindi, dopo la seconda guerra mondiale, si forma un'organizzazione di donne che supporta gli alleati, vale a dire tutti i popoli che stavano combattendo contro il nazismo, chiamato Junta de la Victoria; era composta da una grande varietà di donne di diversi ceti sociali e posizioni politiche. Quando la guerra finisce non ci sono più, dal punto di vista ideologico, affinità con molte di quelle donne. Allora, cominciamo a trasformarci, nella misura delle nostre possibilità, in una di quelle organizzazioni di solidarietà con la Spagna e con gli alleati. Più di cento organizzazioni di donne decisero poi di creare un'organizzazione che rispondesse agli interessi più urgenti delle donne del nostro paese e così nacque l'UMA, nel1947. Io fui, con altre compagne comuniste, molto attiva nell'organizzazione e fui scelta nel suo primo congresso, come segretaria generale. Fui legata all'UMA per 50 anni, prima come segretaria generale, dopo come presidentessa, come vicepresidente, come rappresentante della Fedim, che aveva già 200 organizzazioni aderenti nel mondo. Nell'anno 1975, quando io stavo rappresentando la Fedim, proponemmo all'ONU di realizzare un anno della donna. Per me oggi UMA non soddisfa più gli obiettivi… Comunisti, peroniste, radicali, donne senza partito, integravano quell'organizzazione che portò avanti un lavoro prezioso, che ha fatto emergere la consapevolezza di molte donne, ha riconosciuto il valore della più modesta delle nostre lavoratrici, delle donne contadine, delle mogli degli operai che furono imprigionati da Onganía, delle mogli dei ferrovieri. Cose belle, la lotta contro il crollo dei conventillos che stavano in quello che oggi è l'Ospedale di Clínicas. Furono le migliaia di esperienze che mi permisero, percorrendo il paese, di conoscere il valore delle donne del nostro popolo.
 
E 'stato difficile introdurre le questioni di genere e il rispetto per la diversità sessuale?
 
La questione di genere è stata introdotta nel partito, come la questione della diversità sessuale. In un piccolo libro che ho fatto su femminismo e marxismo, che ora viene ripubblicato, la questione viene vista come un elemento fondamentale dei diritti umani. Nessuno può mettere in dubbio l'orientamento sessuale di chiunque, perché è una mancanza di rispetto per i diritti umani sanciti dalle Nazioni Unite e dalla Costituzione: siamo nati tutti uguali, tutti hanno uguali diritti. Penso che nella nostra società, in particolare nei giovani, la questione non ha avuto il rigetto della mia generazione. Sono felice di essere aperta alle cose nuove. Non credo che si stesse meglio nel passato, come molti credono. Ogni fase della vita ha le sue caratteristiche e ho la fortuna di aver capito quello che stava succedendo in ogni momento della realtà sociale. È possibile che alcuni compagni abbiano ancora difficoltà a capire questo, ma credo non possa essere non ben accolto nel nostro partito, il rispetto per l'identità sessuale, il rispetto per l'individuo, l’essere umano; tanto che il nostro compagno Patricio Echegaray, legislatore della capitale federale, aveva come suo segretario Lohana Berkins, dirigente de la Associazione per la Lotta per l’Identità dei Travestiti e dei Transessuali, la cui nomina provocò un polverone, ma poi Lohana è stata assolutamente rispettata e integrata nelle attività del momento. E lei, che è anche mia amica, è una persona molto intelligente e sta realizzando un progetto che dimostra che i travestiti non devono per forza essere prostitute. Ha messo su un laboratorio dove già operano 30 o 40 ragazze travestiti, che lavorando si guadagnano da vivere. E questo è per me un valore incommensurabile.
 
Come vede in questo momento la situazione in America Latina?
 
Penso che Cuba stia alla radice dei profondi cambiamenti che si stanno verificando in Bolivia, Venezuela, Ecuador, ma che troviamo anche in Nicaragua; non sono cambiamenti di trasformazione sociale, come potrebbe essere con una rivoluzione socialista, ma sono cambiamenti di trasformazione delle relazioni umane, del concetto di sovranità, del rifiuto alla politica nordamericana di dominazione sul nostro continente. Avevano appena finito di mettere le loro basi militari in Colombia, che il fatto dell’Honduras è diventato una minaccia alla realtà politica di tutta la nostra America, visto che, attraverso i settori più reazionari, il governo americano riconosce un colpo di stato. Questo è inaccettabile. Ci congratuliamo con il governo argentino per essere nell’UNASUR, che sta nel Banco del Sur e che rappresenta l'America Latina e i Caraibi, senza la presenza degli Stati Uniti, che ha enorme importanza per vita economica, politica, sociale e culturale del nostro popolo. La maggioranza delle grandi aziende presenti in argentina, sono straniere e si prendono milioni e milioni dal lavoro dei nostri operai. Bisogna creare un fronte di sinistra antimperialista, democratico, che difenda la sovranità nazionale, che recuperi tutto quello che il neoliberalismo ha consegnato ai monopoli, le nostre ferrovie, il nostro petrolio, le nostre linee aeree, affinché il nostro popolo prenda parte al processo di cambiamento che sta avvenendo in America Latina.
 
 

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